21 Mag 2011 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Nella prestigiosa cornice della Sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale di Genova, il 14 maggio scorso si è svolto il convegno “Unità, Federalismo, Fraternità: un percorso possibile”, organizzato dal Comune di Genova, Associazione Città per la Fraternità e Movimento Politico per l’Unità (Mppu) sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica ed inserito nelle celebrazioni ufficiali del 150° dell’Unità d’Italia. Clou della giornata: la presentazione della Carta di Genova. Documento che propone la Fraternità come paradigma politico che informi intenzioni, atti e decisioni, con l’auspicio che «anche con l’apporto della “Carta di Genova”, possa scaturire nelle città e tra le città un Patto nuovo e solidale che consenta di dare compiute risposte alle crescenti domande che i cittadini rivolgono a chi li rappresenta e che, a tutti i livelli, la categoria della fraternità si configuri come un nuovo diritto-dovere volto alla costruzione di una nuova umanità».
Firmata dalle tre realtà organizzatrici del Convegno, ora sarà posta all’attenzione delle Istituzioni nazionali e locali, della società civile, dell’associazionismo, per un confronto e un dialogo proficuo e fattivo. Oltre al sindaco della città, Marta Vincenzi, erano presenti l’Assessore alla Cultura Andrea Ranieri e i capigruppo consiliari, Claudio Burlando, presidente della Regione Liguria, il Cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della C.E.I., il presidente internazionale del Mppu Marco Fatuzzo, il vice presidente dell’Associazione Città per la Fraternità Stefano Cardinali, numerosi sindaci provenienti da Liguria, Piemonte, Umbria, Marche, Toscana, Sicilia e una delegazione proveniente dal Libano. Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel suo messaggio ha sottolineato il valore della coesione e dell’unità nazionale, unitamente alla «consapevolezza che le caratteristiche dell’Italia nascono proprio dalla pluralità di identità e di tradizione che la compongono». Si è compreso, fin dai saluti dell’Assessore Ranieri, l’importanza dell’evento che salutava anche l’ingresso della Città di Genova nell’Associazione delle Città per la Fraternità.
Il Cardinale Bagnasco, dopo aver tracciato le molte note importanti che accompagnavano il convegno, ha voluto sottolineare «che l’unità include il rischio che diventi chiusura ed esclusione, come pure il federalismo, un grande valore che può diventare dispersione. Ci vuole l’anima che dia prospettiva, visione, crei un progetto e non solo per superare ostacoli immediati. Con essa occorre guardare alla persona, fine del progetto e non il mezzo. E voi – rivolto ai partecipanti – siete come quell’acqua buona, che scende delicata e costante, che penetra nel terreno, vitalizzando tutto». Nel convegno anche il ricordo dei 10 anni dalla cittadinanza onoraria conferita dal Comune di Genova a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari ed ispiratrice di tante istanze e prospettive declinatesi in questa assise. E, a dare inizio ai lavori, una video sintesi di suoi pensieri sulla Fraternità ai politici in varie occasioni.
Tra gli ospiti del convegno, protagonisti di una tavola rotonda sui temi dell’Unità del Paese, della svolta federalista e del presidio della fraternità: Daniela Ropelato, docente di Scienza Politica dell’Istituto Universitario “Sophia”, Matteo Luigi Napolitano, storico dell’Università “Marconi” di Roma, Giovanni Caso, Presidente onorario della Corte di Cassazione, e il sindaco di Montefalco (Pg), Donatella Tesei. Il pomeriggio. Dapprima il saluto di Mons. Marino Poggi Vicario Episcopale per la Carità, poi esperienze e realizzazioni sia della città di Genova, come quella del “Patto per la Maddalena” e di altre realtà locali che lavorano per accrescere la pratica della fraternità sul territorio, sia di città e di territori come Ascoli Piceno e Montecosaro, dell’ Umbria e della Sicilia (specie in questo momento del grande sforzo di accoglienza e di vera fraternità espressa da tanta gente) e del Libano. Terra, quest’ultima, definita da Giovanni Paolo II “un messaggio”, dove si contano ben 19 diverse identità religiose, una convivenza non solo non facile, ma a volte anche cruenta. Eppure, con fermezza, si è ribadito che la fraternità è una bussola per la Terra dei Cedri.
All’esterno, ragazzi con uno stand artistico che ha coinvolto i passanti proponendo di aderire simbolicamente, apponendo la propria impronta su una grande sfera trasparente che poi è stata posta nell’atrio del Comune di Genova. Sempre i giovani hanno portato un’ondata di vitalità nel programma con una vivace e coinvolgente performance musicale e coreografica dal titolo Living the Dream, ispirata alla vita di Carlo Grisolia e Alberto Michelotti.
