24 Lug 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale
Consapevoli della crisi ecologica e sociale che affronta il nostro pianeta, centinaia di persone in tutto il mondo agiscono costantemente per trovare soluzioni creative a questi grandi problemi e lo fanno, nel loro quotidiano, attraverso azioni grandi e piccole. Azioni che però, spesso, nascono, crescono e muoiono in totale isolamento. “Insieme possiamo fare molto di più” è uno dei motti proposti da Prophetic Economy, un’iniziativa che cerca di creare reti di collaborazione tra tutti coloro che, nel proprio contesto, lavorano a favore dello sviluppo umano, indipendentemente da età, nazionalità e credenze. L’evento principale di Prophetic Economy si terrà a Castel Gandolfo (Roma), dal 2 al 4 novembre 2018. Coinvolgerà esperti di vari campi, come Jeffrey Sachs, economista e saggista nordamericano, uno dei maggiori esperti mondiali in materia di questioni ambientali e sostenibilità, o come Luigino Bruni, economista italiano, coordinatore internazionale del progetto Economia di Comunione. «L’esperienza – afferma Florencia Locascio, coordinatore generale di Prophetic Economy – si rivolge a tutte le persone, organizzazioni e aziende che stanno proponendo soluzioni sostenibili e creative al problema della povertà, della disuguaglianza, della crisi sociale e ambientale che stiamo vivendo. Vogliamo identificare i change-makers, gli “innovatori”, per dare loro visibilità».
Durante l’evento, oltre a workshop, attività di intelligenza collettiva, scambi e conferenze di personalità ed esperti internazionali, si terrà la premiazione del concorso “Prophetic practices award 2018”. Un concorso che intende premiare, dare visibilità e mettere in contatto esperienze già esistenti di “economia profetica”, tutte quelle buone pratiche già in corso e che contribuiscono al bene comune. Paolo Matterazzo, responsabile della comunicazione della Comunità di Nomadelfia, spiega: «Gli adolescenti e le nuove generazioni hanno qualcosa di importante da dire, e contribuiscono fin d’ora con forte slancio, portando esempi concreti molto stimolanti». I primi tre vincitori del concorso riceveranno un premio in denaro e saranno anche invitati a presentare i propri progetti durante l’evento di novembre. Anche i primi dieci classificati avranno l’opportunità di presentare le loro buone pratiche. La scadenza del concorso è prevista per il 1° agosto. Per maggiori informazioni consultare il sito http://www.propheticeconomy.org Fonte: United World Project (altro…)
23 Lug 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Immaginate di scoprire nei materiali di scarto la possibilità di una forma nuova, già presente in potenza, di trasformarli in “qualcosa” di bello, utile e prezioso, che prima non esisteva. Poi, coinvolgete in questo processo virtuoso delle persone vulnerabili come, per esempio, le donne che, scontata la loro pena in carcere, fanno fatica a reintegrarsi nella società, a trovare un posto di lavoro e l’indipendenza economica. È questa la mission del “Project Lia”, un’associazione non profit e un’impresa sociale sorta nella città di Indianapolis (USA). «Da noi, queste donne che cercano di reinserirsi nella società, imparano a creare oggetti d’arredo e mobili, in un ambiente di lavoro educante, che è uno spazio di comprensione e rispetto reciproco, dove si trasformano i materiali ma anche le vite delle persone attraverso relazioni basate sulla reciprocità e la fiducia,» spiega Elizabeth Wallin fondatrice e direttore esecutivo di Project Lia «forniamo anche opportunità educative in materia finanziaria, di comunicazione, di etica aziendale, salute e benessere, oltre a promuovere la partecipazione alla vita comunitaria e sociale». Secondo le statistiche pubblicate sul loro sito, estratte da dati del Bureau of Justice, negli ultimi tre decenni e mezzo, la popolazione carceraria femminile degli Stati Uniti è cresciuta di oltre il 700 per cento. Nel 1980, erano 12.144 le donne sotto la giurisdizione statale o federale. Cifra salita a più di 100.000, nel 2015. Se a queste aggiungiamo le detenute nelle strutture carcerarie locali, in libertà sulla parola o agli arresti domiciliari, la somma raggiunge e supera il milione di donne.
