Movimento dei Focolari

La croce e la sinagoga. Ebrei e cristiani a confronto

Una storia tormentata, quella del rapporto fra ebrei e cristiani, fatta di secoli di violenza e di diffamazione, che solo da pochi decenni sta lasciando il passo ad un cammino nel quale “fratelli maggiori” e “fratelli minori” cominciano a guardarsi negli occhi e a parlarsi. Se tra gli ebrei aumentano i fautori del dialogo, da parte cristiana si fanno sempre più convinti i riconoscimenti delle radici ebraiche della loro fede.

Nel volume, esponenti di primo piano dell’ebraismo e del mondo cattolico accettano di raccontarsi ai lettori e di rispondere ad un cronista che li incalza sui temi più scottanti di ieri e di oggi: dal ruolo di Pio XII durante la persecuzione degli ebrei, alla figura di Giovanni Paolo II, considerato dagli ebrei il miglior papa in duemila anni di cristianesimo; all’eredità che è ora nelle mani del suo successore Benedetto XVI. In primo piano anche il conflitto israelo-palestinese, il dilagare del terrorismo e i rigurgiti di antisemitismo, ma anche le iniziative e le speranze di chi si è impegnato nel dialogo e crede nella possibilità di relazioni finalmente libere e senza pregiudizi. Interventi di: Jack Bemporad, Riccardo Di Segni, Xavier Echevarria, Rino Fisichella, Innocenzo Gargano, Ada Janes, Leone Jehuda Kalon, Giuseppe Laras, Chiara Lubich, Amos Luzzatto, David Meghnagi, Jorge Maria Mejía, David Rosen, Manuela Sadun Paggi, Joseph Sievers, Ambrogio Spreafico, Elio Toaff, Maria Vingiani. La Croce e la Sinagoga Ebrei e cristiani a confronto a cura di Giovan Battista Brunori Franco Angeli Editore Collana: La società/Saggi pp. 208, € 20,00 (altro…)

