Feb 7, 2003 | Focolari nel Mondo
Abito a Rio Grande, una città dello Stato del Rio Grande del Sud, e sono sposata da più di 25 anni. Quando sono rimasta incinta della quarta figlia, abitavamo in una piccola casa che non aveva più spazio per un altro lettino. Provavo una grande apprensione e paura per il futuro, anche perché la nostra situazione economica era molto precaria. Ma non potevo non ascoltare “quella voce” che sentivo nell’intimo: mi diceva di non preoccuparmi, ma di gettare ogni sollecitudine nel cuore del Padre, anzi di lasciarmi prendere per mano e guidare da Lui come un bambino che si abbandona nelle sue braccia. Insieme a mio marito, ricordandoci che nel Vangelo Gesù dice che tutto quello che, uniti, chiediamo al Padre nel suo nome egli lo concede, lo abbiamo fatto. Alcuni giorni dopo, una vicina di casa, che aveva saputo della mia gravidanza, è arrivata portandomi il corredo di una sua nipotina e persino la culla e il materasso. Era la risposta. In seguito, rimanendo fedeli alla sua volontà e sapendo soffrire con pazienza la disapprovazione dei nostri familiari e amici per ogni bambino che nasceva, abbiamo sempre sperimentato la paternità di Dio, che in mille modi ha provveduto alle nostre necessità. Così è stato per la nascita degli altri tre figli, come per la ristrutturazione della nostra casa… Oggi i figli più grandi incominciano a lavorare e veramente non ci è mai mancato nulla.
L.F. – Rio Grande (Brasile) (Da “I Fioretti di Chiara e dei Focolari” – San Paolo Editrice) (altro…)
Gen 21, 2003 | Focolari nel Mondo
Non ero in grado di ammettere di essere ammalato di alcolismo. D’altra parte sentivo vergogna di non riuscire a resistere all’alcol, ma respingevo ogni tentativo degli altri ad aiutarmi. In questo disagio crescente ho implorato Dio di concedermi la grazia. Lo toccavo con mano, ero fragile come un vaso d’argilla, ma ero certo che lui mi poteva spalancare una via d’uscita. Dopo una mattinata in un magazzino di mobili, ho iniziato un colloquio personale, aperto, profondo con un amico. Non era una semplice chiacchierata, ma uno scambio essenziale, esigente, con momenti durissimi, ma salutari: l’amico mi ha offerto qualsiasi appoggio, purché io mi decidessi a uscire dalla mia malattia. Questo portare alla luce del sole la mia situazione e l’ammettere da parte mia la debolezza, mi ha come liberato. Mi sentivo sì sprofondare nel nulla, ma allo stesso tempo ero sicuro dell’amore di Dio, a cui m’ero affidato, e dell’amore del mio amico. E ho avvertito la forza di avviarmi a una cura da cavallo sul piano medico, psichico e spirituale: una via esigente e dura. Pian piano è scomparso il mio senso d’isolamento. Ho sperimentato il perdono e ho cominciato a perdonare anch’io. Ho conquistato la sincerità e anche la giusta umiltà, conoscendo i miei pregi e difetti. Ad un certo punto ho lasciato perdere tutte le mie mete ed i miei piani, abbandonandomi ai piani di Dio e scegliendo come mai prima Gesù Crocifisso come mio unico bene. Mi è sembrato il biglietto d’ingresso in una vita nuova. Ora vivo con una gioia tutta speciale, come una persona rinata. Nonostante che al lavoro l’alcol sia sempre a portata di mano, è passato già un anno e mezzo e senza ricadute. I medici si meravigliano e lo considerano un miracolo. Io vi vedo la grazia ricevuta.
