Movimento dei Focolari
I Focolari nel Pacifico, una sola famiglia

I Focolari nel Pacifico, una sola famiglia

Le isole Fiji sono state la terza tappa del viaggio in Asia e Oceania di Margaret Karram e Jesús Morán, Presidente e Copresidente dei Focolari. In questa regione del Pacifico la spiritualità dell’unità si è diffusa dalla fine degli anni ’60.

Nonostante siano arrivati alle Isole Fiji il 3 maggio 2023, dobbiamo dire che la tappa in Oceania del viaggio di Margaret Karram e Jesús Morán è iniziata ufficialmente solo due giorni dopo, con la cerimonia del “Sevusevu”, con più di 200 persone, tra cui i rappresentanti della Chiesa locale. Questo ha sancito il loro ingresso e quello della delegazione del Centro che li accompagna nella comunità ecclesiale e sociale figiana.

Sevusevu: il dono dell’accoglienza

Isole Fiji_cerimonia del “Sevusevu”

Isole Fiji_cerimonia del “Sevusevu”

Con la cerimonia del “Sevusevu” – che significa “dono” – chi arriva nell’arcipelago viene accolto e da quel momento non è più visitatore, ma parte della comunità e membro, con tutti i diritti e privilegi di camminare sul suolo figiano. La Presidente e il Copresidente dei Focolari hanno ricevuto preziose ghirlande e la radice della Kava, un derivato della pianta del pepe, dal significato ancestrale. I due “candidati” sono stati presentati alla comunità dagli “araldi”, che hanno parlato in loro vece. Hanno poi bevuto tutto d’un fiato la bevanda ricavata dalla Kava e ricevuto il “Tabua”, un dente di balena dal significato sacro: è l’oggetto più prezioso della cultura figiana, offerto loro come segno della più alta stima e onore.

Le tradizioni nel Pacifico: radici del presente e del futuro dei popoli

Fin da subito si coglie che nel Pacifico le tradizioni sono elementi vitali e attuali; non sono relegate ad un passato che non ha nulla a che vedere con la vita quotidiana delle persone, ma costituiscono il fondamento del loro stile di vita. Rispetto, accoglienza, reciprocità, solidarietà sociale, un legame profondissimo e antico con la natura, sono i valori che le tradizioni continuano a trasmettere.

“Margaret Karram, Jesús Morán e la delegazione dei Focolari sono arrivati in un momento particolare della vita delle Isole Fiji – spiega Peter Emberson, figiano, consulente multilaterale e analista politico per il governo di Fiji e le Nazioni Unite, cresciuto nel Movimento fin da giovanissimo -. L’attuale governo è più aperto e democratico e vedo la visita di Margaret Karram e Jesús Morán  come parte di questo processo di rinnovamento sociale e politico. Ci sono due domande che qui nel Pacifico poniamo sempre ad una delegazione ufficiale che approda sulle sponde delle nostre isole: ‘Da dove vieni?’ e ‘Perché sei venuto?’ Al ‘Sevusevu’ Margaret Karram ha preso la parola davanti al popolo figiano e ha offerto il suo impegno e quello del Movimento dei Focolari per costruire l’unità anche qui. È una risposta identitaria, che dice molto del contributo che il Movimento può dare al nostro Paese. E questo costruisce fiducia”.

Una regione ancora troppo poco conosciuta

Isole Fiji

Isole Fiji

L’Oceania è un continente poco conosciuto e anche se, in senso territoriale, è il più grande del globo, in termini di massa terrestre è il più piccolo. Oltre all’Australia e alla Nuova Zelanda, comprende la regione del Pacifico, composta da 26 tra stati nazionali e territori. I principali gruppi etnici sono i melanesiani, i micronesiani e i polinesiani. In totale, l’area del Pacifico conta una popolazione di 16 milioni di persone enegli ultimi 100 anni le Isole Fiji (quasi un milione di abitanti), sono diventate il cuore politico ed economico della regione, con un panorama religioso vario. Il Cristianesimo è la fede più praticata, seguito dall’Induismo e dall’Islam. Il cattolicesimo è arrivato nel XIX secolo e ad oggi i fedeli sono poco più di 82.000.

