Con gli occhi del bambino – La relazione in famiglia

 
Per provare a vedere la relazione in famiglia, con gli occhi dei bambini, tocchiamo alcuni punti sui quali possiamo riflettere insieme.

Per provare a vedere la relazione in famiglia, con gli occhi dei bambini, tocchiamo alcuni punti sui quali possiamo riflettere insieme.

  • Premesse per educare: cosa intendiamo per educazione.
  • I “bambini mondo”: quali sono le caratteristiche comuni a ciascun bambino attraverso cui conoscono e si relazionano con gli altri e con il mondo
  • Educare all’infanzia: quali sono alcuni canali (“luoghi”) relazionali attraverso cui avviene l’educazione
  • Figli “unici”: ciascun bambino è unico. La relazione personale permette di conoscerlo profondamente nella sua individualità, nel suo essere persona.
  • L’autostima: come sostenere il bambino perché se la cavi da sé.
  • Educare alla pro-socialità: l’esperienza familiare si apre agli altri, a chi ha bisogno.

Premesse per educare.
EDUCARE. Cosa vuol dire educare? Sarebbe bello aprire un confronto tra noi su questo aspetto, che può arricchirsi delle varie sfumature culturali qui presenti. In Europa ed in Eucarestia_2molti altri paesi, educare vuol dire riempire la testa dei bambini di tante cose: nozioni, regole, istruzioni, come bisogna essere, cosa bisogna fare, ecc…dimenticandosi di liberare il potenziale che già c’è nel bambino e che dopo vedremo. Potenziale attraverso cui può essere anche egli co-costruttore di relazioni che educano. In questo modo il bambino è oggetto dell’educazione, diventando così uno uguale all’altro, e crescere non è più un’esperienza che faccio insieme agli altri (mamma, papà, fratellino, sorellina, maestra, ecc…).

L’etimo della parola educare (e-ducere) invece richiama l’arte della maieutica del “tirare fuori”, “portare alla luce”. L’educare è aiutare l’altro, i nostri figli, a diventare quelle persone che già sono: ossia a realizzare pienamente e liberamente se stessi, a realizzare il progetto che Dio ha su loro, non il nostro. Dio ci affida i figli e in qualche modo ci invita ad essere suoi collaboratori nell’educazione. “Il bambino non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere” (Francois Rabelais).

LA COMUNITA’ EDUCANTE. La famiglia è il primo e più importante laboratorio educativo. Ma non basta, non è il solo. Un celebre proverbio africano dice che “per crescere un bambino occorre un villaggio”. Il valorizzare gli altri all’interno della “comunità famiglia” deve essere portato fuori nella “comunità che educa”: la scuola, la parrocchia, le realtà sportive. Solo riconoscendo il ruolo ed il valore dell’altro possiamo ricostruire quel patto educativo che in molte paesi si sta sempre più sfilacciando. Occorre fare squadra, fare insieme, per essere squadra, essere insieme. In questo modo non è un patto educativo firmato, ma un patto educativo vissuto.

SEMINARE. Per fare questo occorre cominciare sin da piccoli. Più sono piccoli i nostri figli più la relazione è la “cura” di quel seme che Dio ha messo in loro e che insieme ed in libertà facciamo crescere.

PRENDERSI CURA. In che modo? Voi già lo fate. Spesso basta solo riconoscere il valore che ha per il bambino il vostro prendersi cura di loro. La mamma che rimbocca le coperte prima della nanna, un papà che torna stanco dal lavoro che mette tutto da parte per giocare con il figlio, sono solo due piccoli esempi concreti di cosa significhi prendersi cura. Questi insieme a molti altri, sono più profondi di quanto sembrino.

Prendersi cura è la forma più delicata di amore verso l’altro, perché allo stesso tempo è concreta, attenta, gratuita, gentile, premurosa, affettuosa, non invadente. Questa è la base della relazione educativa che si sta indebolendo sempre più in questa società frettolosa, piena di stimoli ed orientata più al soddisfacimento dei propri bisogni che alla cura di quelli degli altri. Questo ricade anche nelle nostre case. Heidegger sosteneva che “l’essere umano è l’unico ente che può prendersi cura dell’essere” (di se stesso e degli altri). Non possiamo delegarlo alle cose (es. alla tv), spetta a noi.

SOCIALITA’. Questa è un’altra premessa dell’educazione e delle relazione che si sta gradualmente indebolendo. Le proposte della società riguardano sempre più il singolo individuo e meno il gruppo. La tv, i videogiochi, i cellulari, i social, ecc…sono “attività” che ci impegnano sempre più individualmente a scapito di momenti di gruppo. La socialità invece è una caratteristica fondamentale del nostro essere persone, ancora più vitale per i bambini. Basti pensare alla capacità e alla voglia di stare insieme dei bambini anche quando parlano le lingue diverse o hanno età diverse. Per loro non c’è nessun limite che impedisca questa istintiva dimensione relazionale. Noi come genitori, come educatori, dobbiamo tornare ad essere esperti del noi per contrastare questa tendenza della società. Il gioco, le attività insieme, le gite, le feste sono molto di più che momenti di cornice di qualcosa di più serio.

ESSERE TESTIMONI. Una premessa educativa fondamentale è ricordarci che i bambini ci guardano, più di quanto sembri. Non possiamo chiedere a loro di fare una cosa e noi ne facciamo un’altra. L’esperienza di crescita è un’esperienza di famiglia, tutti devono percorre insieme la stessa direzione e ci si sostiene in questo.