«Quando queste persone escono dal carcere», continua Elizabeth Wallin «devono trovarsi un lavoro stabile e una casa, mentre cercano di riallacciare i rapporti con le proprie famiglie. Se a questo si associa lo stigma generato dal carcere e la discriminazione razziale, è molto difficile per loro riuscire a reintegrarsi, escludendo il rischio di recidiva». Per questo, Project Lia ha scelto di dedicare la sua azione alle donne. Aiutando loro, si rafforza indirettamente la famiglia e la comunità perché, secondo importanti studi, queste donne responsabilizzate pensano “comunitario”, reinvestendo il 90% del loro reddito nelle proprie famiglie. A questo punto, viene da chiedersi qual è stata l’idea ispiratrice. «Durante un mio viaggio in Argentina», comincia a raccontare Elizabeth «ho partecipato all’organizzazione di un festival giovanile dal titolo “No Te Detengas” (in italiano: “non ti trattenere”). Un festival che ha riunito oltre 1.000 giovani e che parlava di quelle gabbie in cui spesso ci imprigioniamo per paura, pressioni altrui, situazioni di comodo o pregiudizio. Tornando negli Stati Uniti, mi sono resa conto che lì, le donne uscite di prigione continuavano ad essere “trattenute” da una gabbia più grande e sistematica. Per me, Project Lia è una risposta alla paura, alle pressioni, alle comodità e ai pregiudizi di un sistema di giustizia penale e di una società che, anche dopo aver scontato la pena, continua a “trattenere” gli ex prigionieri, senza offrire possibilità di vera integrazione sociale». Insomma, un progetto inclusivo, che mira a costruire ponti di vera solidarietà sociale. L’unica curiosità che rimane da soddisfare, giunti a questo punto è il nome: perché proprio “Lia”? Elizabeth mi spiega che:«“Lia” è il nome di una donna che ha dedicato tutta la sua vita a costruire ponti tra persone di razze, culture, religioni e background sociali diversi. Il suo nome completo era Lia Brunet, era di Trento e fu una delle prime compagne di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari». Lia Brunet, nel 1961, raggiunse l’Argentina, dove sorge nel cuore della pampas la cittadella che oggi porta il suo nome. Là dove anche Elizabeth ha potuto sperimentare l’ideale di un mondo unito. Fonte: United World Project (altro…)
19 Lug 2018 | Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Ai piedi di due piccole montagne, nel cuore dell’Argentina, La Falda è una cittadina della provincia di Córdoba, situata su un dolce pendio montagnoso, parte di un rinomato circuito turistico nella Valle di Punilla. È qui che abitava, fino a quattro anni fa, la famiglia Bongiovanni: Esteban e Victoria, insieme ai loro due figli. Poi, inaspettata, una svolta e il trasferimento a San Marcos Sierras, poco più a nord. È la risposta, generosa, alla richiesta di andare a vivere all’Hogar Sierra Dorada, una casa di accoglienza per minorenni che sulle loro giovani spalle portano già troppi e gravi problemi. Storie di maltrattamenti, violenza, abbandono, sottoalimentazione. Attualmente il centro ospita 28 ragazzi. «Prima di arrivare a l’Hogar, avevamo una pessima idea delle case di accoglienza per minori, come quelle che si vedono nei film, dove i ragazzi e i bambini vengono picchiati o maltrattati. Invece abbiamo trovato una realtà molto diversa, come una grande famiglia. Ci sforziamo di migliorare la loro situazione e di svuotare dal di dentro la violenza e le condizioni in cui hanno vissuto, in modo che capiscano che la cosa normale, alla loro età, è vivere in pace, giocare e studiare». L’obiettivo della Casa, fondata quasi vent’anni fa da Julio e Patricia Laciar e sostenuta da una fondazione senza scopo di lucro che opera, con vero spirito cristiano, nella provincia di Córdoba , è quello di migliorare le loro condizioni di vita e di aiutarli a reintrodursi nel proprio contesto famigliare o in famiglie adottive. All’inizio Julio e Patricia Laciar non avevano nulla, tranne il desiderio di voler migliorare la situazione di tanti ragazzi. Poco a poco, grazie alla solidarietà di tante persone, questa realtà è cresciuta: oggi la Fondazione Sierra Dorada gestisce quattro Case-Laboratori: San Marcos Sierras (dove vivono Victoria e Esteban), Embalse de Río Tercero, Rumipal e Salsipuedes, oltre a vari programmi di accompagnamento familiare, borse di studio per volontari e numerose altre attività.