Padre Soane Fotutata, segretario della Conferenza Episcopale del Pacifico (CEPAC), durante una cena in focolare, ha chiarito le sfide sociali, ma anche ecclesiali di questo vasto territorio in cui la Chiesa cattolica è presente con 14 diocesi. Ha spiegato che la crisi ecologica è una minaccia esistenziale per le persone e le comunità. Si manifesta con l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la siccità, le inondazioni e gli eventi meteorologici estremi divenuti più frequenti. Poi ci sono piaghe sociali come l’emigrazione economica e climatica che sta spopolando molte isole; la prostituzione, l’alcolismo, la povertà a cui anche la Chiesa locale sta cercando di rispondere.

2022: l’arrivo dei focolari a Suva

È in questo contesto ecclesiale che un anno fa si sono aperti i focolari femminile e maschile a Suva, la capitale delle Isole Fiji. La loro presenza, infatti, è anche legata a un progetto sostenuto da Missio Scotland e Missio Australia, per collaborare alla pastorale diocesana per i giovani cresimandi e post-cresimandi con un programma che punta a sostenere la trasmissione delle ricchezze culturali tra le generazioni. “Al nostro arrivo – raccontano Lourdes Rank, brasiliana e Stephen Hall, neozelandese – l’Arcivescovo ci ha chiesto di essere prima di tutto a servizio della Chiesa e di inserirci nelle sue attività e progetti. Ci siamo impegnati nella catechesi, con i giovani e nella vita delle nostre parrocchie. Un approccio che è risultato molto positivo: ora siamo veramente parte della vita ecclesiale e abbiamo iniziato a costruire rapporti con diversi sacerdoti, religiosi e laici”.

A questo proposito, il vicario generale dell’Arcidiocesi di Suva, Mons. Sulio Turagakacivi ha espresso gratitudine per il servizio che i focolari svolgono nella Chiesa locale. Ringraziandolo, Margaret Karram ha detto che: “Possiamo imparare dalla Chiesa di qui come vivere il processo sinodale e come mantenere la freschezza dell’incontro del Vangelo con la cultura e la società locali”.

A Futuna il primo seme della spiritualità dell’unità

Ma il primo seme della spiritualità dell’unità nel Pacifico è stato piantato alla fine degli anni ’60 da Sr. Anna Scarpone, missionaria marista sull’isola di Futuna. Il primo focolare del Pacifico si è poi aperto a Numea (Nuova Caledonia) dal 1992 al 2008, accompagnando la nascita e la crescita di una vivace comunità locale. Oggi i focolari delle Isole Fiji sono “casa” per tutte le comunità del Movimento della regione del Pacifico, che sono presenti – oltre che in Nuova Caledonia e nelle Fiji – a Kiribati, Wallis e Futuna, con alcune persone che conoscono la spiritualità anche in Papua Nuova Guinea, Samoa e Vanuatu.

Per la prima volta insieme

Isole Fiji-Margaret Karram e Jesús Morán con alcuni membri della comunità dei Focolari

In occasione della visita di Margaret Karram e Jesús Morán  le comunità si sono incontrate a Suva per alcuni giorni; è il loro primo incontro in uno dei Paesi del Pacifico e tanti gesti, come l’accoglienza e il valorizzarsi reciprocamente, dicono la consapevolezza da parte di tutti della preziosità di queste giornate. Ritrovarsi come famiglia dei Focolari, per questi popoli, non significa solo fare una comunione spirituale, ma contribuire alla vita quotidiana – che prevede la cucina, la preparazione della liturgia della Messa, i canti e le danze – offrendo ciascuno il proprio “dono” umano e culturale che incontra quello dell’altro.

