Mar 18, 2021 | Testimonianze di Vita
Considerare “fratelli tutti” – come dice Papa Francesco – ci aiuta ad allargare i nostri orizzonti. “Date e vi sarà dato” Padre David, del Kenya, racconta: “aiutavo un ragazzo rifugiato povero, che avevo conosciuto durante la missione nel campo profughi Kakuma, nel nordovest del Kenya, pagandogli la scuola. Ma dopo un po’ non avevo più soldi per portare avanti questo sostegno; così gli ho spiegato questa difficoltà e ci siamo salutati. Dopo qualche tempo questo ragazzo ha inviato attraverso i social media un messaggio chiedendo di nuovo aiuto: ho avvertito tanta sofferenza nel non poterlo aiutare. Allora ho deciso di vendere una mucca che avevo a casa dei miei genitori, per pagargli la scuola. Lui è stato molto felice di ritornare finalmente alle lezioni. Nella nuova parrocchia dove vivo da quasi una un anno, i parrocchiani un giorno hanno deciso di farmi visita perché avevano saputo che il mio papà non stava bene in salute. Tra i regali che hanno portato c’erano tre mucche. Non potevo crederci: mi sembrava che Dio mi volesse dire soprattutto le parole “una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo”. Padre David, Kenya “Per i miei fratelli in Libano” Dopo la catastrofe del 4 agosto 2020 a Beirut in Libano, mi sono chiesto cosa potessi fare per aiutare quella terra già così martoriata. Dopo qualche giorno sarebbe arrivato il mio compleanno: 40 anni. La mia famiglia e i miei amici volevano festeggiarmi, anche solo con una cena. Ho pensato: è l’occasione giusta per aiutare la popolazione libanese. Così ho chiesto a tutti gli inviati alla cena di non farmi regali ma di contribuire economicamente al mio progetto in aiuto per Beirut. A fine serata, lo stupore nel contare i soldi raccolti: ben 600 euro! Mai immaginavo di arrivare a questa cifra anche perché alla cena c’erano pochi invitati a causa delle restrizioni per il Covid-19. Questo gesto ha però scatenato una reazione a catena fra gli amici: Emilia per la sua laurea ha dato il ricavato per un altro progetto, Francesco per il suo compleanno ha fatto un’adozione a distanza, e poi ancora i bimbi del quartiere, saputa della nostra iniziativa al compleanno, hanno dedicato il ricavato di un mercatino che hanno fatto con materiali di riciclo, sempre per il Libano! Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date…è questo in cui crediamo fortemente, sempre, quando riceviamo e quando diamo. L., Ischia (Italia) “Da un panino al centuplo per i poveri” Una volta sono stato in una paninoteca, in attesa di comprare un panino; avevo appena i soldi per uno solo. Uscendo dal negozio, ho visto una signora che guardava tutti quelli che mangiavano. Mi sono accorto che aveva fame e che aspettava qualcuno che le offrisse qualcosa da mangiare. Ho preso il mio panino e gliel’ho dato. Ho pensato tra me e me, posso sempre mangiare qualcosa più tardi. Era felicissima. Poi l’ho portata al negozio di frutta e ho chiesto al fruttivendolo se poteva darle della frutta che gli avrei pagato il giorno dopo, perché in quel momento non avevo soldi. Il fruttivendolo ha dato volentieri a questa signora non solo un frutto, ma una borsa piena, gratis. Ero così felice di vedere come un piccolo panino può diventare una catena del centuplo. Mumbai (India)
Lorenzo Russo
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Gen 27, 2021 | Testimonianze di Vita
Vivere per l’unità, significa contribuirvi in prima persona, quotidianamente, iniziando dai rapporti in famiglia, sul lavoro, nella certezza che con essa si trasformano le situazioni, si creano comunione, fraternità e solidarietà. Un’altra logica Quella mattina, di ritorno dalla messa domenicale, avevo trovato il caos in cucina, segno che la notte nostro figlio e i suoi amici avevano gozzovigliato. Sarebbe stato giusto ed educativo lasciare le cose come stavano in modo che si “vedessero”: così ne avremmo parlato. Ma la lettura del Vangelo appena ascoltata non mi lasciava in pace: riguardava il perdono. Perdonare settanta volte sette. Mentre cominciavo a fare ordine, avvertivo