Movimento dei Focolari

«Ho rischiato il posto, ma qualcosa è cambiato»

Sono ostetrica e per anni ho lavorato nel reparto gravidanze anomale dell’ospedale di Lubiana, nell’impegno costante a intessere rapporti veri con le pazienti, i colleghi, i superiori. Ho cercato sempre di difendere la vita, subendo spesso umiliazioni e rischiando col mio comportamento di perdere il posto. Tanti genitori hanno riscoperto la gioia della maternità e della paternità, e alle madri che volevano abortire è stato risparmiato il dramma del rimorso. Pian piano colleghi e superiori cominciavano a rispettare le mie scelte e spesso si sono trovati a consultarsi con me prima di prendere decisioni importanti. Poi mi sono ammalata, era una malattia rara: niente sforzi, forti dolori alla testa e alle articolazioni, gonfiori, perdita di concentrazione. I colleghi mi hanno aiutata come potevano. Ero limitata nel lavoro, ma sentivo che c’era ancora bisogno di me. Una volta è stata ricoverata una mamma al sesto mese di gravidanza. Si erano rotte le acque e la dottoressa di turno ha consigliato l’aborto. Ho cercato allora di convincere la madre a non farlo, ma non sono riuscita. Mi sono rifiutata però di fare l’iniezione, e così le altre infermiere dopo di me. Il bimbo è nato vivo. I genitori hanno rivalutato la loro scelta: adesso il bambino vive e il papà è fiero di avere questo figlio maschio. Con il diffondersi della pratica della fecondazione assistita, poi, è entrata in ospedale una certa cultura della morte, con l’eliminazione degli embrioni soprannumerari. Con questo tipo di fecondazione poi, spesso vengono concepiti più figli, ma uno solo viene aiutato a vivere. Per me è un dolore insopportabile, che trova senso solo se unito a quello di Gesù in Croce. Per questo continuo andare controcorrente, alla fine qualcosa è cambiato all’interno del reparto. Molte compagne di lavoro hanno cominciato a lottare con me per la vita. E anche la responsabile del reparto, che non ha alcun riferimento religioso, mi sostiene, pur non capendo da dove traggo la forza per agire in questo modo, dove è racchiuso il mio segreto. (J. P. – Slovenia) (altro…)

Il Vangelo “funziona”… Fioretti del tempo presente

I tre cappotti

Una mamma di New York ha tre bambini piccoli. E’ povera, e quell’inverno bisognava comprare i tre cappotti ai tre bambini, perché ormai erano consumati. Lei non ha soldi, ma attraverso il giornale vede che c’è un negozio che svende cappotti a prezzo minimo. Allora lei dice: bisogna che ne approfitti, entro oggi devo andare a comprare i tre cappotti per i bambini. Ma in quel momento la suocera – che viene solo di rado – telefona per fare una visita ai bimbi. Dapprima pensa: io dico che devo uscire. E subito dopo: ma Gesù riterrà fatto a sé quello che io dico a lei, perché c’è Gesù anche dietro di lei. Allora dimentica i cappotti, con grande dolore per i suoi bambini, e risponde al telefono: “Vieni pure.” Finalmente arriva, suona il campanello ed entra questa signora anziana con un grande pacco, va lì dai tre bambini e lo apre. Cosa conteneva? Tre cappotti, piccolini, per i bambini. E’ proprio Gesù che risponde.

Per un atto d’amore

Mentre faccio la passeggiata giornaliera, indicata dal medico, cerco di conoscere il quartiere dove risiedo da poco tempo: sono, infatti, il nuovo vescovo del posto. Alcuni giorni dopo, mi trovo a mettere un po’ d’ordine nella casa vescovile, cercando di far sì che essa esprima meglio Dio, che è bellezza. Trovo alcuni candelabri di bronzo che non vanno d’accordo col resto. Mi viene in mente un piccolissimo negozio di compravendita, scoperto durante le passeggiate. Penso che, data la difficile situazione economica dell’argentina, il suo proprietario possa trovarsi in gravi difficoltà, e vedo in lui Gesù. Chiedo alla segretaria di fare un pacco con i candelabri e consegnarli a quel signore con un bigliettino che dice: “Sono un piccolo dono del vescovo. Se riesce a venderli, la prego di dare i soldi ai poveri. Ma, se lei ne avesse bisogno, può tenerseli.” Nel pomeriggio improvvisamente viene al vescovado questo signore. Insiste che vuol vedermi. Quando ci troviamo di fronte mi dice: “Oggi volevo suicidarmi. Ma, quando è arrivata la sua segretaria, ho capito che io interessavo ancora a qualcuno, e ho cambiato idea. Mille grazie!” (Argentina)

