Storie di Bambini “senza ali”. Uno sguardo sulle inconcepibili difficoltà che si possono trovare a vivere i bambini. Storie di vita difficili, estreme. Storie di bambini che nell’età della spensieratezza hanno conosciuto malattia, disabilità, emarginazione, dolore, solitudine, abbandono. Quelle dei bambini Rom, dei bambini “senza ali” che vivono in carcere, delle piccole vittime di conflitti familiari o di abusi psicologici e sessuali, dei malati oncologici e dei bambini affetti dalla sindrome di Down. Il volume intende aprire uno squarcio su queste realtà “invisibili” mettendo in luce le difficoltà a volte inconcepibili in cui i bambini possono venire a trovarsi, ma anche le buone prassi attuate nel mondo della scuola, in quello della cura pediatrica e del sociale. «Di bambini ne ho conosciuti tanti, e tanti di loro in situazioni di disagio e di difficoltà» – scrive la curatrice del volume, Patrizia Bertoncello, una “maestra di periferia”, come ama definirsi. «Il nostro mondo occidentale pare molto attento alla cura dei bambini – continua – ma in realtà essi sono minori non solo per età, ma anche nella considerazione effettiva dell’opinione pubblica e nelle scelte politiche e di tutela messe o meno in campo in loro favore, nelle nostre società». «Scrivere di bambini a partire dalle loro storie corrisponde a una scelta metodologica di fondo», spiega. «Abbiamo voluto dare espressione alle voci e alle storie di alcuni bambini troppo spesso non ascoltati, dare volti e nomi a situazioni tenute al margine». Nel volume si affrontano però solo alcune delle innumerevoli situazioni di difficoltà dei bambini. Perché proprio queste e non altre storie? «Chi ha scritto – un medico oncologo, un pediatra, un dottore in scienze sociali e un’insegnante – l’ha fatto col desiderio di aprire uno spazio di dialogo sul mondo attuale dell’infanzia in Italia in alcune sue particolari problematiche, con la convinzione che esso andrà ulteriormente esplorato e arricchito da nuovi contributi. Queste storie però contengono germi di speranza, sono state in vario modo luogo di “incontro” in cui sono stati iniettati gli “antidoti” del bene, quel bene che non fa rumore, ma che può operare trasformazioni esistenziali. Un testo che mantiene linguaggi specifici e pluralità di approcci molto diversi tra loro, «ma mettendoci tutti dalla parte dei bambini, così come facciamo ogni giorno non solo per mestiere, ma per una sincera passione per l’uomo». Sono intuizioni, riflessioni e idee maturate in una prassi quotidiana di rapporto da punti di vista poco esplorati, nella ricerca disinteressata di arrivare a uno sguardo più comprensivo e accogliente sulle nuove generazioni, a una presenza adulta più efficace accanto a loro, nel cammino di crescita.
Essere operatori di pace
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