Roberto Cipollone (Ciro) - Passione


Cosa dice all’uomo e alla donna del nostro tempo il mistero di un Dio che muore in croce? In questo estremo sacrificio Dio prende su di sé tutte le nostre colpe e ci chiede il coraggio di riviverlo per amare il mondo. Da uno scritto di Pasquale Foresi.

“Come può aver sofferto Gesù una certa separazione, un certo abbandono da parte del Padre, se egli era il Figlio di Dio, lui stesso Dio?
Cerchiamo di penetrare, almeno un po’, cosa può essere avvenuto nel momento della passione, quando Gesù soffrì l’abbandono da parte del Padre.
Gesù ha sperimentato in sé la lontananza da Dio. Ed egli è potuto giungere a tanto perché, proprio in quanto uomo, era unito a tutta l’umanità.
Lì, sulla croce, noi tutti, uno a uno, eravamo presenti in Gesù, per il misterioso disegno di Dio che lo aveva voluto ricapitolare dell’intera umanità.
Lì, in lui, erano assommati tutti i nostri dolori, tutte le nostre colpe, che aveva preso su di sé e fatte sue, per poi rivolgersi al Padre dicendo: “Nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46)

In quel momento davvero tutto era compiuto, le nostre colpe erano rimesse.
Dunque, se anche noi, in quanto cristiani, siamo chiamati a vivere Cristo, dobbiamo vivere quello che egli ha vissuto. E Cristo ha vissuto in modo del tutto particolare la redenzione del genere umano.

Rivivere perciò in noi Gesù crocifisso e abbandonato significherà uniformarsi ai sentimenti di Gesù; anzi, molto di più: sarà lasciar rivivere in noi quel dolore-amore da lui vissuto sulla croce, per partecipare anche noi al compimento della sua passione e condividere con lui la sua gloria”.

Pasquale Foresi

 (Pasquale Foresi, Dio ci chiama, Città Nuova, 1974, pag. 58-61)

 

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