Anche qui Margaret Karram e Jesús Morán  hanno incontrato i focolarini e le focolarine in una mattinata di comunione profonda e hanno potuto vivere diversi momenti con la comunità, come i pasti, la Messa e tanti momenti di dialogo semplice. La condivisione delle esperienze, poi, ha permesso loro di conoscere le sfide e l’impegno del Movimento nel Pacifico. In Nuova Caledonia la comunità è impegnata nel servizio alla Chiesa e, a livello sociale, a creare spazi di unità tra le diverse componenti etniche di cui il popolo è composto. A Futuna e Kiribati la Parola di Vita è centrale, generando esperienze di perdono e riconciliazione nelle famiglie e progetti sociali al servizio delle donne e dei più bisognosi. A Fiji la comunità sta crescendo e condivide con i focolarini l’impegno al servizio della Chiesa.

Run4Unity alle Fiji: camminare insieme

Il 6 maggio è stata la giornata di Run4Unity e Margaret Karram ha dato il via alla staffetta mondiale dal Pacifico, dove sorge la prima alba al mondo. Insieme ai Ragazzi per l’Unità presenti, con Jesús Morán  ha piantato due alberi tipici delle Isole Fiji: “l’albero del sandalo nativo e il citrus che, per crescere, hanno bisogno l’uno dell’altro”, ha spiegato. “Il sandalo ha il profumo e il citrus, che è un agrume, gli fornisce tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno. È un meraviglioso esempio in natura di cura reciproca. Questo è ciò che gli abitanti delle isole del Pacifico vogliono dire a tutti noi: l’unico modo per dare il nostro prezioso dono, l’unità, è camminare insieme, prendendosi cura l’uno dell’altro. In questo modo possiamo trasformare il nostro mondo”.

Un messaggio che richiama quella che forse è la caratteristica principale di queste isole: la vita comunitaria, come emerge nel pomeriggio e nella serata del 7 maggio all’incontro di Margaret Karram e Jesús Morán  con la comunità dei Focolari. “Sono venuta qui per esservi vicina e condividere la vostra vita almeno per qualche giorno – ha detto Margaret a tutti -. Ciò che ho trovato qui è molto vicino al mio cuore e alla cultura da cui provengo, che incoraggia il rispetto per le persone e la lingua altrui e il senso di famiglia. Anche voi siete pochi, ma non preoccupatevi: ciò che importa è vivere il Vangelo e portare l’unità a chi incontriamo. Quanto avete condiviso in questi giorni mi ha colpito molto: ci avete dato Gesù con il vostro amore, l’ospitalità e l’accoglienza. Ma ascoltandovi, ho capito che la perla più preziosa che possediamo è Gesù abbandonato per il quale abbiamo lasciato tutto e che è il segreto per amare tutti”.

“Le esperienze di perdono che avete raccontato mi hanno toccato profondamente – ha continuato Jesús – e dicono che vivete il Vangelo, perché il perdono è la più grande novità che contiene. Il perdono non è umano, solo Gesù in noi può perdonare, e voi avete raccontato questo con una purezza unica”.

Alla domanda su che cosa spera per il futuro del Movimento in Oceania, Margaret Karram ha risposto dicendo quello che si augura per tutto il Movimento nel mondo, cioè che si diventi sempre di più una famiglia non chiusa in se stessa, ma aperta, che dialoga per realizzare la preghiera di Gesù al Padre, come ha sognato Chiara Lubich.

Riprendendo la parola, ha infine aggiunto: “Vorrei ancora dire che per contribuire a realizzare l’unità ogni Paese, cultura o continente non deve perdere la propria identità. Dobbiamo restare noi stessi. Questo sarebbe un grande dono per tutto il Movimento e anche per il mondo: essere noi stessi, con le nostre ricchezze e contraddizioni, e vivere il carisma dell’unità senza eliminare ciò che siamo”. L’applauso che è seguito diceva la riconoscenza delle persone per essersi sentite comprese.

