Lug 1, 2002 | Chiara Lubich
Rimini incontra per la seconda volta Chiara Lubich. La prima fu per l’attribuzione della cittadinanza onoraria, questa è per un riconoscimento che investe non soltanto la sua personalità religiosa, ma anche quella che esprime idee e ideali legati alla testimonianza civile, alle ragioni collettive, ai valori della scelta umanistica negli ambiti concreti del comune patrimonio sociale, sia esso culturale, economico, politico.
Rimini ha fama di città votata, insieme, alle quiete poetiche provinciali e alla più clamorosa delle vacanze, alle convenute e salutari esigenze del tempo prestato al riposo, al ristoro, alle gioie di giornata, così come all’effimero, alla dimenticanza, ai rinvii: ma nel suo patrimonio civile, morale e culturale tende, complessivamente, a fare della propria, grande visibilità mondana uno strumento di attrazione e di sintesi di grandi temi valoriali, a cominciare dalla pace e dalla libertà, dalla giustizia e dalla fratellanza. Non a caso ospita, ogni anno, una manifestazione culturale di respiro internazionale, le giornate del “Pio Manzù”, un grande evento d’ispirazione religiosa, il “Meeting per l’Amicizia fra i popoli”; e, a cura del Comune e della Provincia, iniziative culturali di risonanza più che nazionale. Nel contempo è la fonte di una provocazione solidale, in nome di Giovanni XXIII, che non ha l’uguale nel mondo, e conta un numero di volontari laici che, in proporzione, è il più alto d’Italia; questo – nonostante l’invito sapiente di Federico Fellini a fare “un po’ di silenzio”- nella terra del più chiassoso e corrivo dei simboli: il cosiddetto, abusato e per fortuna ormai frusto divertimentificio! Al Sindaco e al Presidente della Provincia, alle rispettive giurisdizioni, alla cittadinanza, alle rappresentanze della società civile, senza distinzione tra laici e credenti, è parso in modo netto di poter identificare una figura di riferimento alto, reale, non solo edificante e non solo simbolico, nella persona di Chiara Lubich, la donna che, come Martin Luther King e Teresa di Calcutta, ha offerto la sua fede e la sua opera per la costruzione di un mondo in cui la speranza sappia farsi anche progetto, la preghiera anche denuncia, la condivisione anche sacrificio; e dove non si dica solo e sempre redimere, ma anche liberare. Chiara Lubich sa che Rimini è una singolare città di frontiera: vivere sotto gli occhi di mezzo mondo, offrendo lusinghe di ogni genere – non ultima quella, umanissima, di essere un luogo propizio per portarvi anche da molto lontano veri e propri disegni di vita, con trasferimenti d’esistenza non di rado difficili – è altresì il luogo in cui sono possibili, accanto a benemerite redenzioni umane e sociali, anche gravi rischi di degrado morale e d’inquinamento socio-economico. In questa realtà Chiara è più che mai un bene prezioso. Ricca del suo carisma interiore, e al tempo stesso dotata di un sistema di valori calato nella dimensione anche politica della realtà quotidiana, il suo essere per la vita – quindi nella pace, nella libertà e nella giustizia – ne fanno una persona capace di trasmettere, in tempi come questo, un forte segnale di allerta. Nel mondo, infatti, cova una malattia subdola e insidiosa: non è ancora la peste, e non è ancora a bordo, assicurano i nostromi del mondo, ma sulla tolda serpeggia un’inquietudine nuova: l’intolleranza genera inimicizia, e questa istiga la violenza; l’iniquità provoca fame, e questa induce alla disperazione; l’indifferenza è fonte di rivalsa e questa suscita il rancore; l’egoismo si sposa con il pregiudizio, e questo produce separatezza e razzismo. Spendendosi con vigore anche su questi temi, Chiara lascia ogni giorno nel mondo testimonianze memorabili, fatte proprie persino da confessioni diverse, suscitando un’ammirazione che è l’eco stessa dello spirito di Assisi, secondo cui non c’è più un pulpito, un inginocchiatoio o uno stuoino, dal quale una preghiera – se rivolta al Dio dell’ut unum sint – possa salire più in alto di altre. Chiara, nel mondo, non ha mancato di dire a capi religiosi, statisti, leaders politici, intellettuali, che