Movimento dei Focolari

“Senza anziani non c’è futuro”

C’è anche Maria Voce tra i firmatari dell’appello promosso dalla Comunità di Sant’Egidio per riumanizzare le nostre società. L’invito a diffonderlo e a firmare per richiamare l’attenzione sulla grave condizione degli anziani in seguito alle “stragi” operate dalla pandemia. No ad una sanità selettiva, no alla “cultura dello scarto”, no a qualsiasi espropriazione dei diritti dell’individuo; sì, invece, alla parità di trattamento e al diritto universale alle cure. “Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile debole dei più anziani, s prepara a svalutarle tutte”. E’ una cultura della vita senza sconti che l’appello internazionale “Senza anziani non c’è futuro, per ‘riumanizzare’ le nostre società – Contro una ‘sanità selettiva’” sostiene e ha rilanciato pochi giorni fa, il 15 giugno scorso, in occasione della Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani, che Sant’Egidio ha celebrato in tutti i Paesi in cui è presente. Tra le molte adesioni eccellenti ci sono l’economista statunitense Jeffrey Sachs, la scrittrice italo-britannica Simonetta Agnello Hornby, il filosofo tedesco Jurgen Habermas, il sociologo spagnolo Manuel Castells e poi Stefania Giannini, direttore generale aggiunto UNESCO, oltre al fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, che è anche il primo firmatario. Anche la presidente dei Focolari ha aderito e firmato, invitando le comunità del movimento nel mondo a fare lo stesso, per richiamare l’attenzione, soprattutto dell’Europa, sulla condizione degli anziani. “Condivido quanto denunciato dall’appello e cioè l’emergere, di fronte alle drammatiche condizioni sanitarie che il Covid-19 ha portato allo scoperto, di un pericoloso modello che promuove una sanità selettiva che di fatto giustificherebbe la scelta di curare i più giovani, sacrificando gli anziani. Una società senza anziani non può dirsi tale; una società che non può beneficiare dell’indispensabile rapporto intergenerazionale è una società povera, monca, incapace di progettare e realizzare un futuro migliore per tutti, inclusivo, perché frutto di diversità che si incontrano”. “L’appello – si legge in una nota diffusa dalla Comunità di Sant’Egidio – nasce dall’amara constatazione del numero altissimo di vittime del Covid-19 tra la popolazione anziana, in particolare tra le persone presenti negli istituti e nelle case di riposo, e propone un radicale cambiamento di mentalità che porti a nuove iniziative sociali e sanitarie”. Un rapporto dell’Oms rilevava, già nel 2018, che proprio “nelle istituzioni i tassi di abuso sono molto più alti rispetto agli ambienti comunitari” e includono maltrattamenti vari tra cui “restrizioni fisiche, privazione della dignità, imposizione di esecuzione di faccende quotidiane, fornitura intenzionale di assistenza insufficiente, trascuratezza e abuso emotivo”. La situazione si è aggravata durante la pandemia da Covid-19 determinando, com’è noto, un altissimo tasso di vittime all’interno degli istituti, circa il doppio rispetto agli anziani che vivono in casa, secondo i dati in possesso dell’Istituto superiore di sanità. Per questo, nella Giornata mondiale contro gli abusi sugli anziani, il Movimento dei Focolari si è unito alla Comunità di Sant’Egidio, nel sostegno all’appello internazionale e alla promozione di una “rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani”, riproponendo anche alle amministrazioni statali e locali la messa in atto di un sistema che privilegi la domiciliarità delle cure e dell’assistenza per la popolazione anziana.