Introduzione del prof. Giuseppe M. Zanghì

Ho – e so di parlare a nome di tutti i cristiani qui presenti, membri del Movimento dei Focolari – una sincera gioia profonda, intensa: la gioia di poter partecipare a questo nostro incontro, l’incontro, come direbbe Paolo di Tarso, con «la radice e la linfa dell’olivo» (Rm 11,17). «Sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rm 11,18). Incontrandoci con voi, sappiamo di incontrarci con l’Israele vivo, che ha un suo stupendo, gioioso e doloroso, cammino: l’Israele di sempre, certo, testimone prezioso che «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!» (Rm 11,29): ma l’Israele vivo, che oggi continua, e originalmente, la sua storia. E speriamo che voi sentiate di incontrarvi con la comunità di Gesù, che oggi ha la sua storia, ma che cerca sempre di riattingere, con fedeltà, le sue origini. Quelle origini che abbiamo in comune con voi. Le nostre origini comuni, piantate dalla scelta di Dio, dalla sua chiamata. Quelle origini nelle quali è deposto, per il suo compimento, l’amore fedele di Dio per tutte le sue creature. «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei cieli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: ‘Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe» (Is 2,2-3). Perché, nell’amore fedele e tenace di Dio per il suo popolo è nascosto l’amore fedele e tenace di Dio per tutta la discendenza di Adamo. Lo crediamo con fede ferma: le promesse di Dio si compiranno nella loro verità concretissima. Allora, «il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto ; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme, si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi» (Is 11,6-8). Perché non credere, con la semplicità dei piccoli alla quale Gesù ci invita, e con la fede dei nostri padri, Abramo Isacco Giacobbe, alla concretissima realtà di queste promesse dello Spirito? Quando tutto sarà vero, perché tra i popoli regnerà la pace di Dio ? «In quei giorni ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria, l’assiro andrà in Egitto e l’egiziano in Assiria; gli egiziani serviranno il Signore insieme con gli assiri. In quei giorni Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Vi benedirà il Signore degli eserciti: ‘Benedetto sia l’egiziano mio popolo, l’assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità» (Is 19,23-25). Perché non sperare che gli occhi di carne dei figli dell’uomo potranno contemplare queste cose? Che la Shekinah, presenza di Dio fra noi, non più in esilio, esulti e canti di gioia? Ho detto prima: quando tra i popoli regnerà la pace di Dio! E’ la condizione, mi sembra, affinché le promesse di Dio si possano toccare con mano. E’ il cuore del messaggio, dell’insegnamento di Chiara. E’ il senso del nostro raccoglierci oggi, qui, in una intensa fraternità. Sappiamo che è stato ipotizzato uno scontro globale e mondiale di civiltà, animato da insanabili e incontenibili contrasti religiosi. Ma non possiamo pensare invece, a una possibile composizione armoniosa delle differenze? Quelle differenze che non devono essere motivo di scontro perché in esse si fa presente l’inesauribile infinita ricchezza di Dio, che nessuno di noi, nessun popolo, da solo, può rivelare? Se le differenze sono così vissute, come benedizioni di Dio, l’incontrarci come diversi non conduce alla scontro fratricida ma si apre in canto di lode e di gloria alla grandezza di Dio. Tu riveli a me un aspetto stupendo del mistero nascosto di Dio ed io a te. E nell’unità tra noi, come arcobaleno nel cielo, si apre sul mondo il volto di amore di Dio. In questo incontrarci lodando Dio per le diversità, ci possiamo aiutare l’un l’altro ad essere fedeli proprio alla irripetibile chiamata di Dio per ciascuno di noi; possiamo comprenderci sino in fondo in ciò che abbiamo di più prezioso: il nostro rapporto con Dio. Così potremo camminare insieme verso l’unità benedetta di tutti nell’unico Dio. Comunicandoci con lealtà e sincerità i doni che Dio ha elargito a ciascuno di noi, sono certo che l’amore uno e indiviso di Dio ci accoglierà nella sua unità che sorpassa ogni intelligenza. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno di noi sia se stesso sino in fondo, fedele ai doni che Dio gli ha fatto, gli fa. E questi doni offra in regalo, in comunione, agli altri. Perché ciò sia, è necessario che ciascuno ascolti sino in fondo l’altro, senza pregiudizi, vuotandosi di sé per essere per l’altro dimora accogliente. Questo deve essere il tono, il senso, di questi nostri giorni di incontro. Niente di accademico, niente di puramente erudito, ma solo l’apertura di ciascuno all’altro in un ascolto che è insieme accoglienza di un dono e dono restituito, e che conduce la conoscenza nel grembo dell’amore, la fa amore. Tutti i temi che svolgeremo in questi giorni – che siano giorni benedetti da Dio! – saranno allora un’occasione per alimentare e fare crescere nei cuori la nostra fede in Dio, il nostro amore senza rivali per Lui. E, insieme, l’amore rispettoso tra noi: l’accoglierci gli uni gli altri nel nostro cammino verso Dio, amandoci nelle nostre diversità, sapendo che la piena composizione di esse nell’unità dell’Unico Dio sarà opera proprio e soltanto di Dio. Perché ciò non sia semplice desiderio, Chiara ci propone, come voi sapete, una strada che tutti noi possiamo percorrere; una strada nella quale giace il segreto della riuscita del nostro incontro; una strada in fondo alla quale i nostri cuori potranno trovarsi consumati in un unico cuore. Chiara ci chiede di ascoltarci l’uno l’altro, con un’intelligenza, come ho detto, che sia tutta amore. Non cerchiamo null’altro fra noi se non che l’amore fedele per Dio cresca nei nostri cuori, e si apra nell’amore fra noi, nell’amore degli uni per gli altri. Fino a gioire tutte le volte che scopriremo l’uno nell’altro quest’ amore fedele per Dio. Breve, brevissimo, è il nostro pellegrinaggio sulla terra. Come diceva un grande poeta italiano: «E’ subito sera». Ma nell’amore tra noi si apre il compimento delle promesse di Dio. E a Lui chiedo che, come frutto di questo nostro raccoglierci sincero, possiamo sentire la tenerezza e la dolcezza del suo Nome benedetto. Chiedo che per l’amore tra noi possa sgorgare, nelle asprezze anche terribili della vita, quell’acqua pura che trasformerà tutta la terra attorno a noi nel ritrovato giardino dell’Eden. Dio fa le sue promesse alla terra; e la terra attende di vederle compiute. Che il nostro incontrarci, in questi giorni, sia un passo in avanti verso quella piena visibilità.