farsi strada in me una “giustizia” diversa, secondo un’altra logica. Era come se quel disordine esterno dovesse prima trovare spazio in me stessa. Rabbia e delusione verso nostro figlio hanno perso forza. Quando il ragazzo si è svegliato, mi ha chiesto cosa mi rendesse così felice. Non avvertendo risposta, dopo un certo silenzio si è aperto: era entrato nel giro della droga e chiedeva aiuto. Più tardi ci siamo confrontati col padre. Come un seme, la Parola cominciava a germogliare. In seguito la situazione di nostro figlio e, di conseguenza, di tutta la famiglia, è cambiata. (M. J. – Norvegia) La lezione di mia figlia Come responsabile di un importante settore dell’azienda presso cui lavoro, il mio impegno è stato subito di aiutare i dipendenti a dare il massimo con competenza e precisione. Ma dopo qualche anno qualcuno ha chiesto di essere licenziato, altri si lamentavano. Cos’era che non andava? Non capivo…Un giorno la mia bambina più piccola mi ha dato una grande lezione. Stavo aiutandola a fare i compiti e scorrendo il suo quaderno le facevo notare tutte le correzioni della maestra. E lei, tra le lacrime: “Papà, ma tu vedi solo gli errori? Non vedi le pagine con il voto massimo?”. Lo stesso errore che commettevo al lavoro: vedere soltanto i difetti altrui. È stata una luce. Si trattava ora di mettere un altro paio di occhiali, quelli che dà l’amore. Non è stato facile. Di nascosto ho cominciato a contare le volte che riuscivo e ogni giorno aumentava il numero. Un giorno uno dei collaboratori mi ha domandato come mai fossi così contento. È venuto a proposito raccontargli della lezione che mi aveva dato mia figlia. (J. G. – Portogallo) Marito alcolizzato Con un marito dedito all’alcol non esistevano più feste, ricorrenze, amicizie. E sarebbe stato sopportabile se non ci fossero stati anche gli scatti violenti. Vivevamo della sua pensione (quando riuscivamo a non fargliela spendere) e dei lavori di pulizia che svolgevo nel palazzo. In certi momenti andare avanti così richiedeva eroismo. «Perché non lo lasci?», mi ripetevano i parenti e gli stessi figli, andati via di casa per causa sua. Ma poi sarebbe finito sulla strada. Questo mi tratteneva: era il padre dei miei figli. Nei giorni nei quali ha dovuto subire un’operazione l’assenza di alcol lo rendeva ancora più agitato. Tuttavia ha accettavo di sottoporsi a una cura disintossicante. È stata lunga, ma ha cominciato a fare qualche passo. Mi sembrava di vedere un bambino che impara a camminare. Dopo qualche anno gli è ritornata la voglia di vivere, di godersi la famiglia e anche il primo nipotino. Ci avviamo alla fine della vita. Posso dire che senza la fede non avrei avuto la forza per stargli accanto. (M. D. – Ungheria)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.1, gennaio-febbraio 2021) (altro…)
Gen 16, 2021 | Testimonianze di Vita
Gesù ci invita ad andare dietro a Lui, a fare come Lui della nostra esistenza un dono al Padre; ci propone di imitarlo nel venire incontro con delicatezza alle necessità di ogni persona con cui condividiamo una parte piccola o grande della nostra giornata, con generosità e disinteresse. Il vicino Da quando gli era stata amputata la gamba, per qualsiasi bisogno il nostro vicino si rivolgeva a mio marito, che spesso rincasava tardi perché impegnato con lui. Suo figlio, pur abitando lì nei pressi, si disinteressava dei genitori dai quali lo dividevano vecchi rancori. Un giorno, trovandoci tutti d’accordo in famiglia, abbiamo deciso di festeggiare da noi il compleanno del vicino e di invitare, per l’occasione, anche la famiglia del figlio e altri del vicinato. Nell’atmosfera di amicizia che si è venuta a creare, alcuni di loro si sono offerti per dare una mano. Chi si è occupato del giardino, chi della revisione dell’auto, un’altra ha trovato il tempo per aiutare nelle pulizie. Di fronte a tanta generosità, anche il figlio del vicino non ha potuto esimersi dal collaborare. Da allora continuiamo a festeggiare a casa nostra compleanni e ricorrenze varie. I rancori sono scomparsi. Ne hanno guadagnato anche i bambini