Iniziata con la cerimonia del “Sevusevu”, questa visita non poteva che concludersi con altrettanta solennità. La cerimonia di addio, “I-Tatau”, sembra quindi chiudere un cerchio: in lingua figiana gli araldi che parlano a nome di Margaret e Jesús ringraziano la comunità e chiedono, a loro nome, il permesso di congedarsi; mentre lo speaker che parla a nome della comunità figiana concede loro di partire e augura un viaggio sicuro nella speranza di rivedersi ancora.

La serata-concerto che le comunità del Pacifico hanno preparato è una “expo” straordinaria delle espressioni artistiche dei popoli presenti, dove le danze e i canti dicono il loro legame profondo con la terra e la natura, la fierezza delle proprie tradizioni e il desiderio di condividerle.

Ma ciò che resterà impresso in tutti, crediamo, è il saluto che si sono scambiate le comunità della Nuova Caledonia e di Fiji: seduti gli uni di fronte agli altri, hanno intonato ciascuna il proprio canto di addio, si sono salutati con la mano guardandosi negli occhi, come chi lascia un fratello di sangue.

“Ti assicuriamo che saremo una sola famiglia – dicono a Margaret Karram – e, pur con le nostre debolezze, faremo di tutto per custodire Gesù in mezzo in Oceania”.

Stefania Tanesini

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Oceania: “Dalle piccole cose nascono quelle grandi”

Oceania: “Dalle piccole cose nascono quelle grandi”

MariapolisOceania_03Quattro giorni insieme, 540 partecipanti di più di 50 diverse nazionalità di cui più della metà giovani e famiglie. Tra questi: due rifugiati arrivati dal Burundi e un gruppo dalla Siria, 169 persone provenienti dalle isole del Pacifico (Nuova Caledonia, le isole di Wallis e Futuna, Fiji e Kiribati), un programma bilingue. Ecco alcuni numeri della recente Mariapoli tenutasi dal 13 al 17 gennaio scorsi, in una bella località di villeggiatura a Phillip Island, a 150 km da Melbourne (Australia).

“Costruire insieme l’unità”, il titolo scelto per l’edizione 2016. «Il punto centrale della spiritualità dell’unità – scrivono gli organizzatori – è stato approfondito con un tema apposito. Seguito da tutti in un grande silenzio, è stato subito messo in pratica attraverso l’ascolto e l’accoglienza tra i partecipanti, alcuni di culture molto diverse, nei vari aspetti della quotidianità della Mariapoli: dalla comunione dei beni alla preparazione della mensa, della liturgia e dei canti, nei momenti di svago e di gioco, durante lo scambio di esperienze. In particolare i workshop tenutesi in tre momenti diversi e molto partecipati, hanno offerto la possibilità di scambiare idee, e raccontare le proprie testimonianze di vita».

MariapolisOceania_06A dire di tutti, le persone provenienti dalle isole del Pacifico hanno dato un grande contributo già a partire dalla testimonianza dei grandi sforzi – soprattutto economici – fatti per essere presenti. «Come il rappresentante di Kiribati, che ha preso congedo dal suo lavoro come marinaio per riuscire a partecipare alla Mariapoli. E poi le tante e belle testimonianze di vita evangelica su come hanno superato insieme le tante difficoltà economiche per raccogliere la somma necessaria per pagare il biglietto di aereo e le spese di alloggio. Hanno vissuto la comunione dei beni tra di loro – come si racconta dei primi cristiani –, e hanno toccato con mano l’amore personale di Dio per loro attraverso la provvidenza che è arrivata in tanti modi. Arrivando, dicevano di aver trovato la famiglia dei Focolari che non è diversa da quella che hanno lasciato».

