Movimento dei Focolari
“Minori: aiutare la crescita, favorire il benessere”

“Minori: aiutare la crescita, favorire il benessere”

Un progetto di formazione continua con corsi per educatori e genitori promossi dai Focolari I primi corsi partono in Italia nel 2014, ma già dall’anno seguente sono replicati in tutto il mondo. Sono i percorsi di formazione per la tutela dei minori promossi dal Movimento dei Focolari e destinati a educatori e animatori, ma anche ai genitori e alla comunità più allargata. L’obiettivo è quello di “fare rete” per potenziare la capacità di prevenzione. “Più siamo formati e sensibili, più siamo in grado di prevenire situazioni di violenza” dice Viviana Colonnetti, psicologa e psicoterapeuta, per i Focolari membro della Commissione per il Benessere e la Tutela dei minori e una delle coordinatrici dei corsi. L’abbiamo intervistata. TAPA CUSTODIAR FINAL WEBQuale visione del bambino ispira le attività di formazione del Movimento? “È la visione che ci ha trasmesso Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari: il bambino al centro delle nostre attività è un altro Gesù da accogliere, una persona da aiutare nella sua crescita e nel suo benessere. È la visione del Vangelo che porta a riconoscere la dignità di ogni persona e a promuovere la formazione integrale dell’uomo”. Quali competenze sono richieste agli adulti a cui vengono affidati i minori? “È necessario che siano persone con un equilibrio affettivo e emozionale, capaci di ascolto ed empatia, in grado di gestire gruppi di bambini ed eventuali conflitti, che sappiano lavorare in équipe, che amino giocare e stare con i ragazzi”. Vengono offerte anche nozioni di tipo giuridico riguardanti il rapporto con i minori? “Ci sono normative interne inserite già nelle Linee Guida e sono valide per tutto il Movimento dei Focolari e altri aspetti legali invece si devono adattare al singolo Paese. Queste normative sono tradotte in buone prassi, cioè in comportamenti positivi ed efficaci da seguire, e indichiamo anche alcuni comportamenti da evitare, perché possono diventare situazioni rischiose”. UnknownIl corso affronta anche il tema del rapporto con i genitori dei minori. Che tipo di relazione si vuole instaurare? “Con i genitori si vuole fare un patto educativo, come dice Papa Francesco, lavorare insieme per il bene del bambino, come un corpo unico. Per questo all’inizio delle attività proponiamo ai genitori un incontro nel quale strutturare insieme il programma dell’anno, affinché i bambini possano ricevere dagli assistenti/animatori gli stessi messaggi dati in famiglia. Inoltre, proponiamo ai genitori di partecipare ad alcune delle attività. Cerchiamo di sostenere i bambini e gli adolescenti nelle loro difficoltà, per questo è importante dialogare e lavorare insieme ai genitori”. Il corso-base in sé esaurisce la formazione? “Per le persone che nel Movimento sono incaricate di occuparsi dei ragazzi questi momenti educativi fanno parte di una formazione continua più ampia, che si alimenta costantemente con argomenti inerenti al tema dei minori. Inoltre, abbiamo cominciato a lavorare anche con i genitori e con la comunità, perché abbiamo capito che è il tessuto che può garantire la prevenzione delle violenze sui minori, perché, al di là delle attività, è la comunità che sostiene i suoi membri. E abbiamo ottenuto risultati molto positivi. Tra gli interlocutori del Movimento ci sono anche le istituzioni, le associazioni e le parrocchie, Per loro è stato pensato uno strumento specifico? “Il libro ‘Custodire l’infanzia’ nasce dall’esperienza dei corsi aperti alla società, ad associazioni, parrocchie, centri sportivi e organizzazioni interessate al tipo di formazione che proponiamo con la nostra visione antropologica. È stato pubblicato l’anno scorso in Argentina dall’editrice Ciudad Nueva, che ci ha proposto di raccogliere tutto il materiale dei corsi in un volume per poter arrivare anche a quelle istituzioni che non sono in contatto diretto con il Movimento. Ad ogni presentazione segue un workshop che ci consente di parlare con professionisti, educatori e altre persone che non potremmo raggiungere in altro modo. Il libro è uscito da poco in Brasile e in autunno sarà pubblicato in Italia.