ci salveremo da un futuro per ora incerto, e qua e là denso di pericoli, a patto di razionalizzare, e quindi laicizzare, giudizi, scelte, decisioni. Non è più tempo – tutto, intorno a noi, ci ammonisce – di insistere su pretese d’intoccabilità, da una parte, e d’impunità dall’altra. Occorre semmai conciliare i diritti conferitici dalle aggressioni dei fondamentalismi con i doveri cui tenersi nel momento di porre in atto le risposte: perché se non venissero rispettati i doveri verrebbe meno la stessa legittimità dei diritti; ed eccedere nella rivalsa significherebbe annullare lo stesso concetto di giustizia; una vittima che ne producesse un’altra, infatti, non terrebbe in equilibrio l’equità, ma porrebbe sullo stesso piano due ingiustizie. Lo dico pensando ai ragazzi imbottiti di rancore e di plastico che vanno ad uccidersi e a uccidere dove altri ragazzi, perciò stesso, cresceranno nell’odio e nella rivalsa, lo dico pensando alle “torri gemelle”, alle due lance scagliate, si direbbe, contro il costato di Gesù in croce che tuttavia non possono chiamare in causa civiltà intere, né mettere a repentaglio la pace addirittura nel nome di Dio. Non è più tempo di crociate, è tempo di incontri e aperture, dialoghi e progetti, di cui farsi garanti con l’ottimismo della volontà, cioè credendo in ciò che si può fare e dunque va fatto. Ecco perché Chiara è oggi una presenza insostituibile tra chi opera non solo con la preghiera, ma anche con il richiamo alle responsabilità e ai compiti della politica, agli strumenti dell’economia, ai mezzi della conoscenza per una non più rimandabile rigenerazione del mondo in senso umanistico, vale a dire di un impegno, nelle sue premesse, fondamentalmente etico. Se in questo istante si stanno combattendo sul pianeta 45 tra guerre e guerriglie (per un pozzo d’acqua, per un confine etnico, per avere uno Stato), se tre persone su dieci rischiano di morire di fame, se un miliardo di uomini non conoscono ancora la luce elettrica, se tale scenario, iniquamente distribuito, vede da una parte crescere l’accumulo dell’opulenza e dall’altra l’abisso della povertà, è sembrato cosa buona e giusta dare la parola, con questa solenne adunanza, a una donna non eterea, non edificante, non irenica, non insomma auna “prigioniera della Grazia”, “un’alunna della Perfezione”, a una creatura libera ed esigente, che interpreta la libertà lasciataci dal creatore perché partecipassimo, spendendo ciascuno il proprio talento, alla liberazione di tutti.In un mondo dove non solo le previsioni dei sociologi e degli storici, ma anche e soprattutto le cosiddette “curve econometriche” ci dicono che il nostro futuro sta nel dar vita alla convivenza di una irresistibile realtà multietnica – perché non vi è nulla, ormai, che non riguardi il singolo e allo stesso tempo le comunità – politica significa più di sempre, secondo l’espressione di Don Milani, uscirne insieme; e mentre carità e condivisione sono le braccia che si stringono intorno al bisogno, giustizia è il solo abbraccio che può trarre da quel bisogno. Se non saranno garantiti lavoro, dignità, sicurezza a tre quarti del pianeta, ci si dovrà domandare chi sia venuto meno al proprio compito: se il creatore o le sue creature. Laici e credenti si contendono questa responsabilità, ma non è facile per nessuno accettare l’equazione secondo la quale se l’uomo fallisse il fallimento sarebbe anche di Dio. Chiara ci dice che se Dio e l’uomo non possono mancare l’uno all’altro, pena la loro stessa impotenza, questo non ci esime dal dover fare, sempre e comunque, la nostra parte: non solo ai piedi degli altari, per chi ha fede in Dio, ma anche, per chi crede nella ragione, ai tavoli della politica, della finanza, della scienza, della comunicazione. Non saranno le sedie vuote nel consesso della Fao a rassicurarci sulle responsabilità collettive, né sui progressi della globalizzazione. Un miliardo di uomini appartengono ai Paesi ricchi, 5 miliardi a quelli poveri. Ogni ora muoiono di fame 900 persone , una ogni 4 secondi. Il cibo a disposizione degli italiani potrebbe sfamare 110 milioni di