Dieci anni fa alcuni membri del Movimento dei Focolari di Città del Messico sono venuti a trovare la nostra comunità indigena del monte Huasteca di Santa Cruz, formata da circa 3000 persone.

Sono 32 le comunità indigene di quella zona, immersa tra colline verdi e boschi, ma senza vie di accesso per le auto. Le uniche strade che portano alle comunità si raggiungono a piedi. A causa di questo isolamento, spesso ci siamo trovati di fronte a numerose difficoltà, soprattutto di carattere sanitario, ecco perché sono nate le “brigate sanitarie”, formate da medici, infermieri e membri del Movimento dei Focolari che partono da Città del Messico e arrivano, fin dove la strada lo permette, in pullman o in camion. Da lì proseguono a piedi o a cavallo per portare medicine, cibo e vestiti. In questi anni a Santa Cruz è sorta una bella comunità dei Focolari, con profondi rapporti di fraternità tra noi indigeni, bianchi e meticci.

Anche Marcelino fa parte della comunità indigena ed è, come me, un volontario.
La spiritualità dell’unità ha cambiato la nostra vita radicalmente, rinnovandoci come uomini. L’amore di Dio, arrivato come un vento fresco, ci ha spinti a concepire la vita come dono per gli altri.
Marcelino, per un anno è stato eletto responsabile della comunità di Santa Cruz. Era sorpreso e indeciso: sua moglie non voleva che accettasse, perché il responsabile della comunità non riceve alcuno stipendio per tale servizio, il che significava una grande perdita economica per la loro famiglia. Sentiva, però, che Dio gli chiedeva una nuova scelta di Lui, più radicale, e come volontario non poteva tirarsi indietro. Ne ha parlato con sua moglie e insieme hanno deciso che avrebbe accettato l’incarico e che avrebbero lavorato il doppio per mantenere la loro famiglia. Per questo incarico si sarebbe occupato dello sviluppo economico, religioso, culturale, di questioni legali e dei rapporti della nostra comunità con una cittadina vicina. Ha cercato la collaborazione tra tutti e ha scelto me come consigliere di fiducia, per portare avanti queste attività con Gesù in mezzo a noi.

La nostra avventura insieme è iniziata proponendo al sindaco della cittadina di visitare la comunità. E’ rimasto talmente colpito dall’accoglienza cordiale, che ci ha assicurato la pavimentazione in cemento di alcune strade e di 152 piccole case. Immaginate la nostra gioia, dal momento che le strade sono di terra e diventano inaccessibili quando piove. Dopo alcuni mesi, però, le opere non erano ancora avviate. Ci sentivamo delusi, traditi, ma siamo andati avanti. Abbiamo deciso di incontrare il sindaco per avere chiarimenti, ma sembrava che avesse sempre impegni e non ci riceveva. Eravamo decisi a non mollare, perché sostenuti da Qualcuno lassù, certi che ci avrebbe accompagnato in ogni passo. Ci siamo messi davanti alla sede del municipio, senza fare confusione, ma non ci siamo mossi dal portone finché non gli abbiamo parlato. Finalmente, per la nostra insistenza, il sindaco ha dato il via ai lavori.

Sì, molti. Il primo frutto è stato constatare quanto fosse maturata la nostra comunità. Questo è stato riconosciuto in occasione di un fatto che ha scosso tanto l’opinione pubblica: l’assassinio di un politico della nostra Regione in seguito a forti tensioni tra opposizione e maggioranza. Successivamente, in una riunione con i rappresentati politici locali e delle altre comunità indigene, la nostra comunità è stata portata come esempio di convivenza civile e democratica, per come aveva operato in quei difficili momenti.

(A. L. – Messico)

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