Movimento dei Focolari

Fraternità dietro le sbarre: passi verso la luce

«Caro A., come vedi, nel nostro piccolo cerchiamo di aiutare quei compagni che hanno molte difficoltà… Quello che facciamo noi è poco, però ci dà la forza di andare avanti nella strada dove c’è la luce. Quando ci addormentiamo ci sentiamo liberi e con la coscienza a posto. Con i compagni cerco sempre un dialogo: a volte serve una parola buona, a volte basta essere disponibili, altre volte diciamo insieme una preghiera, affinché il Signore ci aiuti a superare questi momenti brutti». Così scrive un detenuto ad A., che tutti i giovedì mattina scende a Roma per recarsi al Nuovo Complesso di Rebibbia, dove i suoi amici detenuti lo aspettano. Da alcuni anni impiega così il suo giorno di libertà dal lavoro, facendosi carico dei problemi e delle speranze di gente che spesso ha toccato il fondo. In via eccezionale, A. ha ottenuto il permesso di incontrare i detenuti di tutti i reparti. Ne segue una cinquantina, e attraverso i più disponibili arriva ad altri ancora; li aiuta anche dando loro la Parola di vita mensile e la rivista Città nuova. Molti dei suoi amici dicono di trovare in questo un alimento, un aiuto a vedere le cose da un’altra visuale, come esprime questa poesia scritta da uno di loro: «Il silenzio della notte/ è come un accogliente letto caldo/ (…). È la voce della nostra coscienza./ (…) Possono i carcerati ravvedersi /i ciechi vedere tramonti /i barboni sognare un camino acceso./ Possono i potenti diventare umili e saggi /i malati tornare a sorridere./ Il silenzio della notte/ è il letto caldo dove tutti/ fanno i conti con la Verità». Spesso, il rapporto continua anche con chi ha finito di scontare la sua pena o viene trasferito: è il caso dell’autore della poesia, che scrive da un altro carcere: «È dal ’96 che sono in carcere. Disagi, lutti in famiglia e di nuovo carcere… Meno male che ho imparato ad amare e credere, perché oggi, se così non fosse stato, non so che fine avrei fatto. Voglio confidarti che continuo a pregare e cerco di portare questa vita di amore a chi ne ha più bisogno. Anche fuori di qui non sarà facile, ma bisogna fare i conti con il proprio passato, accettarlo, tirare fuori l’umiltà e dire: ho bisogno di aiuto. Non nego che ci sono stati momenti in cui ho provato sulla mia pelle qualcosa che ha vissuto Gesù: l’abbandono, la persecuzione, l’indifferenza di tante persone… ma poi dico a me stesso: io sono colpevole e Lui era innocente. Ha sacrificato la sua vita per redimerci, per farci capire fino a che punto dobbiamo amare. Come si può non amarlo e adorarlo?». Le esperienze finora raccolte sono una testimonianza commovente. Ecco alcuni flash. «Un ragazzo della cella di fronte alla mia era disperatissimo per aver perso l’anello che gli aveva regalato la moglie. Ho provato a smontare il sifone del lavandino e così l’abbiamo trovato. È difficile dire come era felice… Di sera ho scritto una lettera per un detenuto analfabeta… Ho regalato un pacchetto di sigarette da dieci con piacere, a costo di restare io senza». «Ho lavorato per due mesi a costruire una barca con degli stuzzicadenti. Volevo venderla e ricavare dei soldi. Un mio amico però non aveva niente per fare un regalo a sua moglie e allora ho pensato di regalargli la mia barca». Brani di vita nuova che ci fanno capire meglio come farci “prossimi”, sul modello di Gesù in croce, di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti a “farci uno” con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a risolvere un problema, con un amore concreto fatto servizio. (cfr. Città Nuova n. 5/2006)   (altro…)

Da tutto il mondo, sacerdoti a confronto su essere “Chiesa oggi”

Saranno rappresentate oltre 50 nazioni, dalla Tailandia agli USA, dall’Olanda al Burundi e al Venezuela. Un’occasione, quindi, di dialogo e di unità nella varietà delle espressioni culturali e delle esperienze ecclesiali. Interverranno pure ministri di altre Chiese cristiane. All’origine dell’incontro una constatazione: “Nella misura nella quale noi stessi siamo trasformati – ha detto papa Benedetto XVI – possiamo vedere la presenza del regno di Dio e farla vedere agli altri”. In questo senso, come ha osservato Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, “oggi i tempi esigono più che mai l’autenticità: occorrono sacerdoti-Cristo, pronti a morire per tutti”. Nell’intento di leggere insieme i “segni dei tempi”, il Convegno si confronterà con le sfide che pesano oggi sulla vita dei sacerdoti: crisi di credibilità e di incidenza, frammentazione sociale e culturale, individualismo e superlavoro. Ma metterà soprattutto in rilievo le nuove opportunità offerte dalla dimensione della comunione. Quattro le unità tematiche secondo cui si articola il programma: Figure di sacerdoti – Una spiritualità per la Chiesa-comunione – Alle prese con i volti della sofferenza – Dialogo ed evangelizzazione. Per tre giorni si avvicenderanno approfondimenti teologici, culturali e spirituali, con testimonianze, incontri per gruppi e momenti artistici. Tutto per evidenziare vie per una nuova incidenza del cristianesimo nella società di oggi. Non a caso, il Convegno attinge alla spiritualità del Movimento dei Focolari, nota come spiritualità dell’unità che favorisce il dialogo. Per informazioni: Movimento dei focolari – movimento.sacerdotale@focolare.org C.P. 21 – 00046 Grottaferrata (Roma) – Tel. 339.2173901   (altro…)

Messaggio di Chiara Lubich ai sacerdoti

Carissimi, Sono molto contenta di dare il benvenuto a ciascun partecipante a questo Congresso e, in particolare, saluto i nostri fratelli cristiani, ministri di altre Chiese, che sono presenti. Vi siete dati appuntamento da tanti Paesi di tutti i continenti per approfondire insieme la spiritualità di comunione e dialogo nella Chiesa oggi. Mi è stata chiesta una parola. Ho visto che nel vostro ricco programma un posto di rilievo è stato dato al tema: “L’abbandono di Gesù”. Perché? Perché i cardini principali della nostra spiritualità sono, da una parte, Gesù crocifisso che grida “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” e dall’altra l’unità. Gesù crocifisso e abbandonato è Colui che ha aperto agli uomini la via alla fraternità universale. E’ in quel momento che Egli diviene mediatore fra gli uomini e Dio. E’ lì sulla croce che si presenta al Padre come sacerdote e insieme vittima per l’intera umanità. E perché gli uomini, per Gesù crocifisso e abbandonato, hanno potuto ristabilire il rapporto con Dio, si è reso possibile il rapporto pure fra di loro: Gesù abbandonato è il vincolo d’unità anche fra gli uomini. E l’unità è il frutto del dialogo: è il dialogo consumato. Ecco perché si parla di Lui: Egli è il vero sacerdote! Il mio augurio, accompagnato dalla preghiera, è che ognuno veda in Lui il suo modello, affinché la Chiesa oggi si trovi arricchita di sacerdoti-Cristo, sacerdoti-vittime per l’umanità; autentici Cristo, pronti a dare la vita per tutti. La Pasqua, appena celebrata, ci ricorda che al dolore della Passione è seguita la grande gioia della Risurrezione. In Lui Risorto vivo tra noi, Chiara   (altro…)

