Movimento dei Focolari
Suscitare ovunque brani di fraternità per la pace tra i popoli:  l’impegno comune di cristiani e indù

Suscitare ovunque brani di fraternità per la pace tra i popoli: l’impegno comune di cristiani e indù

A distanza di un anno dalla grande Giornata per la pace di Assisi del 24 gennaio 2002, che ha visto riuniti con il Papa leaders delle più grandi religioni mondiali, sembrano prevalere i rumori di guerra alle voci di pace. Segnali di segno opposto ci vengono proprio dall’India, venuta alla cronaca in quest’ultimo anno in occidente solo per la recrudescenza di violenza proprio tra indù, cristiani e musulmani. I fatti: in occasione del viaggio di Chiara Lubich e dei suoi collaboratori iniziato a Mumbai (Bombay) il 4 gennaio, nel dialogo con istituzioni culturali e sociali indù, sono venute in luce non solo la tensione mistica che pervade la misteriosa cultura indiana, ma anche la fraternità universale iscritta nelle sue radici. L’evento che ha destato reciproca sorpresa per i molti elementi in comune è stato l’incontro con la Swadhyaya Family, un vasto movimento indù con oltre 8 milioni di aderenti, fondato da Shri Pandurang Shastri Athavale, conosciuto come Dada-ji (maestro, fratello maggiore). Insegna che Dio risiede in ogni essere umano e che il compimento dell’unità spirituale porterà con sé le soluzioni per i problemi mondiali. Il primo contatto era avvenuto proprio in occasione della Giornata per la pace di Assisi, a cui avevano preso la parola due sole donne: Didi Talwakar, figlia ed erede spirituale del fondatore della Swadhyaya Family e Chiara Lubich. Nel primo incontro, avvenuto a Rocca di Papa, comune la scoperta della straordinaria consonanza tra lo spirito della Swadhyaya Family e quello del Movimento dei Focolari. E ciò aveva fatto sperimentare una immediata e profonda fraternità. A Bombay si erano registrati altri due importanti incontri che hanno segnato un approfondimento del dialogo iniziato due anni fa, quando Chiara Lubich aveva fatto il suo primo viaggio in India: al Somaiya College, istituto a livello universitario con 25.000 studenti e oltre 30 facoltà e dipartimenti, una delle istituzioni indù maggiormente impegnate nel dialogo interreligioso; e, al Bharatiya Vidya Bhavan, centro culturale parauniversitario che conta un centinaio di sedi in India e quindici all’estero, nato per la riscoperta delle radici della cultura indù e per il suo sviluppo. Un organismo di cui fanno parte indù, musulmani, cristiani, zoroastriani e buddisti. Chiara era giunta in India il 4 gennaio. Il primo incontro lo aveva avuto con il cardinale Dias, arcivescovo di Bombay e con il suo predecessore card. Simon Pimenta, per iniziare il suo viaggio in piena comunione con la Chiesa locale. Il cardinal Dias l’aveva invitata anche a portare il suo carisma di unità a clero, seminaristi, religiosi e religiose della diocesi, che Chiara ha incontrato il 9 gennaio, e a intervenire, il 12 gennaio, al 3° Incontro dei movimenti ecclesiali che hanno intrapreso un cammino di comunione: erano in oltre 3500 persone, di 16 movimenti e associazioni. Chiara Lubich è appena rientrata dall’India, mentre i suoi collaboratori sono partiti per Coimbatore, nel Tamil Nadu, e proseguiranno poi per Delhi. Li attende un fitto programma di incontri col mondo indù e con le chiese locali. (altro…)

In India religioni in dialogo alla luce della Novo Millennio Ineunte

Inaspettata, una gioia grande, per la lettura della nuova lettera apostolica del Papa “Novo Millennio Ineunte”, pubblicata proprio i primi giorni di quel mio primo viaggio in India. Quale centralità dell’amore e della spiritualità di comunione! E poi, proprio mentre mi stavo accostando al misterioso mondo dell’induismo, quale consonanza e conferma dalle sue pagine che incoraggiano il dialogo tra le religioni! “Il dialogo deve continuare.” – scrive il Papa – “Nella condizione di più spiccato pluralismo culturale e religioso, quale si va prospettando nella società del nuovo millennio, tale dialogo è importante anche per mettere un sicuro