MariapolisOceania_02Ogni sera si è conclusa in una clima di festa e di gratitudine per la ricchezza delle culture di ciascun popolo rappresentato nella Mariapoli: un vero bozzetto di mondo unito. «L’unità dei popoli non è un’utopia». Questa la costatazione comune. Le persone giunte dalle varie isole, si sono fermate ancora una settimana nel Centro Mariapoli di Melbourne, per momenti di formazione in particolare su temi riguardanti la famiglia. «Ogni giorno è una gara di amore reciproco e ogni attività si fa con impegno e gioia; si continua a costruire un pezzo di mondo unito – concludono – . In Australia c’è un detto: “Dalle piccole cose nascono quelle grandi”. Siamo certi che, con Gesù in mezzo a noi, frutto del vivere il comandamento dell’amore reciproco, nasceranno cose grandi». Pagina Facebook: Phillip Island Mariapolis 2016 (altro…)

Australia: i giovani e la voce di Dio

Australia: i giovani e la voce di Dio

Se c’è una caratteristica indiscutibile dei giovani australiani, questa è la spontaneità. Quella stessa che porta i rappresentanti delle nuove generazioni presenti al meeting dei Focolari di Melbourne, in occasione della visita di Maria Voce e Giancarlo Faletti, ad accogliere i due ospiti in un cerchio danzante ai ritmi della loro musica. Due sedie poste sulla moquette, al centro di un’immaginaria circonferenza, e basta, voglia di muoversi e, soprattutto di comunicare. In T-shirt o in canottiera (nonostante il freddo “estivo”), neri o coloratissimi, con i tagli più originali, piercing, tatuaggi e piedi nudi. E poi il racconto delle loro vicende, belle e meno belle, la ricerca della felicità e di una vita vivibile, tra amicizie che deludono e altre che riempiono il cuore. E allo stesso modo si rivolgono agli ospiti con le loro domande sincere e impegnative: sul significato del dolore, sulla necessità di non perdere il contatto con coloro che cercano di vivere nello stesso spirito, sulla diversità di vedute con gli adulti. Una domanda sembra trasparire al di sotto di tutte le domande: come riuscire ad ascoltare la voce di Gesù? Spiega Maria Voce: «Non so quello che Gesù vi dice, ma vi posso assicurare che ascoltare la sua voce è la cosa più intelligente che potete fare». Applausi. «Gesù – continua – vuole grandi cose per noi. Nella creazione, Dio ha detto una Parola e ha creato te. Potrebbe farlo anche ora, ma ha voluto scendere con suo Figlio sulla Terra perché tutti collaborino con Lui. Ed è così che Gesù parla con ognuno. Ma la sua voce è sottile e tanti rumori la coprono, ci distruggono e ci lasciano inerti». Ed ecco la via giusta: «Se noi amiamo, ecco che l’amore diventa l’altoparlante di questa voce. Quanto più amiamo, tanto più chiaramente sentiamo la sua voce. Magari sembrerà una voce che chiede cose troppo grandi, ma dobbiamo avere il coraggio, e lui stesso ci aiuterà a compiere quanto ci chiede. E alla fine la nostra vita sarà meravigliosa». Ad un ragazzo che le chiede ancora cosa pensi quando incontra dei giovani in giro per il mondo, risponde che si sente realmente confortata, perché «dovunque ci sono giovani che vivono lo stesso ideale di Chiara Lubich, anche se non hanno ancora manifestato appieno le loro potenzialità, hanno comunque quella forza, quella speranza e quella vita che prima o poi scoppierà». E conclude: «Perciò, felice Australia, felice Nuova Zelanda, felici isole del Pacifico! E come far scoppiare queste potenzialità? By loving, amando farete cose grandi. E noi vi verremo dietro!». di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)

