Alla ricerca dell’amore

 
La ricerca di una relazione è di per sé una naturale esigenza che tutti abbiamo sperimentato. I nodi e i blocchi da sciogliere per uscire da un vicolo cieco.

La ricerca di una relazione, il desiderio di conprincess_051-720x0-c-defaultdividere la vita con un’altra persona accanto, è di per
sé una naturale esigenza che tutti abbiamo sperimentato o sognato, ma può rimanere un pensiero
immaginario o diventare un’azione concreta e attiva. A volte chi compie questa ricerca affannosa si
percepisce come in un vicolo cieco, prova sofferenza e solitudine, soprattutto se sta superando una
certa età. Qualcuno si rassegna, qualcuno cerca di mettersi in gioco, qualcuno all’improvviso
incontra la persona tanto attesa. Durante questi percorsi c’è il rischio di trovarsi di fronte ad alcuni
ostacoli o a dei nodi da sciogliere. Naturalmente queste non possono essere delle generalizzazioni
universali, ciascun individuo porta con sé la propria storia e si trova in un momento diverso della vita,
ma ci sono alcune delle sfide evolutive che spesso vanno affrontate. Uno dei “blocchi” relazionali
che si presentano è del “non amore” per se stessi, sono persone che per alcune esperienze
pregresse, per vari fattori, non apprezzano se stesse, non si stimano e tendono oltretutto ad
autosabotarsi, ricercando persone “impossibili” o trovando sempre una buona motivazione per cui
la conoscenza con l’altro non può andare avanti. In questi casi, ci si può sentire disprezzati, ma è
proprio questo uno dei principali campanelli d’allarme che nascondono una disistima verso sé
stessi. Occorre intraprendere un percorso di recupero della fiducia e del rispetto, un lavoro di
conoscenza di sé, e direi – usando le parole della psicoterapeuta francese Géraldyne Prévot-Gigant
occorre sviluppare un’ autocompassione. «L’amore verso se stessi si manifesta in maniera
naturale dopo che abbiamo imparato a considerarci, abbiamo capito di avere un valore e, soprattutto,
quando sappiamo coltivare l’essere piuttosto che il fare. Non si tratta di un amore egocentrico, ma di
uno che si fonda sulla compassione verso se stessi». Questo porta a ricercare ciò che è bene, ad
ascoltarsi a dialogare con se stessi senza rimproveri, accettando i limiti e le incapacità. Nei casi in cui
c’è stata invece da poco tempo l’interruzione di una relazione d’amore che ha comportato un
notevole dolore, occorre elaborare questa esperienza e il vuoto della perdita, lasciare andare i
risentimenti, è un processo a volte non semplice che ha bisogno non solo di tempo, ma di essere
affrontato. Altre volte invece, incontro l’“angoscia del rifiuto”, un terrore irrazionale rispetto al
pensiero di poter non piacere, non essere accettato/a e amato/a, di poter risperimentare un
ennesimo fallimento nella fase del corteggiamento. Tutto ciò si esaspera con una “fuga dalle
relazioni”, si crea come una sinapsi in cui “amore è uguale a dolore”, per cui è meglio non amare e
non essere amati che soffrire per amore. Tuttavia, questa falsa credenza crea nel tempo grandissima
sofferenza e solitudine, perché le relazioni sono fondamentali per la nostra felicità, se non amiamo
non viviamo pienamente, in questo caso, occorre rimettere in moto il muscolo dell’amore,
ricominciare lentamente ad affacciarsi a nuove relazioni senza correre, ma risperimentando la gioia e
la felicità relazionale che erano state sepolte. Qualsiasi sia la sfida da affrontare, la solitudine con cui
dialogare, la sofferenza da accogliere, si può affrontare, il desiderio di costruire una buona relazione
è il motore attivante, per tutto il resto è un percorso e come tale ci preparerà all’incontro con l’altro.

(Fonte: www.cittanuova.it – Angela Mammana)