Mag 20, 2020 | Testimonianze di Vita
La Parola vissuta ci fa uscire da noi stessi per incontrare con amore i fratelli, cominciando da quelli più vicini: nelle nostre città, in famiglia, in ogni ambiente di vita. È un’amicizia che si fa rete di rapporti positivi, puntando alla realizzazione del comandamento dell’amore reciproco, che costruisce la fraternità. Cercare le parole giuste I miei bambini di sette e cinque anni giocavano incuranti di ogni pericolo. Non feci in tempo a raggiungerli, dopo l’esplosione della granata, che giacevano tutti e due sanguinanti. Li raccogliemmo e via all’impazzata, verso l’ospedale. Dentro di me un accavallarsi di sentimenti: sgomento, paura, dolore… ma dovevo occuparmi dei bambini e trasmettere loro pace. Lui aveva delle schegge nel capo e fu operato d’urgenza, lei era meno grave. Di notte, vegliavo al loro capezzale. Ogni tanto si lamentavano, assaliti da incubi: “Perché ci hanno fatto questo?”. Cercavo le parole giuste per far capire che chi aveva sparato era certamente qualcuno che aveva molto sofferto, forse non aveva i genitori, forse voleva soltanto distruggere i cannoni che stavano dalla nostra parte… Quando i bambini si assopirono cominciai a pregare, ad affidarli a Dio e chiedere che non rimanesse in loro odio. Oggi, dopo decenni, a proposito di quell’episodio doloroso, mio figlio lo considera un incentivo a dare il suo contributo per la pace nel mondo. (R. S. – Libano) Cambio di appartamento Quando alla proprietaria dell’appartamento in cui eravamo alloggiati abbiamo chiesto il permesso di fare, a spese nostre, delle ristrutturazioni, lei non ci ha detto che aveva intenzione di venderlo: ovvio che dopo aver effettuato quei lavori, saputa la sua decisione, siamo rimasti male e ci siamo sentiti traditi. Per di più il nuovo proprietario ha avanzato richieste altissime qualora avessimo voluto rimanere. Così, da un giorno all’altro, ci siamo trovati per strada. Ci siamo però fidati della provvidenza, certi che Dio non ci avrebbe abbandonati. Infatti, non molto tempo dopo, si è presentata una possibilità che rispondeva ancora meglio alle esigenze della nostra famiglia. Ma la cosa più importante è stato mantenere con l’ex padrona di casa rapporti cordiali e non di rivalsa. Anche se lei non lo ha dichiarato espressamente, ci ha fatto avvertire il suo pentimento. L’amicizia ritrovata ha coperto ogni incrinatura. (E.V. – Turchia) Disordine Sono iscritto alla Facoltà di Psicologia e alloggio con altri colleghi in uno studentato dove possiamo usufruire di una cucina comune quando non ci rechiamo a mensa. Uno di noi, oltre ad essere disordinato per quel che lo riguarda, è solito lasciarla sporca dopo l’uso. Stamattina ero passato appunto in cucina per prepararmi un caffè ed ho trovato tutto sottosopra perché lui aveva ricevuto ospiti e lasciato le cose come stavano. Non sono stato l’unico a notare quel caos; qualcuno, indignato, ha suggerito di non toccare nulla, finché il colpevole non se ne sarebbe reso conto. Poco dopo però, nella mia camera, accingendomi a studiare, non ero in pace; il pensiero tornava sempre a quel disordine in cucina… Che fare? Dare una lezione all’altro o fargli un gesto di carità? Senza indugiare, sono tornato in cucina, mi sono messo a lavare bicchieri e piatti, ho portato fuori l’immondizia… In camera poi mi è sembrato di comprendere meglio quello che leggevo. La vita con gli altri è una forma di educazione che completa le lezioni che ascolto all’università. (G. T. – Francia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.3, aprile-maggio 2020) (altro…)
Apr 29, 2020 | Testimonianze di Vita
Tutto dipende da come guardiamo “l’altro”, il fratello o la sorella: le situazioni possono ribaltarsi se scegliamo di amare. Tempi duri Krystyna mi parlava dei tempi duri della Polonia in stato di guerra: «Mancavano generi alimentari e prodotti per l’igiene, ricevevamo roba da amici dell’allora Germania Orientale. Invece i nostri vicini facevano feste con abbondante uso di alcolici. Un giorno però notammo nel loro appartamento un insolito silenzio e dalla bambina, rimasta sola, venimmo a sapere che la mamma era in ospedale. Andai a trovarla portando con me sapone e dentifricio, prodotti allora introvabili. Quando lei mi vide, rimase di