Il 24 gennaio 1944 Chiara Lubich scoprì quello che diventerà un punto chiave della spiritualità dell’unità: Gesù che sperimenta l’abbandono del Padre sulla croce, espressione massima di dolore, espressione massima di amore.
E proprio Gesù Abbandonato è stato al centro di un momento artistico durante il Genfest 2024, appuntamento internazionale dei giovani dei Focolari. Ne proponiamo alcuni stralci.
Hanno fatto il giro del mondo per diversi giorni le drammatiche immagini degli incendi che hanno devastato un’immensa area, distruggendo qualsiasi cosa, dagli animali alla vegetazione. Migliaia di edifici sono ormai in cenere e al momento 25 persone sono morte. Moltissime famiglie hanno perso tutto e ci sono ancora 26 dispersi. È straziante vedere ancora oggi queste immagini di sofferenza. E l’emergenza ancora non è finita. Abbiamo contattato la comunità dei Focolari in zona per sapere come stanno vivendo questa situazione.
“Gli incendi in diverse parti del nostro territorio ci danno grande trepidazione giacché non si riesce ad estinguere completamente i punti di fuoco per il forte vento – scrive Carlos Santos, in focolare a Los Angeles -. La previsione è che dureranno ancora per diversi giorni. Tanti sono stati sfollati e tanti hanno perso tutto. Ma vediamo anche una grandissima risposta da molte persone hanno portato cibo, vestiti, soldi e altre donazioni per chi è stato colpito dagli incendi. La risposta di carità è stata così grande che attraverso la Tv si è chiesto di non donare più in alcuni territori perché non c’era più posto per quanto arrivato. Già, la Provvidenza è arrivata in abbondanza e in sovrappiù.
Il fuoco non ha raggiunto le case di nessuna persona della comunità locale dei Focolari. Ma alcuni hanno dovuto spostarsi, perché abitavano in aree dove c’era il rischio di incendi.
Il focolare femminile – continua ancora Carlos – ha accolto una famiglia per tre giorni, finché le autorità hanno detto che era sicuro ritornare nella loro casa. Anche il nostro focolare maschile si è messo a disposizione per accogliere persone in caso abbiano bisogno. Questo ha dato più tranquillità alla comunità perché diverse aree della contea di Los Angeles potrebbero avere mandati di evacuazione in caso in cui il vento cambi direzione e sposti il fuoco lì. Alcuni focolarini e focolarine attraverso il proprio lavoro hanno toccato con mano la sofferenza di tante persone e famiglie che hanno perso tutto. Vogliamo accompagnare queste persone, dare conforto ed aiutarle nel trovare una soluzione stabile” conclude Carlos ringraziando per i tanti messaggi di vicinanza e le preghiere per questa grande sofferenza.
A questo link del sito di Focolare Media, l’organo di comunicazione dei Focolari in Nord America, potete leggere l’articolo sul “miracolo del tabernacolo” alla chiesa Corpus Christi nella comunità di Pacific Palisades in California.
[…] Essere convinti che, perché sia realtà la civiltà dell’amore, bisogna far irrompere nel mondo una corrente d’amore che lo invada; senza di essa ogni cosa rimane a livello di sogno, è segnata già dalla fine. […] L’amore. Insegnare ad amare. Ma sa veramente amare chi sa d’essere sinceramente amato. È una costatazione umana questa, ma che non vale meno nel campo soprannaturale. Sapere d’essere amati. Da chi? Da Colui che è l’Amore. Bisogna aprire gli occhi a più nostri fratelli possibile affinché vedano, scoprano quale fortuna essi possiedono, spesso senza saperlo. Non sono soli su questa terra. C’è l’Amore; hanno un Padre che non abbandona i figli al loro destino, ma li vuol accompagnare, custodire, aiutare. È un Padre che non carica pesi troppo gravosi sulle spalle altrui, ma è il primo a portarli. Nel caso nostro: che non lascia alla sola iniziativa degli uomini il rinnovamento della società, ma è il primo che se ne prende cura. Bisogna che gli uomini sappiano questo e ricorrano a lui consci che nulla gli è impossibile. Credere dunque d’essere amati da Dio per poter lanciarsi con maggior fede nell’avventura dell’amore e lavorare insieme a lui alla Nuova Umanità. Poi mettere al centro dei nostri interessi l’uomo e condividere con lui sventure e successi, beni spirituali e materiali. E, per bene amare, non vedere nelle difficoltà e storture e sofferenze del mondo solo mali sociali cui portare rimedio, ma scorgere in esse il volto di Cristo, che non disdegna di nascondersi sotto ogni miseria umana. È lui la molla che fa scattare le migliori energie del nostro essere – specie di noi cristiani – in favore dell’uomo. E giacché l’amore di cui parliamo non è certo solo filantropia, né solo amicizia, né pura solidarietà umana, ma soprattutto è dono che viene dall’Alto, mettersi nella migliore disposizione per acquisirlo, nutrirsi e vivere della Parola di Dio. […] E ognuno nel suo piccolo o grande mondo quotidiano, in famiglia, in ufficio, in fabbrica, nel sindacato, nel vivo dei problemi locali e generali, nelle istituzioni pubbliche della città o di più ampie dimensioni, fino all’O.N.U., sia veramente costruttore di pace, testimone dell’amore, fattore di unità.