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Il coraggio di aprire nuove strade di dialogo

Il coraggio di aprire nuove strade di dialogo

“Il Prof. Ehrlich è una delle grandi figure nel dialogo ebraico-cristiano, non solo in Germania ma anche in Europa e oltre”. Così Hans Hermann Henrix, direttore dell’Accademia cattolica di Aquisgrana, ha detto nella laudatio. “Marchiato dalla propria dolorosa storia di ebreo nella Germania nazista – ha aggiunto – avrebbe avuto tutte le ragioni di demolire ponti invece di camminare con coraggio su strade nuove; il prof. Henrix ha sottolineato quanto egli sia, come nessun’altro, un uomo del dialogo, che non tende a cancellare le diversità e le divisioni, ma sa apprezzare l’altro senza tradire il proprio essere”.

Queste parole sono pronunciate in occasione della consegna del Premio Klaus Hemmerle, istituito nel decimo anniversario della scomparsa del vescovo di Aquisgrana. L’ onorificenza, che viene data a persone che si impegnano per l’unità e il dialogo nelle e tra le chiese e le religioni, è stata consegnata dopo una solenne liturgia, celebrata nel duomo di Aquisgrana dal cardinale Miloslav Vlk di Praga e dal vescovo di Aquisgrana, Heinrich Mussinghoff.    

Il vescovo Mussinghoff si è congratulato per la buona scelta del primo premiato ricordando, nell’indirizzo di saluto, il contributo decisivo di Ernst Ludwig Ehrlich alla fondazione del primo gruppo di dialogo ebreo-cristiano all’interno del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, nel cui ambito è iniziata una amicizia intensissima fra Mons. Hemmerle ed il premiato.

Il Prof. Ehrlich: la mia amicizia con mons. Hemmerle Nel ringraziare, il Prof.Ehrlich ha descritto alcuni momenti, molto personali, di incontro con Klaus Hemmerle, suo vecchio amico e compagno ed ha espresso profonda impressione per la sua comprensione dell’ebraismo “dal di dentro”, per come il Vescovo non abbia tanto scritto sul rapporto cristiano-ebraico, ma lo abbia vissuto con ineguagliabile profondità, dignità e spirito di fratellanza. Questo lo accomuna – ha detto – anche al Papa Giovanni Paolo II, che è riuscito a creare segni di amicizia, di rapporto, di fratellanza in tanti profondi incontri fortemente simbolici con rappresentanti dell’ebraismo. Il card. Vlk: Mons. Klaus Hemmerle, una vita per l’unità Il cardinale Vlk nella sua omelia ha messo in evidenza il profondo legame fra il vescovo Klaus Hemmerle e il Movimento dei Focolari, sottolineando come Hemmerle sia stato un uomo d’unità, un uomo che riusciva a trovare il legame tra Chiesa e mondo, credenti e non credenti, intellettuali e operai. E come tale capacità di vivere l’unità, di “…allargare la sua anima su Dio ed ogni uomo…”, fosse da lui attribuita all’incontro con Chiara Lubich e con la spiritualità del Movimento dei Focolari, che l’hanno profondamente marchiato. Chiara Lubich: Diventare apostoli del dialogo e della comunione Nell’indirizzo di saluto da lei inviato, Chiara Lubich lo ricorda come un confondatore di questa comunità spirituale ed internazionale invitando tutti i presenti a diventare “…apostoli del dialogo e della comunione…” come Hemmerle. (altro…)