Dic 7, 2010 | Centro internazionale, Spiritualità
«In fondo alla crisi contemporanea agisce una potente istanza d’unificazione”: con queste parole profetiche del 1954, Igino Giordani indica nell’esercizio quotidiano dell’amore reciproco la via maestra per la ricostruzione del tessuto sociale. «C’è una questione sociale da risolvere, perché c’è una questione della carità da praticare. E la carità è il sentimento per cui nell’uomo si vede il fratello; anzi, nell’uomo si vede Dio per immagine: quasi un uomo Dio mistico, innalzato dalla redenzione. Si parla del popolo che abbandona le chiese. Ma questo può anche essere conseguenza della carità che non ha agito, della fraternità rimasta nel messale, dell’immagine di Dio oscurata da un pratico ateismo. Dove manca l’amore, è da domandarsi se sia il popolo che ha abbandonato le chiese o se siano le chiese che hanno abbandonato il popolo. Dico le chiese, non la Chiesa, la quale è essa stessa il popolo, – il popolo di Dio, – e non può abbandonare se stessa. Se dei poveri si sono allontanati, la Chiesa non può allontanarsi da se medesima, popolo di poveri, di cui anche i ricchi son parte se si fanno poveri nello spirito, facendo dell’uso della ricchezza un ministero della carità. Talora, dove i cristiani hanno dimenticato il prossimo, raggrumando la fede nel sarcofago del loro sé, staccata dalle opere e così asfissiata, i fratelli più deboli, non sentendo la carità, hanno smarrito il senso di Dio, che è carità, e ama incarnarla, questa carità, nelle opere degli uomini, fatti per il loro servigio sociale banditori e portatori di Dio. «Hai la carità, hai la Trinità», diceva il grande Agostino. Dove non si sono amati i fratelli, il tessuto connettivo s’è liso, e quelli si sono distaccati». I. Giordani, Il Fratello, 1954 Il volume Il Fratello”, da cui questa pagina è stata tratta, è di prossima ristampa nella collana Opere Vive di Città Nuova editrice. www.iginogiordani.info (altro…)
Dic 10, 2009 | Centro internazionale
Il Comune di Tivoli, antica città termale in un’ansa del fiume Aniene, in provincia di Roma, ha consegnato il “Premio Igino Giordani 2009”, al noto giornalista, Piero Badaloni, impegnato lungamente in Rai, già direttore di Rai International. Tra le motivazioni si è sottolineato l’impegno con il quale “ha svolto la sua professione giornalistica con una speciale attenzione alle esigenze dell’infanzia e dell’adolescenza”. Inoltre, si è evidenziato che “nella sua lunga attività giornalistica ha curato trasmissioni attente ai disagi del mondo giovanile, come ‘Droga che fare?’. E’ stato eccellente saggista in tematiche particolari…”. E sono stati ricordati alcuni suoi libri come: “Il libro dei diritti dei bambini”; “Infanzia negata. L’altra faccia dell’America latina”.
Il premio, intitolato ad uno dei cittadini più illustri degli ultimi anni della città di Tivoli, considerato con De Gasperi e La Pira – fra altri – padre della Costituente, e in processo anche lui di beatificazione, è stato costituito per ricordare la sua figura e per evidenziare quelle personalità che s’impegnano in favore del dialogo e dell’impegno civile e politico.
Sono Intervenuti il sindaco, Giuseppe Baisi, alcuni testimoni intervistati dal prof. Alberto Lo Presti del Centro Igino Giordani, e si è concluso, dopo un intermezzo artistico, con la premiazione dei lavori degli studenti tiburtini.
L’evento è avvenuto il passato 15 dicembre nella Scuderie degli Estensi.
