Giocarsi tutto

 
Gloria e Diego, sposati da 29 anni e provenienti dall’Argentina, raccontano la loro scelta di donazione.

Gloria e Diego con tutta la famiglia“Alcuni anni fa abbiamo avuto la possibilità di trascorrere un periodo nella cittadella del Movimento dei Focolari a Loppiano, vicino Firenze, e di partecipare alla scuola internazionale per famiglie”. Dal 1982, infatti, nella tranquilla cittadella toscana si svolge un corso formativo indirizzato a tutte quelle famiglie che, arrivate da ogni parte del mondo, decidano di voler sperimentare la spiritualità e i benefici derivanti dalla comunione di esperienze. La “Scuola di Loreto”, così denominata da Chiara Lubich richiamando la famiglia di Nazareth, è un vero e proprio percorso di vita basato sui valori dell’unione familiare e dell’apertura al mondo con le sue culture diverse.

“Vivendo lì, raccontano Diego e Gloria, abbiamo vissuto una bellissima esperienza che allora volemmo condividere scrivendo una lettera a Chiara Lubich, dicendole il nostro desiderio di donare la  vita, pronti anche a trasferirci in altre parti del mondo, per testimoniare i valori condivisi di unità, solidarietà e tolleranza. Le nostre tre figlie erano piccole, da poco tempo avevamo raggiunto un lavoro stabile ed eravamo molto giovani. Nonostante tutto avevamo il desiderio di metterci al servizio del prossimo e sognavamo di poter andare chissà dove, in Africa, in Asia, in Centro America… Ma un giorno Chiara Lubich, rispondendo alla nostra lettera, ci consigliò di “trasferirci” a Casilda, ossia la città dove abitavamo in argentina. Superato l’immediato sgomento per quello strano consiglio, abbiamo colto l’importanza di quelle parole: saremmo dovuti ritornare  nella nostra città d’origine per vivere il nostro quotidiano, ma in maniera totalmente diversa, cercando di diffondere gli ideali dell’amore e dell’unità e dando testimonianza della possibilità di perseguirli anche nella semplicità della realtà di tutti i giorni.

Col passare degli anni, nella nostra città è nata una bellissima comunità, molto attiva e piena di giovani. Ora, a distanza di vent’anni, ci si è presentata la possibilità di traferirci al Centro Internazionale dei Focolari in Italia. Seppure la nostra volontà di adesione sia stata immediata, per prima cosa abbiamo chiesto il parere alle nostre figlie, di 23, 25 e 27 anni. Con molto stupore, loro sono state le prime ad appoggiarci, dicendoci  che sarebbe stata una bella esperienza per noi e per il nostro arricchimento, del quale avrebbe beneficiato tutta la famiglia.

E’ iniziato così l’iter per ottenere il permesso dai nostri lavori. Sapevamo di poter usufruire di un anno di  aspettativa, ma, poiché sono pratiche che richiedono molto tempo e non sempre vanno in porto, ne avevamo messo in conto l’esito negativo. Per questo abbiamo portato avanti il nostro progetto di vita quasi come un “gioco”, affidandoci agli eventi, ma allo stesso tempo forti nella nostra fede.

In questo tempo di attesa, ci sono state offerte anche tante buone possibilità  di promozione sul lavoro, quasi come se facessero capolino, di colpo,  le migliori  opportunità della nostra vita. Tuttavia, la scelta di partire per mettersi al servizio è stata più forte di tutto, anche della realizzazione professionale. E siamo stati felici, quando abbiamo ottenuto il permesso di astensione dal lavoro, anche se non retribuito. Le difficoltà sono state molte, così come le gioie e le soddisfazioni. Siamo riusciti in pochi giorni a vendere la nostra macchina per coprire alcune spese fisse della casa, sebbene in Argentina sia abbastanza complicato, data la situazione economica.

Tutte queste rinunce, la carriera, la macchina, le piccole cose materiali che lasciavamo, ci hanno preparato al distacco più grande ed impegnativo, quello dagli affetti. Il momento della partenza, infatti, è stato molto forte.  Le nostre figlie ci hanno dedicato parole commoventi, ribadendo la loro felicità nel darci l’appoggio necessario ad affrontare questa esperienza impegnativa e ringraziandoci per quanto abbiamo donato loro.  “Ci avete insegnato a giocarci il tutto per tutto per un ideale” ci dicevano e le loro parole ci hanno dato la conferma che questa  decisione era stata senza dubbio la strada giusta nel percorso di vita, tanto individuale quanto familiare, di ognuno.