Claudia Di Lorenzi

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Verso le elezioni europee

Verso le elezioni europee

Intervista al prof. Pál Tóth:Applicare all’Europa il principio della fraternità come categoria politica significa costruire istituzioni che mirino alla collaborazione fra tutte le diversità, per realizzare il bene comune”. Si avvicinano le elezioni europee per il rinnovo dei rappresentanti dei 27 Stati membri dell’Ue nell’Europarlamento: 400 milioni i cittadini chiamati a votare a fine maggio. In gioco ci sono due idee di Europa: una europeista, l’altra euroscettica. Una polarizzazione che segue – a grandi linee – i confini geografici del vecchio continente, e vede contrapposti l’Est e l’Ovest. Ne parliamo con Pál Tóth, per il Movimento dei Focolari, consigliere culturale del Comitato d’Orientamento di Insieme per l’Europa, una rete di oltre 300 Comunità e Movimenti cristiani che vuole essere un bozzetto di Europa unita, espressione di una “cultura della reciprocità”: Pal Toth“Bisogna tenere presente che con l’allargamento dell’Unione si è arrivati abbastanza presto, nei nuovi Stati membri, all’applicazione dell’economia del mercato e del sistema giuridico democratico; ma una sincronizzazione fra le diverse realtà culturali avviene in una maniera molto più lenta. Parlo di “sincronizzazione” e non di semplice recupero o adattamento alle conquiste sociali e politiche dell’Ovest, perché sono convinto che l’Est sia portatore di valori che sono frutto di una sofferenza secolare e quindi di un valore fondamentale. Pensiamo all’amore alla verità del popolo ceco da Jan Hus fino a Vaclav Havel, alle piccole comunità nate nella Chiesa del silenzio che danno testimonianza sul Vangelo vissuto, alla Chiesa popolare della Polonia che riempie le chiese nel tempo della secolarizzazione, alle icone dell’Ortodossia che nell’era dell’immagine e della crisi della parola possono aprire nuovi accessi al mistero cristiano. A mio avviso l’Est non è ancora in grado di esprimere questi valori, e reagisce in maniera impulsiva a fenomeni che ritiene siano di decadenza e declino morale. Qui non si va avanti soltanto con le critiche; serve un cammino di crescita comune, un ‘processo sinodale’ –direi con papa Francesco –con accoglienza, comprensione, parole chiare ma non offensive, decostruzione di pregiudizi, discernimento comunitario”. La vicenda Brexit pone agli Stati dell’UE un interrogativo: le sfide del presente e del futuro si affrontano meglio stando da soli o in una formazione coesa? La trasformazione radicale del mondo in cui viviamo ci pone davanti sfide che non si possono gestire a livello nazionale. Il sociologo tedesco Ulrich Beck parla addirittura di una metamorfosi del mondo, che richiede un ragionamento nettamente diverso da quello precedente. Il cambiamento climatico, le migrazioni, la delinquenza organizzata, i “mali comuni” del capitalismo globale non possono essere affrontati efficacemente a livello nazionale, ma piuttosto con forze politiche integrate. Chiara Lubich e Igino Giordani, fondatrice e cofondatore dei Focolari, hanno avuto chiaro che un’Europa unita doveva farsi promotrice della pace mondiale. Alla luce del carisma dell’unità, cosa vuol dire adottare la fraternità come categoria politica? La democrazia nasce, nella modernità, come un sistema competitivo: distribuzione dei poteri, lotta fra i partiti, freni e contrappesi, la società civile come controllo del potere pubblico. Applicare il principio della fraternità come categoria politica significa costruire istituzioni che mirino alla collaborazione fra tutte le diversità, per realizzare il bene comune. I principi della libertà e dell’uguaglianza sono stati tradotti, negli ultimi due secoli, in categorie giuridiche e politiche. Ora si tratta di lavorare sulla categoria della fraternità, che riassume i valori della reciprocità e della mutua responsabilità. Nello scenario politico, accanto ai partiti come agenti di competizione, potrebbero venire in rilievo le istituzioni della società civile come realizzatori di compiti pubblici. I modelli non mancano e movimenti di rinnovamento spirituale e culturale, come quello dei Focolari, potrebbero avere un ruolo determinante in questo processo. Oggi l’impegno dei Focolari per un’Europa unita si esprime anche nel progetto Insieme per l’Europa. Ilona Tóth, membro del Comitato d’Orientamento di IpE,spiega come nasce l’iniziativa: Alla soglia del Terzo Millennio, fondatori e responsabili di Comunità e Movimenti cristiani (Chiara Lubich, Andrea Riccardi, Helmut Nicklas, Salvatore Martinez e altri) hanno deciso di mettere insieme i propri carismi sulla base dell’amore scambievole al servizio del Continente. Questo per far sì che accanto all’Europa geografica ed economica prenda vigore anche l’Europa dello spirito, fondata sui valori del cristianesimo. Quali risultati ha prodotto finora? Dalla rete di Insieme per l’Europa sta venendo fuori un lievito per un popolo europeo con una sua cultura basata sulla fraternità evangelica. Questi piccoli laboratori, sparsi in Europa, realizzano l’unità nella diversità. Nel proprio ambiente stanno avviando insieme iniziative per la pace, la famiglia, la cura dell’ambiente, per un’economia equa, per la solidarietà ecc., per rispondere così alle sfide di un continente in crisi.