Come i primi tempi

Un sabato mattina arriva una persona a farci una breve visita. Quando sta per uscire, sapendo che la sua famiglia ha tanti figli ed economicamente non va troppo bene, noi, focolarine, le abbiamo dato tutta la frutta che avevamo in casa: le nostre provviste per la settimana. Dopo un po’ arriva a visitarci un’altra famiglia che, essendo passata dal mercato, ci offre delle pere e mele fresche. Eravamo contente perché vi vedevamo il “date e vi sarà dato”. Nel pomeriggio, per fare un altro atto d’amore, avevamo promesso di andare ad una festa organizzata dalla comunità italiana del posto. Prima di arrivarvi però, abbiamo pensato di passare da un’altra famiglia bisognosa e di portare tutte le pere e le mele che avevamo ricevuto. Finita la festa, prima di partire, la famiglia che ci aveva invitato ci ha dato una scatola grande, piena di pere e mele del suo frutteto, di prima qualità, e in più un grandissimo cocomero. Eravamo felicissime, perché queste esperienze non succedevano soltanto ai primi tempi del Movimento, ma anche oggi. Il “date e vi sarà dato, una misura piena e traboccante vi sarà versata in grembo“, è di tutti i tempi. Pubblicato su I Fioretti di Chiara e dei Focolari, ed. San Paolo 2003

Il perdono a qualunque prezzo

Sia mio marito che i miei figli sono alcolizzati. Fino ad un anno fa, Tom il più grande conviveva con una ragazza. Tutti e due si sono trovati ad essere non solo alcolizzati, ma anche tossicodipendenti. E’ stato circa un anno fa che mio figlio è tornato a casa perché non andava più d’accordo con la donna con cui viveva. Intanto, però, era nato un bambino. L’idea di questo nipotino mi dava tanta pena perché la sua situazione era dolorosissima. Io ne incolpavo la madre e un giorno, incontrandola per la strada, l’ho apertamente accusata di tante cose. Ci siamo lasciate con tanta amarezza da ambo le parti. Inutile dire che tornando a casa mi sentivo colpevole di non aver amato. E tutte le giustificazioni che cercavo di darmi, il ripetermi che in fondo avevo ragione, che l’avevo fatto per mio nipote, non mi davano pace. Qualcosa dentro di me mi spingeva a chiamarla per chiedere scusa, anche se trovavo la cosa molto difficile. Non sapevo neanche se mi avrebbe ascoltata. In realtà, quando io mi sono scusata con lei, è stata poi lei a scusarsi con me. Alcune settimane dopo questo episodio, Dorothy è stata messa in prigione. Le cose andavano di male in peggio, e io, preoccupata per la situazione del nipotino, provavo un forte risentimento verso i genitori che l’avevano messo al mondo in quella situazione. Non essendo sposati, il bambino sarebbe stato affidato allo Stato. Il risentimento dentro di me cresceva di ora in ora, eppure le parole di Gesù sul perdono non mi davano pace. Dovevo amare anche Dorothy, qualunque cosa fosse successa a mio nipote. Dopo vari sforzi, finalmente la Parola ha fatto breccia nel mio animo ed è stato con un’anima nuova che sono andata a trovarla in prigione: mi ha abbracciata, commossa. Credo abbia sentito che sono andata per amarla ed accettarla così com’era. E’ stata lei a parlarmi del bambino e a chiedermi se potevo tenerlo io. Così la custodia legale del nipotino è passata a mio figlio e ambedue adesso sono sotto il mio tetto. Mi è sembrato il centuplo promesso da Gesù a chi cerca il suo Regno, facendo la sua volontà, il frutto dell’essermi impegnata ad amare, fino in fondo. (J.S. – USA) (altro…)