presupposto di pace e allontanare lo spettro funesto delle guerre di religione che hanno rigato di sangue tanti periodi nella storia dell’umanità. Il nome dell’unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace”. E’ quanto, con gioia, constato ora, settimana dopo settimana, dai fax che mi giungono dall’India dai responsabili del Movimento che mi tengono continuamente aggiornata sugli sviluppi del dialogo avviato nel gennaio scorso, quando mi ero recata in quella terra così misteriosa e affascinante. E’ un profondo cambiamento di mentalità che comincia a poco a poco a diffondersi. Un mondo chiuso da paure e sospetti, che avevano eretto alte barriere religiose da ambo le parti, si sta aprendo. Come aveva osservato la prof. Kala Acharya, indù, uno dei promotori dell’incontro al campus universitario del Baratiya Sanskriti Peetham di Mumbai (Bombay), a cui ero stata invitata: “Ognuno era cresciuto chiuso fra le proprie mura ad ammirare il proprio giardino, senza sapere che dall’altra parte di queste mura altissime, ci sono bellissimi giardini da contemplare. E’ l’ora di buttar giù queste mura e scoprire il giardino dell’altro”. Una rete di rapporti si sta stringendo fra cristiani e indù, nel segno della fraternità. Fervono iniziative e programmi. “Dobbiamo andare avanti”. E’ l’urgenza avvertita dalla signora Minoti Aram, presidente dello Shanti Ashram, che per prima mi aveva rivolto l’invito per recarmi in India. In marzo convoca nella sua cittadella, insieme alla figlia Vinu, anche l’incaricato dei giovani e il segretario della sua istituzione gandhiana. Nasce la proposta di avviare un dialogo a 4 livelli: a metà giugno con un gruppo di intellettuali; all’inizio di agosto con i giovani, in un grande incontro; in ottobre col gruppo delle donne che lavorano per l’Ashram a favore dei bambini dei villaggi più poveri ed ancora, all’inizio di dicembre, con personalità di varie religioni della città di Coimbatore, capoluogo del Tamil Nadu, nel Sud dell’India. Tema degli incontri: presentare la collaborazione tra i Focolari e lo Shanti Ashram come esempio di dialogo. Un seminario internazionale per il dialogo interreligioso fra Induismo e Cristianesimo al Somaiya College di Mumbai, nel febbraio scorso, è occasione per stabilire nuovi rapporti e rafforzare quelli iniziati con l’incontro di gennaio. In marzo, insieme alla dott. Kala Acharya, altre docenti fanno visita ad un centro dei Focolari di Mumbai. Si evidenzia ancora una volta la loro sensibilità alla vita interiore, e la consonanza con il nostro stile di vita. Si moltiplicano i viaggi dal nord al sud dell’India per incontrare giovani e adulti, famiglie aderenti al Movimento, per formarli al dialogo interreligioso, nello spirito del Concilio Vaticano, con i chiarimenti apportati dalla Dominus Iesus, di fronte alle attuali problematiche, e nella luce del carisma che anima la spiritualità dell’unità. I vescovi chiedono ai membri del nostro Movimento in India collaborazione nelle commissioni per il dialogo interreligioso nelle varie diocesi. Testimonianza e dialogo aperto all’ascolto Il Papa nella sua lettera apostolica invita alla “testimonianza piena della speranza che è in noi” e allo stesso tempo ad “andare al dialogo con le altre religioni ‘intimamente disposti all’ascolto’ ”, proprio perché ci troviamo “di fronte al mistero di grazia infinitamente ricco di dimensioni e di implicazioni per la vita e la storia dell’uomo” (NMI 56). Queste parole del Papa mi hanno sorpresa. Il mio desiderio, appena giunta in India, era infatti prima di tutto conoscere questa cultura millenaria, stando in silenzio, in ascolto, il più possibile. A poco a poco, questo mondo misterioso ci si è rivelato con un suo volto per noi occidentali non facilmente decifrabile, unitario nella sua ricchissima diversità. Si sente davvero che siamo di fronte ad uno scrigno di tesori spirituali, di tensione mistica di tutta la natura umana, tensione alla quale non è certamente estranea l’opera della Grazia. E questo scrigno si apre solo a chi vi si accosta con rispetto