Una famiglia in mezzo a tante sfide.

 
Nonostante queste sfide e certi pregiudizi della gente, ci siamo sentiti accolti come se fossimo veramente della loro famiglia.

Joseph:  Siamo sposati da 22 anni e abbiamo 3 figli. Siamo libanesi ma abbiamo frequentato l’Università di Camerino nelle Marche. Durante il secondo anno, il collegio che ci ospitava ha dovuto chiudere per 4 settimane in vista delle vacanze di Natale. Eravamo preoccupati su cosa e come fare, perché non avevamo un posto dove dormire. Per caso ci ha sentito parlare un ragazzo al collegio che avevamo appena conosciuto; dopo qualche giorno ci ha detto che i suoi genitori avrebbero potuto ospitarci durante le vacanze.
Nonostante queste sfide e certi pregiudizi della gente, loro ci hanno ospitato e ci hanno fatto sentire come se fossimo veramente della loro famiglia. Anche questo ragazzo faceva tanti sacrifici per risparmiare soldi ed aiutare gli altri (ad esempio andava a piedi e non prendeva il pullman, mentre noi facevamo l’abbonamento) e noi non capivamo perché facesse tutto questo.
Dopo molto tempo, abbiamo saputo che con la sorella facevano parte del movimento dei focolari. In quel periodo ci hanno testimoniato con la loro vita come si possono vivere concretamente e non a parole l’amore e la fratellanza universale. Questo ci ha colpito tanto.
Quando siamo tornati in Libano, abbiamo custodito nel nostro cuore questa esperienza che era stata per noi straordinaria. Nel 2000 ho cambiato il posto di lavoro e lì ho conosciuto una persona che ho scoperto solo dopo qualche tempo che era un focolarino sposato. Pian piano abbiamo conosciuto anche altre persone del focolare e così ho capito che la cosa non stava accadendo per caso ed è iniziata la nostra avventura libanese. E’ cominciato a cambiare il nostro modo di vivere; ad esempio io da uomo, con una mentalità un po’ maschilista che non fa niente a casa, ho iniziato ad aiutare mia moglie per amore. All’inizio mi vergognavo dei vicini, di cosa potessero pensare nel vedermi stendere i panni per esempio ecc…Poi non ho più pensato a questo, perché l’amore è più forte.
Un altro esempio: avevo sempre pensato che se io e Shaimaa non arrivavamo ad un accordo su una cosa, pur dialogando prima tra noi, alla fine la mia opinione doveva essere rispettata. Adesso invece sono pronto a perdere il mio punto di vista ed ho visto che anche Shaimaa fa lo stesso, pur di arrivare ad un punto di armonia e condivisione che salva la nostra unità.

Shaimaa: Pur essendo cresciuta in una famiglia cristiana praticante, il Carisma dell’unità ha accresciuto la mia fede di un amore concreto verso mio marito, ogni membro della famiglia e ogni prossimo. Da una persona che si arrabbiava facilmente, quale ero, e che alzava la voce con i figli perché aveva mille cose da fare, mi sono ritrovata pian piano a poter e voler essere una persona che accoglie, ascolta e comprende. Così ho imparato a fare il vuoto dentro di me per ascoltare e condividere quello che vivono i figli. Ad esempio, quando Yara, la nostra figlia maggiore, tornava da scuola e io dal lavoro, lei voleva parlare, condividere con me la sua giornata, ma io volevo sbrigare il lavoro a casa. Allora lei parlava un po’, ma poi se ne andava insoddisfatta . Dopo un po’ di tempo, anche dal confronto, dall’aiuto e dalla condivisione con le altre Famiglie Nuove, ho capito cosa significa amare. Adesso, quando Yara arriva a casa e sento che vuole parlare, lascio le tante cose che ho da fare e la ascolto con il cuore, con gli occhi, con tutta me stessa. Pian piano le cose con lei sono cambiate, e si è aperta con me molto di più, perché si è sentita amata ed ascoltata (certo, anche prima l’amavo, ma non sapevo tradurre in pratica questo amore). Ed è andata così anche per gli altri due figli. Anche al lavoro è cambiato molto il mio atteggiamento. Io lavoro come ispettrice farmaceutica nel Ministero della Sanità e vado a fare controlli nelle farmacie e negli ospedali. Quando andavo per una ispezione, sapevo che si diceva di me: “E’ arrivata da Beirut l’ispettrice dura e rigida”, cioè senza cuore. Adesso le cose sono cambiate e, pur continuando ad applicare la legge e le regole, il mio modo di trattare e vedere gli altri è cambiato.
Joseph: Abbiamo sperimentato che l’Ideale dell’unità ha trasformato le nostre vite, i nostri atteggiamenti. Ci siamo offerti generosamente per dare una mano nelle mariapoli, ai congressi, ancor prima che ci venisse chiesto, disponibili a dare il nostro tempo e le nostre energie. Abbiamo sentito poi ad un certo punto di impegnarci in particolare nell’accompagnamento delle famiglie in difficoltà, e per questo abbiamo seguito un corso formativo di 3 anni. Infatti abbiamo pensato che quanto avevamo ricevuto non dovevamo tenerlo per noi, ma dovevamo portare questo amore fuori dalla nostra famiglia per donarlo a tanti.
In parrocchia il parroco ha voluto creare un gruppo di famiglie parrocchiale. Al primo incontro eravamo 10 coppie, ed era presente la coppia responsabile del comitato diocesano della famiglia; il giorno dopo questa coppia ci ha chiamati per chiederci di rappresentare la nostra parrocchia nel comitato; nello stesso tempo il parroco ci ha chiesto la stessa cosa. Io ho risposto che eravamo molto felici della proposta e di poter esserci, ma che io personalmente non avrei potuto farlo perché, essendo greco-ortodosso, non avrei potuto rappresentare una parrocchia maronita-cattolica nella diocesi. Loro hanno insistito, dicendoci:” Ci avete colpito; sentiamo che tra te e Shaimaa c’è qualcosa di diverso”. Così, abbiamo capito che questo può farlo solo questo Ideale dell’unità che viviamo e portiamo ad altri, tante volte senza dire una parola. Dopo qualche tempo il parroco ci ha chiesto di far parte del consiglio parrocchiale e, un anno dopo, nel comitato diocesano ci è stato chiesto di prendere la responsabilità dei gruppi di famiglie parrocchiali. Adesso nella Diocesi aiutiamo le coppie che si preparano per il matrimonio.
Shaimaa: Ci siamo tanto dedicati al mondo della famiglia che ci sta a cuore e siamo sicuri che tutto questo è frutto dell’Ideale che ha cambiato la nostra vita. Un anno fa ci hanno chiesto di far parte del comitato del dialogo Cristiano – Islamico; cerchiamo di fare bene la nostra parte perché crediamo nell’unità del mondo e che siamo tutti fratelli e figli dello stesso Padre; non importa a quale religione o credo apparteniamo. Facendo parte di questo comitato, abbiamo conosciuto meglio la religione musulmana, e questo ci ha spinti ancor di più a vivere più radicalmente la nostra fede ed il Vangelo, che chiede l’unità del mondo, come ha detto sempre Chiara Lubich.
Sentiamo che Dio ci dà la forza ed è Lui la nostra guida. Col tempo, le nostre preoccupazioni per tante cose sono diminuite, perché adesso sappiamo vivere meglio l’attimo presente dicendo a Gesù: “Facci vedere la tua volontà”. Così, la vita nella nostra famiglia, pur in mezzo a tante sfide, è diventata più semplice e più bella.

Joseph e Shaimaa dal Libano

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