Apr 13, 2001 | Focolari nel Mondo
P. – Siamo una famiglia di 4 persone costituita da noi due genitori, M. e P., con due figlie, rispettivamente di 26 e 19 anni. Abbiamo conosciuto il Movimento dei Focolari circa 20 anni fa, appena trasferiti, ma non ne abbiamo compreso immediatamente il messaggio. Dopo alcuni anni, in occasione di un incontro, siamo stati improvvisamente colpiti dall’atmosfera di accoglienza, d’Amore e Unità come una straordinaria attenzione ed ascolto di ciascuno per l’altro. Questa scoperta ci ha spinto a cercare di metterla in pratica attraverso l’Amore concreto per coloro che la vita ci mette quotidianamente vicino. M. – Pur cercando di vivere questo Amore concreto e scambievole all’interno della nostra famiglia, con P. sempre più spesso sentivamo il bisogno di aprirci verso altre famiglie. Con questo stato d’animo, quando si è resa necessaria l’assunzione temporanea di una persona nella nostra piccola azienda a conduzione familiare, scegliemmo una mamma albanese, A., con due bambini di nove e sette anni, B. e S., ed un marito con un lavoro molto faticoso ed estremamente precario. Avvertivamo quanto si sentissero smarriti e sradicati dalle loro abitudini di vita e religione. Sin dai primi giorni di lavoro tra A. e la nostra famiglia si era stabilito un rapporto di calda familiarità, nonostante le difficoltà legate alla lingua ed alle diverse tradizioni. Diventava tangibile giorno dopo giorno sentirci tutti appartenenti all’unica grande famiglia umana: dal piccolo sforzo di pronunciare il nome di tutti i componenti della famiglia in modo corretto, alla assistenza per risolvere i numerosi problemi burocratici legati alla assunzione ed al permesso di soggiorno. M. – Quando A. mi ha confidato di essere in attesa del suo terzo figlio, era molto spaventata e preoccupata per il futuro economico della sua famiglia legato in quel momento solo alla stabilità del suo lavoro. Sentii allora che questo era il momento di rendere concreto quell’amore per il fratello supportato dalla fiducia in quella Provvidenza, che avrebbe trovato soluzioni umanamente impossibili. Cercammo così insieme di prevenire disagi, e superare le difficoltà di ordine burocratico e di salute che si presentavano. Così a Luglio dell’anno scorso è arrivato D., un bimbo bello ed allegro. P. – Avendo un giorno mia moglie impegni improvvisi, sono andato io con A. ed il piccolo in Comune per risolvere i problemi burocratici e poter usufruire del pulmino per portare a scuola gli altri due figli. Non mi sarei mai aspettato di uscire da quella pesante mattinata in comune così contento per la parziale soluzione dei problemi dell’altra parte della nostra famiglia: e pensare che prima di andare ero angosciato per aver lasciato il mio lavoro in sospeso M. – Una volta la mattina alle sette, ricevo una telefonata dal marito di A. che mi avvisava che la moglie non sarebbe potuta venire al lavoro perché era stata ricoverata all’ospedale durante la notte. Mentre lo stato di salute della mamma non era grave, ma l’avrebbe costretta a stare in ospedale alcuni giorni, la situazione per il piccolo era preoccupante perché non avrebbe potuto ricevere il suo latte materno, unico alimento del momento. Ci siamo mobilitati tutti: chi è andato a comprare latte in polvere e biscottini, chi bolliva tettarelle e biberon, chi insegnava ai fratellini come preparare le dosi. Quanta è stata grande la mia gioia quando finalmente D. ha cominciato a succhiare con gusto ed in pochi minuti ha finito tutto il latte: mi è sembrato di tornare indietro di tanti anni ed in quei momenti ho provato la stessa gioia che provavo per le mie bambine. C. – Io sono la maggiore di noi due sorelle. La prima cosa che ricordo di questa esperienza, è stata l’ indifferenza della gente. Man mano che venivo a conoscenza delle difficoltà che A. e la sua famiglia dovevano affrontare, mi stupivo sempre più di come molte persone intorno a loro, guardavano, passando senza soffermarsi. Per noi invece è stato bellissimo adottare questa famiglia: purtroppo non abbiamo molti parenti e a me è sempre mancata la “famiglia grande”! Ora, da quattro che eravamo, siamo diventati nove. Anche mia sorella ha partecipato moltissimo. Si è improvvisata sorella maggiore! Quando D. era più piccolo e