pieno d’amore e, soprattutto, con la convinzione che Dio ha tanto da dirci attraverso questa cultura millenaria, che nel difficile e tormentato mondo contemporaneo ha un suo contributo da dare, essenziale e vitale per tutti, una parola che mette in forte evidenza il primato della vita interiore. Mi chiedevo che cosa sarebbe potuto scaturire dall’incontro dell’India con il carisma dell’unità. Sin dai primi giorni intuivo che, portando a piena maturazione i semi del Verbo presenti in essa – lavoro immenso, ciclopico, che richiederà anni ed anni, forse secoli, potrebbe scaturire Gesù dal cuore stesso della realtà indiana. Ma in che modo? Essendo, da parte nostra, quella presenza di Maria, che è l’unica capace di offrire, di donare Gesù nella sua verità più profonda, ma facendolo nascere dal cuore stesso della realtà alla quale lo dona. E mi è risuonato col sapore di una sfida, quanto aveva scritto Igino Giordani nel 1960, al termine di un suo viaggio in India: “(…) se in Asia, e soprattutto in India, le religioni minuto per minuto si sfiorano e si confrontano, emergerà, col tempo, quella che più dà, e cioè, quella che più innalza l’uomo con energie divinizzanti”. Come dare quel tutto che possiamo qui in India? Con l’amore, un amore che va indirizzato alle singole persone, ma anche alla nazione stessa nella sua totalità. Maria portava e porta in cuore per ognuno e per ogni popolo un amore particolare, l’amore che è misericordia, quell’amore che vede nel prossimo nient’altro che le virtù, le buone opere, quell’amore che è “nulla di sé”, che sa aprirsi del tutto all’altro, per “entrare” nell’altro. E abbiamo sperimentato ancora una volta che questo amore suscita la reciprocità. Si colgono così quegli elementi comuni che si possono vivere insieme. Proprio in quei giorni mi aveva colpito la frase di un filosofo non credente che definisce l’amore “la capacità di scoprire somiglianze nel dissimile” (T.W. Adorno). Mi sono chiesta: “Il dialogo allora non è forse una delle più belle espressioni dell’amore?” L’annuncio gioioso della rivelazione di Dio Amore e i semi del Verbo presenti nell’Induismo Misteriosa, certo, questa religione. Ma, al di sopra dei molti dèi, abbiamo scoperto che vi è pure il senso molto forte dell’ “Uno”, dell’Assoluto. E sopra tutte le regole: la tolleranza, l’amore! Abbiamo scoperto una cosa meravigliosa: quanto sono evidenti in questa religione i semi del Verbo di cui parla il Concilio! Abbiamo sperimentato che, se li mettiamo in rilievo, diventano sempre più grandi, più maturi e gli stessi indù se ne “riinnamorano” e mettono in secondo piano altri aspetti della loro religione: si va diritto all’essenza che è l’amore. Parlando a leaders religiosi, a membri indù di istituzioni gandhiane e di enti culturali della nostra grande scoperta di Dio Amore, proprio nel tempo di odio e violenza del secondo conflitto mondiale, è stato spontaneo citare espressioni delle loro scritture e dei loro saggi: “Noi sottolineiamo che Dio è amore – ho detto loro – ma voi non dite forse: ‘Dio è il primo ad amarci, poiché fu Lui a dare a noi l’amore e in noi lo accresce quando lo cerchiamo’? E ancora, non dite voi: ‘Il Signore è per natura amore, Egli risiede nell’amore, la Sua suprema realtà’? Non conoscete anche voi quella frase di Tagore: ‘Da quando mi sono incontrato con il mio Signore, non è mai finito il nostro gioco d’amore’?”. Così quando ho parlato della luce che aveva illuminato le parole del Vangelo e ci aveva mostrato che amare Dio non è questione di sentimenti, ma occorre fare la sua volontà, ho aggiunto: “Non dite forse anche voi: ‘Fare la volontà del Signore è un atto più grande che non cantare le sue lodi’? ”. E quando ho parlato loro della scoperta dell’amore del prossimo, cuore del Vangelo, che ci chiedeva di amare gli altri come sé, ho portato ad esempio un detto di Gandhi: “Io e te siamo una cosa sola. Non posso ferirti senza fare del male a me stesso”. Poi, quando ho citato l’amore al nemico – così genuinamente evangelico – ho riportato quest’altro loro detto: “La scure