Australia: i giovani e la voce di Dio

Viaggio in Oceania

«Si sono presentati a modo loro, con un video di pochi minuti la cui prima prerogativa non era quella della qualità, ma che era egualmente accattivante: nei contesti più vari – il parco dinanzi all’Opera House di Sydney, una stanza a Wellington, una spiaggia in qualche isola del Pacifico… –, le locali comunità dei Focolari hanno improvvisato una danza della loro tradizione. Nulla di straordinario, eppure con un risultato simpaticissimo, a tratti esilarante, espressione della solarità delle culture dell’Oceania, della gioia e della naturalità della vita di queste parti. Weekend del 26 e 27 gennaio. Diverse etnie, culture, tradizioni, chiese e religioni. L’Oceania è il continente più cosmopolita che esista al mondo, senza possibilità di smentita. La sala “The Spot” dell’università di Melbourne, è uno spettacolo non tanto per l’originale architettura a cubi luminosi, ma anche e soprattutto per la varietà dei presenti: ci sono immigrati recenti e meno recenti, ma in qualche modo qui tutti sono immigrati, salvo i nativi delle isole del Pacifico e qualche aborigeno. A ricordare le ferite inferte dal colonialismo alle popolazioni locali, in particolare dell’Australia, dove più grave è stato l’affronto patito dagli aborigeni. Ma a ricordare anche straordinarie vie di conciliazione riconciliazione, come quella neozelandese, che ha portato alla creazione di organismi efficaci di armonia etnica e culturale. Oggi è l’Australia Day, la festa nazionale. Anche se non per tutti: gli aborigeni preferiscono di gran lunga il Sorry Day che si celebra in maggio, il “giorno delle scuse”, istituito per riparare in qualche modo il debito nei loro confronti. Non a caso, allora, prima della messa domenicale, viene organizzata una cerimonia aborigena, in cui si ricorda la wairua tapu, cioè la madre terra, a cui si deve non culto ma riconoscenza e rispetto assoluto. La celebrazione consiste nel porre la mano su un mucchietto di terra distribuito nell’incavo di una corteccia ampia e accogliente. Lo fanno i giovanissimi presenti in sala, lo fanno Maria Voce e Giancarlo Faletti. Quindi la presidente riceve dalle mani della celebrante aborigena un message stick, una lama di legno su cui è disegnata la terra australiana, i nove territori in cui è da antica data suddivisa, secondo la geografia cosmogonica aborigena. Un dono per tutto il Movimento nel mondo. C’è la lunga storia delle terre dell’Oceania e c’è la storia intensa del Movimento dei Focolari locale. Un lungo, appassionante filmato ne ripropone le tappe, dall’arrivo di Rita Muccio nel 1967 – aveva un posto da segretaria all’Istituto italiano di cultura –, e poco dopo di Maddalena Cariolato, ai primi che hanno accolto lo “spirito di Chiara”, singoli e famiglie, giovani e meno giovani, a Melbourne e Perth. E più tardi lo “sbarco” in Nuova Zelanda, Wallis e Futuna, Nuova Caledonia e Isole Fiji… Ci sono quelli che sono ancora vivi, e quelli già “arrivati”, tra tutti l’australiana Margaret Linard e il neozelandese Terry Gunn. Testimonianze di gente che, quasi unanimemente, dice di aver incontrato con il carisma di Chiara Lubich la possibilità di vivere il Vangelo. E che, con la semplicità e la radicalità caratteristiche di questo “nuovissimo mondo”, grazie all’amore per il fratello hanno mutato la loro vita, in un modo o in un altro, in maniera definitiva. Ed è proprio questo amore evangelico che cambia la vita della gente che è al centro della conversazione di Maria Voce sul fratello: come i re magi hanno riconosciuto la grandezza del Figlio di Dio in un bambinello, così c’è da riconoscere Gesù in qualunque fratello, anche al di là delle apparenze che paiono renderlo irriconoscibile. La sessione di domande e risposte tra la comunità e Maria Voce e Giancarlo Faletti assume da subito un carattere esistenziale, quando un bambino chiede come si possa credere in un Dio che non vediamo! E poi i giovani chiedono come resistere alle tante sollecitazioni della società contemporanea, che rischiano di portarci alla deriva. E non mancano gli anziani che vogliono il loro ruolo, nella comunione tra generazioni, e chi chiede come avanzare nel dialogo ecumenico o in quello interreligioso. Non si evitano i problemi più gravi, come la questione degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa cattolica, lo stress che cresce nelle nostre città e che sembra impedire il cammino verso la santità, la tentazione consumistica che spegne la capacità di testimoniare il Vangelo, l’assenza di Dio nella vita della gente che domanda a noi coraggio nel prendere l’iniziativa per testimoniare il suo amore. Ed è questa la “consegna” che Maria Voce lascia ai presenti: «L’Australia è grande, bisogna portarle amore e unità. La nostra grande famiglia non può vivere di un album di bei ricordi, bisogna andare fuori. E scriveremo così un nuovo album». Di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)

