Lug 14, 2020 | Cultura
A cinque anni dalla pubblicazione dell’Enciclica di Papa Francesco, il paradigma dell’ecologia integrale guida la lettura di questo tempo di pandemia. Intervista a Luca Fiorani, responsabile di EcoOne.
Sono passati cinque anni dalla pubblicazione della Laudato Si, l’Enciclica di Papa Francesco sulla cura del pianeta. Ne parliamo con Luca Fiorani, docente presso le università Lumsa, Marconi e Sophia, ricercatore ENEA e responsabile di EcoOne, la rete ecologica del Movimento dei Focolari. In tempo di pandemia, quali insegnamenti possono venire dalla Laudato Si e dal suo paradigma dell’ecologia integrale? Penso al “tutto connesso”. Il Papa, prima della pandemia, ce ne ha fatto assaporare il lato positivo, la meravigliosa relazione che esiste fra gli elementi naturali, persona inclusa. La pandemia, invece, ha sottolineato il lato oscuro di questo “tutto connesso”, perché l’attività umana, che ha portato alla distruzione degli habitat naturali, e il salto di specie del virus dall’animale all’uomo sono legati. Qual è il fondamento evangelico dell’impegno per la cura del Creato? È “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Uno dei concetti chiave della Laudato Si è “ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”. È vero che per il Vangelo la natura ha valore in sé, ma è anche vero che aver cura della natura significa assicurare un pianeta in buona salute per i più svantaggiati e per i nostri figli. Significa ricordarci del “miliardo inferiore”, quel miliardo di persone che è vittima di una “pandemia cronica”, dovuta a 17 malattie tropicali trascurate. Il concetto dell’ecologia integrale può orientare i percorsi futuri? Questo è il concetto fondamentale di tutto l’insegnamento di Papa Francesco, che ci invita a superare l’attuale sistema socio-economico. Oggi viviamo nel paradigma della rivoluzione industriale, che considera le risorse naturali illimitate. Queste risorse sono invece limitate e quindi bisogna trovare un modello di sviluppo diverso, che tenga conto anche delle esigenze dei popoli dimenticati dalle società cosiddette “evolute”. La Laudato Si invita ad una “conversione ecologica”. Cosa significa vivere i principi dell’ecologia integrale? L’ecologia integrale non riguarda solo l’ambiente ma tutti gli aspetti della vita umana, la società, l’economia, la politica. Dunque ognuno di noi deve cercare di cambiare la propria vita a partire, per esempio, dalle scelte di consumo. Poi possiamo scegliere governanti sensibili alla cura della natura e fare campagne di pressione per il disinvestimento dalle fonti fossili in favore di quelle rinnovabili. In questo anno speciale di celebrazioni della Laudato Si, con quali iniziative sarà presente il Movimento dei Focolari? Il Movimento partecipa alle iniziative della Chiesa Cattolica e agli eventi promossi dal Global Catholic Climate Movement, a cui aderisce. Inoltre, organizza il convegno “New ways towards integral ecology” che si terrà a Castel Gandolfo (RM) dal 23 al 25 ottobre, i cui dettagli sono disponibili su www.ecoone.org Il suo ultimo libro si intitola “Il sogno (folle) di Francesco. Piccolo manuale (scientifico) di ecologia integrale”. Perché parla di un sogno folle? Perché sembra veramente impossibile far cambiare rotta a questo pianeta, verso un mondo in cui ci sentiamo tutti fratelli e costruiamo più ponti che muri, ma – come diceva la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich – “solo chi ha grandi ideali fa la storia!”.
Claudia Di Lorenzi
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Lug 7, 2020 | Cultura
“Discovering Gen Rosso”, per andare alle radici della storia del complesso artistico internazionale L’arrivo del coronavirus e di conseguenza il lockdown hanno messo in crisi le abitudini di tutti. Anche il complesso artistico internazionale Gen Rosso ha dovuto reinventare le proprie giornate rimanendo chiusi in casa.
