«Ognuno di noi ha dei difetti, ma bisogna guardare soprattutto il positivo che c’è nell’altro». Carla e Joseph hanno vissuto con questo spirito i loro 46 anni di matrimonio. Sono di Lucerna e ricordano bene quando Chiara Lubich, in occasione del meeting sulla famiglia nella loro città nel 1999, guardando ai problemi e ai dolori che toccano la famiglia contemporanea, la rappresentava con un’immagine plastica: quella di una madre ferita e desolata che raccoglie in seno le sofferenze dell’umanità. «Oggi, dicono, papa Francesco ci invita a non aver paura di guardare con realismo le sfide e le ferite che la famiglia vive in tutto il mondo».
La famiglia, si dice nel documento, non è un modello astratto, “una realtà confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare” (AL 325). E’ il contesto in cui vengono più facilmente in evidenza i limiti e in cui si può “finire di farsi male”, tuttavia è anche la palestra del perdono dove si apprende a chiedere scusa e ricominciare. L’invito è quello di riscoprire la bellezza delle nostre famiglie, così come sono, fragili e imperfette, ma ricordandoci anche che “voler formare una famiglia è avere il coraggio di sognare con Dio e costruire con Lui… un mondo dove nessuno si senta solo” (AL 321).
Per Emerthe e Dieudonne del Rwanda, che hanno partecipato al Sinodo sulla famiglia, «quell’esperienza straordinaria è stata la scoperta dell’amore immenso che la Chiesa ha per i suoi figli», di cui L’Amoris Laetitia ne raccoglie i risultati.
«Tutti ci sentiamo accolti e compresi leggendo l’Esortazione, continuano Maria Angelica e Luis Rojas della Colombia, anch’essi uditori al Sinodo, «con il suo profondo contenuto pieno di sapienza e speranza, frutto della dinamica proposta dal Papa con il coinvolgimento delle famiglie di cui ha ascoltato gioie, fatiche, dolori. Non si disconosce la dottrina e il Magistero della Chiesa, ma si affronta il contenuto con un linguaggio di grande misericordia».
Gloria e Diego sono dell’Argentina: lei di origine siriana, lui italiana, definiscono il loro matrimonio «un cammino insieme con salite e discese». Per la diversità di carattere e di cultura, nei primi anni, i momenti di incomprensione erano frequenti. Diego pensava: «Ai 30 anni non ci arriveremo! Invece abbiamo imparato ad accogliere le diversità come un dono per conoscere l’altro». Dopo un periodo di formazione sulle tematiche familiari presso la scuola Loreto di Loppiano (FI) insieme con le tre figlie, oggi Gloria e Diego accompagnano le famiglie in vari percorsi formativi. «Il documento del Papa ci ha aiutato da una parte a riscoprire la gioia del per sempre, dicono, ma anche a incarnare le parole del Vangelo nei rapporti umani e abbiamo trovato tante risposte a situazioni quotidiane, in cui occorre pazienza e delicatezza».
Papa Francesco incoraggia a prenderci cura delle persone e delle famiglie nei diversi contesti, tenendo presente che “Dio fa dei due sposi una sola esistenza, ma il matrimonio implica un processo dinamico che avanza gradualmente”. Per cui “se è vero che la nostra fragilità non ci permette di realizzare in modo perfetto questa chiamata così alta, tuttavia non dobbiamo scoraggiarci” (AL 122). André e Julie del Congo, non hanno mai perso la fiducia nel loro progetto comune: «Ci siamo fidanzati anche se la mia famiglia mi aveva ricordato di sposare una donna della mia tribù, secondo la tradizione africana. Le rispettive famiglie ci sconsigliavano fortemente di continuare, soprattutto quando sono intervenuti gravi disordini, ma per me era un’occasione per scoprire i miei principi di vita. Con l’amore reciproco pian piano abbiamo potuto superare il clima di indifferenza e pessimismo delle nostre famiglie di origine e anche certi momenti difficili tra di noi».
Quando incontro Harry della Svezia e mi racconta come, dopo la morte della moglie, si è ricostruito una vita insieme ad Ann, tailandese e buddista, solo a guardali, sono evidenti i miracoli dell’amore… «Era diversa da quello che pensavo, dice Harry, non era cattolica, non era cristiana, ma ci aiutiamo ad essere migliori ciascuno nella propria fede. L’importante è cercare sempre il dialogo».
Josef della Svizzera invece mi racconta che era una persona che non sapeva dire di no. Nonostante le incertezze si è sposato ed ha avuto tre figli. «Ho cercato di andare avanti, anche quando le cose non andavano bene. Un’idea avevo imparato da Chiara Lubich: ‘Tutto vince l’amore’ e questo amore ho cercato di viverlo anche nel divorzio. In seguito questo matrimonio è stato riconosciuto nullo. Sono casi rari, non la maggioranza, ma per me è stato di grande aiuto. Mi sono risposato in chiesa con Rosmarie, ormai 26 anni fa, e abbiamo 3 nipotini.
Si tratta di integrare tutti” (AL 297), scrive il Papa nell’Esortazione perché noi tutti abbiamo bisogno di misericordia, discernimento e accompagnamento, a prescindere dal matrimonio o dalla situazione familiare in cui ci troviamo e spesso l’occasione per imparare arriva proprio da chi vive o ha vissuto situazioni complesse e dolorose.
«Questa esortazione porta ad una presa di coscienza anche sulla necessaria formazione e accompagnamento delle coppie e delle famiglie, secondo Cyril e Katarina Jancisin della Slovacchia, che hanno appena concluso un corso per “famiglie in difficoltà”. Sulla base della nostra esperienza, abbiamo visto quanto è utile, come afferma papa Francesco, comunicare le proprie crisi, quelle che caratterizzano la vita di tutte le coppie. Anche un matrimonio in cui tutto va bene deve superare sempre nuove tappe». In Egitto, da quando si tengono corsi per i fidanzati, «la percentuale dei problemi delle coppie è diminuita del 40percento».
Spiegano Rafik e Nagat, sposati da 17 anni, che collaborano con il Centro per la famiglia e la bioetica. «Spesso attraverso una conoscenza più approfondita l’uno dell’altro, molti giovani scoprono di non essere fatti per stare insieme e trovano il coraggio di lasciarsi. I benefici sono tali che la chiesa copta cattolica lo ha proposto alle chiese di diversi riti e oltre alle due sessioni annuali a Il Cairo, si tengono corsi itineranti in altre città dell’Egitto».
Rafik e Nagat non hanno figli e questo è un grande dolore per loro, tuttavia come afferma papa Francesco, l’amore tra gli sposi possiede in sé la capacità di essere fecondo. E questa fecondità non coincide necessariamente con la fertilità biologica. Così anche quando i figli non arrivano, la loro vita continua ad essere piena di senso e di valore per la comunità (AL 178).
di Giovanna Pieroni
Fonte: Città Nuova