accompagnava la mamma al lavoro perché lei non poteva lasciarlo solo a casa la mattina, mia sorella faceva la baby-sitter, mentre studiava lo teneva vicino a lei, lo coccolava, lo rassicurava quando si metteva a piangere. Quando, invece è iniziata l’estate, e i bambini più grandi avevano i compiti per le vacanze, mia sorella andava spesso a casa loro per aiutarli nei compiti, o semplicemente far loro compagnia mentre studiavano, rendendo così il lavoro meno pesante. Mi ha colpito vederla così partecipe e responsabile, così attenta e piena di attenzioni. P. e M. – Questa occasione di accogliere i problemi di un’altra famiglia ci ha permesso di comprendere quanto sia vero che il dare anche solo il proprio tempo viene ripagato dal Signore col centuplo: abbiamo trovato fratelli/parenti molto più vicini a noi di quelli di sangue purtroppo lontani. (altro…)
Mar 14, 2001 | Focolari nel Mondo
M.: ho sposato C. 28 anni fa; era una persona allegra, generosa, gran lavoratore e in possesso di un senso degli affari non comune, che gli ha consentito di raggiungere una certa agiatezza. Purtroppo è caduto nella trappola dell’alcool e la vita accanto a lui si è fatta sempre più difficile. Un giorno, durante una delle solite discussioni, mi dice che sono molto prepotente ed autoritaria: capisco che devo cambiare ancora e chiedo a Gesù di aiutarmi ad essere umile. L’alcool intanto continua la sua azione demolitrice: ora C. è abulico e non si interessa più degli affari e della famiglia. Ben presto la situazione precipita fino al punto che ci vengono confiscati casa e terreni su richiesta dei creditori. E’ un momento di grande dolore che mi ricorda la frase dei Vangelo: “Non temete, io sono con voi … ” e avverto che Lui è veramente accanto a noi in questa prova. Non altrettanto accade a C., che non trova di meglio che stordirsi sempre di più con l’alcool fino a perdere i sensi. Tra noi non è più possibile il dialogo né alcuna manifestazione d’affetto, ma io ed i figli lo accettiamo così, con la fede sicura che tutto vince l’amore. Un giorno lui se ne va di casa. S., la figlia:”… Vedere mio padre venire distrutto giorno dopo giorno dalla schiavitù dell’alcool mi aveva reso triste e sola; non riuscivo a dare un senso alla mia esistenza. Un anno fa ho accettato di partecipare a una Mariapoli, solo perché non avevo altri programmi in quei giorni; al termine mi sono chiesta: “E adesso come faccio a ritornare ad affrontare la realtà di casa mia che non è altrettanto gradevole?”. I primi giorni ho tentato di incamminarmi sulla via dell’amore attraverso tanti piccoli gesti, ma ben presto mi sono dimenticata di come avevo vissuto in Mariapoli. Dopo qualche mese partecipo ad un incontro del Movimento in un’altra città e lì avviene la mia conversione: scopro la forza dell’amore, credo che tutto, anche la situazione peggiore, vince l’amore. Pochi giorni dopo questa mia fede rinnovata è messa alla prova: papà se ne va di casa. Iniziano così tre terribili mesi, nei quali provo dentro di me rabbia, tristezza, solitudine e angoscia, anche perché lui non si fa vivo nemmeno al telefono. Siamo avvolti dall’amore della grande famiglia del Movimento: trovo la forza di andare oltre questo dolore e di non giudicare papà proprio per l’amore delle ragazze gen, mie amiche. Un giorno trovo la forza di scrivergli una lettera: “Ciao, caro papà, in questi giorni il mio pensiero è costantemente rivolto a te: penso a Dio, a noi due, a quanto ti voglio bene’, a quanto prego per te, a quanto vorrei esserti accanto, così come so di avere Dio accanto a me”… M.:”Passano tre mesi. Questo nostro dolore ci fa penetrare nel dolore di Gesù: anche Lui sulla Croce aveva gridato l’abbandono del Padre. Troviamo pace in tanto strazio grazie anche all’amore della famiglia soprannaturale che ci circonda, finché arriva una telefonata di C. che ci avverte che sta tornando. Proviamo gioia e rabbia allo stesso tempo: abbiamo il timore che tutto ritorni come prima con le ubriacature e le inevitabili discussioni; vorremmo rimproverarlo e rinfacciargli tutto, ma basta una telefonata con una persona dei Movimento a noi tanto vicina per vedere tutto alla luce di Dio e trovare la forza di lasciare da parte ogni risentimento. Ci ricordiamo della Parola di Vita: “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Cerchiamo di viverla accogliendolo festosamente, col cuore pieno di gratitudine per Dio che ha voluto che ritornasse. Sono passati altri tre mesi da quel giorno, e C., sostenuto dal nostro amore, non ha più bevuto. E’ una gioia grande constatare il suo cambiamento: si è completamente trasformato, proprio come il figliol prodigo del Vangelo. Accostatosi spontaneamente alla confessione, partecipa ogni giorno alla santa Messa, e preghiamo insieme in famiglia. Anche noi siamo state rinnovate da questa esperienza. Ora sappiamo che possiamo ricominciare sempre, come stiamo facendo insieme. Abbiamo veramente iniziato una nuova vita. Ringraziamo Dio, per il suo Amore senza misura. M. e S. – Colombia (altro…)
Feb 14, 2001 | Focolari nel Mondo
Lavoro da circa dieci anni in una grande stazione di distribuzione di carburante sul raccordo anulare. Non sarebbe il mio lavoro, ma non dico ai miei clienti che sono laureato. Qualcuno mi chiede: “Ma tu sei benzinaro benzinaro?”. Ed io: “Sì, sì sono benzinaro”. E loro: “Ma non sembra che sei un benzinaro!”. Sono venuto dallo Zaire in Italia quando avevo 20 anni per studiare. Allora avevo delle ambizioni: “Appena termino gli studi torno al mio paese, avrò un buon posto di lavoro e delle responsabilità”. Ma, una volta laureato, non mi è stato possibile realizzare questo sogno. All’inizio lo vivevo come un’umiliazione, non riuscivo ad accettarlo … poi ho capito che Dio vuole che io lo ami attraverso questo lavoro, e allora cerco di farlo bene e di rimanere sempre nell’amore. Questo distributore è sempre aperto e faccio dei turni anche durante la notte. Passa tantissima gente, e se ne vedono di tutti i colori. Vi racconto due episodi. Una notte arriva una macchina con a bordo 6 persone, chiaramente con facce poco rassicuranti, mi chiedono di mettere 50.000 Lire di benzina. Mentre metto la benzina, l’autista mi chiede: “Tu paghi le tangenti?”. Io un po’ spaventato gli dico: “Non so cosa sono”. Quando si tratta di pagare, mi dice: “Noi non abbiamo soldi”. Alloro gli dico “Me li porterete quando capiterete di nuovo da queste parti”. E loro mi chiedono: “Tu sai chi siamo noi? Conosci il carcere?” e io “per sentito dire”. Erano dei carcerati in libertà provvisoria. “Non passeremo più di qui, non abbiamo soldi e non possiamo pagarti”. Dopo una breve discussione, dico: “Visto che non avete neanche 50.000 Lire da pagarmi, fate finta che vi ho offerto 50.000 Lire di benzina”. Allora ripartono, ma dopo pochi metri fanno retromarcia, mi richiamano e uno mi dice: “Ehi! Per chi ci hai preso, per dei poveracci?” Mi pagano le 50.000 Lire e vogliono darmi 10.000 Lire di mancia per prendere il caffè dicendomi che ero molto simpatico. Ed io: “No, non posso prendere le 10.000 Lire! Se volete, il caffè lo possiamo prendere insieme quando ripassate!”. Dopo molti mesi, un pomeriggio, uno di loro si presenta e mi dice: “Amico, non ti ricordi di me? Allora, vogliamo prenderlo questo caffè?”. Un’altra notte, verso le ore 23, dall’interno mi rendo conto che due persone fanno il self-service, ma invece di mettere benzina, hanno messo gasolio. Il collega mi dice: “Lascia stare, non uscire, non devi rischiare per quelli!”, ma io non riesco a stare in pace e gli dico: “Ma se fosse successo a te cosa faresti? Io non me la sento. Penso che quando tu fai del bene, siccome Dio è generoso, non si lascia scappare l’occasione per aiutarti”. E lui: “Tu e i tuoi discorsi da prete…” Esco per aiutarli, cerchiamo di riparare al danno, ma non c’è stato modo, non avevano neanche i soldi per pagare il soccorso stradale. Allora mi offro di accompagnarli a casa e così hanno potuto prendere un’altra macchina per trainare la prima. Intanto insistevano per pagarmi la benzina, ma io non ho accettato e ho detto che l’avevo fatto perché li consideravo fratelli. Alla radice di questi episodi c’è Dio da cui mi sento amato immensamente, e, quando ‘dò’, è Lui stesso che mi ‘ridona’ la gioia di aver potuto ancora amare. P. M. – Italia (altro…)
Dic 20, 2000 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