persone; ogni giorno sono disponibili, in Italia, 3.500 calorie pro capite: 2.200 quelle utilizzate, 1.300 quelle perdute, buttate via. I mercati di Roma gettano nelle discariche, in 24 ore, 87 tonnellate di frutta e verdura; 25 tonnellate di carne e pesce: solo questo cibo potrebbe sfamare, quotidianamente un milione di persone. Nel frattempo, sono ancora attive, sul pianeta, 32 milioni di mine antiuomo; e la spesa annuale destinata ancora agli armamenti basterebbe all’approvvigionamento idrico per un terzo del pianeta. Ci spettano, a veder bene, doveri che non tollerano distinzioni né ontologiche né ideologiche; e che non ammettono deleghe, né deroghe. Rimini, un luogo cresciuto con i suoi principi cristiani e, del pari, nel suo laicismo, attraverso questa donna apparentemente fragile, e invece radicata nella sua stessa universale lezione d’umanità, oggi, qui si dichiara “città aperta” a ogni cultura, lingua, colore della “pace nella giustizia”, per usare un’espressione molto significativa di questo Papa coraggioso e leale; pronta a farsi testimone e sostegno di quanto opera in nome di ciò che unisce e contro ogni forza che tenda, sciaguratamente, a dividerci: per un umanesimo riedificato dall’eticità dei nostri sì e dei nostri no, prima e ultima scelta con cui decidere se vogliamo vivere, consapevolmente, all’altezza dell’uomo, cioè nel punto più alto della responsabilità affidataci dalla nostra storia misteriosa e palese, arcana e concreta, fatta di carne e di spirito. Quella che ha indotto alla scelta di Chiara come testimone e protagonista di un grande appello e di una nuova, ragionata speranza. Grazie. (altro…)
Giu 1, 2002 | Chiara Lubich
Non a caso Chiara Lubich definisce Torino, scrivendo la mattina del 2 giugno nel libro d’oro della città: “la capitale della fraternità”. E’ questa la fisionomia che si delineerà a chiare lettere nel pomeriggio, nella cornice del Teatro Regio, uno dei maggiori teatri lirici d’Europa. Torino, nelle parole del sindaco, trova nuovo coraggio per incarnarla nell’attuale momento di profonda trasformazione. Per il conferimento della cittadinanza onoraria a Chiara Lubich sono convenuti in oltre 1600 persone. Vi è rappresentata tutta la città: il sindaco, il cardinale, industriali, uomini di cultura, cristiani di diverse Chiese, ebrei, musulmani e buddisti, altri movimenti ecclesiali e associazioni come Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’ Egidio, Azione Cattolica e Acli. Presente anche Ernesto Olivero, fondatore del Sermig. Il sindaco aveva invitato molti suoi colleghi che rappresentavano 55 comuni della provincia. Quanti non hanno trovato posto all’interno seguono attraverso un maxischermo istallato nella piazzetta adiacente al teatro, mentre un numero difficilmente quantificabile è collegato nel mondo grazie alla diretta televisiva via satellite e via internet. E’ il sindaco Sergio Chiamperino, promotore dell’iniziativa, che apre la cerimonia. “E’ un’emozione – dice – avere l’onore di conferire la cittadinanza a una donna che, con il suo impegno e con la sua forza umana e spirituale, ha saputo dialogare e far dialogare popoli e religioni, dandoci un insegnamento che – oggi più che mai – è il più prezioso per la nostra società. Ed è lui che presenta a Chiara la sua città: “Torino ha visto i grandi santi sociali, dal Cottolengo a Giovanni Bosco a Cafasso, a Murialdo… e ad altri. Ha visto queste personalità saper lanciare insieme un messaggio spirituale e un aiuto materiale alla società che ne aveva bisogno; penso che anche oggi, già adesso, mentre noi parliamo, ci sono tante persone che nell’umiltà dell’anonimato, nelle istituzioni, che nel volontariato lavorano a servizio degli altri. E ci sono anche tante persone che concepiscono il servizio alla città, la responsabilità, che sia in politica, che sia alla guida di grandi imprese, come servizio alle persone. Ecco, tutto ciò mi fa sperare che Torino continui a rinverdire questa sua vocazione alla persona e al senso di comunità. Il sindaco afferma che questo incontro infonde nuovo coraggio per rinverdire e far emergere questa vocazione sociale.