“Chiesa oggi – Spiritualità di comunione e dialogo”

PROGRAMMA Mercoledì 19 aprile Sacerdoti e diaconi oggi – il vissuto e le sfide 09.00 Benvenuto (Wolfgang Schneck e Andrea Caelli – moderatori) Saluto (Silvano Cola, Lino D’Armi, Enrico Pepe, Hubertus Blaumeiser – responsabili del Movimento sacerdotale del Movimento dei focolari) Testimonianze-flash di sacerdoti e diaconi di diversi Continenti COREOGRAFIA “DALL’INDIVIDUALISMO ALLA COMUNIONE” (SEMINARISTI DI LOPPIANO) 10.30 Sacerdoti, diaconi e seminaristi oggi: sfide e domande Intervista di Andrea Caelli a: Wilfried Hagemann (Germania), Thomas Norris (Irlanda), Enrique Cambón (Argentina), Léon Sirabahenda (Burundi) Due seminaristi presentano i risultati di un’inchiesta CONTRIBUTO ARTISTICO (MIMO PEREZ – FILIPPINE) Messaggio di Chiara Lubich 11.45 Concelebrazione Una spiritualità per la Chiesa-comunione 16.00 Spiritualità di comunione: dal “Castello interiore” al “Castello esteriore” (Giuseppe Maria Zanghì, Responsabile del Centro studi del Movimento dei focolari) Flash storico: i sacerdoti e il Movimento dei Focolari (Silvano Cola) BRANO MUSICALE Costruire la Chiesa-comunione (testimonianze di Marco Tecilla e altri) 18.00 La profezia delle cittadelle del Movimento dei focolari (Presentazione della Mariapoli permanente di Loppiano / Incisa Valdarno) Formarsi alla comunione: scuole per sacerdoti, diaconi e seminaristi (Lorenzo Campagnolo, con partecipanti al corso annuale del Centro internazionale di spiritualità per sacerdoti e seminaristi – Loppiano) CONTRIBUTO ARTISTICO (MIMMO IERVOLINO – NAPOLI) La comunione come stile di vita (Testimonianze) 19.10 Momento di preghiera animato dai partecipanti ortodossi (Istituto delle Chiese orientali – Regensburg / Germania) Giovedì 20 aprile Le nostre radici più profonde 09.00 Momento di preghiera animato da partecipanti di varie Chiese “Ti consegno questo crocifisso” (testimonianza di Dante Sementilli) BRANO DI PIANOFORTE (ALFONSO GUILLAMON – SPAGNA) “Mettersi al posto dell’altro” (testimonianza di Carlo Malavasi) 10.20 L’abbandono di Gesù – via all’unità (Natalia Dallapiccola – prima compagna di Chiara Lubich) Gesù crocifisso e abbandonato nell’esperienza del Movimento dei Focolari (videoregistrazione di Chiara Lubich) CONTRIBUTO ARTISTICO (PIERLUIGI GRISON – LOPPIANO) Gesù abbandonato – modello del sacerdote (testimonianze) 11.45 Concelebrazione Evangelizzazione e dialogo 16.00 Per una pastorale della comunione (Aldo Giordano, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) Il primato della carità (stralcio video di Chiara Lubich) BRANO MUSICALE Andare verso tutti (testimonianze) 17.50 Concerto-testimonianza sul Card. Van Thuan (Carlo José Seno e sacerdoti di Milano) 19.10 Momento di preghiera: “Ho un solo Sposo sulla terra” Venerdì 21 aprile “Che tutti siano uno” 09.00 Una nuova scuola di pensiero (Pasquale Foresi – Direzione centrale del Movimento dei focolari) CONTRIBUTO ARTISTICO “Anima del mondo”: orizzonti nuovi della missione oggi (Vera Araújo e Carlos Clarià – Centro internazionale del Movimento dei Focolari) BRANO DI PIANOFORTE (CARLO JOSÉ SENO E ALFONSO GUILLAMON) Impressioni dei partecipanti Conclusione (Silvano Cola, Lino D’Armi, Enrico Pepe, Hubertus Blaumeiser) 11.00 Concelebrazione   (altro…)

Commento di Chiara Lubich alla Parola di Vita del mese di aprile 2006

Eloquenti più d’un trattato, queste parole di Gesù dischiudono il segreto della vita.
Non c’è gioia di Gesù senza dolore amato. Non c’è risurrezione senza morte.
Gesù qui parla di sé, spiega il significato della sua esistenza.
Mancano pochi giorni alla sua morte. Sarà dolorosa, umiliante. Perché morire, proprio Lui che s’è proclamato la Vita? Perché soffrire, Lui che è innocente? Perché essere calunniato, schiaffeggiato, deriso, inchiodato su una croce, la fine più infamante? E soprattutto perché Lui, che ha vissuto nell’unione costante con Dio, si sentirà abbandonato dal Padre suo? Anche a Lui la morte fa paura; ma essa avrà un senso: la risurrezione.
Era venuto a radunare i figli di Dio dispersi1, a rompere ogni barriera che separa popoli e persone, ad affratellare uomini tra loro divisi, a portare la pace e costruire l’unità. Ma c’è un prezzo da pagare: per attrarre tutti a sé dovrà essere innalzato da terra, sulla croce2. Ed ecco la parabola, la più bella di tutto il Vangelo:

«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto»

È Lui quel chicco di grano.
In questo tempo di Pasqua egli ci appare dall’alto della croce, suo martirio e sua gloria, nel segno dell’amore estremo. Lì tutto ha donato: il perdono ai carnefici, il Paradiso al ladrone, a noi la madre e il suo corpo e il suo sangue, la vita sua, fino a gridare: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Scrivevo nel 1944: “Sai che tutto ci ha donato? Che poteva darci di più un Dio che, per amore, sembra dimenticarsi di essere Dio?”
E ha dato a noi la possibilità di diventare figli di Dio: ha generato un popolo nuovo, una nuova creazione.
Il giorno di Pentecoste il chicco di grano caduto in terra e morto già fioriva in spiga feconda: tremila persone, d’ogni popolo e nazione, diventano “un cuore solo e un’anima sola”, poi cinquemila, poi…

«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto»

Questa Parola dà senso anche alla nostra vita, al nostro soffrire, al nostro morire, un giorno.
La fraternità universale per la quale vogliamo vivere, la pace, l’unità che vogliamo costruire attorno a noi, è un vago sogno, una chimera se non siamo disposti a percorrere la stessa via tracciata dal Maestro.
Come ha fatto Lui a “portare molto frutto”?
Ha condiviso tutto di noi. Si è addossato le nostre sofferenze. Si è fatto con noi tenebra, malinconia, stanchezza, contrasto… Ha provato il tradimento, la solitudine, l’orfanezza… In una parola si è fatto “uno con noi”, facendosi carico di quanto ci era di peso.
Così noi. Innamorati di questo Dio che si fa nostro “prossimo”, abbiamo un modo per dirgli che gli siamo immensamente grati per il suo infinito amore: vivere come ha vissuto Lui. Ed eccoci a nostra volta “prossimi” di quanti ci passano accanto nella vita, volendo esser pronti a “farci uno” con loro, ad assumere una disunità, a condividere un dolore, a risolvere un problema, con un amore concreto fatto servizio.
Gesù nell’abbandono s’è tutto dato; nella spiritualità che s’incentra in Lui, Gesù risorto deve risplendere pienamente e la gioia deve darne testimonianza.