Set 30, 2009 | Centro internazionale
«Chiara “vedeva in lui l’umanità”; lo considerava come seme di “tutte le vocazioni laicali” all’interno del Movimento, a cominciare dai Gen (i giovani, la “generazione nuova”), ma vedeva nella sua figura anche i sacerdoti, i religiosi e i giovani dei seminari e noviziati. Scorgeva in lui “riassunta proprio questa umanità rinnovata dall’Ideale”. Foco, cioè, aveva il dono speciale di portare e consacrare all’ideale dell’unità l’umanità intera. Per questo suo specialissimo ruolo, Chiara lo ha più volte indicato come «confondatore del Movimento». Oggi, che entrambi sono in Paradiso, possiamo ammirare con rinnovato stupore la straordinarietà del loro incontro e rileggere con passione, e gratitudine a Dio, gli straordinari risultati dell’opera di Chiara e dell’apporto particolarissimo datole da Foco. Quello fra Chiara e Foco fu un incontro singolare. Come è noto, avvenne nel 1948, quindi ben 5 anni dopo la nascita del Movimento, che noi facciamo risalire al 7 dicembre del 1943, data della consacrazione a Dio di Chiara. Foco era un laico speciale: i suoi impegni, infatti, lo avevano collocato in punti nevralgici dell’apostolato cattolico della prima metà del Novecento. C’è chi lo ha citato erroneamente come il «Padre Giordani», giacché uno della sua levatura – ricordiamo che fu direttore della rivista Fides, pubblicata in Vaticano, quale organo per la preservazione della fede – doveva perlomeno essere un gesuita! Giordani aveva ribadito che padre lo era per davvero, ma di 4 figli, fra i più rumorosi del suo quartiere. La sua ricerca religiosa lo aveva portato a fronteggiare i grandi temi che confluiranno nel Concilio Vaticano II: la vocazione dei laici nella Chiesa e il dialogo ecumenico, che Giordani inaugurò fin dagli anni Venti. Era un politico di grande esperienza, avendo vissuto fin dai primi momenti le vicende del Partito Popolare, al fianco di Sturzo. Era un intellettuale stimato e riconosciuto, autore di più di 50 libri e tanti, tantissimi articoli. Le sue battaglie per la democrazia e la libertà nell’orizzonte del cristianesimo, dal quale questi valori possono trarre il vero significato, l’avevano portato ad essere un oppositore del regime totalitario, un padre della nuova Italia repubblicana, un membro dell’Assemblea costituente. Anche anagraficamente Chiara e Foco erano diversissimi. Al momento del loro incontro Chiara aveva 28 anni, Foco 54. Chiara non era sposata, Foco aveva una bella famiglia, che si era formato con Mya Salvati. Giordani era quindi un uomo maturo, esperto, ricco di testimonianze in nome della fede cristiana e dell’amore e della pace fra le genti. Aveva navigato per i rivoli di una storia che – nella prima metà del Ventesimo secolo – aveva prodotto ferite e sofferenze, raccogliendone un denso bagaglio. Sì, solo questo 54enne forgiato dalla vita, forte nella fede e coerente nella sua missione, ma anche totalmente aperto a ricevere il Carisma, ha potuto simbolicamente rappresentare a Chiara l’umanità da portare tra le braccia fino alla realizzazione dell’Ut omnes unum sint (Che tutti siano uno), voluto da Gesù. Questa è l’ottica per leggere il suo ruolo nel Movimento dei Focolari e a fianco di Chiara e per comprendere appieno le mirabili parole che Chiara ha spesso usato nei suoi riguardi. Fra le tante vorrei ricordare quando Chiara rivelò che Foco, più di tutti, “aveva una speciale grazia di comprendere l’Ideale che Dio m’aveva dato, dandogli quell’importanza che merita” . Non poteva essere altrimenti. È l’umanità espressa in Foco, quella dilaniata dalle guerre e sconvolta dalle divisioni mondiali, angosciata dal materialismo e consumata nella diffidenza, che, assetata di comunione e fraternità, urla il bisogno di unità che attinge alla fonte del carisma di Chiara. Foco ha compreso la spiritualità del Movimento come nessuno. La sua formazione culturale e spirituale attinta direttamente ai Padri della Chiesa, la sua raffinata conoscenza della storia della spiritualità e della vita dei santi (era un agiografo accreditato), l’hanno portato a percepire immediatamente chi fosse realmente Chiara, la novità e l’ampiezza del carisma donatole da Dio, e quello che poteva significare nella storia della famiglia umana la diffusione di questo ideale dell’unità. Ce lo ricorda Chiara stessa quando, in