La voglia di vivere forti ideali di un giovane della Svizzera, a contatto con la testimonianza concreta e incisiva di due sacerdoti, trova la sua piena realizzazione nella riscoperta di Dio come Amore. Un tempo lontano dalla Chiesa, inizia a vivere l’avventura cristiana che lo porta a scoprire la chiamata al sacerdozio. Dieci anni fa, quando ancora non ero né praticante né credente, fui invitato da un amico ad una riunione nella mia parrocchia. Ricordo che quel giorno mi trovai in mezzo ad un gruppo di trenta giovani assieme a due sacerdoti che vedevo per la prima volta, poiché da anni non avevo più messo piede in chiesa. Tutto mi era estraneo. Gli argomenti di cui si parlava mi sembravano sorpassati e i due sacerdoti mi apparvero vestiti troppo bene per essere dei veri rivoluzionari perché, almeno io, così immaginavo dovessero essere dei buoni sacerdoti. Nonostante queste riserve, qualcosa in quella riunione mi attirava tanto che decisi di tornarvi un’altra volta. In quell’occasione un fatto apparentemente banale mi colpì profondamente: alla fine dell’incontro, quando si trattò di fissare l’appuntamento successivo, uno dei due sacerdoti si accorse di aver dimenticato la sua agenda nella stanza vicina. Disse appena una parola e il suo collega prontamente si alzò e gliela prese. Un fatto simile non l’avevo mai visto! Sentivo che tra quelle due persone ci doveva essere un rapporto particolare se si servivano a vicenda con tale naturalezza. Da quel momento capitavo spesso nella casa parrocchiale ed ogni volta si ripeteva per me la stessa esperienza: la loro vita di vera e profonda fratellanza mi toccava anche se non riuscivo a condividere le loro idee sulla religione e sulla Chiesa. Intanto continuavo a non andare a messa né sapevo ancora pregare: non avevo ancora trovato Dio. Invitato dai due sacerdoti qualche tempo dopo sono andato ad un convegno, e là finalmente ho scoperto il segreto di quella gioia che percepivo in loro: Dio, stesso! Di colpo mi sono reso conto che Dio era presente non solo tra coloro che, come quei sacerdoti, si amano sinceramente, ma anche nella Chiesa, nella vita ogni uomo, nell’eucaristia, dovunque. Sentivo con forza che lui solo ci poteva far felici. Ho deciso allora fare di dio l’ideale della mia vita. Così, cominciava per me una vita fino a poco tempo prima totalmente sconosciuta. Non sceglievo più i miei amici tra quelli più simpatici, ma cercavo quelli che erano soli, poco stimati. Non era più noioso andare a scuola, perché mi dava la possibilità di amare e di dare una mano a chi faceva fatica. Diventava naturale aiutare in casa per i diversi lavori o visitare una parente che in genere tutti evitavano. Altrettanto facevo con un signore che prima certamente mi avrebbe annoiato con i suoi racconti interminabili. Una volta sono stato seduto accanto a lui per 12 ore o più, solo per ascoltarlo e farlo contento. Vivendo così sperimentavo dentro di me una gioia mai conosciuta. Era Dio che incontravo dappertutto e che era diventato la risposta a tutte le mie domande. In Lui ho trovato la libertà. Se gli altri – in famiglia o a scuola – mi capivano o meno, non era più così importante, perché la mia casa, la mia famiglia ormai era un’altra: era Lui, prima di tutto. Per cui veniva spontaneo non andare magari ad una festa pur di poter partecipare alla messa e stare così con Dio. E pensare che ero diventato cristiano non per un discorso convincente e neppure per la semplice testimonianza! A capovolgere la mia vita era stato un Altro: Colui che, per l’amore, viveva fra quei sacerdoti. Tante sono state le tappe del cammino che ne è seguito. Dopo due anni circa, ho deciso di entrare in seminario, non perché il sacerdozio fosse diventato lo scopo della mia vita, ma perché avevo capito che quel Dio che avevo scelto mi voleva lì. Così in seminario l’avventura cristiana è continuata. Ero infatti convinto che non si trattava di vivere una lunga attesa per poi arrivare finalmente alla méta, ma di seguire Gesù momento per momento, facendo la sua volontà e vivendo per ogni fratello. (R. B. – Svizzera) (altro…)