stucco: “Proprio lei, a cui ho dato sempre disturbo, è venuta da me? Nessuno degli amici che ci frequentano è venuto: Una volta dimessa dall’ospedale, mi invitò a casa sua. L’accoglienza fu calorosa. Poi prese a confidarmi qualcosa della sua triste infanzia, il non senso della sua vita e il bisogno di uscire da un certo giro. L’ascoltai con amore e le assicurai la mia preghiera. In seguito, l’uomo che viveva con lei se ne andò e la rumorosa compagnia smise di frequentare quella casa. Ora quella mamma poteva offrire una vita “normale” alla sua bambina». B.V. – Polonia Giovane coppia del Sud Venuti dal Sud Italia, si erano trasferiti al Nord per uscire da un paesino dove dominava la mafia. Avevano necessità di trovare casa e lavoro per entrambi. La mia situazione economica non era delle più floride, ma con fede mi sono messa ad aiutarli a cercare un alloggio. Purtroppo, quando dicevo che erano del Sud, tanti chiudevano la porta. Ho pianto con loro e ancora una volta mi sono resa conto che soltanto un povero può capire un altro povero. Ho vissuto con quella giovane coppia tante umiliazioni e, quando alla fine abbiamo trovato la casa e il lavoro, mi sono scoperta arricchita da questa condivisione. V.M. – Italia Le tovaglie rubate Lavoro come cassiera in un ristorante. Non ho ritegno a chiedere in cucina gli avanzi per portarli ai bambini che vivono sulla strada. Sono sempre tanti quelli che tutti i giorni incontro lungo il tragitto verso casa. Un giorno, mentre sto scendendo dal bus, qualcuno mi strappa dalle mani la borsa e via! Rimango interdetta: dentro c’erano dieci tovaglie del ristorante appena ritirate dalla lavanderia. Come fare? Come lo dirò al mio datore di lavoro? Comprare la stoffa per rifarle è impensabile, date le mie possibilità, e non so come dirlo a mia madre e al direttore del ristorante. Sono certa però che l’Eterno Padre mi aiuterà. Il giorno dopo riferisco al mio datore di lavoro quello che mi è successo e lui, senza scomporsi, dice che attende le tovaglie prima possibile. A questo punto una cliente che ha ascoltato la nostra conversazione si avvicina e si dichiara disponibile a comprare la stoffa necessarie per confezionarne di nuove. Da non crederci! Il mio primo moto di gioia è stato pensando ai bambini che avrei potuto ancora aiutare con il cibo. D.F. – Filippine Fiducia Incontrai Alvaro in una trattoria: 35 anni, trasandato e con la barba incolta. Quando mi chiese di aiutarlo a compilare delle domande di lavoro, gli diedi appuntamento per il giorno dopo nel mio studio. Si presentò verso sera, dicendo che in realtà chiedeva solo amicizia. Mi fece compassione e, superando il disgusto per l’odore che emanava, gli offrii del brandy. Lui capì che non lo giudicavo e cominciò a raccontarmi i suoi problemi, da quando, bambino, era stato abbandonato dalla madre e il padre era finito in prigione. Le ore passavano e lui, come in confessione, continuava a dirmi di sé. Albeggiava quando si accorse che era giorno e, scusandosi, mi salutò. Lo rividi altre volte, gli feci conoscere i miei amici che lo accolsero con eguale familiarità. Lui ricambiava con vari lavoretti: un vero aggiusta-tutto. Riuscì poi a trovare un lavoro stabile, fece anche carriera, si sposò e divenne padre di due bambini. Quando, anni dopo, mi raccontò tutto questo, era un’altra persona. Aveva ritrovato la sua dignità, grazie alla fiducia che gli avevamo dimostrato. A.C. – Italia
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020) (altro…)
Apr 24, 2020 | Testimonianze di Vita
“La fede – scriveva Chiara Lubich – è il nuovo modo di ‘vedere’, per così dire, di Gesù” . Con essa possiamo avvicinare Lui in ogni prossimo e comprenderlo in profondità, incontrarlo nel più profondo del cuore. Non ci è mancato nulla Un giorno il padrone dell’azienda presso cui lavoro ha riunito il personale e, dopo aver enumerato i problemi per portarla avanti, ci ha fatto la proposta di ridurre le ore di servizio, con il 30 % in meno di salario, per evitare licenziamenti e continuare a mantenere tutti gli operai. Cosa fare? È stato un momento difficile, considerando che ho una famiglia numerosa e le spese sono tante …ma se questo permetteva a tanti di noi di continuare a lavorare, ho accettato. A casa, mia moglie ed io ci siamo