Un consigliere comunale, capogruppo del partito di maggioranza della città argentina di Mar del Plata, vede entrare nel suo ufficio un paio di giovani che si presentano come attivisti dell’opposizione. Il consigliere li riceve curioso. I due giovani con semplicità spiegano che desiderano assicurargli il rispetto per le sue posizioni, ma che vogliono esercitare in modo costruttivo il loro ruolo politico di opposizione. Il consigliere, stupito per l’insolita dichiarazione, domanda loro dove hanno appreso a far politica in quel modo. I due giovani gli spiegano che sono alunni di una delle scuole di formazione del Movimento Politico per l’Unità (MPPU). Poco tempo dopo, anche il consigliere comunale comincia a frequentare la locale scuola politica del MPPU. Difficilmente Chiara Lubich avrà conosciuto questo minuscolo episodio, persosi nel mare di mille altri fatterelli che tanti membri del MPPU provenienti da numerosi Paesi potrebbero evocare. Ciò nonostante, lo si può senz’altro considerare come un effetto tipico dell’incontro col pensiero e lo spirito del carisma dell’unità di cui Chiara è stata portatrice e che prende come paradigma l’ideale di fraternità universale. Come? Preparando cittadini e dunque una società civile, sensibile alla vita della comunità politica nella quale sono inserti. Una cittadinanza attiva, insomma. Un tuffo nella storia. Nella “Mariapoli” tenutasi nella valle di Primiero nell’estate del 1959, durante due mesi si alternano per alcuni o più giorni un totale di circa 12.000 persone, provenienti da 27 Paesi dei cinque continenti. In quei giorni Chiara afferma: “Sono questi i tempi… in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria”. Parole ardite in tempi in cui gli effetti del tremendo conflitto mondiale sono ancora visibili; parole ispiratrici di nuovi rapporti tra popoli e governi. Amare la patria altrui come la propria é ancora oggi un’idea forte, una linea guida d’azione, partendo dai più deboli e più poveri. Filadelfia (USA), 2003. Nella “Giornata dell’interdipendenza” svolta in quella città, Chiara scrive nel suo messaggio: «Da più punti della terra, oggi, sale il grido di abbandono di milioni di rifugiati, di milioni di affamati, di milioni di sfruttati, di milioni di disoccupati che sono esclusi e come “recisi” dal corpo politico. È questa separazione, e non solo gli stenti e le difficoltà economiche, che li rende ancora più poveri, che aumenta, se possibile, la loro disperazione. La politica non avrà raggiunto il suo scopo, non avrà mantenuto fede alla sua vocazione fino a quando non avrà ricostituito questa unità e guarito queste ferite aperte nel corpo politico dell’umanità». Ma per raggiungere questa meta sarà necessario della fraternità, perché «libertà ed uguaglianza, dinanzi alle sfide del presente e del futuro dell’umanità, non sono da sole sufficienti (…). Uguaglianza e libertà saranno sempre incomplete e precarie, finché la fraternità non sarà parte integrante dei programmi e dei processi politici in ogni regione del mondo». Non sono mere parole quelle di Chiara, ma il frutto dell’esperienza di un Movimento che nel suo sviluppo ha esteso il suo sguardo sul mondo facendo proprie “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi”. Sarà dunque la società civile, sulla base di cittadini animati dallo spirito di fraternità, come ha auspicato Chiara Lubich, a dare limiti e contenuto a liberta e uguaglianza, i tre pilastri della nostra civiltà. Testo integrale: Politics for Unity
Essere operatori di pace
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