X.E. Austria da “I Fioretti di Chiara e dei Focolari” – San Paolo Editrice (altro…)
Dic 17, 2002 | Focolari nel Mondo
Ho, insieme con un socio, una piccola ditta d’importazione d’apparecchiature mediche. Sono molto costose e quindi le vendite non sono facili. E’ purtroppo prassi, negli ospedali pubblici, che le persone incaricate degli acquisti chiedano delle tangenti ai fornitori. Il mio socio ed io non siamo mai stati d’accordo con queste procedure e, per questo motivo, abbiamo perso alcune possibilità concrete di vendita. Da tempo infatti abbiamo sentito di essere coerenti col Vangelo che chiede di attuare nel quotidiano la volontà di Dio, di attuare la sua giustizia… In un periodo molto difficile, di poche vendite, un nostro venditore viene nel mio ufficio per dirmi che per realizzare una possibile vendita – quasi pronta – la persona dell’ufficio acquisti chiedeva “una cortesia” da parte nostra. Capivo anche che per il nostro venditore era molto importante che si concretizzasse quell’operazione, poiché il suo stipendio è a percentuale sulle vendite. Sereno, ho parlato chiaramente con lui, dicendo le mie convinzioni: questo era un atto di corruzione che, anche se dava dei guadagni, non era d’accordo con la linea presa dalla nostra ditta. E’ uscito dall’ufficio pensieroso, ma dopo un po’ è tornato deciso: rinunciava alla vendita a quelle condizioni. In quello stesso pomeriggio suona il telefono: era un medico, col quale da tempo si cercava di concludere una grossa vendita, ma che era stata sempre da lui rimandata. All’improvviso mi conferma che è deciso ad acquistare il nostro prodotto: il costo era esattamente dieci volte di più rispetto a quella della mancata vendita. Quando ho messo giù il telefono, sorpreso e felice, ho ricordato, per il fatto avvenuto poche ore prima, le parole di Gesù: “Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, il resto vi verrà in sovrappiù”. Ho voluto subito condividere col mio dipendente la gran gioia che provavo, e anche lui ha potuto toccare con mano la provvidenza di Dio. J.B. – Buenos Aires Da “I fioretti di Chiara e dei Focolari” – Ed. San Paolo
Dic 3, 2002 | Focolari nel Mondo
Padre M., religioso olandese missionario del Verbo Divino, si trasferisce in Brasile in un periodo difficile per la vita religiosa. Proprio in quegli anni entra in contatto con la spiritualità dell’unità. Nella comprensione delle parole di Gesù “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt. 18,20), trova la chiave per rispondere a quella situazione di crisi: sarà Gesù fra i suoi a risplendere e ad attirare molti. Piano piano il seminario si ravviva. Si moltiplicano le iniziative sociali. Fioriscono le vocazioni. Sono nato in Olanda, ma dal 1958 la mia nuova patria è il Brasile, terra in cui sono giunto come missionario del Verbo Divino, col desiderio profondo di dare la mia vita per questa terra. Negli anni del dopo concilio, nel bel mezzo della grande crisi della vita religiosa, ho avuto l’opportunità di partecipare a un corso internazionale di formazione per religiosi animato dal Movimento dei Focolari. Un punto fondamentale in quel corso fu la comprensione della parola del Vangelo “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Scoprivo così che Gesù presente in mezzo a noi è colui che ha in sé tutti i doni, tutti i carismi, tutti i fondatori delle varie famiglie religiose. Il rientro da quel corso è stato duro: il nostro seminario maggiore di San Paolo era praticamente vuoto e abbandonato in seguito alla crisi vocazionale degli anni ‘70. In quell’ambiente di scoraggiamento e abbandono generale, capisco di dover avere fiducia nell’esperienza fatta: Gesù presente in mezzo a noi era certamente capace di generare vita nuova, in pieno accordo con le esigenze della vita religiosa rinnovata proposta dal Concilio. E avvenne così. Anche un altro mio confratello aveva scoperto questa vita di unità e il padre provinciale lo chiama ad assumere la direzione del seminario vuoto. Eravamo amici già da prima, ma da quel momento cerchiamo insieme di ravvivare l’unità in seminario. Gli altri confratelli del nostro piccolo gruppo cominciano ad avvertire sempre maggior interesse per questa vita e per la comunità. Anche il seminario, prima criticato aspramente, inizia ad essere visto di buon occhio. Missionari del Verbo Divino La vita di comunione ci porta a riscoprire l’esperienza di Sant’Arnaldo Janssen, fondatore della congregazione dei Missionari del Verbo Divino. I giovani religiosi sentono sempre più vivo il desiderio di rispondere con generosità alla chiamata a lanciarsi nell’avventura missionaria. Questa riscoperta della identità missionaria ci ha portato anche ad un passo abbastanza significativo a livello strutturale nell’evoluzione del noviziato. Abbiamo capito che “formazione” e “missione” sono due realtà inseparabili e che, quindi, sarebbe stato bene spostare il noviziato in un ambiente di “missione”. Abbiamo scelto la diocesi missionaria di Registro, regione del Brasile estremamente povera e disagiata, dove i Verbiti da più di cinquant’anni vivono e lavorano al servizio del popolo e della Chiesa. Amare Gesù nei poveri L’esperienza del noviziato vissuta in un luogo di grande sofferenza, dove la morte sembra avere l’ultima parola, ci fa vivere un aspetto di Gesù che incontriamo spesso nel Vangelo: la compassione, il soffrire con gli altri, il partecipare alla sofferenza dei fratelli, il condividere il dolore di tanta gente ridotta in miseria. Gesù presente tra noi ci insegna a vedere la sua presenza nel povero e nel ricco. Questo ci aiuta ad essere una presenza di quell’amore che genera intorno a sé fraternità, un segno visibile “dei cieli nuovi e della terra nuova”.