impegnati a fidarci della provvidenza di Dio e abbiamo coinvolto anche i bambini a pregare, non soltanto per i bisogni della nostra famiglia, ma anche per le altre famiglie in difficoltà. Uno dei primi segni che Dio ci aveva ascoltati è stato l’arrivo di una somma che tempo addietro avevo dato in prestito a un amico e che quasi non speravo più di recuperare. Ora che sono passati tanti mesi, ci rendiamo conto che non solo non ci è mancato mai nulla, ma è molto cresciuto il senso di responsabilità nei nostri figli. S.d.O. – Brasile Televendite Il più delle volte mi trovo nella situazione imbarazzante di dover dire di no a un televenditore. Spesso, quelle indesiderate telefonate arrivano nel momento meno indicato della giornata. Nel corso degli anni ho adottato una varietà di risposte che vanno dal fingere un accento straniero e di non capire al solito: «Non ho tempo», riagganciando rapidamente. Ogni volta però che ho usato queste e altre simili tattiche mi sono sentita a disagio, sapendo di aver aggiunto negatività a qualcuno che non ha avuto altra scelta se non lavorare nelle televendite. Che fare allora? Rifiutare delicatamente ma fermamente prima che l’altro faccia le sue proposte, per evitargli di perdere tempo con me? Quando poi mi ricordo che la persona che sta eseguendo quel servizio è sempre un prossimo da amare, più ascolto, più rimango amareggiata quando finalmente devo dichiarare il mio rifiuto. Sto cercando di imparare a dire almeno un veloce «Buona giornata!» prima del clic. C.C. –USA Percepire l’amore Nel mio reparto era stato ricoverato un uomo di 52 anni che si era sparato alla testa per problemi familiari. Per fortuna il cervello non aveva subìto danni, ma gli occhi erano stati compromessi. L’intervento chirurgico fu molto complicato. Nelle visite che seguirono non faceva altro che ripetere di voler morire. Dopo il periodo di terapia intensiva, fu portato nel mio reparto, dove approfittavo di ogni occasione per salutarlo. Un giorno gli chiesi: «Sa chi c’è accanto a lei?». E lui: «Non ci vedo, ma penso sia la dottoressa che mi ha operato. Durante l’operazione ho percepito tanto amore». Gli promisi che avrei fatto il possibile per salvargli almeno un occhio. A conferma di ciò, una mattina mi disse che cominciava a vedere un barlume di luce. La vista migliorò giorno dopo giorno. Qualche mese dopo essere stato dimesso, venne a trovarmi. Era un’altra persona: per lui era cominciata una nuova vita, anche nel matrimonio. Ma soprattutto, diceva, aveva trovato la fede. Gli ho risposto scherzosamente che aveva dovuto perdere un occhio per vederci meglio! F.K. – Slovacchia
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020) I (altro…)
Mar 16, 2020 | Testimonianze di Vita
Per comprendere meglio cosa fare per gli altri, Gesù ci invita a metterci nei loro panni; proprio come ha fatto lui, che per amarci ha preso la nostra carne umana. Lo fai per te o per gli altri? Mi trovavo in una strana situazione: pregavo ogni giorno, frequentavo regolarmente la Messa, ero impegnato in opere di carità … eppure non avevo una fede viva. Era come se un velo mi impedisse di vedere chiaramente. Un giorno, accompagnando mia nonna dal medico, ci siamo addentrati in discorsi profondi; conoscendo quanto fosse credente, le ho raccontato il mio stato d’animo. E lei, fissandomi negli occhi: “Figlio mio, tutto quello che fai, lo fai per te o per gli altri?”. Quella semplice domanda mi ha sconvolto. C’era da cambiare completamente rotta! Ho cominciato a riflettere, costatando che anche gli atti di carità erano riempitivi di un sistema di doveri. Periodicamente visitavo un anziano. Andando da lui, dopo quella volta, più che parlare di pratiche da sbrigare o di medicine, gli ho chiesto cosa avesse in cuore. Mi ha parlato della guerra, dei commilitoni morti, della malattia della moglie … Alla fine mi ha ringraziato per il grande dono che diceva di aver ricevuto quel giorno. (U.R. – Argentina) Fedeltà Invaghitasi di un collega, mia moglie mi aveva lasciato con quattro figli. Non potevo esternare la mia disperazione per non accrescere il loro dolore, ma non riuscivo ad evitare di interrogarmi in cosa potessi aver sbagliato con lei. La stessa mia fede veniva messa alla prova. Ora la sfida era far pesare il meno