Le testimonianze che seguono, tra cui quelle del card. Poletto, arcivescovo di Torino, del giornalista Sergio Zavoli, del sindaco di Trento Pacher, sono di grande rilievo: pur da angolazioni diverse, sottolineano la novità e l’attualità del carisma dell’unità e la profonda consonanza con la santità e socialità, la vocazione profonda della città. “La testimonianza di Chiara Lubich – aveva poi aggiunto il sindaco nel suo intervento – ha valore in modo particolare per chi è impegnato nella società attraverso la politica”. Ed è su sua richiesta che Chiara Lubich interviene parlando della “fraternità in politica” e dell’esperienza in atto del Movimento dell’unità a cui appartengono politici dei più diversi partiti, animati dalla spiritualità dell’unità. Nelle parole di ringraziamento, in apertura, Chiara aveva espresso il desiderio di ricambiare il dono ricevuto con il dono non suo ma “piovuto dal cielo” per il bene di molti, frutto di un carisma… “Un nuovo stile di vita, una nuova spiritualità dell’unità” che “suscita dovunque brani di fraternità”, dando pieno senso alla nostra vita di uomini che spesso non sanno accontentarsi di mediocrità, ma aspirano al meglio e, sempre, nonostante tutto, sperano in un mondo migliore, più unito”. L’applauso esploso inaspettatamente in sala proprio quando Chiara ha parlato della difficile via di fraternità nel complesso mondo politico come via di santità, testimoniata da vari politici, ha svelato quanto questa aspirazione sia profonda nel cuore di Torino. Le interviste raccolte a fine programma evidenziano il profondo impatto del suo messaggio.
(altro…)
Giu 1, 2002 | Chiara Lubich
Chiara Lubich ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Torino e di Bra La cittadinanza onoraria è un modo per rendere pubblico, mettere in comune l’universo di valori che una persona ha testimoniato e promosso lungo la propria vita. I Consigli comunali di Torino e di Bra, conferendo la cittadinanza a Chiara Lubich hanno mostrato di voler considerare “valore” le parole e le opere che la fondatrice del Movimento dei Focolari ha seminato, in quasi 60 anni, in tutto il mondo. “Valore” non solo per chi sull’esperienza di Chiara fonda la propria vita o per i soli cattolici; ma valore per la città intera, per quella comunità che comprende tutte le persone di un territorio. La “risposta” di Chiara Lubich alla città, nell’intervento con cui ha concluso al Teatro Regio la cerimonia di conferimento, è una risposta “politica”: illustrando l’esperienza del Movimento per l’Unità, Chiara ha ricordato che la “cittadinanza” si fonda sulla politica; e che il fine stesso della politica è di realizzare condizioni di “cittadinanza” sempre più piene per tutte le persone. Proprio perché la realtà comune che fonda la politica e la cittadinanza è la fraternità, il riconoscere l’eguaglianza di sostanza e di diritti in ogni uomo e donna del pianeta. Non a caso la fondatrice dei Focolari ha ricordato all’inizio della sua “lezione” i principi della Rivoluzione francese, osservando come proprio la fraternità sia forse “quello più misconosciuto e meno applicato. Stupisce che, mentre la libertà e l’uguaglianza hanno conosciuto un notevole sviluppo dottrinale e hanno trovato parziale applicazione nelle Costituzioni e nelle leggi di molti Stati democratici, alla fraternità non sia spesso riconosciuta la dignità che le è propria: quella di categoria politica fondamentale, senza la quale neppure le altre possono trovare espressione”. Da personaggio “non politico” qual è, Chiara Lubich non aveva bisogno di testimoniare il disagio di quei cittadini (tanti) che di fronte alla politica attuale oggi non si riconoscono nello stile di una politica spettacolare, strumentale ad altri interessi ed altre priorità, o nella politica intesa come bruto confronto di forza; o, ancora, negli imbrogli affaristici delle lobbies, che sembrano diventare il referente indispensabile dell’agire