Claudia Di Lorenzi

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Al Villaggio per la Terra, protagonista l’Amazzonia

Al Villaggio per la Terra, protagonista l’Amazzonia

Si è affrontato il tema della salvaguardia dell’Amazzonia, ecosistema fra i più ricchi del pianeta e insieme “foresta di culture”. Guardare l’Amazzonia con gli occhi di chi ci vive, “farsi uno” coi popoli indigeni che la abitano in un rapporto di scambio ed equilibrio perfetto: la terra è madre che dà vita e l’uomo ne ha cura e protegge la ricchezza delle sue creature, essendo esso stesso creatura nel Creato. E’ questo lo sguardo con cui i promotori e i partecipanti alla quarta edizione del Villaggio delle Terra, promosso a Roma dal Movimento dei Focolari con Earth Day Italia, dal 25 al 29 aprile, hanno affrontato il tema della salvaguardia dell’Amazzonia, ecosistema fra i più ricchi del pianeta e insieme “foresta di culture”. Dal parco di Villa Borghese, è stato rinnovato l’appello per la tutela della biodiversità ambientale ed etnico-culturale del “polmone” del pianeta, da troppo tempo sfruttato e depredato da multinazionali e governi che guardano a questa terra come fonte di guadagno. L’attività estrattiva di petrolio, gas e preziosi, e il disboscamento crescente di aree destinate all’agricoltura intensiva o alla costruzione di dighe e infrastrutture – denuncia Francesca Casella, Direttrice di Survivor International Italia – è un “attacco deliberato” che mette a rischio la sopravvivenza dell’ecosistema e delle tribù che lo popolano, sfrattate illegalmente dalle loro terre, private del sostentamento o addirittura sterminate. “Abbiamo fame e sete di giustizia per tutti coloro che sono morti lottando per il nostro popolo e per la nostra vita” ha detto commossa dal palco Hamangaì, studentessa indigena rappresentante del popolo Patax – nello stato brasiliano di Bcq5dam.thumbnail.cropped.750.422ahia – chiedendo che “l’umanità si fermi e ascolti i popoli originari”, portatori di una saggezza millenaria. A questo grido hanno risposto le centinaia di organizzazioni, istituzioni e realtà – civili ed ecclesiali – che hanno preso parte all’evento, facendo fronte comune per la tutela della terra amazzonica. Una terra che costituisce un patrimonio ecologico inestimabile, ma che si offre anche come modello per la coesistenza di centinaia di popolazioni con culture, etnie e religioni­­ diverse. Un modello da tutelare, dunque, secondo lo spirito indicato dal Signore a Mosè nella Bibbia: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai, è suolo santo” (Es 3,5). Un brano biblico che Papa Francesco ha citato nel corso del suo viaggio apostolico in Amazzonia, nel 2016, e che il Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha riproposto ai partecipanti al Villaggio, quale modello di relazione nell’incontro con gli indios e la loro terra. Proprio i vescovi del mondo si riuniranno in ottobre per discutere del tema amazzonico, ricercando “Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, come recita il titolo del Sinodo voluto dal Papa. La presenza della Chiesa in Amazzonia, ha ricordato il porporato, è in effetti significativa, con “7 Conferenze Episcopali, 106 vescovi e migliaia di sacerdoti e operatori pastorali”. Un’attenzione speciale che nasce dalla consapevolezza che tutto è connesso, come sottolinea il Santo Padre nella Laudato si’, dove invita ad una “conversione ecologica”, ovvero ad assumere l’interdipendenza di tutto il Creato, della natura con l’uomo e fra gli uomini, e dunque a modificare gli stili di vita per superare l’individualismo e adottare come criterio dell’agire la solidarietà globale. In questo senso si legge anche l’opera dei Frati Cappuccini in Terra Santa, presenti in 72 villaggi accanto ai popoli indigeni, impegnati anche nella lotta contro il pregiudizio verso gli indios, visti come popoli arretrati, e che invece molto hanno da insegnare. “Noi siamo schiavi del tempo, mentre stando con loro tu capisci quanto è sacro stare insieme, ascoltarsi” dice Padre Paolo Maria Braghini, missionario cappuccino da 20 anni in Amazzonia, che afferma “San Francesco sarebbe felice di vivere oggi in quella parte del mondo”. Un modello, quello amazzonico, che nella sua biodiversità può e deve essere replicato altrove, adattato però alle singole realtà, come evidenzia Rafael Padilha, docente dell’Università di Vale do Itajaì, in Brasile, che sottolinea anche l’importanza di promuovere un’economia che metta al centro la persona, per esempio attraverso progetti come quelli ispirati all’Economia di Comunione nata dal carisma del Movimento dei Focolari. La sfida, anche nei Paesi cosiddetti sviluppati – aggiunge Padre Laurent Mazas, Direttore esecutivo del Cortile dei Gentili – è passare dalla multiculturalità alla interculturalità, “dal duello al duetto, nel rispetto dei tesori di ogni cultura”. Al termine del talk, nel Viale delle Magnolie di Villa Borghese, come testimonianza dell’impegno comune per la salvaguardia della foresta e dei popoli che la abitano, è stato piantato un leccio utilizzando terra proveniente dall’Amazzonia.

