Oltre la guerra – Storie dalla Scuola Loreto

 
di Chiara Andreola. Issa e Juliet, vivono a Loppiano da due anni, mettendosi a servizio delle comunità immigrate.

fonte www.cittanuova.it

Foto di gruppo
Issa e Juliet insieme alla loro famiglia

Aver dovuto lasciare la propria professione medica – e il proprio Paese – a causa della guerra non è una buona ragione per starsene con le mani in mano: così deve aver pensato Issa, che con la moglie Juliet e le quattro figlie è arrivato dalla Siria nel settembre di due anni fa. Un viaggio nel loro cuore già da tempo, per partecipare alla Scuola Loreto per le famiglie; ma che con l’inasprirsi dei combattimenti è diventato una necessità.

«Siamo arrivati a Roma dopo un viaggio di due giorni tra Libano ed Egitto – racconta Issa –, per ottenere dall’ambasciata italiana un visto di studio di un anno. Ormai rimanere ad Hama, la nostra città, era diventato pericoloso. Ma nonostante tutto ho sempre fatto il mio lavoro di medico con una grande pace dentro, aiutando sia i cristiani che i musulmani”. La famiglia di Issa, nel suo piccolo, è peraltro un esempio di interconfessionalità: lei è cattolica, lui ortodosso di Antiochia.

Dopo un primo anno a Loppiano, che Issa definisce «un’esperienza nuova», nonostante le difficoltà dovute alla lingua e alla cultura diverse, la famiglia ha ottenuto il rinnovo del visto per un altro anno di Scuola: tornare in Siria è infatti ancora improponibile. Nel rimanere, però, Issa ha sentito di essere chiamato a fare qualcosa di più che il lavoro all’azienda Fantasy: e così, dopo un convegno di medici a Padova, con l’aiuto di una collega fiorentina conosciuta lì, ha proposto alla Asl locale un progetto per la prevenzione del cancro al collo dell’utero rivolto alle donne musulmane. A gennaio di quest’anno è partito un ciclo di incontri formativi in diverse cittadine della provincia, affiancati dall’attività ambulatoriale per pap test e visite di controllo che Issa presta gratuitamente due volte a settimana.

“Purtroppo c’è difficoltà a capire l’importanza della prevenzione – spiega il medico –, perché la comunità musulmana è piuttosto chiusa. A volte poi ho trovato diffidenza verso di me, uomo e cristiano: ma, grazie anche all’aiuto dei siriani che hanno una mentalità più aperta, ora va meglio anche con le persone di nazionalità marocchina, somala e algerina». Tanto che, quando domandiamo quante donne si rivolgono a lui, Issa risponde: «Troppe: in ogni tornata di visite ricevo almeno 15 pazienti, credo che in tutto ne siano passate più di 300».

Data la buona risposta, la Asl si è detta disponibile a valutare il rinnovo del progetto per l’anno prossimo, e i primi giorni di dicembre Issa incontrerà i responsabili “E questa volta spero si riescano a trovare i fondi per la mia attività di medico – spiega –: sinora l’ho fatto gratuitamente e ne sono felice, anche perché il confronto con i colleghi mi ha permesso di capire meglio sia le necessità delle comunità immigrate che degli italiani stessi. Ma adesso devo pensare anche alle necessità della mia famiglia».

Intanto, pochi giorni fa è arrivato il rinnovo del visto per un altro anno: una gioia mista ad amarezza, perché «tornare in Siria mi piacerebbe tanto. Ho lasciato lì parte della mia famiglia, il mio ambulatorio e anche le mie figlie, per quanto si siano integrate e parlino italiano molto meglio di me, sentono la mancanza del loro Paese. Ma non perdo la speranza».

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