che ora vanno dal vicino ad ascoltare le favole e imparare a lavorare con il legno. (F. F. – Slovacchia) Raccolta rifiuti Una domenica percorrevo in bicicletta un sentiero di montagna, quando la vista di rifiuti lasciati da qualcuno che aveva fatto picnic mi ha fatto indignare. Questa incuria verso la natura, dono di Dio, mi è sembrata intollerabile e invece di proseguire mi sono messo a raccogliere quei rifiuti. Senonché dopo quelli ne sono apparsi altri: bottiglie di plastica e vetro, sacchetti vuoti, carta da pani ni, involucri di patatine… Cosa fare? Ho cambiato programma e la mia gita in bicicletta è diventata raccolta ecologica. Una famiglia che passeggiava, vedendomi al lavoro, senza dir niente si è unita a me per darmi una mano, compresi i bambini che sembravano divertirsi un mondo quando lungo il sentiero individuavano un pezzo di carta o una bottiglia. Ho fatto presto amicizia con quella famiglia; ci è poi venuta l’idea di future raccolte di rifiuti in cui coinvolgere chi fosse interessato a darci una mano. E così altre domeniche le nostre gite sono diventate pulizia di sentieri. È sempre così, basta cominciare. (D. H. – Germania) Dimenticare le chiavi Pedalavo in bici quando mi sono accorto d’aver portato con me le chiavi di casa che di solito lasciamo in un posto del giardino. Mia moglie era al lavoro e la bambina non avrebbe potuto entrare dopo scuola. Non potevo far altro che riportare le chiavi. Sulla via del ritorno, accasciato su una panchina, ho riconosciuto un mio amico. Era ubriaco e si lamentava per una storta al piede, che era molto gonfio. L’ho preso su e portato dai genitori, per fortuna non lontani. Essendo anziani e non in grado di accompagnare il figlio al pronto soccorso, me ne sono occupato io. Prima però ho fatto un salto a casa, per rimettere le chiavi a posto. Mentre in ospedale attendevamo il nostro turno, l’amico, che intanto aveva ripreso lucidità, mi ha detto della moglie e dei figli che non lo accettavano. Da quel giorno provvedere all’amico e ai suoi genitori è diventato per me un impegno fisso. Ho contattato anche i familiari di lui: ora sembrano più disposti a riconciliarsi. Dimenticare le chiavi era stato provvidenziale. (R. N. – Belgio)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.1, gennaio-febbraio 2021) (altro…)
Gen 1, 2021 | Focolari nel Mondo, Sociale, Testimonianze di Vita
Quattro storie di chi “osa prendersi cura” ogni giorno: perché non occorre aspettare la giornata mondiale per la pace per costruire un mondo più unito. «Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». Le parole conclusive del messaggio di Papa Francesco per il primo gennaio 2021, la 54esima giornata mondiale della pace, sono un programma rivoluzionario per la vita delle persone e dei popoli per questo 2021 nel quale sono riposte infinite speranze di pace; una pace che passa per lotta alla povertà, per una maggiore dignità della persona, al lavoro per la risoluzione di ogni forma di conflitto, fino (e non ultima) alla salvaguardia del pianeta. Apriamo questo 2021 con quattro storie di coloro che abbiamo voluto definire “eroi della cura”: persone come noi, o che ci vivono accanto, che non si sono lasciate sfuggire occasioni preziose di amore e prossimità negli ambiti più vari. Perché il campo d’azione della cura è vastissimo: è grande come il mondo. Ragazzi per l’Unità (Messico) – “Volevamo fare un progetto che avesse un impatto sia sociale che ambientale e ci è venuta l’idea di raccogliere tappi di plastica da donare a una fondazione che si occupa di persone affette da cancro, per aiutarla con il ricavato della nostra raccolta. Così abbiamo contribuito a rispettare l’ambiente riciclando la plastica e ad aiutare queste persone in cura. Ad oggi abbiamo fatto 23 consegne per un totale di un milione di tappi raccolti in meno di un anno! Oltre a questo abbiamo raccolto rifiuti riciclabili e, con il ricavato, abbiamo consegnato cibo all’ospedale, vestiti a persone con risorse limitate e aiutato case di cura. Abbiamo anche piantato alberi in alcuni punti della città”.