Claudia Di Lorenzi

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Educare è fare del mondo un posto migliore

Educare è fare del mondo un posto migliore

“Il pilastro del nostro lavoro sono i bambini, ai quali da sempre ci dedichiamo con l’obiettivo di farli crescere forti perché sono il futuro”. In occasione di una conferenza promossa in Italia dal Movimento dei Focolari, il 2 marzo scorso, dedicata al tema dell’educazione, Amine Mohammed Sahnouni, giovane sociologo algerino, parla del suo impegno educativo in favore dei giovani: per costruire un mondo migliore è necessario partire da loro. Amine AlgeriaAmine, hai detto che per ottenere risultati è importante avere una “vision”, degli obiettivi di lungo periodo, e se possibile condividerli con altri. Qual è la tua “vision” in campo educativo? Credo che noi sociologi siamo i medici della società, e come tali dovremmo andare sul campo e affrontare fenomeni sociali di tutti i tipi. In questa prospettiva  la mia vision è “fare del mondo un posto migliore”, non solo per noi ma anche per le generazioni future. Tutti possiamo farlo, ma solo se iniziamo a cambiare noi stessi, anche a partire da piccole cose. Se vogliamo costruire una società più giusta, è essenziale dedicarsi alla formazione dei giovani. Quali sono i contenuti, le competenze e i metodi da proporre? I miei genitori mi incoraggiano, mi sostengono e mi guidano sempre. Mi hanno trasmesso il senso di responsabilità fin da quando ero piccolo. Ricordo ancora le parole di mio padre: “Amine, rendici orgogliosi di te”. Diceva sempre di mettere “Allah”, “Dio”, al primo posto in tutto quello che facevo: solo così sarei stato una persona di successo. Così il primo pilastro dell’educazione secondo me è la famiglia. Poi ci sono alcune competenze su cui lavorare: bisogna dare ai bambini più responsabilità, fidarsi di loro e guidarli perché le capacità di leadership si sviluppano fin da piccoli; è necessario dare loro fiducia, sostenerli e usare parole positive, in modo che possano sviluppare la loro autostima, i loro desideri e gli obiettivi; dobbiamo incoraggiare nei bambini il pensiero critico e insegnargli a condividere le loro opinioni di fronte agli altri. Tutte queste competenze si acquisiscono solo lavorando sul campo, anche attraverso programmi di scambio dove si incontrano giovani di paesi diversi, e anche cambiando il metodo di insegnamento tradizionale per rendere l’apprendimento facile e divertente. I leader religiosi, le istituzioni e le ONG chiedono attenzione per l’ambiente, ma le loro iniziative risultano insufficienti. Mentre per la giovane svedese Greta Thunberg, promotrice delle marce giovanili per il clima in tutta Europa, si parla di una nomination per il Nobel per la Pace. Significa che abbiamo bisogno di giovani per risvegliare gli adulti? Ammiro molto il coraggio e la determinazione di questa ragazza, che pur essendo molto giovane ha piena consapevolezza dei problemi ambientali, e questo è molto raro oggi, anche fra gli adulti. Questa grande “combattente” sta inviando un messaggio forte al mondo, ho molto rispetto per lei, dovremmo ispirarci al suo esempio. Credo infatti che le grandi conquiste partono da piccolo cose. Salire in bicicletta e attraversare l’Algeria, dal confine con il Marocco a quello con la Tunisia, può essere un modo per sollecitare l’impegno per l’ambiente. Puoi dirci com’è andata? Siamo un gruppo di amici pieni di passione e motivazione, e con il desiderio di ispirare i giovani. Dal 2012 la nostra filosofia è: se vuoi un cambiamento duraturo, inizia a cambiare te stesso. Con il tempo i nostri obiettivi sono cresciuti e abbiamo deciso di raccogliere la sfida di un nuovo progetto: attraversare l’Algeria da est a ovest in 15 giorni. Un progetto nato per sensibilizzare alla tutela dell’ambiente, promuovere i valori di cittadinanza, educare attraverso lo sport. Io e i miei due amici, Elhadi e Naim, abbiamo realizzato un video sul nostro progetto e in una sola settimana il video si è diffuso così velocemente che la gente ha iniziato a contattarci e offrirci aiuto. Anche durante il viaggio – nell’agosto 2017 – abbiamo ricevuto tanto sostegno e i risultati sono stati incredibili: 2 milioni di follower sui social media e in TV; abbiamo collaborato con più di 15 associazioni, strutture per bambini e club per ciclisti. Abbiamo sentito “Allah”, “Dio”, con noi ogni giorno e gli abbiamo chiesto coraggio, sostegno e forza per portare a termine la missione. E’ stata anche un’esperienza spirituale, abbiamo ricevuto le preghiere di tutti gli algerini e il sostegno delle nostre famiglie. In due sole settimane abbiamo suscitato altre campagne di sensibilizzazione, e dopo il progetto molte persone hanno seguito la nostra strada.

