Nel febbraio 1999 l’università di Malta conferisce a Chiara Lubich la laurea honoris causa in psicologia, evidenziando che la sua dottrina ha offerto «una chiave ermeneutica originale del soggetto umano, avendo fornito un modello di vita caratterizzato, da un lato, dall’equilibrio tra il rispetto dell’individualità della persona e la reciprocità dei rapporti interpersonali, e dall’altro, dalla valutazione positiva del dolore e di ciò che è negativo nella storia personale e collettiva.

In questo modo ha aiutato a coltivare una visione integrale della persona umana nel campo della psicologia». L’interesse per questo approccio originale è espresso da centinaia di professionisti e studiosi di vari Paesi. Nell’epoca della postmodernità, mentre l’uomo si ripiega narcisisticamente su se stesso, la psicologia fa sempre più sua la convinzione che la mente ha carattere relazionale e che il rapporto con l’altro fonda e dà senso all’identità psichica di ogni individuo. L’esperienza intersoggettiva si rivela così costitutiva di esso e le interazioni che favoriscono il riconoscimento reciproco sono viste come basilari per lo sviluppo funzionale della personalità. Ma come può l’individuo allargare lo spettro delle sue relazioni interpersonali? Integrandosi con gli altri, fino a trascendersi. Nella dinamica relazionale, infatti, l’“io” ritorna in sé arricchito dal contributo dell’altro.

Vi è però un orizzonte ulteriore che attende oggi la psicologia. Esso consiste non solo nel cogliere e teorizzare la reciprocità da cui nasce l’intersoggettività, la lettura della mente e il riconoscimento dell’altro, ma anche nell’esplicitare quella forma di reciprocità, ancora inesplorata, che rende possibile la comunione fra gli individui e che si radica sul dono di sé, sulla gratuità. È in questa prospettiva di riflessione che si sta muovendo “Psicologia e Comunione”, con l’intento di coniugare le acquisizioni degli studi psicologici attuali con gli assunti e la prassi propri del Movimento dei focolari.

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