Chiara Lubich

1 Cf Gv 11,52
2 Cf Gv 12,32

 

“E per scuola… una città”

Non si può negare che è in atto un grande sforzo mondiale per vincere l’analfabetismo dei popoli. Ma contemporaneamente all’orizzonte si profilano, soprattutto per le società più opulente, i rischi di un nuovo analfabetismo: quello delle coscienze. Per questo, più di tutto, serve ri-creare una cultura dell’educazione. Riportare al centro dell’interesse la relazione tra educando ed educatore, tra educatori, tra gruppi, tra teoria e pratica, è l’obiettivo di questo primo Convegno internazionale che si svolgerà al Centro Mariapoli di Castelgandolfo dal 31 marzo al 2 aprile promosso da EDU-EducazioneUnità, centro studi pedagogici del Movimento dei Focolari, che ha avuto inizio nel 2002 per iniziativa di Chiara Lubich. Verranno approfondite tematiche di particolare attualità: Alla scuola di chi? – Di fronte al crescente disorientamento educativo, il Convegno intende imprimere nuovo slancio ad una vocazione in crisi: metterà in rilievo la figura dell’educatore, del docente, del maestro, che sappia coniugare teoria e pratica, parola e testimonianza. Comunità in dialogo – Una finalità, una scommessa irrinunciabile per dar vita ad una cultura della relazione educativa e dei legami tra educatori, tra famiglie, tra gruppi associativi in cui i giovani sappiano riconoscere i segni di una riumanizzazione dei rapporti e di un nuovo senso di comunità, intessuta di reciproco interesse. Il senso del pensare – Paradossalmente, in un mondo ricco di dati e di informazioni, il rischio è quello di non sapere pensare. Diventa priorità assoluta quindi stimolare l’educazione del pensiero, della riflessione, della ricerca di senso. L’imparare: uno strumento per servire – Sempre più frenetica è la rincorsa del successo e l’apprendere spesso è finalizzato alla competizione egocentrica. Apprendere per servire capovolge quest’ottica, nella ricerca di un sapere condiviso, nell’interesse del bene comune. Ad educatori, docenti e studenti di Scienze dell’Educazione, politici impegnati in questo campo, il Convegno proporrà i primi frutti della ricerca avviata da studiosi di vari Paesi in campo pedagogico sul ricco patrimonio di spiritualità e di realizzazioni educative, attuate nei 60 anni di vita dei Focolari in varie aree del mondo. (altro…)

50° Città Nuova: città in dialogo, città della fraternità

50° Città Nuova: città in dialogo, città della fraternità

«Guardando alle nostre città, ciò che attrae l’uomo d’oggi nelle sue esigenze più profonde, è proprio questa “città nuova”, città della fraternità, che rende fratelli al di là di ogni divisione. La rivista Città nuova vuol essere via alla fraternità, strumento di dialogo a tutti i livelli, di comunione, di unità». Così Chiara Lubich nell’editoriale del 1° numero del 2006, 50° anno di vita della rivista dei Focolari. E per lanciare questa nuova prospettiva alle principali città italiane, Città Nuova ha stilato un calendario di appuntamenti. Tra le prime tappe: Roma e Milano. Milano: segni visibili di fraternità Un modo nuovo di vivere la città: diventare «cittadini a pieno titolo, capaci di guardare in faccia la realtà e allo stesso tempo di modificare il corso degli eventi, cominciando a progettare partendo dall’incontro con l’altro». E’ la proposta lanciata l’11 marzo scorso, da Lucia Fronza Crepaz, presidente del Movimento Politico per l’unità, alla presenza di oltre 1600 persone che gremivano l’aula magna dell’Università Statale. Infatti «la tolleranza non è sufficiente». Come ha affermato la sociologa brasiliana Vera Araujo, si rende necessario giungere al dono di sé agli altri, alla solidarietà, fino ad arrivare alla fratellanza universale. «Dobbiamo passare da una cultura che ha privilegiato il ‘che cosa’?, la sostanza, a una cultura che ponga al centro il ‘chi’?, il singolo, l’uomo, nella sua vocazione a essere persona, in quella comunione che supera l’individualità», ha affermato il prof. Giuseppe Maria Zanghì, filosofo del Centro Studi Interdisciplinare del Movimento dei Focolari. L’invito è «uscire dal chiuso dei nostri monolocali per l’aperto infinito che è l’Amore. Dovremmo dare alle nostre città di pietra l’ariosità del giardino dell’Eden ritrovato negli spazi della vita trinitaria». Roma: continua il percorso L’edizione romana, in calendario per il 25 marzo, alle ore 16.00, all’Università di Roma Tre – con il Patrocinio del Comune di Roma – ha come tema di riferimento il tessuto cittadino e le dinamiche locali che fanno di Roma una città universale. Lo dice il titolo del Convegno: “Roma città in dialogo: tra dinamiche locali e prospettive universali”. Si tratta della continuazione di un percorso già avviato da anni nella capitale: mira ad accrescere il dialogo con la città, la presenza attiva sul territorio. Insieme ai protagonisti di esperienze concrete nel vissuto cittadino, il massmediologo Giampiero Gamaleri, il sociologo Bennie Callebaut e il giornalista Michele Zanzucchi, offriranno spunti di riflessione sull’attuale sfida multiculturale. (altro…)

CHIESA-COMUNIONE. Paolo VI e Giovanni Paolo II ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari, Città Nuova Editrice, Roma 2002

