Goal al Coronavirus

 
Il covid19 che in questi mesi sta dilagando nel mondo è stato per alcuni come un richiamo,

All’inizio immagino di essermi comportato come la maggior parte delle persone: ne siamo dispiaciuti ma lo percepiamo lontano da noi. Come diceva una volta Furio Colombo, giornalista italiano del XX secolo, quando gli altri siamo noi, la realtà cambia e ti cambia.
Infatti, iniziando a vedere i primi casi in Italia e nel resto del mondo, questa malattia si avvicinava sempre più a me, a noi.
Le notizie e fake news poi hanno iniziato a spammare i nostri smartphone e social fino all’inverosimile.
Notizie, dibattiti, arene, trasmissioni televisive avevano come denominatore comune, a ragione o a torto, il timore collettivo che generava paura e quasi bloccava le persone e le loro attività.
Poi si è iniziato ad esorcizzare la paura nella speranza di immunizzarsi dalla malattia e per togliere dalle nostre menti il pensiero: quando finirà? Speriamo che non duri troppo.

Sentiamo vicino a noi il dolore delle famiglie, di chi è in ospedale in gravi condizioni, di chi ha perso un parente, un caro amico o un collega di lavoro e a cui, forse, non ha potuto tenere la mano nell’ultimo momento della vita. Ci sentiamo vicino ai medici e a tutto il personale sanitario che sta dando la vita per coloro che sono gravemente contagiati, o ai medici di famiglia che faticano fino all’inverosimile senza a volte le protezioni necessarie.
Il mondo, metaforicamente parlando, ha messo il freno a mano e la frenesia della vita del terzo millennio è scemata lasciandoci attoniti e con la domanda: e adesso cosa faccio io? E le famiglie, in cui tutt’e due i genitori lavorano: cosa fare con i figli piccoli e grandi? come stare accanto ai genitori anziani?
Dopo un attimo di panico la creatività, che contraddistingue l’essere umano, ha prevalso. Ed è stata una grande opportunità scoprire i rapporti fra genitori e figli, senza l’assillo dell’orologio e delle mille cose da fare extra casa.
Qualcun altro ha scoperto la bellezza di curare, ciò che da alcuni psicoterapeuti è definito “il primo figlio”, ossia la relazione fra i due partner.
Con tanto tempo disponibile qualcuno ha trovato il modo di contattare e preoccuparsi delle persone che ama, di qualche parente di cui non ha notizie da tempo, di quel vicino di casa solo, di quel conoscente che non ha nessuno.
Concludendo una lunga e profonda conversazione con una di queste persone, ci è venuto spontaneo definire il bel momento condiviso come un “goal al coronavirus”.
Sembra che questo virus possa spalancare per qualcuno l’abisso della perdita del senso che crea quello spaesamento, quella estraneità a sé stessi che prelude ad un nuovo tipo di guarigione. Una guarigione dalla tecnologia pervasiva nelle nostre vite, dai bisogni indotti dalla pubblicità, dalla superficialità dei rapporti e chi più ne ha più ne metta. Nelle pagine di giornale, in sottotono, continuano le violenze sulle donne, il pagamento del pizzo per i commercianti, l’approfittare della crisi sanitaria aumentando a 0.30 a 1 euro il prezzo delle mascherine (quelle che si trovano), ecc…

Eppure, mentre tutto questo accade, in varie parti del mondo, in maniera silenziosa ma efficace, le famiglie si sono mobilitate nel trovarsi, utilizzando i mezzi di comunicazione più vari, per condividere fra loro la vita e quei gesti di servizio verso i vicini e chi è in necessità. Altre organizzano dei momenti di preghiera e di riflessione leggendo meditazioni di Chiara Lubich o di altri autori della Chiesa. C’è un bel gruppo di famiglie dell’America Centrale collegate online ogni sera con più di 50 punti, dopo una breve riflessione recita il rosario meditato. La stessa vita invade anche le Filippine, gli Usa, l’Australia senza tralasciare l’Italia e l’Europa.

Abbiamo potuto collegarci con famiglie della città di Ibarra, in Ecuador, dove le persone in quarantena hanno comunicato dubbi e gioie su come vivono questa pandemia. Sono stati momenti di una profonda comunione che infondevano speranza e davano coraggio a tutti nel continuare a credere all’amore di Dio. La pandemia è stata affiancata e quasi “sorpassata”  dalla realtà di fraternità tra di noi anche a distanza.
Ed ecco l’opportunità che questo virus ci sta dando. Scoprirci essere umani, valorizzare i rapporti e rendersi conto che questo vale molto di più del PIL, delle guerre economiche, supera ogni divisione anche quelle  dei vari schieramenti dei partiti.
Proprio l’altra settimana sentivo la notizia che il presidente di Israele Rivlin ha telefonato al presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen per unire gli sforzi nel contrastare il COVID-19. Ci si può domandare: Ma come mai accade questo dopo decenni di assenza di comunicazione?

Guardando alla mappa mondiale della diffusione del virus sembra quasi che un’ombra si allunghi sul mondo.
Nel secolo scorso, la mistica spagnola Maria Zambrano parlando della notte di Dio sull’Europa, scriveva in un suo saggio: “Sembra che in Europa sia caduta la notte, mentre invece potrebbe essere l’ombra di Dio sull’umanità”.

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