Sandra Mugnaioni (Italia), insegnante in pensione – Nel liceo Copernico di Prato, da circa vent’anni porta avanti alcuni progetti che fanno degli studenti “cittadini attivi”. Uno dei progetti più interessanti è quello dei Peer Educator: i ragazzi scelgono un tema, d’accordo con i professori che seguono il progetto, diverso anno per anno: si leggono documenti, si approfondiscono le varie sfaccettature del problema, poi si decide cosa fare. “L’anno scorso il tema è stato quello delle cosiddette ‘ecomafie’”. Alla fine del percorso 700 ragazzi delle scuole superiori della città hanno rappresentato un testo teatrale, la Gardugña, (in spagnolo significa Cosa Nostra). “In questo modo gli studenti acquistano una sensibilità e una competenza che permette loro di diventare formatori dei loro pari, anche dei coetanei più in difficoltà: sono, appunto i peer educator che una volta diplomati non smettono di cercare occasioni di bene e non mollano la loro prof, tanto che l’esperienza, al liceo e fuori, è condivisa e costruita da un gruppo di docenti sempre più esteso”. Rolando (Guatemala) – Rolando è il proprietario di Spokes Café. Due anni fa ha visitato una casa-famiglia nei pressi del suo quartiere e ha conosciuto Madelyn a cui ha proposto di lavorare come barista. “Cerchiamo di fare del nostro bar il trampolino di lancio per giovani come lei – racconta Rolando – insegnando loro un mestiere, per rompere con quel circolo vizioso e prepararli ad affrontare il mondo con dignità. Spesso poi decidono di proseguire l’università e questo ci riempie di soddisfazione”. Madelyn ha 21 anni ed è entrata in casa-famiglia con sua sorella. Lì vivono per lo più giovani vittime di abusi e
sfruttamento. Alcune sono state addirittura vittime della tratta. Anche se le giovani donne sono al sicuro in questa casa, molte soffrono lo stigma e raramente riescono a trovare un lavoro dignitoso. Madelyn racconta che ha sempre avuto difficoltà a comunicare con le persone: “Ho ancora molta strada da fare ma, a poco a poco, sto imparando. Lavorando qui ho scoperto il senso di responsabilità e che dietro ad ogni cliente c’è una persona. Questo lavoro ha segnato un punto di svolta nella mia vita”.
Maria Liza (Filippine), capo procuratore di Tacloban – Il Social Development Center for Children (SDCC) è un rifugio per ragazzi situato nella parte settentrionale di Tacloban City, l’isola che nel 2013 è stata duramente colpita dal tifone Haiyan. Oggi il centro è in grave difficoltà a causa della mancanza di fondi. “Così, siamo andati dal nostro sindaco e ci siamo proposti – racconta Maria Liza – abbiamo iniziato a raccogliere fondi per far fronte alla mancanza di vettovaglie e medicinali ma ci siamo anche fatti carico delle denunce di violenza dei minori”. “Ma la conquista più importante è stata quella di essere riusciti a portare l’attenzione dell’opinione pubblica sul centro. Se non fossimo entrati lì, nessuno avrebbe mai ammesso le loro condizioni di vita. Questo ha creato una sorta di ‘preoccupazione’ pubblica, perché l’amministrazione cittadina si possa prendere davvero cura di questi bambini”.