“Questo lockdown ha dato la possibilità ad ognuno di noi di andare ancora più in profondità in quei messaggi che cantiamo da più di 50 anni – afferma Massimiliano Zanoni, responsabile delle produzioni -. Abituati a girare il mondo, ad incontrare gente e portare musica sui palchi dei 5 continenti, ci siamo ritrovati rinchiusi dentro le quattro pareti di casa nostra. Invece delle città, dei mari e delle montagne, ora avevamo un computer e poche finestre da cui guardare fuori. Invece delle migliaia di persone che incontravamo in ogni tour, ora ne avevamo tre, quattro che vivono con noi. Non potevano ritrovarci tutti e 25, per lavorare, creare, e suonare insieme come avevamo fatto per 53 anni”. E così, dopo una prima serie di live streaming dal nome “Gen Rosso a casa tua”, con i quali sono entrati nelle case delle persone, hanno pensato di ritornare alle radici con alcuni live storici. È nato il progetto “Discovering Gen Rosso” per riportare le persone a casa della band.
“Tanti non sanno che non facciamo solo concerti – continua Massimiliano Zanoni -, ma anche progetti con le scuole o il Village, che sono settimane di convivenza con giovani artisti per fargli vivere l’esperienza di unità nella creazione artistica. Così, come quando si invita qualcuno a casa nostra per la prima volta e, in segno di accoglienza, si fa fare il giro della casa, noi con Discovering Gen Rosso abbiamo voluto mostrare qualche pagina del nostro album di ricordi, come il musical una storia che cambia o Streetlight, rendendoli partecipi dei nostri attuali progetti, come il Village e i progetti Forti senza Violenza, svelando qualche piccola idea per il futuro”. Discovering Gen Rosso è un nuovo passo verso quella evoluzione che ha permesso al complesso internazionale di essere costruttori di Unità in tutto il mondo, in tanti anni di storia. Ecco i prossimi appuntamenti sulla pagina Youtube della band: il 16 luglio, uno streaming dedicato al Village (corsi artistici che esegue il Gen Rosso); il 28 luglio il lancio del nuovo singolo “Shock of the World”. In realtà parlare di “singolo” è un po’ riduttivo perché c’è in cantiere un intero nuovo album che sarà svelato prossimamente. Infine il 2 agosto si concluderanno i live streaming con il concerto LIFE, ultima produzione del Gen Rosso in diretta da Loppiano.
Lorenzo Russo
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Giu 18, 2020 | Cultura
Un nuovo video del Gen Verde dedicato a Chiara Lubich
Non è scontato, né superficiale. Dire grazie a qualcuno è semplice e profondo allo stesso tempo. È questo l’intento con cui il Gen Verde ha pubblicato su YouTube il nuovo video della canzone “Che siano uno”. Un brano dedicato a Chiara Lubich e al suo ideale, la fraternità universale. Un video che vuole ricordarla proprio nell’anno che celebra il suo centenario dalla nascita. “Con questo video – afferma Adriana del Messico – non vogliamo celebrare o ricordare Chiara Lubich come si fa magari in famiglia sfogliando gli album che raccontano eventi e storie importanti; oggi ci sta più che mai a cuore che tante persone possano incontrarla nell’oggi della società, in quel suo-nostro ideale che si è incarnato nei vari ambiti della vita civile, religiosa e politica. La ricordiamo perché è lei che ha dato vita al Gen Verde, è lei che ci ha guidato nei primi passi, è lei che ci ha regalato i primi strumenti da cui tutto è partito! Così come tante di noi sono rimaste affascinate dai suoi gesti, dalle sue parole e dalla sua vita, ora noi avvertiamo che dobbiamo essere testimoni autentici e credibili del suo messaggio”. Un’ideale forte nato sotto le bombe della seconda guerra mondiale, ma attualissimo ancor più oggi quando tv e social ci raccontano di ondate di razzismo e discriminazione. Se l’emergenza covid-19 riesce ad essere discretamente fronteggiata in alcuni continenti, è anche vero che in altri è cresciuto il gap tra ricchi e poveri, neri e bianchi, tra chi si può permettere le cure mediche necessarie per sopravvivere e coloro che cadono come birilli in mezzo alla