INTRODUZIONE Approfondire lo spirito della collegialità L’incoraggiamento di Paolo VI e di Giovanni Paolo II Affrettare la piena comunione visibile fra le Chiese Riflessione sulla Chiesa-comunione Dalla benedizione all’approvazione Ecclesiologia di comunione – spiritualità di comunione “Voi state riflettendo sulla comunione, realtà costitutiva della natura stessa della Chiesa”. Con queste parole Giovanni Paolo II si è rivolto il 28 febbraio 2002 a oltre 80 Vescovi provenienti da 45 nazioni di tutti i cinque Continenti. Ed ha indicato questa priorità per l’azione pastorale: “La comunione all’interno del popolo cristiano, pertanto, chiede di essere sempre più assimilata, vissuta e manifestata, anche grazie ad un deciso impegno programmatico, a livello sia di Chiesa universale che di Chiese particolari”. Ha quindi esortato a “coltivare un’autentica e profonda spiritualità di comunione”, compito di prima urgenza che, se riguarda tutti i membri della Comunità ecclesiale, “spetta però anzitutto ai Pastori”. Venticinque anni prima, Paolo VI, in occasione dell’udienza generale del 9 febbraio 1977, aveva accolto un gruppo di dodici Vescovi che – come riferì il giorno dopo L’Osservatore Romano – si erano riuniti “nel Centro Mariapoli di Rocca di Papa per partecipare a un corso di spiritualità”. Giacché in quel tempo era assai raro veder tanti Vescovi convenire all’appuntamento settimanale del Papa con i fedeli, Paolo VI, tanto sensibile alla collegialità episcopale, li volle presentare ad uno ad uno all’intera assemblea, trovando per ciascuno una parola personale. E, alla fine, impartì la benedizione apostolica assieme a loro. Fu questo l’inizio dei Convegni annuali di “Vescovi amici del Movimento dei Focolari”. Vale la pena ricordare ancora un significativo dettaglio:dopo l’udienza, i dodici Vescovi, provenienti da Cile, Colombia, Corea, Macau, Tailandia, Germania, Croazia, Portogallo e Italia, furono ricevuti a pranzo dall’allora Cardinale Segretario di Stato, Giovanni Villot, nel suo appartamento privato. Promotore dell’iniziativa fu Mons. Klaus Hemmerle, Vescovo di Aquisgrana in Germania (1975-94). Uomo di grande cultura ed eminente teologo, egli sin dalla fine degli anni ‘50 aveva conosciuto la spiritualità del Movimento dei Focolari e l’aveva vissuta da sacerdote diocesano. Diventato Vescovo pensò di non interrompere quel cammino di comunione e, nel febbraio 1976, assieme a centinaia di preti di tutta Europa, venne all’incontro annuale dei sacerdoti focolarini. “Lì – racconta – ho avuto un incontro decisivo con Chiara Lubich”. E ricorda come in quel colloquio capì che i Vescovi, legati l’uno all’altro nella collegialità e chiamati ad essere nella Chiesa custodi dell’unità, sono destinati in un modo tutto speciale a vivere tra loro l’amore reciproco . Nell’estate di quello stesso anno il Vescovo Hemmerle si ritrovò in Svizzera con altri due Vescovi che, come lui, si ispiravano nella loro vita alla spiritualità di comunione che caratterizza il Movimento dei Focolari: Mons. Josef Stimpfle, allora Vescovo di Augsburg (Germania), e Mons. Acacio Rodrigues Alves, Vescovo, oggi emerito, di Palmares (Brasile). In quell’occasione, in un incontro con Chiara Lubich, nacque l’idea di ritrovarsi nel febbraio successivo per un Convegno spirituale con altri Vescovi desiderosi di poter approfondire questa spiritualità. Approfondire lo spirito della collegialità Sin dal primo incontro, una caratteristica di questi Convegni è stata quella che i partecipanti, prima di ritornare nelle rispettive diocesi, si accordavano tra di loro – attraverso un “patto d’amore scambievole”, come lo chiamarono – di vivere anche a distanza con intensità il comandamento nuovo di Gesù, in modo da dare così un contributo vitale per rendere sempre più concreta la collegialità effettiva ed affettiva. Merita riportare almeno alcune parole di questo impegno che i Vescovi, in occasione del loro primo incontro, vollero prendere nella stessa Basilica di S. Pietro, davanti alla Pietà di Michelangelo: “Eterno Padre, uniti nel nome di Gesù, noi ti promettiamo di amarci a vicenda come Gesù ci ha amati, fino a dare la vita, per vivere in pienezza la collegialità attorno al Papa… Fa sì che siamo un’anima sola e un corpo solo, che la gioia dell’uno sia la gioia dell’altro, che la croce dell’uno sia la croce dell’altro, affinché risplenda in noi e fra noi la continua presenza di Gesù risorto, fino a penetrare tutte le nostre attività e rinnovare le nostre diocesi, affinché tutti siano uno e il mondo creda”. Sta qui, in effetti, tutta l’originalità di questi Convegni spirituali fra Vescovi. Essi – come era solito spiegare il Vescovo Hemmerle – non si prefiggono di trattare temi teologici o problemi particolari, ma di dar modo ai Vescovi di vivere un’esperienza di comunione spirituale e di unità, per approfondire, nella carità reciproca, lo spirito della collegialità col Papa e fra loro, e ravvivare così la vita di comunione nelle proprie diocesi e nei riguardi degli altri Vescovi. Un’istanza assai sentita, questa. Lo dimostra il numero crescente dei partecipanti a questi incontri che da tempo si svolgono ormai non soltanto a Roma, ma anche a livello regionale in diverse parti del mondo, dall’Estremo Oriente all’Africa, dal Brasile all’Europa centrale, ai Paesi del Medio Oriente. Con frutti profondi di comunione, come testimoniano – per citare soltanto un esempio – queste espressioni di un Vescovo dell’America Latina che, dopo aver partecipato a uno di questi Convegni, a distanza di alcuni mesi così scrisse agli altri Vescovi: “Voglio dirvi che la mia vita è stata profondamente toccata da questo incontro. Ho avuto l’impressione che noi tutti fossimo nati nello stesso quartiere, avessimo studiato nella stessa scuola e fossimo vissuti sempre assieme. Da quel momento vi sento tutti uniti a me, come se fossimo mattoni di una stessa parete, tenuti insieme col cemento. E non so più pregare isolato, ma soltanto in comunione con tutti”. L’incoraggiamento di Paolo VI e di Giovanni Paolo II Quando Paolo VI, il 25 gennaio 1978, pochi mesi prima della sua morte, incontrò per la seconda volta i Vescovi riuniti in Convegno – erano 23 quell’anno – non esitò ad affermare a chiare parole la sua gioia per quell’iniziativa: “Tutto ciò che favorisce la mutua, fraterna carità, nella prospettiva di un più generoso e fecondo servizio ecclesiale, si colloca al centro del Vangelo e del ‘comandamento nuovo’ formulato dal Signore Cristo Gesù. (…) Noi non possiamo tacere questa vostra iniziativa e la confermiamo con la nostra speciale benedizione” . Quell’anno al Convegno partecipò anche Mons. Jorge Novak, allora Vescovo di Quilmes (Argentina), che rimase profondamente impressionato da un fatto da lui stesso riferito con queste parole: “Dopo l’udienza generale con Paolo VI, noi Vescovi fummo invitati in una sala dove il Papa ci parlò nuovamente e ci disse: ‘Come capo del Collegio Apostolico vi incoraggio, vi stimolo, vi esorto a continuare in questa iniziativa’ ”. Giovanni Paolo II, eletto Papa nell’ottobre 1978, subito intuì il valore di questi incontri volti a rafforzare lo spirito di comunione all’interno del Collegio episcopale e li sostenne. Fu lui a presentare – durante l’udienza generale del 15 febbraio 1979 – i 40 partecipanti del terzo Convegno con il nome di “Vescovi amici del Movimento dei Focolari”. L’anno successivo rifletteva in questi termini sulla rilevanza di questi Convegni: la collegialità effettiva ed affettiva “è la nostra principale testimonianza (…). Io mi rallegro della spiritualità che vi aiuta oggi a realizzarla sempre di più”. Due anni dopo, ricevendo all’indomani del sesto Convegno il Vescovo Hemmerle ed altri Vescovi cattolici in udienza speciale – era il 21 febbraio 1982 -, nel suo discorso tracciò linee che suonavano assai programmatiche. “Mentre il Papa viveva un’intensa e consolante esperienza di comunione con alcune giovani Chiese nel Continente africano, celebrando con esse il mistero dell’unità che pulsa nel grande Organismo della Chiesa universale, voi celebravate questo stesso mistero nella carità di una riunione fraterna, che vi ha consentito di parteciparvi reciprocamente, sotto gli occhi di Maria, ansie, progetti, prospettive, fiduciose speranze”. Nel fare ciò – proseguì Giovanni Paolo II – “voi non vi siete nutriti soltanto di una spiritualità che vi è particolarmente cara, ma avete altresì posto in atto una dimensione caratteristica della vostra realtà ontologica di Vescovi”. Come ogni cristiano è, per sua natura, con-discepolo di Cristo – spiegò – “così ogni sacerdote è con-sacerdote ed ogni vescovo