Stefania Tanesini
Per conoscere le storie in versione integrale visita la pagina Web dello United World Project (altro…)
Nov 26, 2020 | Testimonianze di Vita
Alla scuola di Gesù, possiamo imparare ad essere l’uno per l’altro testimoni e strumenti dell’amore tenero e creativo del Padre. È la nascita di un mondo nuovo, che risana la convivenza umana dalla radice e attira la presenza di Dio tra gli uomini, sorgente inesauribile di consolazione per asciugare ogni lacrima. Un’idea insolita Mio marito ed io viaggiavamo sull’autostrada, quando ho notato una coppia nella macchina dietro di noi. L’uomo al volante sembrava molto agitato e con la sua guida poteva rappresentare un pericolo. Arrivati al casello, ho avuto un’idea: perché non pagare il pedaggio anche a loro? Così, mentre mio marito pagava il nostro, ho dato all’impiegato l’ammontare per i viaggiatori dietro di noi, con il seguente messaggio: “Buona giornata e buone vacanze dalla coppia nella macchina del Massachusetts”. E a mio marito che non capiva ho spiegato che forse questo piccolo gesto avrebbe ricordato a quell’uomo che qualcuno gli voleva bene: chissà che non potesse portare una nota diversa nel suo viaggio! Guardando poi indietro, ho visto che l’impiegato del casello parlava con quella coppia, indicando verso la nostra direzione. Dopo un po’, ripreso il percorso, un’auto si è avvicinata alla nostra: erano loro. L’uomo sorrideva, mentre lei mostrava un pezzo di carta dove era scritto a caratteri cubitali: “Ha funzionato la vostra gentilezza! Grazie, Massachusetts!”. (D.A. – Usa) Pace in famiglia Da anni il rapporto con nostra figlia e nostro genero ci faceva soffrire. Lui era geloso di noi fino al punto che Grazia non poteva più venire a trovarci. A mia volta, non riuscivo a perdonarle tanta passività. Poi, una telefonata con mio genero: un’ora e mezzo di accuse reciproche. Quella notte non sono riuscita a dormire. Ho deciso allora di scrivere a tutti e due una lettera in cui chiedevo loro scusa e assicuravo che avevano sempre un posto nel nostro cuore. Non mi aspettavo niente da quella lettera, invece lui mi ha telefonato commosso, annunciando l’arrivo di Grazia l’indomani. Non molto tempo dopo una telefonata dei genitori di nostro genero, che non sentivamo da anni, ci ha confermato che la situazione era completamente cambiata: ci invitavano, infatti, a trascorrere qualche giorno da loro. Mai tanto affetto ci è stato dimostrato e abbiamo trascorso giornate serene, che non dimenticheremo facilmente. Ritornando a casa, mio marito ed io abbiamo ringraziato Dio perché con una semplice lettera ci aveva fatto l’immenso dono della pace in famiglia. (D.R. – Italia) La somma A mia moglie e a me sembrava giunto il momento dell’acquisto della casa. Fatti i nostri conti, impegnati tutti i nostri risparmi e l’anticipo sulla liquidazione, ancora ci mancava una somma per poter fare un mutuo decennale. Proprio in questi giorni, al lavoro, abbiamo fatto un grosso acquisto. Il fornitore mi ha preso poi in disparte e mi ha informato che quando volevo passare da lui avrei trovato “il mio”. Capivo cosa intendesse per “il mio”: era una certa somma che avrei potuto intascare. In altre parole si trattava di una forma, se non proprio di corruzione, sicuramente di malcostume, molto frequente nelle compravendite. Da una parte quella somma ci avrebbe fatto comodo e la tentazione di accettarla non è stata insignificante. Però la libertà di essere “puro di cuore”, come dice il Vangelo che voglio vivere, non ha prezzo. La certezza che Dio provvederà, come ha abbondantemente provveduto finora, ci ha fatto rifiutare l’offerta e, in aggiunta, dato la spinta a donare la nostra seconda auto a una persona che sicuramente ne ha più bisogno di noi. (D.A. – Italia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.6, novembre-dicembre 2020) (altro…)