20 Mag 2011 | Non categorizzato

Antonio Zanardi Landi, ambasciatore per l’Italia a Mosca
L’anno della cultura e della lingua italiana in Russia è stato fortemente voluto dall’ambasciatore Antonio Zanardi Landi, trasferitosi a Mosca insieme alla famiglia lo scorso dicembre, dopo una lunga esperienza diplomatica presso la Santa Sede. Con manifestazioni importanti come la mostra di Caravaggio a Mosca e iniziative disseminate nelle trenta principali città della federazione, l’ambasciatore vuole rafforzare i legami di stima e collaborazione tra i due Paesi. La cultura sarà collante e radice anche di progetti economici e industriali a cui l’Italia sta già lavorando e per nuovi investimenti in programma. Abbiamo raggiunto Zanardi Landi nell’antica villa Berg. Il calore e la cordialità dell’accoglienza sono tipicamente italiani, ma si potrebbe anche dire russi, perché sull’ospitalità i due popoli fanno a gara. Dottor Landi, da cinque mesi è passato dalla Santa Sede a Mosca: un cambiamento radicale… «Certo è cambiata la qualità del lavoro. La Santa Sede ha un approccio globale alla realtà ma è pur sempre uno Stato piccolo, bastava una passeggiata per percorrerlo. Ora sono nel Paese più grande del mondo e non è facile ad esempio raggiungere i posti dove ci sono le attività italiane, le distanze sono enormi e finora sono andato solo a san Pietroburgo. C’è però qualcosa di simile in entrambi i Paesi poiché hanno un approccio esteso nel considerare la realtà internazionale: la Russia in politica estera ha un approccio mondiale, come il Vaticano, ma certo le caratteristiche e gli scopi sono molto diversi». Dopo la Santa Sede si trova ad operare in un paese ortodosso, dove i cattolici sono una minoranza. Che idea si è fatta? «Finora ho avuto pochi rapporti con i cattolici, fatta eccezione per il Movimento dei focolari e per Comunione e liberazione. So che ci sono altri gruppi, ma non ho avuto tempo. Quello che stanno facendo i focolarini ad esempio è di importanza fondamentale, a mio parere, perché il rapporto tra i nostri mondi, tra le nostre società ha bisogno di iniezioni quotidiane di fiducia sia nella politica che nelle realtà quotidiane. Ci sono dei muri di diffidenza, è innegabile, ma quello che si sta facendo attraverso l’esperienza dei focolari è importantissimo: il dialogo tra questi due mondi – cattolico e ortodosso – può consentire alle nostre società di avvicinarsi». Mosca è un grande cantiere all’aperto, una capitale in crescita, che attira investimenti e che sta vorticosamente scoprendo il benessere. Ci sono elementi di criticità in questo modello di corsa al consumo? «La crescita economica per un Paese che si è trovato in crisi di produzione quando è finita l’Unione Sovietica è essenziale. Penso che il vero problema sia la separazione troppo netta tra chi sa gestire la crescita economica e chi rimane al palo, e in Russia è particolarmente forte la differenza tra i diversi strati della popolazione. Speriamo che il governo di oggi e quello di domani prenda coscienza di questo e faccia beneficiare larghe fasce della popolazione di questo benessere, anche se già si comincia. Certo non deve essere facile governare un paese che va dall’Europa alla Cina e si deve tener conto della difficoltà di gestire unitariamente un territorio che è un impero». Sono in molti a dire che Mosca non è la Russia… «È vero, lo hanno detto anche a me. Io voglio proprio vedere l’altra Russia, ma con le forze che abbiamo riuscire ad operare ad esempio nelle 30 città più importanti con risorse umane e finanziare limitate non è possibile come vorremmo. Per l’anno della cultura italiana in Russia allestiremo a Mosca una mostra di Caravaggio, che è un grande impegno finanziario, organizzativo e politico poiché ci vuole il coinvolgimento del governo. Nelle altre città programmiamo un calendario importante, ma più modesto: mostre fotografiche, festival di cinema, tournée di compagnie teatrali, concerti. Facciamo percepire un’Italia amica e aperta». Un’Italia che in Russia è molto amata… «Non posso non rallegrarmi dell’accoglienza ricevuta. C’è apertura, amicizia, interessa ciò che è italiano e questi sono elementi su cui lavorare bene. Per cercare di dare un messaggio di amicizia ad esempio abbiamo usato molto gli strumenti dei visti, naturalmente nei limiti consentiti da Schengen. Abbiamo facilitato la concessione di oltre 600 mila visti, e Mosca da sola copre la maggioranza di visti al mondo. Poi ci sono visti gratuiti a chi viene in Russia o in Italia per attività connesse all’anno della cultura italiana. Ho