taglia il legno di sandalo, mentre questo le fa dono della sua virtù, rendendola profumata”. Si vendica, insomma, con l’amore. Tutti questi sono semi del Verbo, qualche cosa di vivo, di vero! Gli indù sono rimasti impressionati da quelle frasi. Davvero – come ha scritto il Papa – questo “annuncio gioioso della rivelazione del Dio Amore è un dono per tutti”(cf NMI 56). Gli stessi indù, sia al termine dell’incontro a Coimbatore, sia dopo l’incontro al Bharatiya Sanskriti Peetham, il centro culturale dell’università di Vidyavihar di Mumbai, esprimevano la comune esigenza dell’amore e dell’unità. “E’ una necessità dell’ora presente. Stiamo passando attraverso una grande crisi nel mondo. Solo la pace e l’amore possono salvarci” diceva un docente universitario. E aggiungeva che avevo “riassunto il pensiero di questo Paese elaborato in tanti secoli”. “Nonostante che nella nostra religione sottolineiamo già questi valori” affermava un letterato di Mumbai, Partap H. Butani, della Bombay Natural History Society “c’è una differenza: non si tratta solo di parole, le dobbiamo vivere”. Ed un poeta, Kalyangi Sarla Curmil (giainista). “Se abbiamo capito qualcosa stasera, è di essere il profumo di questo fiore dell’amore”. Le vie misteriose della grazia salvifica Certo, sono a noi sconosciute le vie attraverso cui la grazia salvifica di Dio arriva ai singoli non cristiani (cf Ad Gentes 7). La teologia – come afferma la Dominus Iesus – sta cercando di approfondire questo argomento, ricerca che è incoraggiata perché “è senza dubbio utile alla crescita della comprensione dei disegni salvifici di Dio e delle vie della loro realizzazione”. Ma anche il “dialogo della vita” può gettare nuova luce e aprire nuovi sentieri nella conoscenza dei piani di Dio. M’è parso di avere la conferma che anche negli indù, se e in quanto amano, agisce lo Spirito santo. Mi ha colpito l’esperienza di una dottoressa indù che da tempo si impegna a vivere la spiritualità dell’unità: “Noi parliamo della reincarnazione; si crede necessaria per purificarci. Ma ho imparato che ogni volta che amo, muoio a me stessa per ‘vivere l’altro’ e amando sperimento la gioia. E’ quindi una continua morte e rinascita”. E’ lo Spirito di Verità che porterà alla pienezza della verità. La nostra esperienza di dialogo evidenzia quanto aveva detto il Papa proprio in India: “Attraverso il dialogo facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a noi, perché mentre ci apriamo l’un l’altro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio. E il frutto è l’unione fra gli uomini e l’unione degli uomini con Dio”. Dagli indù la proposta di continuare il dialogo Dai nostri amici indù è nata la proposta di continuare il dialogo: “Dobbiamo continuare ad esplorare i nostri fondamenti spirituali; poi si potranno avviare azioni e progetti comuni”, aveva proposto la dott. Vinu Aram, dirigente dell’istituzione gandhiana Shanti Ashram. Un’ altra personalità indù sottolineava che tra nazioni non solo bisogna collaborare nel campo dello sviluppo industriale o dell’insegnamento, ma “anche nel campo della pace e della spiritualità”. “Hai piantato un seme – diceva – ora dobbiamo innaffiarlo e controllare che cresca”. Ma già alla cerimonia di Coimbatore, in cui avevano voluto assegnarmi il Premio “Difensore della Pace”, veniva da un’altra istituzione gandhiana, il Sarvodaya Movement, la richiesta di iniziare il dialogo con l’induismo così come l’avevo intrapreso da tempo con il buddismo. Non solo. La motivazione del premio riconosceva che i semi di pace e di amore gettati fra i popoli erano frutto degli insegnamenti di Gesù Cristo e mostravano quanto “il messaggio di Gesù Cristo rimane rilevante, fresco e benefico nel risolvere le questioni contemporanee”. Chiedevano il nostro contributo per affermare anche in India i valori spirituali, in un tempo in cui questo Paese deve affrontare “sfide nuove, problemi sociali accompagnati da tensioni e divisioni; deve misurarsi con uno sviluppo economico e tecnologico segnato spesso da una mentalità materialista e priva di