Nov 20, 2020 | Testimonianze di Vita
Gesù non è indifferente alle nostre tribolazioni e impegna se stesso nel guarire il nostro cuore dalla durezza dell’egoismo, nel riempire la nostra solitudine, nel dare forza alla nostra azione. Un matrimonio salvato Una nostra figlia stava attraversando un momento estremamente delicato della sua vita di coppia. L’ultima volta in cui ho parlato con lei per telefono, mi confidava che ormai aveva perso ogni speranza di salvare il matrimonio; come unica cosa da fare, diceva piangendo, rimaneva il divorzio. Sempre aveva colpito me e mio marito la promessa fatta ai discepoli da Gesù: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà”. Con questa fiducia, promisi a nostra figlia che insieme agli altri suoi cinque fratelli avremmo pregato per ottenere la riconciliazione. Non molto tempo dopo lei mi telefonò risollevata e quasi incredula: dopo lunga riflessione, suo marito aveva accettato di fare un colloquio con chi avrebbe potuto aiutarli a risolvere i loro problemi. Difatti si riappacificarono. Non solo: passato qualche anno, nostro genero le manifestò il desiderio di entrare a far parte della Chiesa cattolica. Per questo le chiedeva di accompagnarlo da un sacerdote per iniziare la preparazione necessaria. (G. B. – Usa) Un nuovo inizio Non vedevo l’ora di cominciare a insegnare in un liceo della Chiesa d’Inghilterra a West London. Ma il mio entusiasmo è svanito presto: non accolto dagli studenti come avrei desiderato e in costante conflitto con loro, ho cominciato a usare i miei poteri. Ma confidandomi con amici, ho capito che un’altra era la tattica da seguire, anche se mi sentivo dalla parte giusta. Gesù non avrebbe fatto così. Il giorno dopo, in classe, mi sono scusato dicendo che avevo probabilmente fatto un sacco di errori che un insegnante più esperto avrebbe evitato. In un grande silenzio e ascolto da parte degli alunni, ho detto che avrei provato a vederli tutti con occhi nuovi e speravo che facessero altrettanto con me. Uno dei principali piantagrane ha pubblicamente accettato le mie scuse, scusandomi a sua volta per il comportamento proprio e del resto della classe. Vari studenti annuivano a queste parole. Ho visto alcuni di loro sorridere. Era accaduto qualcosa di imprevedibile: un insegnante si era scusato di fronte a tutta la classe. È stato un nuovo inizio per tutti. (G.P. – Inghilterra) Il ragazzo dell’incrocio Ogni mattina, prima di recarmi al mio posto di lavoro come vigile urbano, sono solito andare a Messa e chiedere a Gesù l’aiuto per amare chiunque incontrerò durante la giornata. Un giorno, ad un incrocio con molto traffico, vedo sfrecciare un ragazzo in moto. Dopo poco lui torna, sempre ad altissima velocità, e questo si ripete numerose volte. Gli intima inutilmente di fermarsi, sperando in cuor mio che non provochi guai. Finalmente si ferma, solo per dirmi: “Ho molte difficoltà, voglio farla finita con la vita”. Lo ascolto a lungo, pur continuando il mio lavoro. Gli offro la mia disponibilità ad aiutarlo e non gli faccio la multa. Lo vedo andar via più sereno. Passano alcuni anni. Mentre sono di servizio in un altro posto, mi si avvicina un giovanottone sorridente che mi abbraccia commosso. Io gli dico: “Guarda, devi aver sbagliato vigile”. E lui: “No, sono il ragazzo dell’incrocio; ora sono felicemente sposato e contento della vita. Sono venuto fin qui dalla città dove abito ora, perché la volevo ringraziare”. In cuor mio posso solo ringraziare Dio. (S.A. – Italia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.6, novembre-dicembre 2020) (altro…)