politico, di qua e al di là dell’Atlantico. Ma, descrivendo lo stile della “fraternità politica”, Chiara ha indicato in positivo quel che la politica può essere, a cominciare dai principi fondamentali di “stile” (rispetto delle persone e delle opinioni)fino ai contenuti specifici dell’agire politico, secondo il criterio del bene comune. Una lezione che potrebbe apparire ovvia, se proprio quei valori non fossero sistematicamente disattesi, oggi, dagli stessi politici che li predicano. Se proprio oggi non ci venisse presentato il grande “passo indietro” che la politica sta subendo in tutto il mondo, sostituita dalla vigliaccheria del terrorismo o della forza altrettanto vigliacca dello sfruttamento tecnologico ed economico dei ricchi sui poveri. In realtà, senza quei principi semplici (ma che vanno testimoniati con la vita) non c’è politica, come non c’è costruzione della storia. Dall’affarismo e dalle prove di forza non è mai venuto un progetto che durasse più degli interessi che ne erano all’origine; ma non è lungo questa strada che si sono fatti gli Stati e poi si è iniziato a “sognare” l’Europa. Nella “lezione” di Chiara Lubich c’è però anche altro: c’è l’invito, diretto certo non ai soli focolarini, a considerare senza paura né pregiudizio la via della politica come una strada “alta” per vivere la carità. C’è l’invito a uscire, a “farsi vedere”, come più volte Chiara ha ripetuto in queste giornate torinesi, per essere punto di riferimento, segnale di speranza.
(altro…)
Giu 1, 2002 | Chiara Lubich
L’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto: “Questo gesto dell’amministrazione comunale di Torino, di conferire la cittadinanza onoraria a Chiara Lubich manifesta una capacità di collegarsi con la storia religiosa di questa città, una storia di fraternità. I nostri santi sociali, così tanto citati oggi, sono veramente quelli che hanno creato l’innervatura dell’identità stesso della città di Torino. E allora il carisma di Chiara, questo suo annunciare a tutti la spiritualità dell’unità e della comunione è un carisma che va molto incoraggiato e sostenuto, perché corrisponde all’essenza del cristianesimo. Se davvero fossimo capaci di realizzare la fraternità universale, non ci sarebbero più poveri né guerre. Sarebbe un’anticipazione del Paradiso”. Il magistrato Giancarlo Caselli: “M’è parso molto interessante questo invito ai politici a cercare l’unità non nonostante la politica, ma attraverso la politica; una politica quindi che sia davvero servizio senza steccati o egoismi o peggio ancora contrapposizioni e ostilità. E’ quello che tutti vorremmo e che potrebbe sembrare un sogno se Chiara Lubich non avesse dimostrato in questi anni che i sogni, o addirittura le utopie possono trasformarsi in realtà con la forza della volontà, della fede e con l’unità di intenti”. Gianni Zandano, già Presidente del Banco San Paolo: “Siamo sconvolti per la potenza di questa parola, fraternità, di questo enorme carisma di Chiara. Può essere estremamente utile in un momento in cui Torino è attraversata da fremiti di difficoltà, per i molti problemi non ultimo quello della occupazione per la crisi della Fiat Auto, per l’immigrazione, per una serie di problemi che stanno all’orizzonte, prima dei quali la riscoperta di una vocazione per la città”. Mercedes Bresso, Presidente della Provincia: “La fraternità un’utopia? No. Mi sembra importante questo richiamo di Chiara ispirato dalla sua esperienza, un’esperienza mondiale. In fondo lei è il volto umano della globalizzazione che non è solo dell’economia, ma anche della fraternità. Oggi in qualche modo ci ha dato una sorta di lezione magistrale che ripercorre, teorizzandola, organizzandola, la sua esperienza che prima di tutto è una esperienza di vita. Ernesto Olivero, fondatore del Sermig: “Io rileggevo il Vangelo e quando si entra nel Vangelo si dicono in modi diversi le stesse cose. Quindi il mio cuore ha gioito e gioisce”.
(altro…)