valori morali”. Una comprensione nuova del messaggio cristiano Davvero “lo Spirito di Dio, ‘che soffia dove vuole’ suscita nell’esperienza umana universale, nonostante le sue molteplici contraddizioni, segni della sua presenza” (NMI 56). Ed è proprio nell’essere stati testimoni di questa azione misteriosa di Dio, che – come scrive il Papa – si giunge ad una comprensione più profonda del messaggio cristiano (cf NMI 56). Ho avuto una nuova conferma che il dialogo con le altre religioni apre sempre più la Chiesa cattolica a quell’altra se stessa che è fuori di lei! S. Tommaso ha affermato che la Chiesa non va commisurata soltanto sul numero dei cattolici, ma, siccome Gesù Cristo è morto per tutti gli uomini, va commisurata sul numero di tutti quelli per i quali Lui è morto, cioè sull’umanità intera. Quindi in certo modo la Chiesa è anche “fuori di sé”. Col dialogo si apre a quel “se stessa che è fuori di sé”. In India ho capito poi, come in nessun altro luogo, cos’è il Battesimo, la sua necessità per far gustare ai cuori e alle menti la libertà e la gioia che nascono dall’essere innestati in Cristo. Ho riscoperto la Messa, la straordinaria consolantissima possibilità di fare un dono proporzionato alla regale maestà del Padre: il suo Figlio immolato. Una nuova via al dialogo e all’evangelizzazione Mi è rimasta in cuore una immensa gratitudine a Dio. Il card. Tomko, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione, in una lettera indirizzata al Centro per il dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari, scrive: “Conoscendo bene la realtà complessa dell’India, specialmente nell’ambito del dialogo interreligioso, ci sentiamo di unirci a Voi nel rendere grazie al Signore per questa via che lo Spirito Santo ha voluto aprire alla Chiesa”. Una via, inedita ma efficace, di evangelizzazione, che evita i compromessi e i sincretismi, come avevano affermato molti vescovi indiani, a cui, a Calcutta, avevo esposto la nostra esperienza di dialogo, durante l’Assemblea della Conferenza episcopale. Maria e il dialogo interreligioso Mi chiedevo come era avvenuto tutto questo. Mi avevano sorpreso le parole della prof.ssa Kala Acharya. Fin dal primo incontro, notava come Dio stava usando per il dialogo di quei giorni tre donne (lei, la signora Minoti Aram, presidente dello Shanti Ashram, ed io), e aggiungeva: “Perché la donna è madre e sa cos’è l’amore, come Maria. Penso che è Lei che sta lavorando, come quando per fare le collane di fiori occorre un filo che li lega tutti. Lei, Maria, sta legando tutti questi fiori”. Appena giunti in India, il 1° gennaio, festa della Madre di Dio, avevo chiesto all’Eterno Padre, durante la Messa, di scolpire in tutti noi, membri di un’Opera che è “di Maria”, la sua immagine. Forse la risposta sta qui: per il carisma che ci è stato dato, dono gratuito dello Spirito per questo nostro tempo, seguendo il cammino della spiritualità di comunione, così evidenziata dal Papa (cf NMI 43), partecipiamo in certo modo alla maternità di Maria, generando spiritualmente Gesù al mondo. Lui si fa presente in mezzo a noi, come ha promesso (Mt 18,20), per l’amore reciproco vissuto sino all’unità. E Lui è luce, gioia, amore! E si può in un certo senso “farlo vedere” (NMI 16). E Gesù è luce per ogni uomo su questa terra, anche per gli indù. Sì, perché Lui è in qualche modo “imparentato” anche con loro, perché ha dato il sangue per tutti gli uomini, che, quando lo “vedono” nei cristiani, pur inconsciamente, si sentono attirati… di qualsiasi religione essi siano. A viaggio concluso, assistendo agli sviluppi che si prospettano, mi si conferma una certezza: in questo tempo lo Spirito soffia forte ispirando nel Santo Padre parole e gesti profetici che spingono la Chiesa al largo, verso nuovi orizzonti e suscita l’irruzione di nuovi carismi per dare attuazione ai disegni di Dio. Si sta forse delineando il nuovo volto della Chiesa del terzo millennio: la Chiesa, comunione tra la dimensione petrina-istituzionale e la dimensione mariana carismatica, così viva nel cuore del Papa?  