Australia: i giovani e la voce di Dio

Ragazzi con il Vangelo in tasca fino ai confini della terra

“Essere Gesù 24 ore su 24” era il titolo del congresso australiano dedicato ai ragazzi svoltosi al Centro Mariapoli di Melbourne, in Australia. Presenti 115 teenagers, dai 9 ai 17 anni, provenienti da varie città del Paese, da Nuova Zelanda e Nuova Caledonia. Per l’occasione erano presenti anche Nadia Xodo e Agostino Spolti, responsabili mondiali del Movimento Ragazzi per l’unità. Un incontro durato cinque giorni e reso possibile da una comunione dei beni attuata, durante tutto lo scorso anno, dai ragazzi insieme a famiglie e amici. Anche i negozi e i mercati della zona hanno voluto contribuire donando frutta, verdura, pane, carne e bibite. Il programma prevedeva momenti di approfondimento sul Vangelo e su come metterlo in pratica, spazi di dialogo e condivisione di esperienze di vita. “I momenti di comunione sono stati profondi – dice Madeline – e ci hanno aiutato a capire che non siamo soli nel cercare di essere un altro Gesù in ogni momento della nostra vita”. Momento solenne la consegna di una copia del Vangelo a ciascuno. “Ho sentito Gesù davvero presente – diceva uno dei ragazzi – come fosse Lui in persona a consegnarci la Sua Parola”. Le Letture di quel giorno, con la chiamata degli apostoli, hanno messo nel cuore di ciascuno un proposito: vivere il Vangelo nei propri ambienti come apostoli di oggi, mandati da Dio per l’evangelizzazione di queste terre. Il secondo evento ha avuto come cornice la Nuova Zelanda, meraviglioso arcipelago con alte montagne e mare cristallino. Al “Teens4unity Camp” di Lower Hutt hanno partecipato 60 ragazzi e ragazze di varie età. Tema: la vita del Vangelo da attuare nelle nostre città. Molti fra i ragazzi, insieme alle loro famiglie, provenivano, come rifugiati, da altri Paesi. Forti le loro esperienze, spesso dolorose, ma vissute in un profondo rapporto “a tu per tu” con Dio. Insieme si è poi approfondita l’azione “ColoriAMO la città” che i Ragazzi per l’unità portano avanti a livello mondiale per aiutare le persone più sole o svantaggiate delle loro città. Sono emerse tante idee per realizzarla, come alcune attività nelle quali coinvolgere i ragazzi della popolazione aborigena. Ultima tappa, Perth. L’incontro è stato caratterizzato da una giornata itinerante: i ragazzi hanno accompagnato Nadia e Agostino attraverso questa magnifica città dove bellezze naturali e quartieri modernissimi disegnano paesaggi di grande armonia. E così, tra le rive del fiume Swan e quelle dell’Oceano Indiano, i ragazzi hanno parlato della storia della città, dei contrasti avuti tra colonizzatori e aborigeni, delle sue caratteristiche e delle problematiche dell’oggi. Poi il dialogo si è aperto sull’impegno nella vita cristiana, ma anche sulla responsabilità e la bellezza della risposta di ciascuno alla chiamata di Dio. Salutandosi hanno espresso il desiderio di continuare a incontrarsi per approfondire la vita del Vangelo coinvolgendo i loro amici, anche in vista della staffetta mondiale “Run4unity” del 12 maggio prossimo alla quale i ragazzi di questa regione, all’estremo est del mondo, saranno tra i primi a dare il via. (altro…)