T’ho trovato in tanti luoghi, SignoreChiara 4!
T’ho sentito palpitare
nel silenzio altissimo d’una chiesetta alpina,
nella penombra del tabernacolo
di una cattedrale vuota,
nel respiro unanime
d’una folla che ti ama e riempie
le arcate della tua chiesa
di canti e d’amore.
T’ho trovato nella gioia.
Ti ho parlato
al di là del firmamento stellato,
mentre a sera, in silenzio, tornavo dal lavoro a casa.
Ti cerco e spesso ti trovo.
Ma dove sempre ti trovo è nel dolore.
Un dolore, un qualsiasi dolore,
è come il suono della campanella
che chiama la sposa di Dio alla preghiera.

Quando l’ombra della croce appare,
l’anima si raccoglie
nel tabernacolo del suo intimo
e scordando il tintinnio della campana
ti “vede” e ti parla.
Sei tu che mi vieni a visitare.
Sono io che ti rispondo:
“Eccomi Signore, te voglio, te ho voluto”.
E in quest’incontro
l’anima non sente il suo dolore,
ma è come inebriata dal tuo amore:
soffusa di te, impregnata di te:
io in te, tu in me,
affinché siamo uno.
E poi riapro gli occhi alla vita,
alla vita meno vera,
divinamente agguerrita,
per condurre la tua guerra.

Da Chiara Lubich, “La dottrina spirituale”, Editrice Città Nuova, Roma 2006, pagg. 147-148.

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