è, per definizione, con-vescovo”. Ed espresse la convinzione che una tale apertura all’intera Chiesa “non vi porterà affatto a trascurare il gregge che vi è stato affidato”, ma darà piuttosto “maggiori garanzie di essere pienamente in sintonia con Cristo”. Affrettare la piena comunione visibile fra le Chiese Nella stessa udienza, Papa Wojtyła aprì una prospettiva che si sarebbe espressa ben presto in ulteriori sviluppi. L’ansia dell’unità – disse – vi porterà “a farvi carico con sempre rinnovato slancio del problema ecumenico, spingendovi a tentare ogni utile iniziativa”. Sollecitazione che, da parte dei Vescovi, trovò un’immediata risposta. Nell’ottobre successivo si tenne infatti per la prima volta un Convegno ecumenico di Vescovi amici del Movimento dei Focolari, appuntamento che da allora si ripropone ogni anno, di volta in volta in una sede diversa. “Non facciamo qui un Congresso teologico, benché non dimentichiamo di essere teologi. E non ci ritroviamo neppure per una conferenza ecclesiale, anche se portiamo in noi le nostre Chiese. Il nostro fine è quell’unità dello spirito e dell’amore – amore che conduce alla verità – che nasce dal fatto che ci amiamo come Gesù ci ha amati e viviamo unanimiter la Parola che egli ci ha dato”. Così, al Convegno ecumenico del novembre 1990, il Vescovo Hemmerle spiegò la caratteristica di questi incontri. Ed espresse la convinzione che tale esperienza di comunione era “un fatto veramente ecclesiale, una via per preparare dal di dentro le vie dell’unità”. Con l’andare del tempo, questi Convegni ecumenici che, con la benedizione dei Capi delle rispettive Chiese, oltre che a Roma, si sono svolti a Costantinopoli (1984), Londra (1986 e 1996), Ottmaring nei pressi di Augsburg (1988 e 1998), Trento (1995), Amman-Gerusalemme (1999) e Baar, non lontano da Zurigo (2001), hanno suscitato l’interesse anche di eminenti personalità del mondo ecumenico. “Abbiamo gioito nello spirito”, ha scritto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nel messaggio inviato al Convegno del novembre 1997. E, dopo aver formulato parole di ammirazione e di amore per il Movimento dei Focolari, affermava: “Il vostro approfondimento dei temi della spiritualità e dell’unità sarà certamente di grande giovamento per la vostra dedizione alla causa dell’unità dei cristiani”. Da parte evangelica-luterana, fra i partecipanti ci fu, sin dal 1983, il dott. Johannes Hanselmann, per molti anni Vescovo della Baviera e personaggio di primo piano nella Federazione luterana mondiale, della quale fu vice-presidente (1977-87) e presidente (1987-1990). Alla luce della sua vasta esperienza ecumenica, Hanselmann era profondamente conscio dell’originalità di quel “patto d’amore reciproco” con cui i Vescovi in ogni incontro si promettevano solennemente “di cercare in tutto e prima di tutto l’amore scambievole”, secondo il comandamento nuovo, impegno che portò tanti e tali frutti che egli non esitò a parlare di “un soffio di eternità” che lui trovava in queste riunioni. Incontri carichi di una speciale speranza, dunque, tanto che il Vescovo inglese Hugh W. Montefiore, nota personalità nel mondo anglicano, nella giornata conclusiva del Convegno del dicembre 2001, al quale avevano partecipato 24 Vescovi ortodossi, siro-ortodossi, anglicani, evangelici-luterani e cattolici, giunse a dire di aver sperimentato, nella comunione tra loro, “un presagio di ciò in cui noi tutti speriamo”. Come un significativo seguito di quest’ultimo Incontro, il Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, dott. Konrad Raiser, ha rivolto a Chiara Lubich un caloroso invito a visitare questo importante organismo. Per coincidenza, il Convegno ecumenico di Vescovi dell’ottobre 2002 si svolge nei pressi di Ginevra e prevede un’agenda particolarmente interessante. Rivolgendo la sua parola ai Vescovi di varie Chiese, Giovanni Paolo II ha dato più volte espressione a tutta la sua ansia per l’unità: Che questa esperienza di preghiera e di scambio fraterno affretti il giorno in cui saremo completamente uno in Cristo!” (12 ottobre1983). “Che il vostro pellegrinaggio ecumenico, spinto dalla forza dello Spirito, sia sempre (…) un servizio alla memoria delle opere mirabili da Dio compiute nella storia di ogni comunità cristiana, un richiamo fiducioso alla conversione e alla riconciliazione” (26 novembre 1987). “Non possiamo presentarci davanti a Cristo, Signore della storia, così divisi come ci siamo purtroppo ritrovati nel corso del secondo millennio”. Da qui tutto l’apprezzamento di Papa Wojtyła per questi incontri annuali che “pur con il loro carattere informale e privato, (…) aiutano a far crescere ed a diffondere un’intensa unione spirituale nella carità e nella verità, che alimenta la speranza del completo superamento, con l’aiuto della grazia di Dio, delle barriere che purtroppo ancora dividono i cristiani” (13 novembre 1997). Anelito per l’unità che, nell’udienza del 2 dicembre 2000, ha condotto Giovanni Paolo II ad indirizzarsi ai suoi “venerati fratelli nell’episcopato” con il vibrante appello a “rileggere la complessa e a volte travagliata storia delle nostre comunità nella prospettiva dell’unica Chiesa di Cristo, dove le legittime differenze contribuiscono a rendere più splendente il volto della Sposa del gran Re”. Quello dell’unità – ha detto Giovanni Paolo II nel 1994 al Convegno di Vescovi cattolici – è un desiderio di Gesù “che ci incalza e non ci dà pace, finché non si sia realizzato”. Riflessione sulla Chiesa-comunione Dopo la prima udienza speciale nel 1982, Giovanni Paolo II, in un crescendo che non sfuggirà a chi sfoglia le pagine di questo volume, ha costantemente accompagnato, illuminandolo con la sua parola, lo sviluppo dei Convegni fra i Vescovi cattolici. Ed ha colto quelle occasioni per enucleare una serie di punti-chiave importanti per una sempre maggiore realizzazione della Chiesa-comunione. Ne evochiamo qui, molto rapidamente, solo i principali: lo spirito della collegialità episcopale come lievito d’unità ecclesiale sia a livello universale che nelle Chiese particolari; il ruolo decisivo di una spiritualità di comunione, quale presupposto anche di una testimonianza efficace; il Cristo crocifisso ed abbandonato come sorgente della comunione e come via per il dialogo; il profilo mariano della Chiesa. E’ profondamente radicata nel pensiero di Papa Wojtyła – come del resto mostra la sua costante prassi – l’idea che la collegialità effettiva ed affettiva dei Vescovi, lungi dall’essere solo realtà giuridica o sacramentale, debba tradursi quotidianamente in comunione vissuta. Da qui la simpatia con cui egli guarda e sostiene ogni iniziativa che mira a rendere operante questa istanza che è, senza dubbio, tra le linee direttrici più importanti del Concilio Vaticano II. Ma non meno urgente suona l’invito, che egli rivolge ai Vescovi, a trasmettere alle loro diocesi quello spirito di unità e comunione che essi sono chiamati a vivere tra loro. “L’esperienza di ‘koinonia’, che voi oggi vivete – ha detto nel 1983 -, possa riverberarsi positivamente nelle Chiese particolari affidate alle vostre cure, suscitando in esse un senso sempre più vivo dell’appartenenza all’unico Corpo mistico di Cristo”. Nel 1990 è stato ancora più esplicito: “Ringraziate il Signore per l’esperienza di fraternità apostolica che state vivendo durante questi giorni e portate poi il lievito di questa unità vissuta tra voi all’interno delle vostre rispettive Comunità diocesane”. E nel 1992: “Fate tesoro dell’esperienza spirituale del Movimento dei Focolari (…) per accrescere sempre più il vostro slancio apostolico e per incrementare l’animazione evangelica nelle vostre rispettive Comunità diocesane e nel mondo intero”. Nel 1995 emerge, per la prima volta in questi termini, un tema che diventerà poi uno dei cardini della lettera-programma per la vita della Chiesa nel terzo millennio che è la Novo millennio ineunte: l’urgenza che la vita e l’azione della Chiesa sia animata, a tutti i livelli, da una “robusta spiritualità di comunione”, come elemento propulsore, pure, per la grande impresa della nuova evangelizzazione. “Come allora, anche oggi – scrive il Papa nel Messaggio al Convegno del 1997 – il compito principale dell’apostolo è proclamare e testimoniare con la vita che Cristo è veramente risorto, che Egli è presente tra di noi attraverso il comandamento nuovo che ci ha lasciato”. E ne trae questa conseguenza: “Una spiritualità di comunione per dei Pastori della Chiesa significa l’impegno al dono totale di se”, ma anche, per la reciprocità dell’amore, “considerare la croce dell’uno la croce dell’altro”. E’ questo