Da due anni circa sono rimasta sola: mio marito Piero non ha superato una forma leucemica che ce lo ha tolto dopo soli tre mesi.
Sono stati tre mesi intensi, che porto nel cuore, attimo dopo attimo con ricordi vivissimi che alcune volte mi fanno male e mi straziano, altre volte contribuiscono a rendere Pero vivo, come mi fosse accanto in modo quasi tangibile.
Piero è stato per me un grande dono della vita e di Dio, mi ha amata moltissimo, rendendomi capace di amare veramente perché nella mia famiglia d’origine non si esternavano affetto e sentimenti …
La nostra vita di coppia (39 anni di matrimonio e 6 di fidanzamento) non è stata facile, discutevamo spesso e grazie anche all’ingerenza della mia famiglia siamo giunti all’idea della separazione.
Ma i nostri figli, che vedevano intorno a noi diverse famiglie sgretolarsi, erano certi che a noi non sarebbe accaduto perché avevano visto, e ce lo hanno detto, che sapevamo perdonarci e ricominciare.
Le difficoltà sono state per me e per lui l’occasione di rendere il nostro amore forte e questa forza si è manifestata proprio nei mesi della malattia in cui abbiamo vissuto l’uno per l’altra, amandoci profondamente anche con gli ultimi sguardi.
I nostri figli, sono sposati, quindi vivo sola e non è affatto semplice: cerco di riorganizzare la vita, i rapporti, ma spesso mi sento scomoda anche con qualche gruppo “al femminile” proprio perché lo stato della vedovanza non cancella la vita vissuta nel matrimonio che continua in altra forma, ma c’è.
Sento fortemente che la vita di famiglia continua e ne sono consapevoli anche i nostri figli che ritrovano in me padre e madre; sia io che i figli abbiamo un rapporto vero con Piero con il quale condividiamo i momenti gioiosi e le difficoltà della vita.
Il figlio più grande, sposato da dieci anni, ha avuto difficoltà ad avere il primo figlio e il papà, ancora vivo, con molta delicatezza e riservatezza aveva seguito lui e la moglie in un percorso di cura; desiderando ora un secondo figlio hanno pregato Dio e anche il papà in Cielo perché ciò si avverasse e, senza cure. Ora attendono un nuovo bimbo per gennaio …
L’altri figlio deve cambiare casa e non aveva la disponibilità economica adeguata; mi ha confidato di avere un dialogo con papà che lo ha guidato sciogliendo via via le difficoltà e per la prossima estate sarà in una nuova casa.
Ho anche compreso meglio perché nella Bibbia le vedove erano tenute in grande considerazione: certamente per un problema sociale, ma anche per il valore che rappresentano perché in certo modo legano Terra e Cielo e possono essere una porta che si apre per lasciare entrare Dio nella realtà della famiglia.
La morte di Piero ha fatto di me una persona diversa, nuova: il mio sguardo è anche il suo sguardo su chi mi è vicino, il mio amore è più forte e più grande perché è anche il suo …
Certamente il vuoto c’è. Mancano i gesti d’affetto, manca la possibilità di poter dialogare, di sentire la sua voce e di rivedere quei suoi occhi meravigliosi …nei momenti in cui mi sento sola cerco di amare chi mi sta accanto, con un amore nuovo, disponibile, accogliente; ero un’insegnante molto severa e intransigente ma i miei alunni mi hanno chiesto ragione del grande cambiamento che vedono in me: ho potuto parlare con serenità della mia vedovanza. Uno di loro, di 8 anni, ha poi scritto che la morte è la porta che ci mette in comunicazione con Gesù.
Posso dire che questa esperienza di grande dolore ha una sua bellezza, soprattutto perché abbiamo avuto la possibilità di viverla affidandoci a Dio e di condividerla con molte persone e sento che la presenza di un vedovo/a può essere una grande ricchezza anche per la vita di altre famiglie.
(A. G., Italia)