Seduti a un tavolo nella sala da pranzo esterna, Victoria e Esteban spiegano: «Tante persone dimostrano una grande solidarietà, specie quando cominciano a coltivare un rapporto con i ragazzi. Ci sono giovani stranieri che intraprendono stage di assistenza sociale, ma anche studenti universitari argentini. Il nostro lavoro inizia con l’accoglienza. Dal momento del loro arrivo, cerchiamo di contenerli, di dare loro amore, come una mamma e un papà. Con l’aiuto di uno staff di psicologi, cerchiamo di dare un ordine alla loro vita. A cominciare dall’uso dello spazzolino per i denti, a lavarsi ogni giorno, a mettersi vestiti puliti, fino ad educarli a essere responsabili dei loro compiti e a scuola». Con un grande sorriso, Victoria sceglie una delle decine di storie che potrebbe raccontare. «Qualche settimana fa siamo andati tutti in un hotel, dove eravamo stati invitati per il fine settimana. Non avevo rifatto il mio letto, pensando: siamo in un hotel. Poi però mi sono accorta che i ragazzi avevano lasciato tutte le loro stanze in perfetto ordine, anche i bagni erano impeccabili. Allora sono tornata di corsa nella mia stanza per rifarmi il letto, perché mi ero resa conto che solo io non l’avevo fatto». «Cerchiamo di vivere bene questa vocazione al servizio. Ma, certamente, non è sempre necessario lasciare tutto, la propria città e la propria casa, e andare a vivere in una casa per bambini. Si può farlo ovunque, con chi ci sta accanto. A partire dalle cose più piccole, come cedere il posto ad una persona anziana sull’autobus, o guidare la macchina senza aggressività. È dai piccoli gesti che cominciano e si diffondono le buone azioni». E conclude Esteban: «Abbiamo capito che Dio non ci abbandonerà mai se facciamo le cose bene, senza aspettarci nulla in cambio, con umiltà e fiducia. E la realtà è che così facendo … funziona». Fonte: United World Project (altro…)
18 Lug 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo
Si sta svolgendo a
Loppiano un corso per operatori pastorali promosso dal
Movimento dei Focolari in Italia in sinergia con il
Centro Evangelii Gaudium [1] dell’
Istituto Universitario Sophia.

Sono presenti una cinquantina di operatori pastorali di tutta Italia, presbiteri e laici, per dare vita ad una scuola di comunione che intende offrire ai partecipanti una intelligenza della fede capace di rispondere alle sfide dell’attuale cambiamento d’epoca, cercando di coglierne il senso e valorizzando l’ esperienza. La scuola vuole inoltreoffrire strumenti teorici e pratici a quanti sono impegnati a rendere la spiritualità del focolare “visibile e sperimentabili” nelle articolazioni della Chiesa italiana, consci che si tratta di un dono che lo Spirito ha dato a
Chiara Lubich per l’intera Chiesa del nostro tempo.

In apertura una ricca introduzione al metodo trinitario dell’Istituto fatta da Mons. Piero Coda, direttore dell’Istituto universitario Sophia, e un tema programmatico di S.E. Card. Giuseppe Petrocchi, Presidente de CEG, dal titolo: Protagonisti nella vita della diocesi e delle parrocchie. Nel programma del corso sono attesi ancora, tra altri, Mons. Vincenzo Zani, segretario della Congregazione dell’Educazione cristiana e Vincenzo Buonomo, rettore magnifico dell’Università Latarenense. Il corso si concluderà sabato 21 ma avrà una seconda parte di tirocinio nella prima metà di ottobre presso alcune Chiese particolari dove sono in atto esperienze significative.