il presupposto indispensabile della stessa testimonianza. “Il nostro tempo – dice nell’udienza del 16 febbraio 1995 – esige una nuova evangelizzazione. Richiede quindi con particolare intensità ed urgenza di rispondere a questa originaria vocazione personale ed ecclesiale: formare, in Cristo, ‘un cuore solo e un’anima sola’ (At 4, 32)”. E ribadisce: “Essere uno in Cristo è, per così dire, la prima e permanente forma di evangelizzazione attuata dalla Comunità cristiana”. Negli ultimi due anni, il tema della “spiritualità di comunione” si trova intimamente unito ad un altro punto-cardine della Novo millennio ineunte che è allo stesso tempo uno dei pilastri della spiritualità dei Focolari: il volto dolente di Cristo, ed anzi: il mistero del suo abbandono in croce. “In Cristo crocifisso ed abbandonato – afferma il Messaggio del 14 febbraio 2001 – il male ed il peccato sono definitivamente sconfitti, e viene resa possibile la piena unità dell’umanità col Padre e degli uomini fra di loro”. Sta qui dunque “la via maestra non soltanto per rendere sempre più effettiva la comunione a tutti i livelli della compagine ecclesiale, ma anche per aprire un fecondo dialogo con le altre culture e religioni”. Confrontato lui stesso profondamente con la sofferenza, nell’udienza del 28 febbraio 2002 Giovanni Paolo II torna sull’argomento: “Il servizio dell’unità, su cui voi giustamente amate molto insistere, è intrinsecamente segnato dalla Croce”. Richiama al riguardo l’esempio degli Apostoli: “Il loro ministero di comunione e di evangelizzazione ha goduto della stessa fecondità di quello di Cristo: la fecondità del chicco di grano (…) che produce molto frutto se e perché muore nella terra”. Come non intravedere qui anche una personalissima esperienza? Non meno importante è il tema del profilo mariano della Chiesa, che emerge in diversi interventi di Giovanni Paolo II. Egli ne ha parlato – come si sa – con accenti programmatici nel discorso al Collegio Cardinalizio, durante l’anno mariano, il 22 dicembre 1987  . Maria – dirà poche settimane dopo ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari – “è un eminente modello per noi Pastori di come debbono essere condotte le anime”. Da qui la speranza che i Vescovi possano rivivere, nei loro Convegni, “quasi un nuovo ‘Cenacolo’ con Maria”, affinché la loro testimonianza abbia sempre più “quel timbro ‘materno’ che essa deve avere, per riuscire veramente efficace nel mondo” (12 febbraio 1988). Dieci anni dopo, il Papa si sofferma nuovamente su questo tema: “La Chiesa possiede dunque, accanto al ‘profilo petrino’, un insostituibile ‘profilo mariano’: il primo manifesta la missione apostolica e pastorale affidatale da Cristo, il secondo esprime la sua adesione al piano divino della salvezza”. Ne nasce la sfida per i Vescovi e per le loro Comunità di “riproporre fedelmente questo duplice profilo della Chiesa” (14 febbraio 1998). Se questi sono alcuni temi salienti, di cui il lettore potrà rendersi meglio conto attraverso la lettura di questo volume, c’è però un elemento che la carta scritta non può trasmettere: la gioia e la comunione spontanea che hanno caratterizzato questi incontri di Giovanni Paolo II con i suoi fratelli nell’episcopato. Forse ne danno un’idea le foto. Attraverso di esse si potranno conoscere anche alcuni dei principali protagonisti, fra cui il Card. Miloslav Vlk che assunse la moderazione dei Convegni, dopo la morte del Vescovo Hemmerle avvenuta il 23 gennaio 1994. Dalla benedizione all’approvazione Trascorsi più di 20 anni dall’inizio dei Convegni spirituali che sono stati fonte di arricchimento per centinaia di Vescovi cattolici nelle diverse parti del mondo, questa esperienza di comunione ha trovato anche un’approvazione, con la lettera del Pontificio Consiglio per i laici del 14 febbraio 1998, che riconobbe formalmente la partecipazione dei “Vescovi amici” al Movimento dei Focolari. Non che si volessero codificare dei rapporti che erano e che rimangono di natura tutta spirituale. Ma piuttosto perché si sentì l’esigenza che la configurazione giuridica dell’Opera di Maria – nome ufficiale del Movimento dei Focolari – riflettesse quest’Opera nelle sue varie dimensioni, così come sono nate dal carisma dell’unità che ad essa è proprio. Di queste dimensioni fa parte, appunto, anche quella comunione spirituale di Vescovi che è andata crescendo lungo gli anni, con innumerevoli frutti, e che è stata calorosamente incoraggiata sin dall’inizio da Papa Paolo VI. Per l’approvazione fu decisiva la riflessione di un noto canonista sull’inalienabile diritto di associazione di cui godono tutti i battezzati, diritto che spiega il fatto nuovo ed originale della partecipazione ai Movimenti ecclesiali contemporanei non solo di cristiani laici, bensì di persone di tutti gli stati e vocazioni . Ma soprattutto è stato importante chiarire come tale partecipazione, nel caso dei Vescovi, pur avendo un riconoscimento giuridico, resti un impegno esclusivamente spirituale che né comporta legami giuridici né costituisce un’associazione di fatto . Rimane pertanto salvaguardata l’unicità del Collegio episcopale, come corpo indivisibile. Neppure si interferisce nell’esercizio degli specifici doveri e dell’uguale disponibilità verso tutti, propri del ministero del Vescovo; disponibilità ed apertura – è il caso di sottolinearlo – che devono abbracciare pure le realtà carismatiche e associative, in tutta la loro varietà. Se Giovanni Paolo II ha voluto questa approvazione e se essa è stata formalizzata dal Pontificio Consiglio per i laici, cui fanno riferimento i Movimenti ecclesiali, con l’apporto significativo della Congregazione per la dottrina della fede ed anche della Congregazione dei Vescovi, ciò si deve pure alle particolari caratteristiche della spiritualità dell’unità che anima il Movimento dei Focolari. Nella vita di un Vescovo infatti – come sottolineano gli interventi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II riportati in questo volume – la spiritualità dell’unità è uno stimolo costante a svolgere il proprio ministero nella più perfetta unità con il Papa, a rafforzare la comunione all’interno del Collegio dei Vescovi, particolarmente nelle Conferenze episcopali nazionali e regionali, a far risplendere nella propria diocesi la realtà della Chiesa-comunione cominciando dal presbiterio diocesano e favorendo l’armoniosa collaborazione con i carismi antichi e nuovi, per aprirsi, poi, forti della testimonianza dell’unità, a quel dialogo con le altre Chiese, con il mondo delle religioni, con le culture, voluto dal Concilio Vaticano II. Ecclesiologia di comunione – spiritualità di comunione Da quanto precede emerge il significato della presenza di Cardinali e Vescovi in un Movimento ecclesiale come quello dei Focolari. Esso è da ricercare nella necessità che l’ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II trovi il suo riscontro in una spiritualità corrispondente. Non può giungere, infatti, a pienezza la vita della Chiesa-comunione senza una spiritualità di comunione, la quale, per la verità, porta con sé dinamiche, metodi e strumenti della vita spirituale, in gran parte ancora da scoprire e da mettere in pratica. Se sono sempre più numerosi i Vescovi, e non solo, a sentire questa necessità, forse nessuno l’ha espressa con tanta lucidità e con tanto vigore come Giovanni Paolo II che nella Novo millennio ineunte scrive: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo”. E chiarisce: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione”. “Senza questo cammino spirituale – avverte il Papa – “a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie d’espressione e di crescita”. Da qui il caloroso augurio che Giovanni Paolo II sembra formulare col cuore in mano per tutta la Chiesa: “Gli spazi della comunione vanno coltivati e dilatati giorno per giorno, ad ogni livello, nel tessuto della vita di ciascuna Chiesa. La comunione deve qui rifulgere nei rapporti tra Vescovi, presbiteri e diaconi, tra Pastori e intero Popolo di Dio, tra clero e religiosi, tra associazioni e movimenti ecclesiali” (nn. 43,45). Quella dei Focolari è appunto una spiritualità della comunione. Per questo Giovanni Paolo II non cessa di sollecitare i Vescovi a “discernere, accogliere e promuovere il carisma che lo Spirito suscita nel Movimento ” (12 febbraio 1999). E li esorta: “Fedeli alla spiritualità dell’unità ed attraverso un costante scambio di esperienze, proseguite nella vostra missione di costruttori di comunione all’interno delle Conferenze episcopali, in seno al presbiterio e nelle comunità diocesane” (23 febbraio 2000). (altro…)

