Viaggio nelle Filippine

 
Incontri con famiglie, scuola Tutor Up2me e visita ai centri sociali e al progetto Housing. Intervista a Gianni e Maria Salerno.

Nel loro recente viaggio, Gianni e Maria Salerno sono stati nelle Filippine con il  desiderio di incontrare le famiglie, approfondire la comunione e incoraggiare la vita che c’è e che può crescere.

Inoltre hanno potuto partecipare alla scuola tutor Up2me che si è svolta a Tagaytay (27.8.2019 – 1.09.2019)  e visitato i centri sociali  Bukas Palad e i progetti di  Housing.

Ci raccontate qualcosa di questa esperienza?

Maria: A Manila abbiamo avuto occasione di conoscere tante  famiglie dell’Opera di Maria, da quelle appena nate a quelle storiche:  chi impegnato nel sociale, chi nella formazione di altre famiglie, chi coinvolto nelle attività per bambini e ragazzi, chi nel servizio alle famiglie più povere. C’erano anche persone separate e vedove ben integrate in questo gruppo. E poi  bambini piccoli che scorrazzavano. I nonni,  felici di vederli giocare. E’ stata una grande festa, nella gioia di essere una ricchezza gli uni per gli altri.

A Davao abbiamo incontrato una trentina di persone  di diversa estrazione. Erano con noi anche coppie che venivano dall’Housing  (il progetto di accoglienza abitativa  lanciato nel Family Fest 2005 – vedi sotto) col problema di  non riuscire a parlare l’inglese, poiché conoscono solo il cebuano, ma con questa voglia di vivere insieme la spiritualità. Dalla comunione è nata la proposta di far  nascere sul posto  un piccolo team a servizio della famiglia.

Quale è la situazione della famiglia nelle Filippine?

Gianni: C’è una grande differenza tra  strati sociali e questa  forbice sta  via via aumentando. Una parte  della popolazione vive sotto la soglia della povertà e  tante famiglie hanno il problema di non  riuscire ad arrivare a fine mese. Nonostante ciò  a Cebu abbiamo visto famiglie solide che “stanno in piedi”  e che affrontano questa sfida, confidando nella Provvidenza. Ci hanno colpito molto esperienze di Vangelo radicalmente vissuto.

Maria: Il viaggio è proseguito poi a Tagay tay, una “cittadella”  dove si vive l’amore scambievole. Qui, incontrando le famiglie, è emerso il desiderio che possa nascere una “Scuola Loreto”, inizialmente con una durata di 2-3 settimane, sul modello di quelle già presenti nelle altre cittadelle del Movimento. Si tratta di un’esperienza di  formazione e di vita per approfondire la spiritualità dell’unità e le tematiche riguardanti la famiglia, con un’apertura al mondo intero.

Avete partecipato anche alla Scuola Tutor Up2me. Come è andata?  

Maria: Una parola su Up2me. Si tratta di un programma di formazione all’ affettività e sessualità per i ragazzi dagli 11 ai 17 anni: I ragazzi sono seguiti da una coppia  di tutor, che si prepara a questo compito attraverso una “scuola”. Quella che abbiamo svolto a Tagaytay  è stata preparata grazie alla collaborazione tra l’  équipe centrale del progetto e una commissione locale. Uno scambio molto fruttuoso,  che ha fatto sì che la scuola andasse nel migliore dei modi.  C’erano persone da tutta l’Asia: Filippine, Corea, India, Pakistan, Taiwan, Nuova Zelanda e Australia. Importante , oltre alle presenza delle coppie tutor , che faranno il corso con i ragazzi, anche di alcuni  assistenti gen3,  che seguono  la loro formazione..

Il tutor è una figura fondamentale nel progetto.  Il clima positivo di accoglienza reciproca, consente di parlare di argomenti delicati.

Gianni: Su questo tema si trovano sicuramente tante informazioni su internet. In diversi paesi anche  la scuola si occupa di questi argomenti.  Quello che è importante per i ragazzi, e su cui punta il progetto, è inserire tutte queste conoscenze  in un orizzonte più ampio, per arrivare a scorgere  il disegno di Dio su ciascuno.  Poi sono i ragazzi a fare le proprie scelte. Il metodo seguito  è induttivo: ossia si propongono i contenuti per poi, attraverso le domande dei ragazzi, elaborare un pensiero alla scoperta di se stessi. Di come siamo individualmente e  in relazione con l’altro/l’altra. I ragazzi scoprono il senso della vita nel rapporto con gli altri e  le loro scelte divengono più consapevoli.