“Voi aspirate, voi lavorate per un mondo unito” (un mondo di pace e fraternità).
“E che cosa fate? Attività, che possono anche apparire piccole e sproporzionate, anche se significative nell’intenzione, di fronte all’obiettivo che vi siete proposti. Forse […] qualcuno di voi potrà pure lavorare direttamente nei vari organismi orientati al mondo unito.
Ma penso che – se tutto ciò sarà utilissimo – non sarà né questo né quello che vi contribuirà in modo decisivo.
Sarà piuttosto offrire al mondo […] un’anima. E quest’anima è l’amore. […]
Oggi occorre ‘essere l’amore’ e cioè sentire con l’altro, vivere l’altro, gli altri e puntare all’unità […] in tutto il pianeta. […]
Costruire, dunque, rapporti di unità” (di solidarietà) “che hanno la loro radice nell’amore.
E dovete vivere questo amore anzitutto fra di voi.
E così arrivare a realizzarlo con molti, […] fra il popolo, fra coloro che ne regolano i destini, nelle istituzioni, nelle organizzazioni piccole e grandi del mondo… Dovunque. Allora sì che le intenzioni di chi le ha messe in piedi, raggiungeranno lo scopo. E si lavorerà veramente per un mondo unito” (un mondo più pacifico).
Chiara Lubich
Questo pensiero è stato letto da Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, durante Collegamento del 28 settembre 2024. Si può vedere facendo click qui.
Sono passati 75 anni dal giorno in cui Chiara Lubich stilò lo scritto “Ho un solo sposo sulla terra”, qui riproposto. Uno scritto destinato a diventare fin dagli inizi un vero e proprio Manifesto programmatico per Chiara e per chi l’avrebbe seguita facendo propria la spiritualità dell’unità.
Il manoscritto autografo, conservato nell’Archivio Chiara Lubich (in AGMF) e vergato su un unico foglio fronte-retro, registra la data di composizione: 20-9-49. Pubblicato per la prima volta nel 1957 in modo non integrale e con alcune varianti sulla rivista “Città Nuova”, è stato poi riproposto in altre pubblicazioni di scritti chiariani, fino ad essere assunto, finalmente in modo integrale e corrispondente al manoscritto originario, in Il grido (Città Nuova, Roma 2000), libro che Chiara Lubich ha voluto scrivere personalmente “come un canto d’amore” dedicato proprio a Gesù Abbandonato.
Il brano nasce come una sorta di pagina di diario, scritta di getto. Considerando la particolare intensità lirica che lo permea, potrebbe essere definito un “inno sacro”. Tale definizione appare opportuna se si tiene conto che il termine “inno” ha origine nel greco hymnos. La parola, pur essendo di etimologia discussa, ha comunque una stretta relazione con l’antico Hymēn, il dio greco del matrimonio in onore del quale si cantava. D’altra parte, la dimensione sponsale in questo componimento è più che mai presente, anche se – e proprio perché – ci muoviamo in un contesto fortemente mistico. È proprio un “canto” d’amore a Gesù Abbandonato.
Il contesto di composizione ci riporta all’estate del 1949, quando Chiara, con le sue prime compagne, e i due primi focolarini, si trova in montagna – nella valle del Primiero, in Trentino-Alto Adige – per un periodo di vacanza. Si unisce alla comitiva, per alcuni giorni, anche Igino Giordani (Foco), che aveva avuto la possibilità di conoscere Chiara in Parlamento poco tempo prima, nel settembre del 1948, ed era rimasto affascinato dal suo Carisma.
