Famiglia: una risorsa per superare la crisi. La fondazione G.Ferraro.

 
Il 18 settembre si è svolto a Roma il seminario su "La famiglia: una risorsa per superare la crisi" in collaborazione tra la Caritas internationalis e il Pontificio Consiglio per la famiglia.

A Famiglie Nuove era stato chiesto di contribuire con una testimonianza. E’ stata scelta quella di Elisa e Gino Ferraro di Maddaloni (Caserta) sulla Fondazione Giuseppe Ferraro, nata in memoria del loro bambino.

“Abitiamo a Maddaloni, – dice Elisa – una cittadina che possiamo definire a rischio, nella provincia di Caserta. Io sono insegnante, mio marito ginecologo. Siamo sposati da 31 anni ed abbiamo 5 figli. A dieci mesi dal matrimonio è nata Giovanna e dopo due anni esatti Mariella. Con maggiore desiderio e molta gioia dopo 4 anni abbiamo accolto Giuseppe. Con la sua nascita ci sentivamo realizzati, completi come famiglia. Entrambi credenti, io avvertivo il desiderio di un rapporto più profondo con Dio, però la mia vita era semplice e appagante, per cui mi adagiavo nel quotidiano, mettendo da parte le spinte interiori che comunque avevo.”

“Invece io, – continua Luigi – in quel periodo non mi ponevo alcun problema. Le situazioni mi scivolavano addosso, tutto andava bene, credevo di non sbagliare (quasi) mai. Riuscivo ad avere buoni rapporti con tutti. Ero molto impegnato e facevo sindacato a livello nazionale. Pur avvertendo una costante inquietudine interiore mi sentivo realizzato.
Improvvisamente, in seguito alle complicazioni di una banale influenza, il nostro piccolo Giuseppe, a soli 3 anni e tre mesi, ci ha lasciati”.

“Quando mi fu data la notizia pensai che stavo sognando, poi sentii un dolore lancinante e l’immediata certezza che quella situazione la dovevamo vivere insieme, uniti, innanzitutto io e Gino, perché solo così avremmo potuto farcela. Ho vissuto quei momenti sentendo in me una forte presenza di Dio che, pur permettendo quel dolore, mi prendeva in braccio e mi dava la certezza del Suo Amore e della presenza di mio figlio anche se in modo diverso. La settimana successiva una famiglia, con la quale condividevamo un percorso di fede, ci ha proposto di trascorrere insieme un periodo a Loppiano, la cittadella dei Focolari vicino a Firenze.”

“Con la morte di Giuseppe ho provato un dolore immenso. Oltre che come padre, mi sentivo defraudato anche come medico: io che per mestiere aiuto tanti a guarire, non avevo potuto fare nulla per mio figlio! Buio e dolore, dunque. Ma ho voluto lasciarmi guidare dalle parole e dalle sensazioni di Elisa e volentieri l’ho accompagnata a Loppiano.

“Immersi nella vita della cittadella abbiamo sentito crescere in noi la forza di trasformare in Amore il nostro dolore. Abbiamo, quindi, insieme, messo Dio al primo posto. Lì abbiamo avvertito la futilità dei nostri progetti e l’esigenza di qualcosa di più profondo, che desse un senso a quello che ci era accaduto e al nostro futuro.
Un anno dopo è nato Antonio e dopo altri 4 anni Vincenzo. Se non avessimo avuto ben salda la certezza che tutto quello che era successo, anche la perdita di Giuseppe, era per un disegno di Dio che ci amava, non avremmo mai avuto la forza di mettere al mondo altri figli.”

“In memoria di Giuseppe qualcuno aveva voluto donare delle piccole somme che avevamo messe da parte. Nel novembre ’94 ci siamo ricordati di quel denaro: capiamo che è giunto il momento di usarlo. Con alcuni parenti ed amici decidemmo di dare vita ad una fondazione che portasse il nome di Giuseppe”. Essa non nasceva per ricordare nostro figlio, ma dall’esigenza di continuare a donare quell’amore che non potevamo più dare a lui. E per essere veramente amore, volevamo che il motore della Fondazione fosse la “CULTURA DEL DARE”, un dare gratuito per le persone che ne avrebbero beneficiato. Per rispondere ad un appello di Chiara Lubich, che invitava noi famiglie a svuotare gli orfanotrofi ed a dare una famiglia ad ogni bambino, fra le finalità della Fondazione abbiamo indicato lo sviluppo della cultura dell’affido familiare.”