strada. “Siamo pienamente convinte che la fraternità universale – spiega Beatrice della Corea – è possibile e non è utopia; è questo quello che sperimentiamo quotidianamente e proviamo a trasformare le nostre esperienze in musica. Spesso si tratta di compiere gesti semplici, ma non scontati, che fanno cadere pregiudizi o barriere culturali”. È questo quello che ha fatto Chiara Lubich sin dal 1943, anno di fondazione del Movimento dei Focolari. Passo dopo passo, con costanza e tenacia, assieme alle sue amiche, ha costruito rapporti nuovi, profondi e anche rivoluzionari dapprima all’interno della sua città d’origine (Trento, Italia) e poi in tutto il mondo. Lo stesso video del Gen Verde ha catturato scatti fotografici importanti: Chiara assieme ad ebrei, sikh, indù, mussulmani e anche tra i massimi esponenti di due tribù del Cameroon. Immagini che raccontano momenti storici e che resteranno per sempre nella storia dell’umanità. “Certamente il grazie più grande che possiamo dire a Chiara – spiega Nancy degli Stati Uniti – è vivere per il suo ideale; ma con questo video vogliamo davvero dirle un grazie immenso; è lei che ci ha generato, senza di lei il Gen Verde non esisterebbe”. Per vedere il video clicca qui: https://youtu.be/A3xuaqtkOj8
Tiziana Nicastro
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Giu 5, 2020 | Cultura
La vocazione universale del Movimento dei Focolari per costruire la fratellanza universale senza distinzione di razza, religione, condizioni economiche e sociali. Proponiamo la seconda parte dell’intervista a Luciana Scalacci, non credente, membro della Commissione internazionale e italiana del Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose dei Focolari. Come ti sei avvicinata tu, da non credente ai Focolari e come ti ha cambiato la vita? Un giorno nostra figlia ci scrive di aver trovato un posto dove mettere in pratica i valori che le avevamo trasmesso: aveva incontrato la comunità dei Focolari di Arezzo. Non conoscevamo il Movimento, ci preoccupammo, dovevamo andare a vedere di cosa si trattasse. Ma avemmo subito l’impressione di trovarci in un posto dove c’era il rispetto per le idee degli altri, trovammo un’apertura mai incontrata prima. L’incontro con il Movimento fu come una luce che mi fece riprendere a sperare nella possibilità di costruire un mondo migliore. Hai incontrato Chiara Lubich più volte: che valore ha avuto questo rapporto personale? Nel 2000, in un incontro pubblico, rispondendo ad una mia domanda disse: “…anche per noi l’uomo è rimedio per l’uomo, ma quale uomo? Per noi è Gesù. Comunque uomo. Prendetelo anche voi perché è uno dei vostri, è uomo”. Fu allora che capii che il Movimento era il posto dove mi potevo impegnare, e compresi perché anche da non credente, ero sempre stata affascinata dalla figura di Gesù di Nazareth. È poi capitato che m’invitasse a raggiungerla per un saluto personale, io che non sono nessuno. Era un saluto che ti penetrava tutta, si capiva quanto fosse grande il suo amore per te. In una lettera, in cui colgo parole profetiche, mi scrisse: “Carissima Luciana…abbiamo fatto tanti passi insieme e ci siamo reciprocamente arricchiti. Ora, come tu dici, dobbiamo rendere questo cammino sempre più visibile perché tanti altri possono trovarlo. Il segreto lo conosciamo: Andiamo avanti ad amare”. In questi anni di dialogo come si è passati dal confronto fra un “noi” e un “voi” al sentirsi “Uniti nel Noi”? Lo scetticismo iniziale fu la prima cosa da superare. Da parte dei non credenti la preoccupazione che si trattasse di un’azione di proselitismo; da parte dei credenti la preoccupazione, io credo, che i non credenti tentassero di mettere in discussione le loro certezze, la loro fede. L’unica che non ha mai avuto preoccupazioni di sorta, è stata Chiara. Sperimentavamo sempre di più che la grande risorsa per camminare verso la meta della fratellanza universale è il dialogo. Piano piano è cresciuta la fiducia fra le “due parti”, e ci siamo sentiti non più “un noi-voi” ma “uniti nel noi”. Una sfida decisiva è quella di coinvolgere i giovani. Che sensibilità riscontrate? Non tutti i giovani sono molto informati dell’apertura a coloro che non si riconoscono in nessuna fede religiosa, ma quelli che ho avuto la possibilità di conoscere si sono dimostrati interessati a questa realtà. Una ragazza, dopo averci incontrato, ha scritto: “questo dialogo l’ho sentito come una sfaccettatura di quel diamante prezioso che ci ha consegnato Chiara…non incrostiamolo”. Clicca qui per leggere la 1° parte dell’intervista
