Famiglia di famiglie

 
Una storia emblema di popoli che s’incontrano, ma che solo nel reciproco riconoscersi e accogliersi si trasformano in famiglia di famiglie.

20170311-182200-Basma e Ben sono arrivati in Italia, dalla Tunisia, diciotto anni fa trovando una sistemazione in una cittadina del Centro Italia. Giovane coppia e senza figli, hanno vissuto le traversie di chi, lontano dalla propria terra, cerca di costruirsi una vita in vista di un futuro migliore per i figli che son nati in Italia.
Lasciamo che sia Basma ad addentrarci nella sua vita.

Un giorno, mentre aspettavo mio figlio più piccolo fuori dalla scuola, ho conosciuto Tatiana, un’altra mamma italiana, con cui piano piano è nata una profonda amicizia. Fino a quel momento, avevo conosciuto tanti cristiani, o che almeno dicevano di esserlo, che mi avevano dato un’impressione negativa del cristianesimo, dove tutto era permesso e non si vedeva la differenza fra bene e male. Con questa nuova amica cristiana, abbiamo iniziato a confrontarci sulla nostra fede e scoprivamo sempre più che avevamo tanto in comune: ognuna di noi aveva messo Dio al centro della sua vita. Lei mi offriva sempre un passaggio  in macchina all’uscita della scuola, abitavamo vicino; e così abbiamo iniziato a frequentarci coinvolgendo anche le nostre famiglie.

Un giorno, all’ora di pranzo, insieme a Ben, mio marito, abbiamo pensato di fare loro un regalo: abbiamo suonato alla porta con un grande involucro fra le mani: cuscus per tutta la famiglia accompagnato da un servizio di piatti tunisino.  L’amicizia che era nata era contraddistinta da un amore concreto e reciproco. Una sera li abbiamo invitati a cena fuori per gustare un vero kebab. Abbiamo attraversato la città a piedi, come usiamo noi, e loro dicevano di aver scoperto una città nascosta, popolata da tutti i fratelli mussulmani.

Tatiana, moglie di un medico e madre di sette figli, continua il racconto. Ben aveva avuto un incidente sul lavoro, era in corso una causa per un risarcimento, ma nel frattempo non riceveva lo stipendio. Erano i primi di settembre ed io ero indaffarata nell’acquisto dei libri scolastici. Pensando alla difficoltà economica di Basma e Ben; mi è venuta l’idea di organizzare una cena tunisinacoinvolgendo anche altre famiglie cristiane e l’ho proposta a Basma. Basma, commossa e mi cofidava che di aver avuto la stessa idea ma che non sapeva se fosse il caso di condividerla. Così, alcuni hanno messo a disposizione la loro casa che abbiamo arredato con un‘ambientazione araba, con tappeti, tende, cuscini, tavolini bassi e candele. Abbiam20170311-181919-o fatto insieme la spesa e Basma ha cucinato. Sono venute tante persone cui abbiamo proposto un contributo libero. Grande è stata la gioia nel constatare di aver raggiunto la cifra esatta per l’acquisto dei libri.

Durante la serata, prosegue Basma, Tatiana e le sue amiche mi hanno aiutata nella preparazione. C’era un’aria di festa e tutti mi aspettavano per mangiare insieme. Alla fine mi hanno consegnato un biglietto con questa frase: “Cara Basma, grazie per questo viaggio nella tua terra che ci hai fatto fare con te. La tua famiglia di Latina.”.

Ho sentito una fortissima commozione…non ero più sola. Durante quella serata indimenticabile ho scoperto infatti che dietro Tatiana e la sua famiglia, c’era un popolo di cristiani che vivevano tutti per Dio, e mi sono sentita circondata da veri fratelli.

Qualche settimana più tardi, improvvisamente Ben si ammala molto gravemente. Viene ricoverato d’urgenza in ospedale per un ictus. Basma mi telefona, era disperata, corro da lei. In pochi giorni, Ben  peggiora…non c’è più speranza. Cerchiamo di sostenere Basma che non ha la forza di affrontare questa situazione che sembra assurda.

Sono stati giorni terribili. Tatiana e suo marito Paolo, che è medico, erano insieme a me all’ospedale. Ben era agitato e continuava a ripetere nella nostra lingua una cosa importante che voleva dicessi a loro: “Per Basma, voglio solo Paolo e Tatiana”. C’erano i suoi familiari e tanti fratelli mussulmani che continuamente venivano a trovarlo, ma lui mi affidava a loro, perché sapeva che il nostro rapporto era fondato su Dio.