Nuova Umanità – Marzo-Aprile 2006

Editoriale

TRE MEDITAZIONI  – di Giovanni Casoli – Mentre gran parte del mondo sembra attraversare, in diversi modi, gallerie di cieca oscurità, forse non è inutile riflettere su alcuni aspetti fondamentali della fede cristiana. In queste testo l’Autore si sofferma su tre realtà: il ruolo di Maria nell’economia trinitaria della creazione e della redenzione e il suo posto tra noi in quanto Madre del Verbo fatto uomo; la promessa di Gesù di “dimorare” (Gv 14,23) e “cenare” (Ap 3,20) con noi, promessa che risuona di accenti eucaristici indicando che la dimora del Dio unitrino con l’uomo è spirituale, reale, sacramentale; infine, la dimensione trinitaria del Dio cristiano con un accenno alla comunione dei santi e alla vita ultraterrena.

Nella luce dell’ideale dell’unità

I MOVIMENTI ECCLESIALI E IL PROFILO MARIANO DELLA CHIESA – di Chiara Lubich – Riportiamo il discorso pronunciato il 16 giugno 2004 al St Mary’s College dell’Università statale del Surrey, nei pressi di Londra, a conclusione di un ciclo di conferenze dedicato ai nuovi Movimenti e Comunità ecclesiali. LA STORIA COME VERITA’– di Pasquale Foresi – L’Autore approfondire il concetto di verità nel suo intrinseco legame con la storia. In senso classico, la verità viene intesa come l’adesione della mente alla realtà, e, se espressa verbalmente, come la corrispondenza tra la parola e l’essere. Questa verità filosofica poi si attua in varie forme fenomenologiche di trasmissione – i concetti, gli scritti… –, attraverso le quali giunge a noi. Ma a noi arriva, in verità, ciò che è al di là di quanto è detto e raccontato e che è, appunto, quel tanto di essere, di esistenza vera che quasi inconsciamente colgo, non per ragionamento ma come abbeverandomene. Qui è il punto in cui filosofia e storia coincidono, ove l’acquisizione della verità si identifica con il mio tendere alla luce, quale tensione esistenziale del mio stesso essere al vero. LA PAROLA COME AMORE E LA PRESENZA DI DIO SOTTO LE COSE. LETTURA TRINITARIA DI UNA ESPERIENZA – di Fabio Ciardi – È ormai nota la particolare esperienza mistica vissuta dalla fondatrice del Movimento dei Focolari nell’estate del 1949. Gli inizi di quel periodo di luce, più volte evocati nelle pagine di questa rivista, conoscono due esperienze preliminari sul Mistero trinitario, quasi a sensibilizzare le persone che ne furono protagoniste e a sintonizzarle su di esso. Chiara Lubich parla di queste due esperienze come di due “prodromi”. La prima riguarda una particolare comprensione della Parola di Dio; la seconda la percezione della presenza di Dio sotto le cose. È su queste due esperienze che l’Autore ferma la sua attenzione. Saggi e ricerche PER UN’ETICA PUBBLICA DELLA CURA: VULNERABILITÀ, DIPENDENZA E RECIPROCITÀ – di Vittorio Pelligra – In questa saggio abbiamo voluto porre in evidenza alcuni degli elementi fondativi su cui può organizzarsi un’etica pubblica della cura e i suoi nessi con i modelli di organizzazione dell’attività di fornitura di servizi alla persona ed in particolare ai disabili. Questi elementi sono la vulnerabilità e la conseguente dipendenza che ognuno di noi sperimenta in diverse fasi della propria esistenza, unitamente al valore fondamentale della persona-come-fine-in-sé; essi fondano un tipo di rapporto interumano nel quale i bisogni di cura e di dare cura sono simmetrici e possono trovare attuazione solo all’interno di una relazione tra persone. A tale relazione non si possono sostituire soggetti altri, i quali invece sono chiamati ad operare in un ruolo di doulia, cioè di «servizio al servitore». Le implicazioni economiche di tale visione attengono al modello di organizzazione che meglio può farsi carico di tale compito. Abbiamo suggerito che tale organizzazione deve operare secondo il modello dell’impresa civile multi-stakeholder, fondata sul principio di reciprocità.  Solo in questo ambito, infatti, è possibile liberare la domanda dai condizionamenti dell’offerta e far si che gli utenti diventino co-produttori. LA PAROLA “FANTASMA”: POSSIBILE RUOLO DELLA FIDUCIA NEL DIRITTO – di Fabio Rossi – La recente riscoperta di elementi e valori, quali libertà, eguaglianza, solidarietà e dignità umana – per non parlare delle “nuove” scoperte come il concetto di fraternità o l’idea stessa di persona – ritenuti fondamentali da un punto di vista sociale nonché decisivi per la costruzione di un mondo realmente a misura d’uomo, sembra però aver dimenticato una componente fondamentale: la Fiducia. Situazione perlomeno paradossale, considerando l’antico lignaggio, culturale e umano, di questo valore, ravvisabile in verità in modo trasversale in ambiti molto diversi tra loro all’interno dei quali esso sembra invece poter svolgere un ruolo determinante; in economia come in politica fino a quello che sembra essere il terreno più insidioso: il diritto.      PERSONA – di Gennaro Cicchese – Uno dei problemi fondamentali del mondo in cui viviamo è la frattura tra pensiero e vita. Il pensiero non illumina più la vita e la vita non nutre più il pensiero. Questo problema incrocia oggi il non facile discorso sulla “Persona”, riproponendo la sfida antropologica contemporanea sotto il seguente aspetto: coniugare pensiero e vita, le nostre conoscenze sulla persona con la vita della persona, per cercare di realizzare sempre di più quell’essere e diventare persona che costituisce la realizzazione dell’essere umano. Partendo dalle provocazioni dell’attualità abbiamo tentato di delineare una «fenomenologia della persona» a tutto campo, che riguarda la sua identità e le sue relazioni.

