La scelta più radicale nella vita di Chiara Lubich è stata quella di amare Gesù soprattutto nel suo più grande dolore: il suo abbandono sulla croce. Ma amare “Gesù Abbandonato” significa di conseguenza, amare soprattutto quei prossimi che sentiamo più “lontani” da noi.

“Chiunque s’adira contro il proprio fratello è sottoposto a giudizio”[1]. […] Si ritorna all’amore al fratello. Ed è utile, è necessario, è bello per noi riconsiderarlo. Il fine generale [del nostro Movimento] è la perfezione della carità. Amore al fratello. Amore sempre più sentito, profondo, perfezionato, cesellato.

A volte sentiamo che è difficile piegare il nostro cuore ad un amore più raffinato di quello che già nutriamo verso i nostri fratelli: il nostro cuore è ancora un po’ di pietra; il nostro amore è rozzo, superficiale, troppo sbrigativo.

Perché? Perché abbiamo ancora il cuore occupato da noi stessi, da una certa considerazione di noi. Siamo, anche se non ce ne rendiamo conto, egoisti e superbi.

E ciò è dimostrato dal fatto che quando subiamo una qualche dura prova spirituale (che, come terremoto, sembra sradicare tutto alla radice, avendo così l’effetto di staccarci da noi stessi, dalle nostre cose e di umiliarci, di abbassare il nostro orgoglio), avvertiamo un amore più comprensivo, più profondo, più facile, più spontaneo verso i nostri fratelli. È così. Viene quindi da dedurre che la povertà e l’umiltà sono alla base della carità.

La povertà e l’umiltà.

Come procurarsele, come guadagnarsele senza aspettare i temporali spirituali? […] Occorre “vivere l’altro” […] e ciò ha implicita la non considerazione di sé, la povertà totale e l’umiltà totale. […] Poniamoci di fronte ai nostri prossimi nell’atteggiamento di accogliere la loro vita in noi perfettamente. […] E giacché parliamo di prossimi chiediamoci: Chi amare per primo? Chi amare di più? Per chi aver preferenza?

Noi abbiamo scelto nella vita Gesù Abbandonato. Dobbiamo preferire quelli che per le situazioni in cui si trovano ricordano un po’ il suo volto: quanti, pur cattolici vivono separati dalla Chiesa; e poi tutti coloro che in vario modo sono più o meno lontani dalla verità che è Cristo, fino ai non credenti.

Su questi dobbiamo soprattutto puntare.

Dobbiamo curare i nostri grappoli con lettere, con visite, con telefonate? Cominciamo dalle persone, in certo modo, più lontane da noi.

Ravviviamo l’amore ai fratelli, facendoci così uno con essi da vivere – per così dire – la loro vita. E incominciamo da coloro che ci appaiono più lontani dal nostro modo evangelico di pensare e di vivere […] Gesù Abbandonato ci attende lì. È lì il nostro posto.

Chiara Lubich

(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 12 febbraio 1987)

Tratto da: “Cominciare con l’amare i più lontani”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, Città Nuova Ed., 2019, pag. 273.

[1] Mt 5,22a

 

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