possibile ai figli questo dramma e fare in modo che lei non avvertisse giudizi da parte loro. Qualche volta le portavo la più piccola di quattro anni, altre volte facevo in modo che lei partecipasse alle riunioni dei genitori con gli insegnanti degli altri figli. Lentamente si creò una situazione in cui sembrava che la mamma, pur essendo via di casa, in qualche modo continuasse ad essere presente nella vita di famiglia. Quando però lei chiese il divorzio, mi sembrò di ripiombare al punto zero. Un nuovo passo da affrontare con i figli. Fu il più grande, vedendomi un giorno triste e pensieroso, a darmi coraggio dicendo: “Papà, stai tranquillo. Stiamo imparando a prendere in mano le redini della vita”. (B.d.P. – Croazia) Il corredino Abituata da giovane ad avere soldi, vestiti, lusso, dopo il matrimonio a poco a poco ho dovuto ridurre drasticamente ogni spesa. Giorni fa mi è arrivata dal lavoro una cifra extra: subito ho pensato al nostro bambino che stava per nascere, al corredino che avrei potuto comperargli. Poi però, ricordando quanti poveri ci sono in città, mi sono detta che quei soldi potevano servire ad aiutare qualcuno di loro. Per la nascita del nostro bebè ho ricevuto in dono molti vestitini usati. Certo, avrei desiderato un corredo tutto nuovo, ma quelle cose ricevute per amore mi sembrava avessero un valore e una bellezza ancora più grandi. (Anita – Venezuela)
a cura di Stefania Tanesini (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020)
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Mar 10, 2020 | Testimonianze di Vita
L’invito di Gesù “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12) è la cosiddetta “Regola d’oro”, un insegnamento universale contenuto nelle diverse culture, religioni e tradizioni . È la base di tutti i valori autenticamente umani, che costruiscono una convivenza pacifica, con rapporti personali e sociali giusti e solidali. Il centuplo Vivo in una città piccola con pochi negozi, dove non sempre si trova il necessario. Una mattina bussa alla mia porta una vicina povera e ammalata. Con un grande sorriso mi chiede un po’ di olio. In cucina ne è rimasto pochissimo, servirebbe a me. Ma avverto la spinta a donarlo tutto. All’ora di preparare il pranzo, mi rendo conto che devo arrangiarmi senza olio, ma sono felice di quanto ho fatto. Sto per prendere la pentola quando bussano alla porta. È una suora che non vedo da tempo perché abita in una regione distante. M’invita: “Vieni, in macchina ho qualcosa per te”. E mi consegna tre scatoloni pieni di contenitori di olio: in tutto 54 litri. (G.V. – Burundi) Se si dà amore … Non era facile il reinserimento, dopo 20 anni di assenza dal nostro Paese. All’inizio mia moglie ed io ci sentivamo un po’ estranei: c’era da ricominciare in tutti i sensi. Ma nel Vangelo abbiamo trovato la carica per aprirci agli altri, per ricostruire rapporti di vecchia data e intrecciare nuove amicizie. Essendoci sposati non più giovanissimi, avevamo deciso che, se non fossero arrivati bambini, saremmo stati disposti ad essere famiglia per chi non l’aveva. Con quest’animo abbiamo iniziato un percorso di adozione. Quando mesi fa abbiamo ricevuto la notizia dell’arrivo di Veronica e Carlos, due fratellini brasiliani, abbiamo fatto girare le loro foto nell’ambito delle nuove conoscenze. Poi siamo andati a prenderli a Rio. Al ritorno abbiamo trovato un enorme striscione sulla strada con una scritta di benvenuto per Veronica e Carlos e, sulla veranda di casa, tanti palloncini e messaggi. Non possiamo dimenticare gli aiuti concreti in vestiario e altre cose necessarie. Una riprova per noi che, se si dà amore, si riceve amore. (M.S.F. – Spagna) Congiura d’amore Una volta rimasta sola, mia suocera, nonostante avesse delle figlie in condizione di poterla accogliere, è venuta ad abitare da noi. La sua presenza, accestitissima dai miei figli, era tuttavia un impegno in più per me che avevo già la famiglia da accudire. Inoltre lei, per una forma di arteriosclerosi, parlava da sola, senza rendersi conto di essere ascoltata; e capitava che spesso imprecava contro di me. I miei figli ridevano della situazione, anche se per me era una doppia ferita. Era questo il ringraziamento per quello che facevo per lei? Un giorno era a letto influenzata e durante il pranzo è venuto fuori il discorso della nonna che parlava a vanvera. Mio marito è rimasto addolorato, poi tutti insieme abbiamo deciso di fare bella “congiura d’amore” per voler bene di più e meglio alla nonna. Penso che sia stato uno dei momenti più educativi e fecondi della nostra famiglia. I parenti, e sono tanti, che spesso vengono a trovarla, rimangono meravigliati dal bene che la nonna “produce” nella nostra famiglia. (C.S. – Italia)
