Magia di un quadro

 
I valori della cultura africana, emersi durante la recente “Scuola per l’Inculturazione” in Kenya, espressi in un’opera d’arte realizzata per l’occasione.   

DSC_0116mod_bSullo sfondo della grande sala congressi della cittadella Piero, a Nairobi, in Kenya, campeggia un grande dipinto, opera di un’artista africana. Quell’opera d’arte non passa inosservata, attira gli occhi e il cuore, apre la mente.

Ad un primo sguardo di insieme ci  si sofferma sui  movimenti dei vari personaggi, sui colori ben armonizzati tra loro, ma poi…mano a mano che lo osservi cominci ad entrare in un atmosfera di pace, di serenità, sperimenti una nostalgia per quei valori che tante volte, noi europei, abbiamo smarrito. L’artista con poche pennellate ha voluto raccontare la storia di un popolo, il suo popolo che pur tra estreme sofferenze continua a conservare valori eterni ed universali.

In basso vediamo un giovane padre che gioca a carte con i suoi tanti bambini, mentre la mamma li osserva compiaciuta. Un padre che attraverso il gioco stabilisce legami, trasmette valori. Fuori nel cortile comune un vecchio racconta attorniato da un altro gruppo di giovani e ragazzi. Non racconta favole, racconta verità antiche, le racconta per consegnarle alle future generazioni affinché non dimentichino. E i giovani sono ammaliati da quella voce, sanno che la memoria del vecchio è un tesoro da valorizzare ed accogliere.

Al centro una scena campestre, gente che non ha paura di piegare la schiena per coltivare la terra, per raccoglierne i frutti, gente che non si scoraggia anche se il raccolto potrebbe essere scarso, rovinato dalla siccità, gente che ha nelle braccia e nel cuore la forza e il talento di ricominciare sempre, di condividere con tutti quello che la terra dona.

Ad un osservatore attento non può sfuggire però sulla destra una scena ancora più significativa, un po’ in rilievo rispetto alle altre, i personaggi infatti sono più luminosi, forse più numerosi. E’ un gruppo che esce da un luogo di preghiera. Qui si intuisce che gli africani attingono dal contatto con il divino la forza di conservare i valori, di trasmetterli integri alle nuove generazioni, di sperare sempre. In secondo piano ancora due folti gruppi, ma in chiaro scuro, quasi in dissolvenza. Il primo sottolinea l’ubuntu , il secondo la danza di un gruppo che potrebbe  esprimere il valore di pregare anche con il corpo, vero dono di Dio  o anche rappresentare gli antenati, coloro che pur se “partiti” per il cielo continuano ad accompagnare con sollecitudine, con una presenza attiva, ma invisibile, il cammino di tutti quelli che ancora sono sulla terra.

Che cosa è questo ubuntu che in occidente, nei paesi cosiddetti ricchi è pressoché sconosciuto?

“Io sono ciò che sono, sono felice grazie anche agli altri. Se tutti stanno bene sto bene anche io, anzi sto meglio” è un ritornello che gli africani ripetono senza troppe parole ma con la loro testimonianza, con tanti esempi concreti. Un fatto che parla da solo è la loro grande capacità di adottare, di prendere in affidamento tanti bambini che hanno situazioni familiari svantaggiate.  Questo quadro magico ha fatto nascere nel mio cuore una domanda: “non sarà forse l’Africa quel continente capace di riportare la pace vera nel mondo secolarizzato, riportare in luce il segreto per vivere in armonia con se stessi e con il mondo?”

Di Maria Scotto