Movimento dei Focolari

Preghiera ecumenica di inizio Avvento nella chiesa evangelico-luterana di S. Anna di Augsburg

Dic 3, 1998

Presenti vescovi di diverse Chiese: "Che siamo strumenti tuoi, assieme a tanti altri che lavorano per l’unità"

“Abbiamo sperimentato uno spostamento d’accento nella nostra visione dell’ecumenismo”. Così l’Oberkirchenrat emerito Johannes Merz, evangelico luterano, ha espresso in estrema sintesi le intense giornate vissute a fine novembre nella cittadella ecumenica di Ottmaring da 34 vescovi amici del Movimento dei Focolari di 7 Chiese, ortodossa, siro-ortodossa, anglicana, evangelico-luterana, vetero-cattolica, cattolica e Chiesa del Sud-India, provenienti da 12 Paesi. Tema-guida del Convegno è stato ‘L’amore cristiano come stile di vita ecumenico’. Con lo sguardo rivolto non a ciò che ci divide, ma alla grande ricchezza che i cristiani possono condividere e vivere insieme sin d’ora, si è aperto il convegno di quest’anno, il 17°, anche perché l’incontro era immerso nella vita pulsante della cittadella, in cui da più di 30 anni vivono sia cattolici del Movimento dei Focolari che la fraternità evangelico-luterana della Bruderschaft vom gemeinsamen Leben (Comunità di vita comune). Un “dialogo di popolo” quello che si è respirato sin dal primo momento, quando il convegno si è aperto con i vespri evangelici nella cappella gremita del Centro di incontri, e ogni volta che i vescovi si ritrovavano con gli abitanti della cittadella per assistere insieme alla liturgia di una delle Chiese presenti: momenti di profonda preghiera che hanno fatto assaporare le ricchezze delle Chiese d’Oriente e di quelle d’Occidente. Lo si è avvertito fortemente pure quando, in apertura di ogni giornata, dopo una meditazione biblica sul tema dell’amore cristiano proposta di giorno in giorno da un vescovo di una Chiesa diversa, giovani e famiglie di varie Chiese hanno raccontato esperienze di Vangelo vissuto e si è potuta cogliere in tutti una stessa vita ed una profonda comunione: la realtà di un unico popolo, quello di Cristo. E ancora quando si sono approfonditi gli effetti della spiritualità dell’unità nella Chiesa evangelico-luterana, anglicana e nelle Chiese d’Oriente: presentazioni incisive che hanno messo in luce come questa spiritualità non cancelli affatto i tesori che custodiscono le diverse tradizioni cristiane, ma anzi li illumini e li metta in rilievo. Ma il momento culmine è stato segnato dalla Preghiera ecumenica di inizio d’Avvento nella chiesa evangelico-luterana di Sant’Anna ad Augsburg. Nell’attiguo convento carmelitano Lutero aveva soggiornato nel 1518 durante i suoi colloqui con il cardinale Cajetano, ritenuti determinanti per i rapporti fra Lutero e Roma. In quel luogo carico di storia 900 persone sono convenute con i vescovi. Pezzi eseguiti con gli Ottoni e inni dei due cori della chiesa, il Madrigalchor ed il Posaunenchor, ben esprimevano la tradizione evangelica. Dopo alcune parole introduttive del decano dott. Rudolf Freudenberger e la lettura della preghiera di Gesù per l’unità – “Che siano uno, Padre, come io e te” – è intervenuta Chiara Lubich. In questo momento in cui persistono ostacoli sul cammino ecumenico, le sue parole sono scese in profondità. Non ha taciuto le difficoltà, ma ha dato loro un volto e un nome, quello di Gesù che sulla croce giunge a gridare l’abbandono del Padre “per riportare così gli uomini in seno al Padre e nel reciproco abbraccio”. “Non sarà difficile – ha detto – vedere proprio in Gesù abbandonato la stella più luminosa che deve illuminare il cammino ecumenico. In Lui la luce e la forza per non fermarsi nel trauma, nello spacco della divisione, ma per andare sempre al di là e trovarvi rimedio, tutto il rimedio possibile”. “L’amore reciproco con questa misura – ha ancora spiegato – porta ad attuare l’unità. Ed effetto dell’unità è la presenza viva di Gesù fra più persone nella comunità, come da lui promesso a due o più uniti nel suo nome. Gesù fra un cattolico e un evangelico che si amano, fra anglicani e ortodossi, fra un’armena e una riformata… Quanta pace sin d’ora, quanta luce per un retto cammino ecumenico. Avvertiremo di formare sin d’ora in certo modo, un solo popolo cristiano che potrà essere un lievito per la piena comunione tra le Chiese”. Parole che non solo hanno suscitato immediata adesione tra i presenti, ma che in quella chiesa erano un’esperienza viva, visibile. Piena la sintonia con il messaggio del card. Cassidy, Presidente del Pontifico Consiglio per l’unità dei cristiani, il quale, nella sua lettera ai vescovi, ha definito il Convegno “realtà e simbolo di koinonia (comunione)” ed ha invitato tutti a non dimenticare mai, tra le luci e ombre del cammino ecumenico “l’aiuto potente dello Spirito e la sua saggezza che ci infonde coraggio, determinazione, speranza”. E significativa la coincidenza con quanto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I aveva espresso nel messaggio inviato ai vescovi, sottolineando l’urgenza di mostrare al mondo “in un modo tangibile e significativo che apparteniamo ad un’unica famiglia nella quale tutti i membri sono tra loro profondamente legati”. Se rimaniamo lontani gli uni dagli altri – aveva ribadito -“rafforziamo il senso di alienazione che investe la società umana contemporanea”. Il dialogo di popolo dunque, come via che apre nuove speranze, sigillata dal patto di amore vicendevole che i vescovi hanno stretto nella cappella del Centro di Ottmaring, rinnovando insieme le loro promesse battesimali. Ben esprimono l’esperienza e la speranza vissuta in quei giorni le parole del Patriarca Athenagoras citate dal metropolita rumeno-ortodosso Serafim nel suo intervento al Convegno: “Se uno si disarma, se si espropria, se si apre al Dio Uomo che fa nuove tutte le cose, allora, Lui cancella il passato e ci dona un tempo nuovo in cui tutto è possibile”.

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