“Per amare cristianamente occorre “farsi uno” con ogni fratello […]: entrare il più profondamente possibile nell’animo dell’altro; capire veramente i suoi problemi, le sue esigenze; condividere le sue sofferenze, le sue gioie; chinarsi sul fratello; farsi in certo modo lui, farsi l’altro. Questo è il cristianesimo, Gesù si è fatto uomo, si è fatto noi per far noi Dio; in tale maniera il prossimo si sente compreso, sollevato” . (Chiara Lubich)

Alunno da bocciare
Una collega mi confida preoccupata che un alunno, che anch’io conosco per altre materie, è da proporre per la bocciatura. Le chiedo se ci sono materie dove lui va bene: “Non sarebbe da aiutare e sostenere?”. La collega cambia tono: “Beh, in realtà in alcune è addirittura bravo”. Insieme, riflettiamo su come e cosa fare. Poi invitiamo l’alunno per un colloquio e gli prospettiamo la situazione. Nel giro di poche settimane le cose cambiano in modo impensato. Trovandomi un giorno con la stessa collega, mi confida: “Questa storia mi ha fatto bene anche con i figli. Ero tremendamente arrabbiata col maggiore che perde tempo con la chitarra e trascura tutto il resto. Dopo questo impegno con l’alunno, ho cominciato a incoraggiarlo. Mi ha cantato due poesie che lui aveva musicato: una sorpresa non solo per me, ma anche per mio marito. I fratelli invece, complici, sapevano del suo talento. Fai qualcosa per qualcuno e il tuo cuore si apre e vedi quello che non vedevi”.
(C.A. – Polonia)

Moglie e suocera
Un amico mi confidò il dolore di non riuscire a mettere armonia tra la moglie e la suocera: litigi e risentimenti mettevano il malumore in famiglia e i figli ne risentivano. Lo ascoltai a lungo. Riuscii soltanto a dirgli di non schierarsi, ma di ascoltare sia l’una che l’altra. Poi a casa essere vicini a quella famiglia in difficoltà con qualche dolce e altre attenzioni. Dopo un po’ di tempo l’amico mi venne a trovare sul posto di lavoro. Tutto si era risolto nel modo più impensato. “È stato il tuo ascolto che mi ha dato la forza per fare lo stesso”.
(J.F. – Corea)

Dono chiama dono
Avevo offerto a un barbone una bottiglia che riempivo d’acqua e portavo sempre con me in macchina. Un giorno, preso dalla sete, mi sono fermato a una fontana, ma non era facile bere: sarebbe stata necessaria una bottiglia per attingere ed io me ne ero privato. Stavo quasi per andar via quando un vecchietto che stava caricando in macchina alcune bottiglie mi ha chiesto se avessi sete. “Sì, ma come vede, non ho come attingere l’acqua”. A questo punto augurandomi felicità, mi ha dato una bottiglia delle sue che stava giusta posto in macchina ed ora mi riempie ottimismo, perché mi ricorda che dono chiama dono.
(R.A. – Albania)

La forza di un’amicizia
Trovandomi un giorno con un’amica della parrocchia, mi sento dire che avrei dovuto dedicarmi di più alla mia famiglia. Cosa poteva saperne lei che non era neanche sposata? Ad ogni modo quella frase mi ha turbata e non mi ha lasciata tranquilla. Mi sono analizzata sul rapporto che avevo con i miei quattro figli. Mi sembrava tutto a posto, ma … con M. qualcosa non andava. Mentre era in camera ad ascoltare musica, con una scusa qualsiasi sono andata da lui e gli ho chiesto il parere su una certa faccenda. Lui dopo un po’ è scoppiato a piangere. Strano per me, conoscendolo come un ragazzo forte e sicuro. Ma dopo un po’ è arrivato al nocciolo: aveva avuto una grande delusione con la ragazza e non gli era stata lontana l’idea del suicidio. Sono rimasta di pietra. L’amica mi aveva aperto gli occhi. Questa “attenzione” l’ho rivolta anche agli altri figli. Credevo di essere una madre perfetta, avevo assicurato tutto, ma mancava qualcosa: mancava un amore attuale, pronto agli imprevisti.
(F.G. – Filippine)

a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.6,novembre-dicembre 2019)

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