Anche quest’anno l’anniversario della serva di Dio Renata Borlone (Civitavecchia 30/5/1930 – Loppiano 27/2/1990) è stato un momento di riflessione sulla vita cristiana e sullo slancio di portare la pace e la gioia di Cristo ovunque.
Appuntamento centrale, la S. Messa celebrata nel Santuario Maria Theotókos, a Loppiano (Italia).
«La gioia del Vangelo – come afferma Papa Francesco nell’Evangelii gaudium – riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù», e così è stato dell’esperienza di Renata.
Una gioia che scaturisce da un’anima che fin dall’adolescenza si è messa alla ricerca di Dio e delle bellezze della sua creazione e che, conosciuto il Movimento dei Focolari, non ha lesinato energie ed entusiasmo nel testimoniare quotidianamente l’amore e nel contribuire a costruire quell’unità della famiglia umana richiesta da Gesù al Padre nella sua preghiera prima della passione.
«La gioia – scriveva Renata nel suo diario – coincide con Dio… possederla sempre vuol dire possedere Dio»; e ancora: «Gioia nel vivere per gli altri», una gioia che «non può essere condizionata da niente, da nessuno» perché «Dio mi ama, anche se sono incapace, se ho fatto tanti pasticci nella vita e continuo a farne», ma anche quella gioia che, paradossalmente, è «spremuta dalla sofferenza» e «cavata dal dolore».
Nei ventitré anni quale corresponsabile della cittadella di Loppiano che ora porta il suo nome, Renata Borlone ha testimoniato con coerenza e umiltà alle migliaia di persone che vi passano per un percorso di formazione o anche solo per brevi momenti, la gioia della vita evangelica, dando il suo essenziale contributo alla socialità nuova che la cittadella si impegna a generare, mettendosi sempre al servizio, e vivendo con eccezionale fede la grave malattia che la porterà alla morte. «Sono felice, sono troppo felice – ripeteva negli ultimi istanti della sua esistenza terrena –. Voglio testimoniare che la morte è Vita».
E continuando ad intrecciare le parole del Papa e quelle di Renata, colpisce quanto la gioia possa essere non solo frutto ma anche causa del mutamento del mondo e del superamento delle difficoltà. Diceva recentemente Papa Francesco in un’omelia a Santa Marta: «Non si può camminare senza gioia, anche nei problemi, anche nelle difficoltà, anche nei propri sbagli e peccati c’è la gioia di Gesù che sempre perdona e aiuta».
E Renata scriveva: «Se io dovessi parlare, metterei in evidenza che la gioia che c’è a Loppiano nasce dalla decisione che ognuno prende di voler morire a se stesso. Direi anche che in questa maniera l’unità dei popoli è già fatta, perché l’olio che esce dall’oliva spremuta è olio, e non si distingue più un’oliva dall’altra…».
Dolore e gioia, quindi, sfida e conquista sempre da rinnovarsi e mai ripiegata su sé: «Fa che gli altri siano felici, che il nostro Cielo quaggiù sia la gioia degli altri», «Io non mi donavo a Gesù per essere io felice, ma perché la mia donazione avesse un senso per la gioia, per la felicità di tutti gli altri, di tutti quelli che Dio mi avesse messo vicini».
Di Francesco Châtel
Grazie per questa bellissima e profonda riflessione su Renata Borlone, pilastro del Movimento dei Focolari. E’ bello tutto quello che si scrive sulla gioia… Le riflessioni sono tratte da un libro?
Grazie! Lucia
Grazie! ho conosciuto Renata a MI nel Focolare di Via Macedonio Melloni…
La frase scritta: “non mi donavo a Gesù per essere io felice ma perchè la mia donazione avesse un senso per la gioia, per la felicità di tutti gli altri, di tutti quelli che Dio mi avesse messo vicini”. Sì, così anche per me anche se non sempre mi è facile…
Il mio Grazie a Renata che mi “ridona” Maria con un semplice fiore sulla sua tomba che lascio scegliere a voi. A me piace tanto la margherita.
Veramente é dificile per me credere queste parole di Renata . Lei ha visuto come Gesú, amando agli altri, posso sentire la sua sicurezza con queste parole perche oggi se tu non ti ami e ti riconosci anche a te steso sembra che muori, non so se e questo il dolore che Renata ha sentito che la portava nella gioia perche a me no.
Vedi, Andrea, io ho conosciuto personalmente Renata. Ti assicuro che la “morte” a cui si riferiva non è quella che ti lascia nell’abisso. Non è un morire per morire. È un morire per amare, per accogliere l’altro, per dargli vita. È da questo che nasce la vera gioia, e Renata ne stata testimone con la sua vita. Auguro questa pienezza anche a te.