Nella nostra città c’erano famiglie in situazioni così disagiate da non poter dare ai figli l’indispensabile attenzione alla loro crescita umana. Abbiamo così iniziato seguendo, con l’aiuto di un gruppo di volontari, un certo numero di bambini, cui veniva fornito un aiuto anzitutto materiale, ma anche uno stimolo alla crescita della famiglia intera. E’ nato così il progetto “Crescere Insieme”.

Un esperto ci fece notare con sorpresa la peculiare novità della nostra azione: una sorta di affido del bambino all’interno della sua stessa famiglia. Ci eravamo resi conto però che avvicinare famiglie e bambini in quelle situazioni, non era affatto facile, occorreva essere preparati. E’ stato così attivato un corso di formazione – che avrebbe poi trovato continuità nel tempo – sull’affido familiare che è risultato essere il primo di questo tipo nella nostra Provincia, con un inaspettato numero – sempre nel tempo – di partecipanti.
Come tutti sanno, l’affido consiste nell’accogliere temporaneamente un bambino nella propria famiglia, in attesa che si risolvano le difficoltà di quella d’origine.

Ricordiamo ancora il nostro primo affido, una bimba di 9 mesi, Adjaratu, e le difficoltà per far accettare all’allora dirigente dei servizi sociali la novità dell’affido familiare. Ci risuonano ancora le sue parole “Voi non sapete che strada pericolosa state aprendo”!
A dire il vero pericoli non ne abbiamo incontrato. Ma difficoltà e fatiche quelle sì, e tantissime, ogni volta superate nel cercare di vivere con radicalità quell’amore evangelico che ci aveva spinti ad operare. In questi 20 anni di vita della Fondazione quel filo d’oro che lega questa esperienza, si è reso sempre più visibile, con le sue incredibili conferme. Come il caso di una signora che avendo ascoltato la nostra storia, pur non conoscendoci ha voluto lasciare alla Fondazione la sua eredità.

Una delle attività della Fondazione è dare sostegno psicologico e materiale alle famiglie affidatarie, che ad oggi sono ormai un centinaio. Gestiamo il servizio dell’affido per conto di diversi comuni della Regione e organizziamo corsi di formazione per operatori sociali e famiglie affidatarie. L’affido però non sempre è possibile, così fin dall’inizio abbiamo cominciato a sognare una casa-famiglia, dove accogliere i bambini in situazione di abbandono.
Un sogno che 13 anni fa si è realizzato con l’apertura, a Caserta, di “Casa Sorriso” gestita da una coppia di volontari con figli, coadiuvati da operatori, che ospita bambini dai 6 ai 12 anni. Casa Sorriso è stata non solo la prima casa-famiglia della Provincia, ma anche tra le prime della Regione.
La seconda casa-famiglia, nata anni dopo, si chiama “Felicetta”, situata in un quartiere di Maddaloni particolarmente degradato, nel mezzo delle case popolari. Ospita bambini dai 0 ai 6 anni. Nella stessa struttura c’è anche una casa di accoglienza per madri con figli e siamo ora in procinto di aprire a Pompei una casa-famiglia per bambini con problemi di salute.

Prima che iniziasse l’esperienza della Fondazione, la nostra vita privata pareva facile e soddisfacente. Oggi sembra incredibile il nostro cambiamento di obiettivi e di impegni, frutto non certo di un sentimento ma dell’aver cercato di percepire il piano di Dio su di noi. La scelta della Fondazione era avvenuta quando i nostri figli erano piccoli, assumendoci anche per loro la responsabilità di decidere. In alcuni momenti ci sembrava ne risentissero. In questi ultimi sei anni però la loro scelta è diventata consapevole e specie le due figlie che hanno rispettivamente 30 e 28 anni sono ora molto attive nella Fondazione.