conversazioni riservate, sottolineò un altro aspetto del disegno di Foco, forse rimasto ancora oggi un po’ più nascosto, ma autentico e «primario» (come lo definisce esplicitamente Chiara): “Foco era di sostegno alla mia persona”, disse appena dopo la morte di Igino Giordani. Lui ha avuto questa grazia di capire il carisma di Chiara e di salvare la sua persona di fronte a particolari difficoltà, immancabili nella vita di una fondatrice di una realtà spirituale completamente nuova nella Chiesa e nel mondo. Ecco Foco. Un disegno posto al servizio di un ideale grande, fatto per tutti; un sostegno irripetibile per Chiara, la fondatrice. E questo sostegno rimane per sempre. Ancora oggi possiamo ritrovare Chiara, ora che non è più con noi su questa terra, attraverso lo sconfinato amore che Foco aveva per lei. Tanti ricordano un suo modo originalissimo di salutare i gruppi convenuti qui al Centro del Movimento, o le varie persone che incontrava anche in giardino, con un “Ciao Chiara!”. Il suo saluto, convinto e ispirato, aveva la premonizione che oggi sentiamo doversi realizzare: la consapevolezza che solo uniti, insieme, prolunghiamo la presenza del carisma di Chiara nel mondo, in quella umanità che Giordani – col suo mirabile disegno – non ha mai smesso di rappresentarci. Così ricordiamo oggi Foco, il Servo di Dio Igino Giordani». Maria Voce – 27 settembre 2009 (altro…)
Set 19, 2009 | Centro internazionale, Cultura, Spiritualità
«Le soluzioni cristiane dei dissidi sociali sono semplici e si riportano tutte a un principio: l’amore. Sta qui la chiave di volta del sistema sociale dell’ Evangelo. L’economia cristiana, da cielo a terra, è un’economia dell’amore, detto grecamente carità. Dio è amore; ha creato il mondo per amore; ha inviato il Figlio a salvarlo per amore; e il messaggio suo addotto dal Figlio agli uomini è un annunzio dell’amore; e questo caratterizza la nuova civiltà, rampollata dall’Evangelo. Si può dire che la civiltà cristiana si distingue da questo segno: l’amore. L’amore è antilimite. L’amore è, primamente, una virtù naturale, insita nell’uomo, e quindi presente alla coscienza razionale di tutta l’umanità, anche se pagana. Il cristianesimo l’ha integrata in valore soprannaturale, e ne ha fatto una virtù teologale. Nell’atto pratico, s’è già detto , questa carità è un servizio. Questo servizio – questo prodigarsi per i fratelli; questo trasferire loro la nostra fortuna, le nostre forze e il nostro sangue, sì da far della nostra vita la loro vita – al solito, nella identificazione cristiana, è un servizio reso, attraverso i fratelli, a Cristo stesso; e – per la reversibilità del corpo mistico – un servizio, il più vero, il più cospicuo, reso a noi stessi. Facciamo i nostri interessi facendo gl’interessi degli altri: servendo. Il padre serve i figli, il cittadino serve la comunità, il prete serve i fedeli, chi comanda serve chi obbedisce, e così via; e tutti siam serviti da Cristo, che dà la vita per tutti». I. Giordani (La società cristiana, Pisa, Editrice Salesiana, cap.9) altri pensieri di Igino Giordani (altro…)
Lug 28, 2009 | Centro internazionale, Cultura
Riportiamo uno stralcio dell’articolo pubblicato su Avvenire Lazio Sette del 12 luglio 2009 Giordani ha attraversato tutte le fasi salienti del secolo in cui visse, ma immerso nella storia non ha mai seguito le mode storiche del momento. Perché è stato casto? Lo è stato perché staccato dalla brama del potere. Non ha mai fatto carte false per ottenere le poltrone che pure ha ottenuto. Nel 1946 fu De Gasperi a chiedere a Giordani di candidarsi come membro dell’Assemblea costituente. Era anche staccato da sé: nelle trincee del Carso non sparò contro il nemico rischiando di persona a tal punto da venire ferito gravemente, mutilato e reso invalido. Era staccato dai soldi: costretto a insegnare dopo lo scioglimento dei partiti del 1925-26, si dimise dall’incarico pubblico per non seguire i rituali che il fascismo chiedeva. Ancora: direttore di giornali importanti si licenziò puntualmente quando i poteri forti chiesero più duttilità. La castità spirituale di Igino vive ancora oggi nella vocazione di tanti che nella scelta di consacrazione tornano agli ideali evangelici da vivere anche nella vita pubblica. leggi l’articolo integrale – pubblicato su Avvenire – Lazio Sette del 12.7.2009 (altro…)