Suscitare ovunque brani di fraternità per la pace tra i popoli:  l’impegno comune di cristiani e indù

“La via dell’amore – L’unione con Dio e la fraternità universale nell’induismo e nel cristianesimo”

Chiara Lubich con Kala Acharya e Shantial Somaiya

I partecipanti – La delegazione indiana era costituita oltre che dalla prof.ssa Kala Acharya, dal prof. Somaiya con altri rappresentanti dello suo Istituto, dalla dott.ssa Joshi, direttrice della facoltà di Filosofia dell’università di Bombay, dal prof. Upadhyaya con la sua signora (a rappresentare il Bharatya Vidhya Bhavan, altra prestigiosa istituzione culturale di Bombay, con 200 sedi in India e 6 all’estero). Presenti anche i gandhiani del sud dell’India con la sig.ra Minoti Aram e la figlia Vinu, dello Shanti Ashram, il dott. Markandan e il dott. Raja della Gandhigram University. Prezioso l’apporto anche di diversi membri indiani del Focolare, di varie vocazioni. Come osservatore ha preso parte al convegno il sig. Kazumasa Yoshinaga, dell’Ufficio di Ginevra del Movimento buddista Rissho Kosei-kai. Per il Movimento dei Focolari, oltre a Giuseppe Zanghì e Natalia Dallapiccola e gli altri componenti del Centro del dialogo interreligioso, hanno animato il Simposio i membri della Scuola Abba. Il tema: “La via dell’amore – L’unione con Dio e la fraternità universale nell’induismo e nel cristianesimo”, è stato affrontato con la presentazione di studi ed esperienze a diverso livello, commentate poi in momenti di dialogo. Ben oltre le aspettative – La preparazione era cominciata in India e al Centro del Movimento dei Focolari, con largo anticipo e con grande impegno, tanta era l’attesa. Ma il Simposio è andato ben oltre le aspettative giacché sin dalle prime battute si è compreso qualcosa di nuovo e di grande. Chiara Lubich ha confermato questa impressione che ciascuno aveva in cuore. Nel suo saluto all’inizio dei lavori, ha infatti commentato: “Penso che ci si spalanca davanti un orizzonte che noi non conosciamo.” Il programma – La mattina seguente Chiara stessa ha presentato la sua esperienza di “devozione” a Dio, mettendo in rilievo la novità dell’amore al prossimo, come strada privilegiata per l’unione con Dio. La prof.ssa Kala Acharya ha poi sottolineato punto per punto l’esposizione di Chiara con riferimenti alla tradizione indù, che propone tre strade verso Dio: quella dell’azione, quella della conoscenza e quella della “devozione”. La professoressa ha sottolineato che Chiara con la sua spiritualità apre ora una quarta strada: quella dell’amore al prossimo e dell’amore reciproco. I vari interventi mettevano in rilievo un argomento particolare: la “devozione” nella scrittura indù e in quella cristiana, la devozione in Maria e in alcune sante indù, il dolore come dimensione indispensabile per arrivare ad una vera unione con Dio. Fruttuosi i due momenti di dialogo quotidiano in cui c’era la possibilità di confrontarsi e di sottolineare quanto precedentemente esposto con esperienze di vita. Particolarmente arricchente la domanda con cui il prof. Sureshchandra Upadhyaya ha chiesto di chiarire come Gesù, essendo Dio, possa essersi sentito abbandonato da Lui. All’apparente contraddizione, Chiara ha risposto presentando il mistero dell’incarnazione e la sua personale scoperta di Gesù abbandonato. Nel pomeriggio, si è parlato dell’ incidenza che la spiritualità porta nelle realtà umane. Sono stati presentati l’Economia di Comunione e il Movimento dell’unità in politica, da parte dei Focolari; e, da parte indù, le prospettive economiche e della vita pubblica in Gandhi; e ancora le cittadelle dei Focolari e l’Ashram indiano. Come