Spazio letterario  

«Nuova Umanità» continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. LA FORZA DELLE PAROLE – di Stefano Redaelli

Per il dialogo

L’ESSENZA DELLA IBADA  NELL’ISLAM  – di Amer AL-Hafi – In questa conversazione tenuta in occasione del 1° Simposio «Musulmani e Cristiani in dialogo» organizzato dal Movimento dei Focolari e tenutosi a Castel Gandolfo (Roma) dal 24 al 27 aprile 2005, l’autore  tratta della Ibada  che è il termine unitario che definisce tutto quello che Dio ama e approva nel comportamento dell’uomo: parole, atti manifesti e intenzioni. Essa non si limita soltanto alla preghiera, alla zakat (elemosina legale), al digiuno, al pellegrinaggio e a quanto ne deriva come preghiera, meditazione e pentimento. Tutte queste espressioni grandiose e questi pilastri essenziali nell’Islam, a seconda del posto e dell’importanza che hanno, costituiscono soltanto parte della Ibada che Dio vuole dall’uomo, senza tuttavia esaurirne il profondo significato. Poiché Dio ha creato l’uomo affinché Lo adori e lo scopo della vita di lui è la Ibada-adorazione, allora essa è un programma di vita che coinvolge tutto quanto riguarda l’uomo, tutti gli atti concernenti la sua vita.

Libri

LA LETTERA DI EDITH STEIN A PIO XI – di Piero Coda – L’esistenza di una breve lettera indirizzata da Edith Stein a papa Pio XI nell’aprile del 1933, poco dopo l’avvento al potere di Hitler in Germania, era nota da tempo ma il suo contenuto si è appreso solo all’indomani dell’apertura, il 15 febbraio 2003, degli Archivi vaticani relativi ai rapporti tra la Santa Sede e la Germania nel periodo compreso tra le due guerre. Essa, come mostra il recente volume Edith Stein e il nazismo a cura di A. Ales Bello e Ph. Chenaux (Città Nuova Editrice, 2005), riveste un singolare significato non solo perché permette di gettare luce, da una prospettiva coinvolgente e sintomatica, sull’itinerario complessivo della vita e del pensiero della Stein, ma anche perché offre una testimonianza sofferta del dramma vissuto dalla coscienza cattolica, al cuore del XX secolo, di fronte alla tragedia del popolo ebraico scatenata dalla lucida follia del nazismo. NUOVA UMANITÀ XXVIII –  Marzo – Aprile – 2006/2, n.164 SOMMARIO (altro…)

“Condividere la ricchezza della propria spiritualità per dare maggior vigore alla vita cristiana in America Latina”

“Condividere fraternamente la ricchezza della propria spiritualità e delle esperienze, al fine di dare maggior vigore alla vita cristiana in questa parte del mondo nella quale la Chiesa ripone tante speranze”. E’ l’invito rivolto da Benedetto XV, in un messaggio a firma del cardinale Angelo Sodano, ai partecipanti al 1° Incontro Latinoamericano dei Movimenti ecclesiali e nuove comunità, incentrato sul tema: “Discepoli e Missionari di Gesù Cristo oggi” e promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici e dal CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano), a Bogotà (Colombia). L’esperienza vissuta a Bogotà è stata caratterizzata proprio dalla comunione tra i vari carismi, che ha fatto ammirare la specificità dell’altro e sentire che ognuno è un dono enorme per la Chiesa e per l’umanità. La solenne Messa conclusiva è stato un ringraziamento a Dio per quanto ha operato in questi giorni. Hanno partecipato all’incontro, oltre ai responsabili e collaboratori del Pontificio Consiglio per i Laici e del CELAM, i Vescovi del Comitato preparatorio della Conferenza del CELAM, un Vescovo delegato per ognuna delle Conferenze episcopali e i responsabili dei diversi Movimenti e nuove comunità, presenti nel continente. Tra i rappresentanti del Movimento dei Focolari, Cristina Calvo (Argentina), intervenuta alla tavola rotonda “Movimenti ecclesiali e nuove comunità: la fantasia della carità”, sul tema dell’Economia di Comunione, e Sandra Ferreira (Brasile), che ha preso parte al Forum dal titolo “Movimenti ecclesiali e nuove comunità: come nascono, si formano e crescono i nuovi discepoli di Gesù Cristo”. A Bogotà, nei Movimenti ecclesiali e nuove comunità si è rafforzata la coscienza della loro missione al servizio dell’evangelizzazione della cultura e della costruzione della società. L’esperienza vissuta in questo primo incontro continentale, sarà offerta come contributo dei Movimenti e nuove comunità alla prossima Conferenza dei Vescovi, incentrata sulla stessa tematica. In Europa, nel frattempo, è in fase di preparazione il grande incontro mondiale dei Movimenti ecclesiali e nuove comunità con Papa Benedetto XVI, in Piazza San Pietro, il 3 giugno prossimo, vigilia di Pentecoste, che fa seguito al 1^ storico incontro con Papa Giovanni Paolo II, alla vigilia di Pentecoste del ’98. (altro…)