Come è stato recepito il progetto in Asia?

Maria: Abbiamo avuto conferma che c’è un grande interesse per questo progetto in tutto il mondo. L’esigenza di formare i ragazzi all’ affettività e alla sessualità è sottolineata sia dagli aspiranti tutor  del Pakistan che da  quelli dell’Australia. Le condizioni culturali sono certamente  diverse in ogni popolo e occorre trovare delle mediazioni culturali rispetto alle diversità dei vari paesi su come affrontare il discorso. Per esempio in alcuni contesti culturali abbiamo capito che è  necessario un maggior numero di sessioni distinte per  ragazzi  e per  ragazze: per esempio  in Pakistan, dove gli studenti vanno a scuola in classi separate.  Comunque il corso si adatta ad ogni contesto perché va incontro alla  natura dei ragazzi, che ovunque sono alla ricerca di scoprire se stessi e il senso delle cose.

Gianni: Durante la scuola è stato presentato anche il percorso genitori,  nato dalla loro esigenza di essere più preparati nell’affrontare la formazione affettiva e sessuale dei propri figli. E’ comunque soprattutto un corso di empowerment che li incoraggia  a  non aver paura delle realtà che i ragazzi vivono, ma ad  entrarci e mettersi con loro e dialogare.

E l’Housing nominato prima che cosa è?

Gianni: Si tratta di un progetto realizzato dall’associazione Famiglie Nuove Onlus che ha permesso di costruire quasi un centinaio di piccole case per  famiglie che vivevano nelle baracche.
Due villaggi di casette sono state costruite a Sulyap (Manila),  altre a Davao,  poi a Cebu e ancora a Tagaytay.
Quasi tutti insistono su quartieri degradati  e sono come delle perle in mezzo ad essi.
Quando si è avviato il progetto, quattordici  anni fa, i figli avevano 4-5  anni e adesso sono cresciuti.
Ci hanno detto felici: “io ce l’ho fatta, mi sono diplomato grazie al sostegno a distanza. Ora lavoro.”

Le famiglie ci hanno accolto, preparato dei dolcetti, raccontato come è cambiata la loro vita, da quando hanno una casa. Sulle pareti  campeggiavano le foto dei loro figli diplomati con la medaglia al collo della graduation. Le madri ce le mostravano con orgoglio: “questa è la nostra ricchezza”.

Quale è l’esperienza delle famiglie che abitano le casette?

Maria: Famiglie che stavano nelle baracche, scelte tra quelle  più bisognose,  hanno potuto trasferirsi in case di mura e cemento. Inserendosi nell’housing hanno sottoscritto una carta di impegno a garanzia di una pacifica convivenza del villaggio: bandire alcool, gioco d’azzardo, impegnarsi nel lavoro finalmente trovato, provvedere agli spazi comuni. Gli assistenti sociali del Bukas palad li accompagnano con una formazione umana e  fanno di tutto per promuovere la loro difficile situazione.

Acquisire certi comportamenti di convivenza sociale non è scontato,  ma queste famiglie si sono  formate pian piano alla cultura della fraternità. Ci raccontavano che nei momenti di emergenza, quando arrivano le inondazioni, il fiume esonda e le baracche fuori dal villaggio vengono allagate,  Sulyap apre le porte e ospita chi è nel bisogno.. Dicevano: “Siamo poveri, ma aiutiamo i poveri”.

Si offrono opportunità di formazione professionale e di lavoro?

 Il sostegno a distanza (SaD) prevede che dopo aver fatto la scuola, si offra una formazione professionale ai ragazzi. C’è la falegnameria presso il Bukas palad sia a Manila che a Tagay tay. A Cebu hanno organizzato un orto tenuto dalle mamme dei bambini che vanno all’asilo grazie al SaD. A Davao cuciono, fanno delle borse, e lavori di artigianato con cui contribuire alle attività del Bukas Palad. Sono 5 questi  centri sociali  costruiti vicino a quartieri degradati proprio per offrire servizi alle famiglie più bisognose, tra cui anche le cure sanitarie e dentali. Il SaD riguarda un bambino, ma abbraccia poi tutta la famiglia, che poi è coinvolta  ed  impegnata a  vivere una “reciprocità”,  portando il suo contributo al progetto.

A c. di Giovanna Pieroni