Claudia Di Lorenzi
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Giu 4, 2020 | Cultura
Costruire un mondo unito senza distinzione di razza, religione, condizioni economiche e sociali. “Noi abbiamo come Movimento, come nuova Opera sorta nella Chiesa, una vocazione universale, poiché il nostro motto è: “Che tutti siano uno”. Noi non possiamo fare a meno di voi, perché ci siete nei tutti, altrimenti toglieremmo via mezzo mondo o almeno un terzo di mondo, e lo escluderemmo, mentre noi diciamo “che tutti siano uno”. Così, nel maggio 1995, la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, spiegava le ragioni che hanno spinto il Movimento a ricercare e sviluppare un dialogo con le persone che non si riconoscono in un credo religioso. Ne parliamo con Luciana Scalacci, 73 anni, di Abbadia San Salvatore (Italia). Non credente, è membro della Commissione internazionale e italiana del Centro del Dialogo con persone di convinzioni non religiose dei Focolari. Nel Movimento la ricerca di un dialogo con persone di convinzioni non religiose ha radici profonde. Quali sono le tappe più importanti? Il “Centro del Dialogo con i non credenti” nasce nel 1978 e l’anno seguente, per la prima volta, persone di convinzioni non religiose parteciparono ad incontri promossi dai Focolari. Chiara invitò tutto il Movimento ad una apertura verso i non credenti ritenendo che tutti siamo “peccatori” e pertanto possiamo fare un cammino comune di liberazione e costruire insieme la fratellanza universale. Nel 1992 il Centro promosse il primo convegno internazionale dal titolo “Costruire insieme un mondo unito”. “La vostra partecipazione alla nostra Opera è essenziale per noi – disse Chiara -. Senza di voi (come senza le sue altre componenti) essa perderebbe la sua identità”. Nel 1994 il secondo convegno. Nel suo messaggio Chiara disse: “il nostro scopo è quello di contribuire all’unità di tutti partendo dall’Amore ad ogni singola persona. Cercheremo, quindi, di vedere quanto grande sia, nell’Umanità a tutti i livelli, l’aspirazione alla fratellanza universale e all’unità”. Dopo la scomparsa di Chiara, nel 2008, la Presidente Maria Voce ha confermato più volte che le persone di convinzioni non religiose sono una parte essenziale del Movimento. Negli anni ‘70 non era comune che un Movimento di ispirazione cristiana aprisse le porte ai non credenti…quali gli obiettivi? L’unità del genere umano, dare concretezza al “Che tutti siano uno”, perché il mondo unito si costruisce con gli altri e non contro gli altri. Su quale base si fonda la possibilità di costruire un dialogo fra credenti e non credenti? Sull’esistenza di valori comuni, come la fraternità, la solidarietà, la giustizia, l’aiuto ai poveri. In comune c’è anche il fatto che tutti abbiamo una coscienza personale che ci consente di riflettere su questi valori singolarmente ma anche in maniera collettiva, per diventare patrimonio di tutti. In questo cammino avete incontrato delle difficoltà? Dialogare da posizioni diverse non sempre è facile. Rapportarsi a contenuti concreti e realizzare qualcosa di pratico è più semplice perché la prassi non fa distinzione di colore, religione, idee. Le difficoltà vengono quando dalla pratica si passa ai valori, alle ideologie, alle sovrastrutture. Il dialogo può rischiare di arenarsi. Ma questo non è avvenuto. Chiara ha chiesto sia ai credenti che a noi “amici” di mettersi nella massima apertura, non per fare un atto di carità ma per arricchirsi vicendevolmente e fare insieme il cammino verso un mondo migliore.
