
“Anche mia moglie – incalza un giovane marito pure del Congo – aveva problemi a concepire. Riusciva sì a rimanere incinta, ma dopo pochi mesi perdeva il bambino. Dai vicini di casa ne sentivamo di tutti i colori, accuse fomentate anche da mia zia che non era contenta di mia moglie. La mia famiglia ci ha persino suggerito di compiere un sacrificio tradizionale agli antenati. Abbiamo spiegato loro che come cristiani non siamo contro i riti tradizionali, perché crediamo che anche in essi ci possono essere i semi del Verbo, ma che ci fidiamo fermamente nell’aiuto di Dio. Un giorno è venuto a trovarci un amico, professore universitario, e sentendo il nostro problema ci ha dato delle preziose indicazioni su come comportarci per far proseguire la gravidanza. Proprio in quel tempo mia moglie era incinta di 5 mesi e, grazie a questi suggerimenti, la gravidanza ha potuto continuare fino alla nascita del bambino. Lo stesso è successo per gli altri 5 figli che sono arrivati in seguito».
«Terminati gli studi – racconta André –, ho trovato lavoro in un’altra città e, prima di partire, la famiglia si è riunita per darmi tutti quei consigli di cui secondo loro avevo bisogno. Fra questi c’era anche di sposare una donna della mia tribù. Io non ero d’accordo.
Da sempre infatti pensavo che a diventare mia moglie sarebbe stata colei che Dio avrebbe messo sul mio cammino, qualunque fosse la sua provenienza. Quando mi sono innamorato di Julie non sapevo che lei era di una tribù antagonista alla nostra. L’ho saputo più avanti, ed è stato allora che mi sono ricordato delle direttive della mia famiglia. Dopo aver riflettuto a lungo, ho compreso meglio cosa significasse per me vivere il Vangelo. E cioè riuscire a vedere ogni prossimo non come un nemico, ma come un fratello, essendo noi tutti figli dello stesso Padre. Così ho deciso di restare fedele ai principi che Dio mi aveva messo in cuore. Durante il fidanzamento ci sono stati gravi disordini tra le nostre due regioni, ma Julie ed io, nonostante i momenti molto difficili, abbiamo continuato a portare avanti il nostro rapporto finché ci siamo sposati. I nostri vicini erano certi che il nostro matrimonio non sarebbe durato più di 6 mesi”.
“Anch’io dubitavo di farcela – confida Julie –, ma poi ho visto quanto André mi era fedele e anche se eravamo diversi per carattere, abitudini alimentari, lingua materna, abbiamo continuato a volerci bene. Quest’anno insieme ai nostri 4 figli abbiamo festeggiato 23 anni di matrimonio”.
“Fin dall’inizio, ognuno di noi ha preso l’impegno di fare della famiglia dell’altro la sua propria famiglia – aggiunge André – e, col tempo, siamo riusciti ad avvicinare quei parenti che prima erano contrari al nostro matrimonio. Nella nostra tradizione dare il proprio nome ad un bambino è una dimostrazione dell’affetto che si ha per lui, un modo per immortalarsi in lui. Julie ha voluto dare ai nostri figli il nome dei miei familiari. Con questo suo gesto ora anche lei si trova immortalata nella mia famiglia».