Nov 14, 2000 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Come un fulmine a ciel sereno un fatto gravissimo è venuto a turbare la serenità della mia famiglia: mio cognato, sposato con mia sorella da appena sei mesi, e suo fratello vengono improvvisamente arrestati e chiusi in cella d’isolamento. L’accusa è gravissima: omicidio. La stampa locale si scatena subito a ricamare illazioni infamanti. Era una situazione assurda: tutti conoscevano la mitezza e l’onestà di mio cognato, il suo amore per la giustizia. La mia famiglia era smarrita, sbigottita. Mia sorella, incinta di un mese, si è chiusa in un dolore silenzioso, impenetrabile. Non poteva esistere una spiegazione per un incubo così assurdo. Qualche giorno dopo si viene a sapere chi è stato ad accusare mio cognato e suo fratello: due anziani coniugi, che covavano antichi rancori contro tutta la loro parentela, spinti dal dolore per aver perso alcuni mesi prima un figlio in un agguato mafioso, avevano deciso di farsi giustizia dando sfogo, con un’arbitraria denuncia, a quella vecchia inimicizia. Per i miei e per me è stato un nuovo enorme dolore: quelle persone, infatti, abitano da sempre quasi di fronte a casa nostra, e con la nostra famiglia erano amici quasi intimi. Ora capivamo il loro comportamento da qualche tempo inspiegabilmente differente dal solito. La reazione da parte dei miei è stata di tagliare immediatamente qualsiasi tipo di rapporto con loro: mai più un saluto, mai più uno sguardo. Solo odio e disprezzo. Il male che ci avevano fatto era troppo grave. Mi sembrava che l’amore fosse scomparso dalla mia casa. Capivo che in quell’assurda situazione, in quel crudo dolore, c’era un’occasione incredibile di vivere e sperimentare un amore più grande, che andasse oltre la logica umana. Ma dovevo cominciare io: ” “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia” (Mt 5,7). Sapevo di andare contro la mentalità di tutti, ma ero certo che Gesù mi avrebbe dato la forza e che l’unità con i miei amici mi avrebbe guidato e sostenuto in ogni momento. Quando passavo davanti alla casa dei nostri vicini non affrettavo l’andatura e sollevavo lo sguardo verso le loro finestre: “Buona giornata, signora! Come sta?”. Nonostante tutto, al di là di tutto, in loro potevo vedere e amare Gesù. I miei parenti e tutto il vicinato mi consideravano un traditore. La tensione in casa cresceva. Cercavo di ascoltare, di capire, di essere a disposizione di tutti e di servirli, ma andavo avanti nella decisione di amare anche i nemici. Il parroco mi ha chiesto, un giorno, di accompagnare un sacerdote nel suo giro presso alcune famiglie, per le confessioni degli ammalati. Proprio in casa delle persone che avevano tramato contro mio cognato c’era un anziano da visitare. Davanti al loro portone, prima di entrare, ho rinnovato anche con il prete il patto di amare Gesù in ogni fratello fino alle estreme conseguenze. Tornato a casa, tutti erano al corrente della mia visita ai vicini. Nuove scenate e umiliazioni, nuova incomprensione. Ma, nell’anima, nuova forza per andare controcorrente. Il giorno dopo, inaspettatamente, mia sorella, che più di tutti soffriva per quanto era accaduto al marito, ha preso la parola e ha comunicato a tutta la famiglia che anche lei aveva scelto la via dell’amore. Ci diceva di aver capito che solo amare tutti è la via giusta, l’unica che le avrebbe permesso di portare luce e conforto vero al marito innocente, durante le visite in carcere. E che anche la creatura che portava in grembo doveva crescere nell’amore e nella pace, non nel rancore e nell’agitazione. Qualche giorno dopo, ho accompagnato mia sorella al carcere e ho rivisto mio cognato. È stato un momento di gioia profonda e di penetrante angoscia. Parlando insieme, fra le lacrime, sentivamo nascere e rafforzarsi in noi la convinzione che solo Gesù, l’innocente calunniato e condannato, poteva far trionfare la verità e la giustizia, se ognuno di noi fosse rimasto nel suo amore. Eravamo in quattro: mia cugina, mia sorella, io e mio cognato in carcere, a portare avanti la nostra battaglia pacifica. Sei mesi dopo l’arresto, mio cognato e suo fratello sono stati liberati e totalmente scagionati. In quest’esperienza così cruda e dolorosa, la luce dell’amore di Dio ci ha toccato tutti ed è entrata con forza nella vita di mio cognato e di mia sorella. Li ha marchiati per sempre e ha fatto loro capire che, in qualsiasi situazione, nessuno mai può toglierci la libertà più grande, quella di amare. Ora tutto è passato: la vita è ricominciata, allietata dalla gioia per la nascita di una bellissima bambina. Quella luce è rimasta. S. S. – Italia (altro…)