 Stefania Tanesini

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#daretocare, osare e prendersi cura

#daretocare, osare e prendersi cura

Partirà il 20 giugno prossimo, in diretta mondiale YouTube, #daretocare, la campagna dei giovani dei Focolari per “farsi carico” delle nostre società e del pianeta. Jesùs Morán, co-presidente dei Focolari: “Occorre una nuova agenda etica; la cura ha una spiccata vocazione politica e una forte dimensione planetaria”. #daretocare”, ovvero “osare prendersi cura”. I giovani del Movimento dei Focolari hanno preso sul serio le parole di Papa Francesco e di molti altri leader religiosi e civili di collaborare concretamente alla cura della Casa Comune. Attraverso questo nuovo percorso vogliono quindi essere cittadini attivi e interessarsi a tutto quello che accade nel mondo per cercare di costruire un pezzetto di mondo unito. “In questo tempo di profonda crisi umanitaria, a causa del Coronavirus, sta emergendo una nuova visione – sostiene Jesús Morán, co-presiedente del Movimento dei Focolari – cioè la necessità di un nuovo modo di comportarsi, di vivere, una sorta di nuova agenda etica, come dicono alcuni esperti. E in questo contesto una categoria sta diventando centrale, ed è quella della cura, il farsi carico, l’occuparsi degli altri, della società, del pianeta”. Osare prendersi cura vuol dire quindi essere protagonisti nella vita di tutti i giorni per risolvere problemi, avviare dialoghi per una società migliore, essere attenti all’ambiente e alle persone di qualsiasi colore, religione, cultura. Soprattutto oggi dove il razzismo torna a riemergere, dove la libertà degli uomini torna ad essere minata da regimi totalitaristici, dove le armi e le guerre vogliono imporre il proprio dominio sulla pace e l’unità fra i popoli. “La cura è una categoria molto ampia, bella, poliedrica – continua Morán -. L’etica della cura ha a che fare con la dignità della persona, questo è fondamentale, è proprio il cuore della cura; non è una cosa intimistica, privata. Anzi, la cura ha una spiccata vocazione politica e una forte dimensione planetaria, anche se non dimentica il locale perché dopo, è localmente che ci prendiamo cura degli altri, è proprio nei rapporti personali, nella società, nel locale. Però questa dimensione planetaria è importante”. Papa Francesco ne ha parlato il 24 maggio scorso durante il quinto anniversario della Laudato sii, promuovendo un anno speciale di riflessione – fino al 24 maggio 2021 – per riportare all’attenzione di tutti il tema della cura del creato. E per creato si intende non solo l’ambiente che ci circonda, ma anche le persone, l’economia, la politica, il sociale… Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, definiva la politica come “l’amore degli amori”. Il politico è colui che sta al servizio della propria gente, e, conclude Morán, “oggi c’è bisogno più che mai di questo tipo di amore, e la categoria della cura lo esprime bene, è proprio un concentrato di questo amore di cui stiamo parlando. Allora la proposta dei giovani dei Focolari è questa: mettere la cura al centro della politica e della nostra vita di cittadini”. Quindi, dopo un anno dedicato ad azioni e progetti su pace, diritti umani e legalità, il prossimo 20 giugno con la campagna #daretocare i giovani dei Focolari aggiungono un altro tassello, quello della “cura”, sviluppata e approfondita attorno a cinque tematiche principali: ascolto, dialogo e comunicazione, uguaglianza, fraternità e bene comune, partecipazione e cura del pianeta. E come farlo? Seguendo la metodologia tipica dei “pathways”, i percorsi che per il terzo anno stanno percorrendo: imparare, agire e condividere. Allora: coraggio e osare. Appuntamento al prossimo 20 giugno, ore 14 (Cest + 2), con un evento online mondiale su Youtube per lanciare questa grande idea #daretocare. Per maggiori informazioni visitate il sito dello United World Project

Lorenzo Russo

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Centenario, le novità di Chiara: un ateneo a misura del mondo