Mag 6, 2001 | Focolari nel Mondo
I difficili inizi Era il febbraio del 2001. Venni trasferito in una parrocchia eretta giuridicamente da poco, con la chiesa e la casa ancora in costruzione. Tante le circostanze avverse: la chiesa non ancora in funzione, il mio trasferimento che poteva sembrare una “retrocessione”, il non avere per sette mesi un posto per celebrare Messa, neppure di domenica, avrebbero potuto farmi rinchiudere in me stesso. Ma quante volte avevo sperimentato che Dio è Amore, anche quando ti mette in circostanze apparentemente negative. Da tempo avevo incontrato il Movimento dei Focolari, e avevo scoperto il culmine del Suo amore proprio quando Gesù sulla croce grida l’abbandono del Padre. Avevo scelto di riconoscerlo e amarlo in ogni dolore. Mi fu di luce la frase di un amico sacerdote: “Non analizzare, perché Gesù va amato per se stesso e subito, uscendo da se stessi per servire gli altri”. Il vescovo mi aveva presentato la parrocchia come molto difficile, con tutti i problemi tipici delle periferie: quel quartiere era tristemente famoso sulle pagine dei giornali locali. Mi aveva fatto una consegna significativa: “Ti dono la croce che il Papa ha dato a me”. L’inaugurazione della chiesa Nell’ottobre del 2001 si inaugura la chiesa, anche se ancora incompleta. Mi sono chiesto come impostare l’attività pastorale. Mi sentivo sotto esame. Tra gli abitanti del quartiere si respirava una certa diffidenza. Come costruire una comunità? Ho cominciato, accogliendo tutti quelli che mi avvicinavano, mettendoli a loro agio e ascoltando con attenzione i loro consigli e le loro richieste. Ho poi visitato le famiglie. Iniziavo ogni giornata mettendomi d’accordo con Gesù: volevo vedere Lui in ogni persona e amarla senza riserve. Anche quando facevano apprezzamenti… sgradevoli nei riguardi dei preti e della Chiesa. Quella croce che mi era stata consegnata mi ricordava la misura dell’amore: dare la vita. Non ho mai sentito in vita mia tante confidenze, né mai conosciuto situazioni familiari e personali così varie e dolorose. Ad un certo punto la gente si passava la voce. La mia visita era desiderata, visto che da venti anni nessun prete aveva visitato e benedetto le loro case e le loro famiglie. Qualcuno poi prese coraggio: “Io non vengo alla Messa solo per ascoltarla, che tanto è uguale dappertutto, io vengo per sentire quello tu dici”. Ascoltavano le prediche soprattutto quando partecipavano ai funerali: unica occasione in cui ancora tutti qui vanno a Messa. Ho incontrato il loro favore perché cercavo che le prediche fossero più un colloquio aperto che un discorso di cattedra, ed evitavo ammonizioni e rimproveri. Nasce la comunità Iniziano alcune ragazze, che formano un piccolo coro: si incontrano per preparare i canti e cominciano a conoscersi. Cresce la stima reciproca e ben presto ci troviamo a riflettere sulla Parola di Dio. Qualcuna chiede un colloquio personale, col desiderio di conoscere di più Gesù e di impegnarsi di più in parrocchia. Ho cercato di far sì che la Messa fosse sempre più un incontro di famiglia, di fratelli uniti intorno al Padre. Avvicinandosi il Natale, al termine della Messa, un giorno dissi: “Oggi vi chiedo un favore: salutate tutti quelli che non conoscete e non salutate nessuno di quelli che già conoscete”. La reazione: gioia e soddisfazione di poter rivolgere la parola a chi era seduto vicino gomito a gomito, ma con cui non si aveva il coraggio di rompere il ghiaccio per un saluto, un augurio che non fosse quello liturgico molto formale. In parrocchia c’è ormai un gruppo di persone impegnate nel vivere la Parola di Dio. Si riunisce periodicamente