Cerchiamo di svolgere ogni attività in sinergia con tutte le realtà locali: Comune, Provincia, Regione, Tribunale per i minorenni, ma anche parrocchia e diocesi. Ogni membro della fondazione, volontario o dipendente, ha come “habitus comportamentale” l’accoglienza e lo spirito di servizio. Per questo riusciamo a coinvolgere tante persone facendo venir fuori il talento personale che ognuno possiede.
Tra le varie attività della Fondazione si annoverano anche Convegni a livello nazionale sulla realtà dei minori e della famiglia. Da anni portiamo avanti un concorso sui Diritti del fanciullo aperto a tutte le scuole d’Italia. Ogni anno invitiamo il vescovo alla “Festa della famiglia”, celebrata in ringraziamento a istituzioni, enti e cittadini che sostengono le nostre attività.

Dal 2009 la Fondazione rappresenta un punto di convergenza solidale anche per i giovani. Ogni estate, tanti di essi, che solitamente trascorrevano le giornate tra la strada ed atti non propriamente leciti, mettono a disposizione dei bambini della Fondazione il loro tempo e i loro talenti di intrattenitori. Si sono anche attivati per la conoscenza e la valorizzazione artistica della città.
Con il motto “non cambiare città, cambia la tua città!!” oltre 300 ragazzi hanno animato una ‘notte bianca’ per lo sport, inaugurata dal vescovo, alla quale hanno partecipato più di 10 mila persone. Il Claim voleva evidenziare la necessità di evitare la fuga dei giovani dal Meridione, in particolare dalla nostra città.

In risposta alle urgenze che via via emergono, sono stati attivati tanti altri programmi. Come il Metodo riabilitativo Therasuit, introdotto per la prima volta in Italia, che ha consentito di aiutare, a titolo gratuito, una decina di bambini affetti da diversi tipi di patologie motorie, alcuni gravemente celebrolesi.
L’ultimo nato è un progetto musicale – implementato grazie al finanziamento di un’impresa a partecipazione statale – per il recupero dei minori alla dispersione scolastica e alla devianza da strada. Noi crediamo fortemente che la cultura (musicale in questo caso) e lo Sport (Notte bianca) siano forti deterrenti alla criminalità, nonché strumenti di aggregazione ed integrazione sociale.

“In questi 20 anni nelle nostre case-famiglia sono stati accolti oltre cento bambini, tanti di essi andati poi in adozione o entrati nel loro ambito familiare. E’ questo un frutto della cultura dell’accoglienza che abbiamo cercato di diffondere, che vede camminare fianco a fianco famiglie in difficoltà e famiglie solidali, creando un circuito d’amore.”

“Non possiamo nascondere che in tutti questi anni, – conclude Luigi – accanto ad un grande entusiasmo e ad una grande solidarietà da parte di tanti, abbiamo spesso vissuto (e viviamo tuttora) momenti di sospensione, di incertezza anche economica. Ce la faremo ad andare avanti nonostante la crisi o l’impossibilità (o la miopia) delle istituzioni di erogare le dovute sovvenzioni? Sarà possibile continuare ad offrire ai nostri beneficiari uno standard di servizi all’altezza della loro dignità di figli di Dio?
Non nascondiamo che tante notti le trascorriamo insonni. Per non parlare delle corse da una parte all’altra della regione, sacrificando tempo libero e non solo, per bussare a porte che sembrano non aprirsi. A volte verrebbe da mollare tutto.
Ma noi crediamo che la Fondazione non sia nostra. Essa è sì nata da un’ispirazione di Colui che ha voluto fidarsi di una semplice famiglia, ma essa appartiene a tutti quanti vi hanno dedicato (e tuttora vi dedicano) energie, denaro, tempo.
Fin dall’inizio la Provvidenza ci ha posto accanto persone e famiglie che si sono messe a completa disposizione, alcune fino a lasciare casa e professione per diventare, insieme ai loro figli, famiglie sostitutive nelle case-famiglia. O famiglie che si sono disposte all’adozione di bambini con problemi anche molto gravi.
La Fondazione è veramente frutto dell’amore. L’evoluzione della sua storia è stata così imprevedibile ed inattesa che non ne conosciamo il futuro. Possiamo però affermare di aspettarci altrettanta positiva imprevedibilità, proprio perché abbiamo sperimentato che da un dolore accettato e offerto, Dio ridona 100 volte tanto in gioia e pienezza.

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