«Da parecchie settimane la nostra corrispondenza dalla Siria si è interrotta. Giò ha dovuto lasciare la casa di Damasco e trasferirsi sulla costa alla ricerca di una sistemazione più sicura. L’elettricità in tutto il Paese continua il suo andirivieni: tre ore al mattino e poi buio, oppure qualche ora di pomeriggio e poi ci si prepara al giorno dopo.

Telefonando nell’appartamento di Damasco, fortuitamente troviamo un’amica della nostra corrispondente che era andata per un sopralluogo. «Sai, anche nella capitale cadono parecchie bombe, ma qui si sta bene». Prova a rassicurarmi e a rassicurare se stessa perché prosegue dichiarando: «Viviamo momento per momento, non sappiamo del nostro domani e quindi è l’oggi che più conta». Non lavora da più di due mesi, perché il suo capo le aveva chiesto di svolgere mansioni disoneste e lei ha rinunciato. Si rifiuta di dirmi la tipologia di lavoro: mantiene la riservatezza per sé e per il suo datore di lavoro. Intanto due giorni fa ha presentato un curriculum, ancora una volta sperando in una svolta.

Mi racconta dei suoi genitori: vivono a Talfita, vicino Maaloula, il villaggio da cui sono state rapite le suore ortodosse il 3 dicembre. C’è grande angoscia per la loro sorte. «Una mia amica le chiamava tutti i giorni, ma quel martedì il telefono squillava, squillava e nessuno rispondeva». Intanto, in un videomessaggio su un canale televisivo dei ribelli, le religiose hanno dichiarato di non essere state rapite, ma custodite contro gli attacchi della zona: nessuno però ci crede fino in fondo.

La vita è molto difficile nel Nord del Paese dove i ribelli si mostrano efferati tanto quanto l’esercito. Fa freddo e la mancanza di elettricità non consente una vita normale. Si supplisce con generatori a gasolio, ma il combustibile serve più a scaldarsi che ad illuminare. «Il nostro villaggio è stato quasi per intero bruciato. La gente non esce di casa neppure per acquistare i beni di prima necessità. Dio comunque continua ad intervenire e a salvare la nostra vita, ma non vediamo spiragli di pace, anzi tutto ci appare senza senso, senza una finalità. Quando potremo dire basta a questa violenza?».

A cura di Maddalena Maltese
fonte: Città Nuova

7 Comments

  • questa sera parteciperò ad una cena di solidarietà per i bimbi siriani organizzata da nostri amici musulmani. La vivrò per voi..con la fede che la pace possa vincere

  • Carissimi,

    grazie per le notizie. State vivendo una grandissima sofferenza ma siate
    certi che sono con voi. Nella preghiera, ma anche parlando a chi incontro la realtà che voi ci fate conoscere.
    Sembra veramente che tutto crolli ma il Suo Amore non crollerà mai. Quando dalla televisione si vedono i campi profughi mi chiedo: “ma come si fa a parlare, da noi, di regali di Natale?”
    Viviamo nella certezza che Lui vincerà.
    Un grande abbraccio a tutta la comunità.
    maria pia

  • Grazie, che ci tenete al corrente, quando il mondo lo dimentica. Vivro questo Natatale in modo diverso dei altri anni. Cercheremo qui in Germania, dove vivo, di trovare quelli che sono soli,che non hanno nessuno e mi unisco con tutti voi nella preghiera per la Siria.

  • Queste notizie mi hanno scosse fortemente. Sarà un Natale diverso per me. Voglio CREDERE con questi miei fratelli e sorelle in Siria (e con ciò intendo l’intero popolo siriano, a prescindere della religione) che l’Amore vincerà. Questo significa un appello e un impegno a farla vincere dentro di me, ogni volta che è compromessa. Grazie. Grazie che non ci fate dimenticare, accantonare quanto accande in Siria.

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