per approfondirla e per scambiarsi le esperienze. Ho invitato questi nostri amici a scoprire la sorgente di quella vita che li aveva attratti: il carisma del Focolare. Crescevano in loro l’interesse e la partecipazione. Segni di cambiamento Una signora che lavora nella Polizia scopre la possibilità di vivere il Vangelo. Facciamo un lungo colloquio e, dopo aver parlato della difficoltà di vivere secondo lo spirito evangelico nel suo lavoro, le suggerisco di leggere la rivista Città Nuova, che in quei giorni riportava un articolo interessante su come un poliziotto riusciva a permeare il suo ambiente di lavoro ispirandosi proprio al Vangelo. Torna qualche giorno dopo, ancora incredula che possa essere vero il contenuto dell’articolo. Le suggerisco che il segreto è agire a corpo e le parlo di nuovi modelli di santità nella Chiesa: anche oggi si può vivere il Vangelo pienamente, ma solo se lo si fa insieme. Lei ci prova e coinvolge il marito, le figlie, qualche amico, fa esperienza anche nelle difficoltà, si scoraggia, si riprende. Ora lei, il marito e le figlie vivono lo spirito del Movimento dei Focolari. Ricevo un biglietto di auguri natalizi da parte di un uomo maturo negli anni, che ha partecipato fin dall’inizio agli incontri della Parola di vita: “Ebbene, da quando ho cominciato a comprendere ciò che vuoi trasmetterci, il mio modo di vivere è completamente cambiato sia in famiglia che con gli altri. Ora finalmente so qual è il fine della vita: portare dentro di me, ovunque e a chiunque, questo fuoco che tu mi hai acceso. Grazie!”. Un bambino capita per caso nel corso di catechismo di terza elementare; i genitori sono separati; prima non partecipava mai a Messa, poi sentendosi bene accolto, comincia a frequentarla, facendosi accompagnare ogni volta dalla madre; poi una sorpresa: si presenta un giorno con il padre che mi dice: “Mio figlio non fa che dirmi: – vieni a messa con me…”. E non basta, la domenica successiva lo trovo in sagrestia pronto con gli altri bambini per servire la messa. Mi chiama e mi dice: «Oggi ho portato Marco che non è mai venuto a Messa, perché va sempre alla partita di calcio; oggi ce l’ho portato io». Ma c’è un segreto Dal dicembre 2002 nella casa parrocchiale sono arrivati due sacerdoti: don F., da poco nominato parroco di un’altra parrocchia in città e, come ospite, don N., sacerdote di 86 anni che, lasciato il servizio pastorale, non sapeva dove andare. Non finiremo mai di ringraziare Dio per la possibilità di vivere insieme nell’amore reciproco, con quella ‘presenza’ che Gesù ha promesso a quelli che sono uniti nel Suo nome. La libertà, la sapienza, la luce, la gioia non hanno prezzo. Senza di Lui tutto è vuoto. Con Lui tra noi sperimentiamo la pienezza. La presenza di don N., poi, ha fatto capire a tutti che il nostro parlare di Vangelo e di amore è una cosa concreta. La nostra casa è aperta ad altri sacerdoti, di altre nazionalità, ospiti di passaggio, a seminaristi, per vacanze o per qualche giorno di riposo. Questa ospitalità è stata contagiosa, ha aperto il cuore e le tasche dei fedeli. Le offerte spontanee sono la voce più alta del nostro bilancio. Siamo tuttora testimoni anche di una sorprendente esperienza della provvidenza. La nostra vita comune va avanti ormai da più di tre anni e matematicamente tutti i giorni – e in alcuni giorni con sovrabbondanza – non manca un dono in cibo, vestiario, denaro, aiuto… Una sera, alle nove di sera, un bambino ha posto sul tavolo della sagrestia una porzione di crostata con questo biglietto: «Don N., è per te; io ho finito di cenare, ho pensato a te e te ne ho portato un pezzo!». (altro…)