Le minoranze religiose nei Paesi musulmani sono una grande risorsa verso la risoluzione dei conflitti. Riportiamo quanto pubblicato da Avvenire e dall’Agenzia Sir dopo la presentazione del volume “Cristiani nelle terre del Corano”. Cristiani in terra araba, il dialogo alla prova (Da Avvenire del 3 luglio 2007) La testimonianza dei “cristiani nelle terre del Corano” (Da Sir – 28.6.2007) “Oggettività e sentimento” sono alla base del libro “Cristiani nelle terre del Corano. Viaggio nei Paesi musulmani del Mediterraneo” di Michele Zanzucchi, caporedattore di “Città nuova”, come ha spiegato lo stesso autore, alla presentazione del volume. “Per scrivere – ha detto Zanzucchi – mi sono posto in una prospettiva dialogica, perché il dialogo è più che mai necessario tra cristiani e musulmani nelle terre della mezza luna”. Se sono tante le forme di dialogo, “quella assolutamente indispensabile sembra quella della vita, dell’amore, dello spirito, della solidarietà, del vicinato”. La testimonianza dei cristiani, infatti, “è fondamentale in quella terra dove non è possibile il proselitismo”. Nel suo viaggio in 14 Paesi del Mediterraneo, il giornalista ha incontrato laici e vescovi, patriarchi e imprenditori, religiosi e madri di famiglia. “Ho trovato – ha detto l’autore – una ricchezza umana impressionante, ma anche tanto dolore. I problemi maggiori sono quelli economici, di libertà e di carattere politico e culturale: a ciò si lega, prevalentemente, l’emigrazione di tanti cristiani”. Se “il sentimento di scontro tra civiltà non esiste”, si avverte, però, “il contrasto”. “Creare un’alleanza, tra musulmani e cristiani” – Il giornalista tunisino Adnane Mokrani ha ricordato che “La presenza cristiana in Oriente era più numerosa prima della nascita dello Stato moderno. Nella Turchia contemporanea, ad esempio, quasi non ci sono più cristiani”. Il vero problema, per Mokrani, “è che nel mondo islamico difetta la democrazia”. Da qui “nasce il fondamentalismo”. Anzi, “in quest’area caratterizzata da tante tensioni non c’è più spazio per la politica, si ritorna alle etnie e alle tribù. In caso di guerra civile il razzismo tribale e religioso si acuisce: a pagare il prezzo più alto sono i gruppi più deboli, come sta avvenendo adesso in Iraq”. Per aiutare i cristiani in queste terre “non servono marines o paracadutisti”, ma “creare un’alleanza, tra musulmani e cristiani, per promuovere lo sviluppo della società civile e la democrazia”. La presenza dei cristiani nella terra di Gesù, ha osservato Mokrani, “è più di una necessità per favorire una visione dialogante e garantire il pluralismo”. “Un pensiero comune di cristiani e musulmani su questioni importanti” – Nei Paesi islamici del Mediterraneo “l’evoluzione verso la democrazia non può essere imposta dall’esterno, ma deve nascere dall’interno e i valori dello spirito, presenti nell’islam, possono giocare un grande ruolo in questa direzione”. Parola di padre Giuseppe Scattolin, islamologo, vissuto negli ultimi 30 anni tra Libano, Sudan ed Egitto, “L’Islam – ha detto Scattolin – è una realtà molto complessa e con molte anime. Anche in passato ci sono stati momenti di intolleranza e irrigidimento. Come già è successo in Occidente che ha riflettuto sulla sua storia per puntare poi ad alcuni valori fondamentali come i diritti umani, anche nell’Islam c’è la necessità di ripensare la propria storia”. Un punto di partenza per favorire l’apertura verso la democrazia e il riconoscimento dei diritti di ogni uomo e, quindi, per “una fratellanza universale” è, per l’islamologo, la considerazione, comune a cristiani, ebrei e musulmani, che “l’uomo è stato creato a immagine di Dio”. “È necessario – ha osservato Scattolin – che ci sia un pensiero che accomuni cristiani e musulmani su questioni importanti come i diritti umani”.
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