La spiritualità dell’unità ha messo le radici in alcuni Paesi dell’Africa dell’Ovest attraverso dei missionari tanti anni fa.

Ma è nell’aprile del 1970 che da Fontem due focolarini si recano per la prima volta in Costa d’Avorio. Mons. Agré, vescovo di Man, in uno dei suoi viaggi in Europa, incontra Chiara Lubich e le chiede l’apertura del Focolare nella sua diocesi. Nell’agosto ’73 alcuni focolarini, tra cui Marilen Holzauser e Lucio Dal Soglio, sono a Man per incontrare il Vescovo e nel ’75 si aprono i focolari: sacerdotale, maschile e femminile. I primi in Africa dopo il Cameroun.

I pionieri di questa avventura si stabiliscono in vari punti della città di Man, finchè la diocesi mette a loro disposizione due terreni: uno in un quartiere musulmano, Libreville, e l’altro a Doyagouinè 2 alla periferia della città, dove iniziava una nuova parrocchia. Nella prima Mariapoli – un incontro tipico dei Focolari in cui vivere l’esperienza evangelica tra persone di tutti i ceti – nel 1977, a Man, c’è chi arriva dal Burkina Faso, Togo, Mali. La vita dell’Ideale dell’unità si diffonde. Il foglietto della Parola di Vita diventa lo strumento per mantenere il contatto con tutti, primo seme dell’editrice “Editions Focolari”, e del successivo sviluppo della rivista bimestrale Nouvelle Citè Afrique.

Da Man si fanno molti viaggi per visitare anche una sola persona. Pian piano nascono le comunità nelle varie città della Costa d’Avorio e nelle altre nazioni dell’Africa dell’Ovest: Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Senegal, Sierra Leone, Togo.

A Nairobi (Kenya) nel maggio 1992, si vive una tappa fondamentale per lo sviluppo del Movimento dei Focolari in Africa dell’ovest. Chiara Lubich si trova a Nairobi per l’inaugurazione della Mariapoli Piero e per incontrare i membri del Movimento dei Focolari in Africa. Vedendo la vastità del territorio dell’Africa occidentale si è domandata: “Come fate voi in questa zona così vasta a formare le persone?” Proprio in quell’incontro nasce una nuova cittadella in Africa a Man in Costa d’ Avorio, che viene subito chiamata “Mariapoli Victoria”. Essa prende il nome da Victoria Tumusiime, una focolarina ugandese morta in Italia in seguito a una malattia virale, l’8 aprile 1992. In quell’occasione Chiara scrive: “Victoria sta sicuramente facendo la sua parte in cielo perchè l’intera Africa scopra e realizzi il meraviglioso disegno di Dio su di essa”.

Dal 1992 al 2002 si svolgono parecchie scuole di formazione (temporanee o permanenti) per le varie vocazioni del Movimento dei Focolari: gen, gens, religiosi, sacerdoti, famiglie, volontari, che di ritorno nei loro Paesi sostengono le comunità locali. Si incrementano le attività lavorative come la falegnameria, il ferro e la tipografia, nate con l’idea di insegnare un mestiere ai giovani del quartiere.

A metà degli anni ’90 comincia un’attività di formazione alla corretta nutrizione dei bambini, con un vero e proprio centro nutrizionale, a partire dal quartiere di Libreville dove si trovava il focolare femminile.

Nello stesso periodo è cominciata la caisse-pharmacie, un aiuto alla popolazione per avere dei farmaci di buona qualità a basso costo. E’ il prodromo del centro medico. Con la guerra, nel 2002, con la presenza di un medico, un’infermiera, un piccolo stock di farmaci e 3500 rifugiati si è vista la necessità di aprire un centro medico provvisorio. In città, infatti, a causa della guerra non c’era più assistenza medica.

Nel 2008 si è aperta una nuova struttura e nel 2015 in un centro ancora più ampio. Dal settembre 2002, infatti, e fino all’aprile 2011 la Costa d’Avorio ha conosciuto una crisi socio-politica senza precedenti, con i due picchi sfociati in vera e propria guerra; la prima, nel 2002, ha colpito soprattutto la regione dove si trova la città di Man, la seconda, dopo le elezioni del 2010, quella di Abidjan.

Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato“ è la frase di Gesù che ispira la vita della cittadella, alla base di un patto stabilito tra gli abitanti dove la misura di quel “come” significa “fino al punto di dare la vita”. Durante la guerra, il dare la vita l’uno per l’altro è diventato concreto, visibile. Dopo la guerra, l’augurio per il presente, è stato che questo Patto vissuto con eroicità in momenti straordinari, possa continuare nella vita di tutti i giorni.