Centenario, le novità di Chiara: un ateneo a misura del mondo

Com’è nata l’idea di realizzare l’Istituto Universitario Sophia e come si è sviluppato fino ad oggi: la portata culturale del carisma dell’unità di Chiara Lubich   L’Istituto Universitario Sophia (IUS) nasce come patrimonio spirituale cristiano in costante dialogo con i principi su cui sono fiorite e si sviluppano le civiltà dei popoli. Ha sede a Loppiano (Italia), una cittadella dei Focolari che, dalla sua fondazione nel 1964, è luogo di formazione per famiglie, giovani e adulti ad uno stile di vita basata sul Vangelo. Il prof. Piero Coda, Preside dell’Istituto universitario dalla nascita fino a febbraio scorso ci spiega come si è realizzato questo progetto nel corso degli anni. Prof. Coda, com’è nata in Chiara Lubich l’idea di fare un’università? “L’idea – da quanto mi ha confermato nel 2008, quand’è stata inaugurata Sophia, P. Casimiro Bonetti, il Cappuccino che ha accompagnato Chiara nei primi anni ‘40 – c’è stata sin dall’inizio. È nel DNA del carisma dell’unità, perché si tratta di un carisma da cui si sprigiona una cultura: una visione concreta della persona umana e del mondo. Lo start, in concreto, è scattato dopo il rodaggio negli anni ‘90 della Scuola Abbà che con Chiara ha cominciato a studiare la portata culturale del carisma attingendo al patrimonio di luce del Paradiso ‘49.” Quando è nata e come si è sviluppata? “L’università è nata, in una prima tappa, con l’Istituto Superiore di Cultura rivolto ai Gen (i giovani dei Focolari) inaugurato il 15 agosto del 2001 da Chiara con un discorso che ne costituisce la magna charta. Nel 2005 – visto il successo dell’esperimento e per sollecitazione di esponenti della cultura come Stefano Zamagni, Presidente della pontificia Accademia delle Scienze Sociali – iniziò la progettazione di un vero e proprio Istituto Universitario: ma di forma originale, secondo l’“idea” scaturente dal carisma. Il quale fu eretto dalla Santa Sede il 7 dicembre del 2007”. Che legame c’è con la Santa Sede? “Fu una scelta meditata di Chiara quella di erigere un’Università che non fosse riconosciuta, immediatamente, da uno Stato ma dalla Chiesa Cattolica con il suo respiro universale. Ciò significava anche, per Chiara, un riconoscimento del fatto che il carisma dell’unità, come i grandi carismi della storia cristiana (da Benedetto a Domenico e Francesco, sino a Ignazio di Loyola e don Bosco), è un carisma in cui la Chiesa riconosce in atto un progetto di formazione umana e sociale che esprime il Vangelo. Con l’estendersi poi del “processo di Bologna” – il riconoscimento bilaterale dei titoli di studio a livello europeo e oltre, al quale la Chiesa partecipa – si prospettavano scenari praticabili per l’istituzione che così nasceva”. Com’è cambiata nel corso degli anni? “Sophia è nata e si è sviluppata camminando su tre gambe: quella dell’insegnamento e della ricerca a livello accademico; quella dell’esperienza formativa condivisa nella community life tra docenti e studenti di tutte le culture; quella del rapporto con le espressioni concrete d’incarnazione dei valori insiti nel carisma dell’unità nei vari ambiti della vita sociale, politica, economica. Sotto tutti questi profili si sono fatti passi da gigante. Basti dire, per un esempio, che siamo partiti con un unico corso di Laurea e ora ce ne sono quattro: l’originario programma in “cultura dell’unità” è sbocciato in ambito teologico e filosofico, economico e politico, dell’educazione, del dialogo e della comunicazione”. Cos’è Sophia oggi? “Una conferma importante, una speranza sicura, un investimento strategico. Una conferma del valore e dell’attualità dell’intuizione di Chiara. Una speranza che la ricerca del nuovo paradigma culturale che il cambio d’epoca ci chiede non è un’utopia. Un investimento per promuovere con serietà e visione lo sviluppo, non solo culturale, del carisma dell’unità e della sua incidenza storica”. In passato c’è sempre stato un Preside, oggi c’è un Rettore, cosa vuol dire per l’università? “Il fatto che il dicastero vaticano per gli studi e l’università abbia voluto questo passaggio sottolinea la validità del cammino fatto ed è un riconoscimento dell’accesso dell’Istituto allo status di Ateneo. Ci si può vedere anche un’eco di quanto Papa Francesco ci ha detto nell’udienza del 14 novembre scorso: «Sono contento del cammino che avete fatto in questi dodici anni di vita. Avanti! Il cammino è appena iniziato»”.

 Lorenzo Russo

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