Claudia Di Lorenzi

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Europa: è tempo di dialogo

Europa: è tempo di dialogo

Europe time to dialogue è un’iniziativa del Movimento dei Focolari, concepita per contribuire al dibattito in vista delle prossime elezioni del Parlamento Europeo. L’appuntamento è su Facebook. La scelta di un Social Network come Facebook è decisiva: gli ultimi grandi appuntamenti elettorali – ci dicono gli esperti – sono stati influenzati dalle incursioni nelle reti sociali di gruppi interessati ai risultati, spesso sollecitati da visioni incompatibili con le ragioni della democrazia. I Social, dunque, sono un territorio nel quale si deve essere presenti, se si vogliono offrire i temi del bene comune, della partecipazione e della solidarietà. WhatsApp Image 2019 02 05 at 19.27.13Con la campagna Europe time to dialogue si offriranno le ragioni di un Europa più fraterna e più coesa in tempi in cui, da molte parti, sembrano sorgere, invece, le nubi dei nuovi egoismi sociali, dei neo-sovranismi, dei nazionalismi. La cultura dell’unità che scaturisce dal carisma vissuto dai membri del Movimento dei Focolari è al servizio di una politica nella quale le spinte alla collaborazione, alla condivisione e all’aggregazione, sono favorite e incoraggiate. D’altronde, fra i grandi testimoni dell’Europa unita vi sono anche Chiara Lubich e Igino Giordani, i quali hanno sempre avuto chiaro che l’Europa unita doveva farsi promotrice della pace mondiale e della condivisione planetaria. “Gli Stati Uniti d’Europa per gli Stati Uniti del Mondo”: in questo modo, Giordani fin dagli anni Venti del secolo scorso, e Chiara Lubich nelle numerose circostanze nelle quali ha parlato ai politici di tutto il mondo, hanno intravisto con lucidità il destino del Vecchio Continente. Ecco perché la comunicazione di Europe time to dialogue si presenta con un duplice volto: un messaggio proveniente dal passato, cioè la citazione di qualcuno dei passaggi sull’Europa unita e la sua missione universale di figure come Chiara Lubich, Igino Giordani, Pasquale Foresi, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Jean Monnet…, e un commento d’attualità, sulla visione che scaturisce dal messaggio di questi grandi testimoni nella lettura dell’oggi. Per seguirci, basta collegarsi a Europe time to dialogue su Facebook, e contribuire con un commento, una riflessione, e condividere i post con tutti i propri amici.