Si tratta di un’estate definita da Chiara stessa “luminosa”, dal momento che – ripercorrendone le tappe – non esiterà ad affermare che proprio in quel periodo capisce meglio “molte verità della fede, e in particolare chi era per gli uomini e per il creato Gesù Abbandonato, che tutto aveva ricapitolato in sé”. “L’esperienza è stata così forte – rileva – da farci pensare che la vita sarebbe stata sempre così: luce e Cielo” (Il grido, pp. 55-56). Ma arriva il momento – sollecitato proprio da Foco – di “scendere dalle montagne” per andare incontro all’umanità che soffre, e abbracciare Gesù Abbandonato in ogni espressione di dolore, in ogni “abbandono”. Come Lui. Solo per amore.
Scrive allora: “Ho un solo sposo sulla terra: Gesù Abbandonato”.
Maria Caterina Atzori
20-9-49
Ho un solo sposo sulla terra: Gesù Abbandonato; non ho altro Dio fuori di Lui. In Lui è tutto il Paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’Umanità.
Perciò il suo è mio e null’altro.
E suo è il Dolore universale e quindi mio.
Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita.
Ciò che mi fa male è mio.
Mio il dolore che mi sfiora nel presente. Mio il dolore delle anime accanto (è quello il mio Gesù). Mio tutto ciò che non è pace, gaudio, bello, amabile, sereno… in una parola: ciò che non è Paradiso. Perché anch’io ho il mio Paradiso ma è quello nel cuore dello Sposo mio. Non ne conosco altri. Così per gli anni che mi rimangono: assetata di dolori, di angosce, di disperazioni, di malinconie, di distacchi, di esilio, di abandoni, di strazi, di … tutto ciò che è Lui e Lui è il Peccato, l’Inferno.
Così prosciugherò l’acqua della tribolazione in molti cuori vicini e – per la comunione collo Sposo mio onnipotente – lontani.
Passerò come Fuoco che consuma ciò che ha da cadere e lascia in piedi solo la Verità.
Ma occorre esser come Lui: esser Lui nel momento presente della vita.
Chiara Lubich Il grido (Città Nuova, Roma 2000, pp. 55-56)
Chiara Lubich ne ebbe un’intuizione nel 1977, quando ricevette a Londra il Premio Templeton per il progresso della religione. Da allora la diffusione mondiale dello spirito dei Focolari ha contribuito ad aprire un dialogo con tutte le principali religioni del mondo. Una strada che neppure Chiara aveva immaginato all’inizio, ma che Dio le ha indicato, le ha svelato nel tempo, attraverso eventi, circostanze, quale strada per raggiungere l’unità. In questo breve stralcio, Chiara, rispondendo a una domanda sul rapporto con le altre religioni, rivela il segreto per costruire la vera fratellanza universale: il cercare ciò che ci unisce nella diversità. La domanda posta a Chiara è letta da Giuseppe Maria Zanghì, uno dei primi focolarini. (Da una risposta di Chiara Lubich all’incontro degli amici musulmani, Castel Gandolfo, 3 novembre 2002)
Giuseppe Maria Zanghì: La domanda è questa: “Vorrei chiedere – o vorremmo chiedere -: come si è trovata, come ti sei trovata tu, Chiara, con il rapporto con le altre religioni, e cosa senti dentro di te?”
Chiara Lubich: Con il rapporto con gli altri fedeli di altre religioni io mi sono sempre trovata benissimo! Perché anche se sono diverse c’è tanto in comune, abbiamo tanto in comune, e questo ci unisce; la diversità invece ci attrae, ci incuriosisce. Per cui, per due motivi sono contenta: perché vengo a conoscere altre cose, mi inculturo nella cultura dell’altro, ma anche perché trovo fratelli uguali, perché crediamo in tante cose uguali. La più importante – ve l’ho già detta l’altra volta – è la famosa “regola d’oro”, è questa frase: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.” Questa frase è presente in tutte le più importanti religioni, nelle loro scritture, nei loro libri sacri. E’ anche nel Vangelo per i cristiani. Questa frase vuol dire – non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te -: tratta bene i tuoi fratelli, abbi tanta stima dei tuoi fratelli, ama i tuoi fratelli. E allora quando loro scoprono questa frase nella loro Scrittura, io scopro la stessa frase nella mia Scrittura, io amo, loro amano, ecco che ci amiamo, e questa è la base per iniziare la fratellanza universale, la prima cosa, la “regola d’oro”. La seconda domanda: “Che cosa senti dentro di te quando incontri un fratello di un’altra religione o una sorella?”. Sento un grande desiderio subito di fraternizzare, di fare unità, di trovarmi in un rapporto fraterno. […]