Prof. Horus Alkebu-Lau, insegnante di amministrazione pubblica all’università dello Stato della Virginia:

"I musulmani credono nella divina provvidenza. (…) Pensando a questo, vedo la tragedia che ci è appena capitata, come qualcosa che ha portato anzitutto tutti noi, americani, tanto vicini alla sofferenza umana, ciò che la maggior parte di noi non aveva mai sperimentato. (…)
La mia preghiera è che arriviamo a guardare al mondo.
Siamo un Paese molto potente, ma siamo stati anche egoisti. Io sono un economista, sono stato in Africa, nei Caraibi, ho visto quanto dolore e quanta povertà c’è. In Giappone, in Europa si guarda a questi problemi, si desidera portare un’eguaglianza economica nel resto del mondo.
(…) Spero che (da quanto è successo) ne venga fuori una maggior sensibilità verso la comunità mondiale; che si possa vedere che ci interessiamo veramente di come vivono tutte le persone, di come sono trattate. Ho tanta speranza.
(…) E’ terribile quello che è successo, ma non può essere che tante vite siano state perse invano. (…) Penso che ci sarà tutto un nuovo paradigma globale e forse saremo anche noi a portare avanti le cose, perché c’è capacità in noi, e siamo rispettati internazionalmente. E’ dolorosissimo quanto è successo, ma forse ci porterà a capire com’è il resto del mondo e perché alcuni ci vedono colpevoli."

Card. Theodore McCarrick, arcivescovo di Washington, D.C.:

"Stiamo vivendo un momento traumatico per moltissimi di noi. D’altra parte è un momento che sta portando alla ribalta il meglio di tutti noi. (…)
Spero che quello che è successo porti dovunque un senso di grande fiducia in Dio.
C’è il desiderio di credere che Lui farà convogliare tutto verso il bene per chi lo ama, per chi crede in Lui. Questo è ciò a cui siamo chiamati oggi, a fidarci totalmente di Dio, e nella fiducia tutto diventa chiaro."

L’Imam della Moschea Malcom Shabazz di Harlem, Izak Pasha:

E’ cappellano dei musulmani nella polizia di New York, vicino al sindaco e al governatore. Vede anche lui un piano di Dio in ciò che è successo.
"Ci sono tanti tra quelli con cui lavoro che sono morti o dispersi. (…) Ma siamo persone di fede. Questa fede non vacilla mai, è fiducia nella sua sapienza. Sappiamo che tutto ciò che succede, succede sotto il suo sguardo. Cerchiamo di capire il suo piano. (…)
Nell’atto atroce che è stato commesso non c’è più niente di ciò che chiamiamo umano. (…)
Ma noi possiamo parlare con il nostro Creatore e lui ci ascolta. Più grande è la tragedia, più grande è la sfida che ci si presenta di rivalutare il rapporto fra noi, di non lasciare che nessuno opprima un altro essere umano". (…)

Rabbino T. Blanchard del Centro nazionale ebraico per la cultura e leadership:

"Nelle tante storie che abbiamo sentito c’è un senso di redenzione, in ognuna che parla di essere miracolosamente scampati alla morte (…). Le storie di persone che hanno rischiato e a volte perso la vita per salvare gli altri, ci dicono che l’amore è più forte della morte, e salta agli occhi come nel Cantico dei Cantici.
C’è un giovane ebreo osservante che, con un amico paraplegico, chiede aiuto ma non scappa, resta accanto all’amico ad aspettare che vengano a prenderli. Intanto (siamo nella seconda torre), l’edificio cade. La famiglia dell’amico chiama poi la famiglia del giovane ebreo. Sono desolati, ma si sentono rispondere: ’Ha vissuto ciò in cui credeva anche davanti alla morte’.
Ed è questo amore più forte della morte che ha fatto salire quei pompieri nelle torri, che lega le persone al di là dei propri interessi e della paura.
Io capisco l’amore per il nostro Paese, ma tutti questi episodi ci parlano di un amore che va la di là del proprio Paese, è una visione globale dell’amore. Si parla del nostro meglio, ma questo meglio non sta in quale azione si sceglierà di fare, ma nell’abbracciare una visione di solidarietà globale. (…) Tutte le storie di generosità, che udiamo, ci guariscono dentro perché parlano di qualcosa in noi che ci trascende. Così si può definire la grazia. Queste storie che parlano di sacrificio ci dicono che l’amore è la cosa più potente nell’universo e questa è la visione di cui abbiamo bisogno per il mondo che si costruirà dopo tutto questo. (…)
Dobbiamo aprire i nostri occhi al fatto che la solidarietà, l’amore sono cose che ci dicono cos’è la vita, che la vita non è concorrenza, economia, vittorie militari (…). L’eroe non è la persona che trionfa sugli altri, ma chi si interessa agli altri. Questo è coraggio, non abbattere le barricate o cose simili. Con tutto questo possiamo avere quella globale visione che voi chiamate la ’civiltà dell’amore’. (…)
Ci vuole solidarietà umana, amore più che vittorie".

(da interviste di Serenella Silvi – Città Nuova n

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