[1] Centro Evangelii Gaudium è un laboratorio di formazione, studio e ricerca promosso dall’Istituto Universitario Sophia che trae ispirazione e nome dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. Focolari Italia
12 Lug 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
«Vengo da un paese dell’America centrale, El Salvador. Un paese piccolo, ricco di risorse naturali e di storia, ma afflitto, da molti anni, da una grande instabilità politica, da ingiustizie e povertà, che hanno generato diverse forme di violenza e sconvolgimenti sociali. Negli ultimi anni, la violenza si è così intensificata da creare una mancanza di fiducia reciproca tra gli abitanti, perché ogni persona rappresenta una minaccia per gli altri. Una situazione che fa sentire impotenti. Nel 2014, ho vissuto per un po’ di tempo con altri Giovani per un Mondo Unito in una cittadella dei Focolari in Argentina, la “Mariapoli Lia”. Lì abbiamo cercato di mettere in pratica la cosiddetta “regola d’oro”, che dice: “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Mi sono reso conto di quanto sarebbe bello costruire una società in cui tutti ci prendiamo cura gli uni degli altri. Tuttavia, quando sono tornato in El Salvador, mi sono trovato di nuovo di fronte alla lotta interna del mio Paese. La situazione era davvero difficile, se possibile ancora più violenta. In qualsiasi momento, anche di giorno, era rischioso uscire di casa. Io ero solito recarmi in autobus al campo sportivo, ma anche questo era diventato pericoloso. Non sai mai se la sera tornerai a casa intero. Data la situazione, i miei genitori, mia sorella ed io abbiamo pensato di andarcene. Ma, dopo aver riflettuto ancora sul da farsi, abbiamo deciso di restare, per essere una luce in questo posto buio, in tempi così bui. I
n quel periodo ho letto un articolo dei Giovani per un Mondo Unito del Medio Oriente, che raccontavano di aver deciso di rimanere lì, nonostante la guerra, per essere pronti ad aiutare i feriti dopo gli attacchi. La loro esperienza mi ha fatto riflettere, rafforzando la determinazione a restare nel Salvador, per venire incontrare alle sofferenze della mia gente. È stato così che, insieme ad altri miei coetanei, abbiamo deciso di lanciare una campagna, che abbiamo chiamato “Cambia il tuo metro quadro”, con l’obiettivo di cercare di costruire la pace nel nostro ambiente. Sappiamo che il problema del nostro Paese è complesso, ma noi possiamo fare la differenza se cominciamo dalla nostra vita, con le persone che incontriamo ogni giorno, con le attività che svolgiamo quotidianamente. A livello personale, ad esempio, cerco di aiutare i miei compagni di classe ad affrontare un difficile esame di matematica, o a creare relazioni positive con i vicini di casa. Tutto questo ha avuto un impatto anche nella nostra società. Abbiamo coinvolto altri a lavorare insieme per costruire, in un parco locale, un ambiente più bello, ridipingendo i muri, pulendo le strade, raccogliendo la spazzatura e installando dei bidoni per l’immondizia. Abbiamo lanciato una campagna per la raccolta di libri da inviare in quelle città che hanno un alto tasso di abbandono scolastico. È nata poi una collaborazione con altri movimenti che si occupano di visitare le persone anziane negli istituti, e con istituzioni che forniscono pasti e riparo alle persone senzatetto. Gli adulti ci aiutano raccogliendo il cibo e aprendo le loro case per farci cucinare. È incredibile come il cibo sia sempre sufficiente per tutti quelli che non ne hanno! Forse non saremo in grado di cambiare il nostro paese tutto in una volta, ma “metro quadro per metro quadro” un cambiamento lo possiamo fare!». (altro…)