a cura di Stefania Tanesini (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020)
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Feb 14, 2020 | Testimonianze di Vita
Gesù, con tutta la sua vita, ci ha insegnato la logica del servizio, la scelta dell’ultimo posto. È la posizione ottimale per trasformare l’apparente sconfitta in una vittoria non egoistica ed effimera, ma condivisa e duratura. Alcoldipendente Conoscendo la tragedia che vivevano le nostre due famiglie a causa dell’alcol, avevo fatto col mio ragazzo patti chiari. Lui mi giurò il suo impegno. Per alcuni anni le cose andarono bene. Dei sospetti però affioravano di tanto in tanto: qualche ammanco nell’economia, qualche ritardo non giustificato … Il vero dramma non fu scoprire che lui era da sempre alcoldipendente, ma che noi, moglie e figli, non eravamo stati capaci di tirarlo fuori da quel giro. Mi sentii umiliata. Quando ne parlai con il parroco, pur riconoscendo la gravità di un inganno protratto per anni, mi chiese se, per il bene dei figli, ero pronta a ricominciare. Non da sola: la comunità mi avrebbe sostenuta. Con una forza in certi momenti eroica, rimasi accanto a mio marito; lo convinsi ad accettare di disintossicarsi, lo sostenni nette crisi di astinenza. Sono passati due anni. La famiglia ha risentito fortemente di queste scosse, ma in me e nei figli è cresciuta una forza nuova. La vita di ogni giorno è diventata un dono meraviglioso. (J.K. – Romania) Rifugiati La guerra in Ruanda ci ha tolto tutto: casa e alcuni parenti. Da Kigali ci siamo trasferiti nel mio paese natale, poi siamo dovuti partire anche da lì verso un campo di rifugiati, portando con noi solo poche cose, tra cui gli indumenti per il nostro bambino che doveva nascere. Nel campo c’era una marea di gente disperata e in miseria. Dopo l’arrivo di alcune suore, mi sono offerto come volontario per aiutare nei primi soccorsi. Mi è stato affidato il servizio sociale, ma non c’erano mezzi, niente da dare ai rifugiati. In mezzo ad un gruppo di orfani c’era un bambino di sette anni, rimasto separato dalla famiglia. La madre lo ha ritrovato dopo molti giorni di marcia, ma arrivando al campo era esausta. A me rimanevano 300 franchi, circa un dollaro: una fortuna. lo ne avevo bisogno, ma lei più di me. Glieli ho dati, convinto che Dio avrebbe pensato anche ai miei; così lei ha potuto comprare cibo e una piccola capanna per ripararsi. Poco dopo ho incontrato mia sorella maggiore, che da tre giorni girava nel campo cercandoci: mi portava 1000 franchi. (C.E. – Ruanda) Cicatrici Non era semplice sapere come trattare Marta, la nostra quarta figlia, affidataci dal tribunale dei minori. In lei c’era un rifiuto totale della sofferenza in seguito a un incidente che le aveva lasciato sul corpo cicatrici che nascondeva a tutti come un marchio d’infamia. Solo con l’amore paziente, il dialogo e la collaborazione di tutti, in famiglia, lei è riuscita a superare quel trauma, scoprendo e valorizzando al tempo stesso anche i talenti che aveva. Così, a poco a poco, la ragazza difficile si è riconciliata col proprio corpo e con l’ambiente che la circondava. Con sollievo abbiamo visto maturare in lei l’amore alla vita. Man mano che questa esperienza andava avanti, era possibile comunicarle anche il valore del dolore. Un giorno, appena rincasata, Marta ci ha raccontato di una compagna che, avendo notato le sue cicatrici, aveva fatto una smorfia di disprezzo; lei però, invece di rimanerci male, aveva alzato la manica per meglio mostrare quei segni, spiegandole l’origine. Al che la compagna le aveva chiesto scusa. Da allora sono diventate amiche. (O. N. – ltalia)
a cura di Stefania Tanesini (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.1, gennaio-febbraio 2020)
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