Alberto Lo Presti

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Mons. Vincenzo Zani: nuove alleanze per nuove sfide educative

Mons. Vincenzo Zani: nuove alleanze per nuove sfide educative

Intervista al segretario per la Congregazione per l’Educazione Cattolica presente al convegno EduxEdu: “Occorre ricostruire il patto tra educando ed educatore”. Ci sono questioni che non trovano soluzioni definitive in un mondo in continua evoluzione. Bisogna sempre tenere il passo, correggere, reinterpretare e soprattutto trovare il modo di uscire dalle tante solitudini che attanagliano chi si occupa oggi di educazione. Da sempre, ma in particolare in questi ultimi anni, la Chiesa ha richiamato con accenti forti l’attenzione sull’emergenza educativa vista come una delle sfide antropologiche più coraggiose da attraversare nel nostro tempo. E su questa sfida Papa Francesco continua a insistere perché sta proprio qui il vulnus, il punto più fragile, la causa delle crescenti diseguaglianze sociali, è una sfida che viene molto spesso sottovalutata dalla politica e quindi scartata e isolata nella totale indifferenza. Mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ne ha parlato alla tavola rotonda  dal titolo ”La vitalità dei sogni: dare un’anima all’educazione”,  al convegno internazionale che si è da poco concluso a Castel Gandolfo, “Edu x Edu”,  “Educarsi per educare – crescere insieme nella relazione educativa”. Il progetto è nato nel 2016 eha visto la partecipazione di circa 400 educatori, giovani, insegnanti dei focolari provenienti da diversi Paesi. Un cartello di promotori, oltre ilMovimento dei Focolari, ha sostenuto quest’anno l’iniziativa, come l’Università LUMSA, l’Istituto Universitario Sophia, AMU (Azione Mondo Unito onlus), EdU (Educazione e Unità) e AFN (Azione Famiglie Nuove onlus). 53695255 2094043104010432 1517733862065569792 nL’intervento di Mons. Zani ha puntato ad analizzare soprattutto la frattura tra le generazioni, una frattura fra culture, valori, ideali provocata anche dalla rivoluzione digitale, un potenziale straordinario ma che spesso disorienta. L’avvento dell’era dell’infosfera,  gli sviluppi nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno modificando le risposte a domande fondamentali. Di fronte a tale scenario qual è la proposta di Papa Francesco? Se torniamo per un momento al passato, scopriamo che l’educazione era un compito comunitario, una condivisione relazionale. Fare rete, aprire un dialogo a 365 gradi fra tutte le agenzie educative è la chiave che può vincere questa sfida. Educare non è infatti rimanere fissi nelle proprie sicurezze e nemmeno abbandonarsi solo alle sfide, ma tenere insieme i valori, le proprie visioni e mettersi a confronto con le altre realtà e una di queste dimensioni è quella della trascendenza, del rapporto con Dio, ha sottolineato Mons. Zani. L’invito è quello di metterci in rapporto e in servizio con gli altri, proporre un sapere non di tipo selettivo ma relazionale, che tende a includere, ristabilire a tutti gli effetti le fondamenta per un “patto educativo” che lasci spazio alla responsabilità educativa sociale per ricostruire armonicamente la relazione tra famiglia, scuola, istituzioni educative e civili e cultura. Occorre quindi rifondare questa alleanza per essere all’altezza delle sfide che il Papa ci ha lanciato.53164950 2094043034010439 1956683256338317312 n Ed è proprio per rilanciare l’impegno di ricostruire il patto educativo che Papa Francesco ha incaricato la Congregazione per l’Educazione Cattolica di promuovere un evento mondiale che si terrà il 4 ottobre prossimo a Roma. “Occorre, infatti, – ha affermato Mons. Zani -,  accompagnare gli uomini e le donne del terzo millennio, ma soprattutto i giovani, a scoprire il principio di fraternità che soggiace all’intera realtà: principio reso sempre più evidente dall’interdipendenza planetaria e dal comune destino di tutte le creature. Il Papa proporrà una “Magna charta” di principi ed obiettivi che verrà sottoscritta da lui stesso e da una rappresentanza di persone autorevoli, espressione dei vari mondi vitali e istituzionali del mondo, affinché diventi un impegno da assumersi a tutti i livelli attraverso progetti concreti in ambito educativo. Ricostruire il patto educativo a livello globale, educando alla fraternità universale, significa ricomporre la trama delle relazioni sociali sofferenti, danneggiate dagli egoismi individuali e dalle avidità collettive, puntando invece sul rispetto e sull’amore verso l’altro per trasformare e migliorare la vita personale e sociale. Se vogliamo cambiare il mondo – ripete Papa Francesco – occorre cambiare l’educazione”.

Patrizia Mazzola

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