La sera dopo questo evento, mio marito Paolo mi chiama per dirmi di correre perché Ben era entrato in coma e sta morendo. I suoi familiari, non riuscendo a sostenere lo strazio di questo momento, sono andati a casa. Mi ritrovo con lui da sola di fronte a un dolore infinito. Conosco la sua grande fede e fra le lacrime prego per Lui Dio che possa accoglierlo.

La morte di Ben lascia Basma sola con i due figli in un profondo dolore. Improvvisamente si sentono soli in terra straniera. Lei hon ha più la forza di vivere, non riusce  a mangiare, a sorridere.

In quei giorni dolorosissimi ci siamo alternati nell’accudire la famiglia di Basma, preparando da mangiare e cercando di spronarla a ricominciare.  Il suo dolore era il nostro, i suoi figli, i nostri.

Abbiamo coinvolto tanti in una grande comunione di beni per sostenerli nel primo periodo finché Basma non avesse recuperato le forze. Intorno a lei e ai figli si è stretto un vero popolo mosso da un grande amore.

Non sapendo come aiutare Basma, da un punto di vista economico dato che la nostra è una famiglia numerosa, con sette figli, ho chiesto a Dio di farmi arrivare la Provvidenza giusta da poter dividere con lei. Dopo pochi giorni, Paolo ritornando dalla spesa si è presentato con dieci buste di verdura che la proprietaria gli aveva assolutamente voluto regalare per ringraziarlo di un servizio che gli aveva fatto.  Non ci potevo credere! Ho diviso tutto e consegnato a Basma . E così, per più di un anno, ogni volta Paolo tornava dal fruttivendolo pieno di buste. Qualche volta mi veniva da indugiare sul dividere una certa verdura che sapevo molto apprezzata dai nostri figli, ma mi ripetevo che dovevo dividere perché non era per me.

Lo stupore prende anche Basma che continua il racconto. Ogni volta, la gioia grande era scoprire che bastava che io desiderassi una determinata verdura, che arrivava Tatiana proprio con quella. Lei mi spiegava che non dovevo ringraziarla perché loro cristiani la chiamavano Provvidenza e dicevano che, veniva direttamente da Dio, e perciò era necessario dividerla con i fratelli. Grazie a questa provvidenza ho visto la mia casa trasformarsi, e anche io  non potevo più tenere solo per me ciò che mi arrivava da altre parti ma sentivo il desiderio di condividerlo con i miei fratelli in una grande comunione di beni. Un giorno ho chiamato Tatiana dicendole di venire al più presto perché era arrivata la provvidenza anche da me: mi avevano regalato dieci polli! Ero felicissima di poterli dividere con i miei fratelli.

La gioia più grande è sentirsi parte di un solo corpo in cui ognuno ha a cuore il bene dell’altro. Avendo saputo che un’ amica di Tatiana si era ammalata di una grave malattia e che ogni venerdì andavamo a pregare da lei, per chiedere la sua guarigione, subito ho proposto di andare con loro. Abbiamo fatto una bellissima esperienza di preghiera distinta ma comune. Iniziavamo insieme, loro con il Rosario e io con il mio tappeto rivolto verso la Mecca.

Un giorno, finalmente arriva la proposta di  un lavoro. Sono molto felice ma al tempo stesso preoccupata quando scopro che devo farmi trovare alle quattro del mattino in una fabbrica distante dalla città. Con mio figlio più grande cerco la mappa per poter organizzarmi e andare a piedi, ma con grande dolore mi rendo conto che impiegherei due ore, da percorrere al buio in una strada statale.20170311-182852 (3)

Allora ho telefonato a Tatiana e le ho comunicato la grande notizia del lavoro ma nello stesso tempo le comunico la mia disperazione nel non poterlo accettare. Con la stessa determinazione, Tatiana sente che questo non ci può fermare, perché con l’amore tutto si può colmare. così le propone di accompagnarla lei stessa al lavoto, in fondo l’orario le avrebbe permesso di tornare in tempo per svegliare i miei figli e accompagnarli a scuola. Si ritrovano la mattina presto, al buio, in macchina lungo la statale, con una gioia grande nel cuore. Siamo sorelle.

Gli altri miei fratelli cristiani mi dicono che è una pazzia ma per custodire me, inizia una catena di amore concretissimo, in cui ognuno per sollevare l’altro si offriva ogni giorno, in modo da condividere il peso e riuscire a farcela.

Piano piano, in questo nuovo ambiente di lavoro, anche io ho iniziato ad amare tutti, compreso chi mi considerava un nemico a causa del mio velo. Ora c’è un’atmosfera molto bella e i miei fratelli non devono più accompagnarmi perché tutti i miei colleghi si offrono di farlo. Nei primi giorni difficili mi ripetevo una frase che avevo sentito dai miei fratelli cristiani: “Dove non c’è amore, metti amore e troverai amore.” E’ proprio così, l’amore è contagioso.