Claudia Di Lorenzi
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Apr 18, 2020 | Cultura
In Italia la celebrazione del Villaggio per la Terra si trasforma in una maratona multimediale
Tutto è interconnesso. È questa la chiave che unisce le celebrazioni per il 50° Anniversario di Earth Day, il 22 aprile, alla pandemia da coronavirus che oggi sfida l’umanità. Nella Giornata per la Terra, l’emergenza sanitaria suscita una comunità globale che chiede modelli economici e sociali più giusti. Le celebrazioni hanno luogo nel 5° Anniversario dell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco sul tema dell’ecologia integrale, e sarà il web ad ospitare eventi in 193 Paesi. In Italia il Villaggio per la Terra, da tradizione a Villa Borghese, in Roma, si trasforma in una maratona multimediale in diretta su Rai Play e con incursioni in altre emittenti. Ne abbiamo parlato con Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia. Il 50° Anniversario di Earth Day ha luogo mentre l’umanità si confronta con la sfida del coronavirus che ci porta a rivedere le nostre priorità, i valori e gli obiettivi… Oggi più che mai sentiamo l’urgenza di cambiare il modello economico e sociale che ha governato lo sviluppo negli ultimi decenni e vogliamo dare un messaggio di speranza, offrire una chiave di lettura che evidenzi la centralità dell’uomo e la necessità di rispettare il pianeta. Abbiamo alzato l’attenzione del mondo su questi temi ed è stata dirimente l’Enciclica di Papa Francesco Laudato Si con il principio dell’ecologia integrale. Si è creata oggi una sensibilità mondiale ma bisogna passare all’azione. Il coronavirus alimenta questa esigenza di cambiamento.

VILLAGGIO PER LA TERRA, Earth Day Italia, Villa Borghese, Roma 21 aprile 2018
© Lorenzo Gobbi/Smile Vision Srls
Ciò che emerge osservando lo sviluppo della pandemia è l’interdipendenza dei problemi e delle soluzioni. Un elemento chiave anche nella battaglia per la tutela della terra… Il grande concetto che il Papa ha trasmesso al mondo è che non esiste una questione ambientale, una questione sociale e una economica, ma ne esiste una umana in cui tutti questi fattori sono interdipendenti. Questa coscienza diventa operativa quando ci si rende conto che basta poco perché una crisi sanitaria come questa metta in luce problemi che sembravano scollegati. Emerge qui l’importanza delle relazioni umane e dell’impegno per una solidarietà economica e sociale. La Giornata ha un respiro mondiale. Che legame c’è fra le celebrazioni in Italia e quelle in altri paesi? Il coronavirus ha costretto tutti noi a digitalizzare le celebrazioni portandole in Rete. Abbiamo visto che dando vita ad una maratona digitale tante connessioni si sono andate creando. È la bellezza di un passo avanti che quasi miracolosamente, nell’emergenza, è avvenuto in spirito di unità, e che oggi nei 193 Paesi dove si festeggia l’Earth Day ci fa sentire più collegati e ci porta a unire gli sforzi per un maggiore rispetto per l’uomo e per il pianeta. Per l’Italia, come si svolgeranno le celebrazioni? Abbiamo organizzato una maratona multimediale chiamata “OnePeople, OnePlanet” per ricordare che apparteniamo a un’unica famiglia umana e viviamo in un unico pianeta. La realizzeremo con tanti partner mediatici fra cui la Rai che la trasmetterà in modo integrale dalle 8 alle 20 su Rai Play, ma anche con innesti in altri media, in contenitori rai e con collegamenti internazionali con tanti paesi dove parleremo di popolazioni indigene, deforestazione, della bellezza del nostro pianeta.
Claudia Di Lorenzi
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