dicevano indù e cristiani, si è sperimentata la presenza di Dio in questi giorni indimenticabili che, come sottolineava Chiara, sono l’inizio di una strada forse lunga, ma che non si fermerà agli ostacoli se Dio rimarrà con noi. In Vaticano – Il Simposio ha anche conosciuto due momenti di intensa comunione in Vaticano: lunedì 17 i partecipanti hanno trascorso un’ora e mezza con il card. Francis Arinze ed i suoi collaboratori al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Mercoledì 19, infine, l’udienza nell’Aula Paolo VI, dove Giovanni Paolo II ha salutato i partecipanti al Simposio. Alla fine dell’udienza si è fermato col gruppo indù-cristiano per una foto ricordo. Venerdì 14, l’apertura del Simposio aveva visto la presenza del cardinale di Bombay, Ivan Dias, e di mons. Felix Machado, del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, intervenuto su: “Il dialogo indù-cristiano”. Ad Assisi e alla cittadella di Loppiano – Una visita ad Assisi ed una giornata alla cittadella di Loppiano hanno coronato un’esperienza indimenticabile. Come diceva uno dei partecipanti prima della partenza: “Non posso promettervi che vi ricorderò perché si ricordano solo le cose e le persone che prima si erano dimenticati… questi giorni e tutti voi non potranno essere dimenticati, sono parte di noi.”

Cronaca dell’incontro a Coimbatore

“E’ un incontro di cuori. Stiamo unendo le mani per costruire un mondo di pace”.  Con queste parole, Vinu Aram, a nome della Shanti Ashram, ha salutato a Coimbatore, nello stato meridionale indiano del Tamil Nadu, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Nel corso di una cerimonia ufficiale svoltasi il 5 gennaio, davanti a un pubblico qualificato di oltre 500 persone, tra cui alcuni anziani compagni di Gandhi, le era stato appena conferito il premio Defender of peace, difensore della pace. Il Premio è stato istituito da due prestigiose istituzioni induiste gandhiane: lo Shanti Ashram, organizzazione impegnata in campo sociale ed educativo a favore dei più bisognosi, con cui da tempo collabora il Movimento Famiglie Nuove, diramazione dei Focolari, con le adozioni a distanza, ed il movimento Sarvodaya, che si ispira ad una delle idee forza di Gandhi, cioè l’impegno a favore di una vita dignitosa per tutti.   Si tratta di un riconoscimento riservato a personalità di elevata statura morale, che è stato assegnato finora solo otto volte, ed ha visto premiati, tra gli altri, il rev. Kajitan, discepolo di Gandhi, Homer Jach, primo segretario della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace, e Madre Teresa di Calcutta. A Chiara Lubich, come si legge nella motivazione del premio, è stato riconosciuto “il suo ruolo instancabile nel gettare semi di pace e d’amore fra tutti gli uomini. Segno che il messaggio di Gesù Cristo è sempre rilevante, fresco e benefico nei risolvere le questioni contemporanee”. Caloroso, e in profonda sintonia spirituale, è stato il discorso pronunciato dal presidente della sede di Coimbatore del Bharatiya Vidya Bhavan, istituto culturale e religioso considerato come uno dei punti di riferimento dell’ortodossia indù. Il presidente, Shri Krishnaraj Vanavarayar ha salutato Chiara Lubich come una persona “capace di mostrarci la strada per superare le divisioni e l’odio”. “L’India – ha detto – pur avendo una grande eredità culturale e religiosa, pluralista e tollerante, deve affrontare oggi sfide nuove, problemi sociali accompagnati da tensioni e divisioni, e deve misurarsi con uno sviluppo economico e tecnologico segnato spesso da una mentalità materialista e priva di valori morali”. “Il problema centrale” – ha osservato ancora Vanavarayar – “è come vincere l’odio con l’amore, come trasmettere l’amore ad altri. Chiara ha una forza in lei che ha reso possibile questo sogno, perché ha fatto l’esperienza di Dio”. A Chiara Lubich è stato chiesto di presentare nel suo discorso di accettazione la propria esperienza spirituale; prima di farlo, ha però voluto sottolineare come il suo desiderio principale, qui in India, fosse quello di ascoltare, di imparare, per aprire un “cordiale dialogo” con persone che vengono da un’antichissima cultura e tradizione religiosa, sensibili al valori spirituali. Delineando con trasparenza i passaggi fondamentali della propria esperienza del Vangelo, ha fatto spesso riferimento alla tradizione induista, come quando, parlando degli inizi della spiritualità dell’unità che ha la sua fonte nell’amore di Dio, ha citato “un antico inno della religione indù: ‘Dio è il primo ad amarci’, perché fu lui a dare a noi l’amore e in noi lo accresce quando lo cerchiamo”. Ricordando poi le esperienze di solidarietà e di condivisione con chi era nel bisogno, vissute durante la Seconda guerra mondiale, Chiara Lubich ha osservato come il Signore l’abbia guidata, insieme alle sue prime compagne, “verso il cuore del Vangelo, che è la legge dell’amore”. Ha citato come fondamentale quella “Regola d’oro” che è comune a tutte le religioni. “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, e ha ricordato un detto di Gandhi: “Io e te siamo una sola cosa. Non posso ferirti senza fare del male a me stesso”. “Un amore – ha continuato – indirizzato all’amico ma anche al nemico”.  Da queste esperienze è nata la presenza dei Movimento dei Focolari in tante situazioni di divisione e di lotta, per ricomporre l’unità e far rinascere la speranza e la pace. Così pure l’impegno nel dialogo di amore fraterno, di vita e di preghiera con i fedeli di altre religioni. “Eravamo convinti – ha concluso – che dove c’era una sinagoga, una moschea, un tempio, lì era il nostro posto. Eravamo e siamo convinti di essere chiamati a concorrere a costruire la fraternità universale con tutti loro”. I giornali in lingua inglese “The Hindu”, il “New Indian Express” e vari quotidiani in lingua tamil hanno dato ampio rilievo all’avvenimento, citando parti del discorso di Chiara e della motivazione del premio. Il giorno seguente, Chiara Lubich ha voluto consegnare un messaggio anche ai bambini seguiti dallo Shanti Ashram nel loro progetto educativo. In un colorito ed affettuoso incontro con alcune centinaia di loro, svoltosi alla periferia di Coimbatore, dove sorge la sede dello Shanti Ashram, ha chiesto che lascino spazio “alla fiamma di amore che portano nel cuore”, e che siano di esempio anche per i grandi, amando tutti, i buoni come i cattivi.      Nel Tamil Nadu, una regione del sud di antichissima tradizione religiosa, si è aperta dunque una nuova strada di dialogo. Il Dott. Aram, Senatore a vita e fondatore dello Shanti Ashram di Coimbatore, nella sua veste di Presidente della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP), aveva conosciuto personalmente Chiara in occasione della sessione inaugurale della VI Assemblea Mondiale tenutasi nell’Aula del Sinodo in Vaticano, nel 1994.  Inoltre il Dott. Aram, che aveva avuto modo di conoscere ed apprezzare la collaborazione del Movimento dei Focolari con la WCRP, aveva atteso e desiderato una visita di Chiara nella sua terra. Tre anni or sono, alla sua improvvisa dipartita, la Signora Minoti Aram e la sua figliola Dott.ssa Vinu Aram hanno proseguito la sua opera e si sono adoperate con ogni mezzo per rendere possibile un viaggio di Chiara nel Tamil Nadu. (altro…)