avviato una campagna particolare: abbiamo identificato i leader culturali in Russia – direttori di musei, orchestre, presidi, sindaci di certe città – e offerto loro un visto gratuito in occasione dell’anno della cultura. Questo per far capire che con questo Paese possiamo costruire uno spazio comune, in prospettiva di altri sviluppi. Non dobbiamo dimenticare che la cultura e l’arte italiana sono entrati nella formazione dell’uomo russo e quindi è un patrimonio comune». Eppure proprio al salone del libro di Torino una scrittrice russa ha dichiarato che la letteratura non ha potere e la cultura sembra altrettanto debole… «La cultura e la letteratura non hanno quasi mai un potere immediato, ma mettono le basi per un potere futuro. Poi influenzano giornalisti e carta stampata, ma con i tempi del libro, e quindi più lenti di quelli di un quotidiano o di un blog. Questi sono strumenti di maggiore impatto sulla gente, ma ciò non vuol dire che le case si costruiscono senza fondamenta: ecco, la cultura costituisce sempre le fondamenta di un progetto solido». Che contributo fattivo può dare l’Italia alla modernizzazione di questo Paese? «L’Italia può presentare un volto d’Europa non antagonista e che ispira fiducia. Il nostro Paese ha operazioni industriali in cui russi e italiani lavorano a fianco con reciproca soddisfazione, e i legami di fiducia si sviluppano facilmente quando si lavora insieme. Possiamo aiutare certi aspetti della modernizzazione del sistema economico russo ed esportare alcune caratteristiche delle nostre piccole e medie imprese. Stiamo poi facendo progetti di ricerca nel campo della fisica e dell’astrofisica, e naturalmente aspettiamo un buon ritorno anche da questo impegno. Tante imprese italiane lavorano solo per il mercato russo e la loro sopravvivenza è legata a questo: le nostre industrie fanno fatica ad adattarsi alla globalizzazione e quindi c’è la necessita di crescita, e la Russia costituisce in questo senso un grande mercato. Alcune nostre imprese che producono ceramica e elettrodomestici sono tra le prime di questo Paese». La parola “dialogo” torna spesso nei suoi discorsi. Che valore vi attribuisce in questo contesto? «Nel mio lavoro c’è un imperativo: capire le situazioni attorno, capire dove siamo, conoscere lo spirito del Paese dove siamo accreditati e per farlo non ci si può limitare ai contatti ufficiali e alle cerimonie. C’è bisogno di parlare con la gente, uomini d’affari, insegnanti o giornalisti per comprendere e interpretare. Chi fa il mio lavoro ha bisogno di lavorare con la gente del Paese, per mettere su iniziative culturali, programmi di ricerca, dibattiti. Lavorando insieme si diventa veramente amici e questo è un vincolo maggiore di aver pranzato insieme: il lavoro pratico è un modo per crearmi alleati. Le relazioni internazionali moderne, poi, sono fatte molto più di comunicazioni televisive e informatiche, e quindi un ambasciatore non ha il monopolio della comunicazione tra governi: deve basare la propria azione su più gambe, e per far questo il dialogo è una strada maestra». di Maddalena Maltese Fonte: Città Nuova
29 Apr 2011 | Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Ci scrivono dall’isola: “Gli ospiti arrivano inzuppati di acqua di mare e per lo più scalzi. Si stabilisce subito, fra loro e noi un rapporto di empatia e di gratitudine. Si scusano per tutto, per il traffico che bloccano, per le file che creano al forno, nei supermercati…” “Negli ultimi mesi, susseguendosi gli sbarchi, viviamo un’esperienza di popolo. Tutti si danno da fare con grandissima generosità, per aiutare questi fratelli procurando indumenti, cibo ecc.” Si fanno molte esperienze:“Nei giorni precedenti gli sbarchi mi era stata rubata la borsa con tutto ciò che c’era dentro, compreso il cellulare. Ne compro un altro e ce l’ho in borsa ancora nella scatola. Un giovane tunisino si accorge che il suo telefono non funziona e mi dice: ‘Mamma piange perchè non ha mie notizie!’. Penso al telefono che ho appena comprato. A lui serve. Glielo dò. Il ragazzo è felice e poco dopo riesce a parlare con la sua mamma”. Anche i giovani per un mondo unito, con alcune comunità della Sicilia e in collaborazione con la Caritas di Agrigento, fanno arrivare a Lampedusa, in pochi giorni, un container con vestiario e generi di prima necessità.
Dopo questo primo tempo di grande dedizione, fra gli abitanti comincia a serpeggiare lo scoraggiamento, perché il 90% della popolazione vive di turismo. “Nella certezza che Dio non ci lascerà soli, che non si farà vincere in generosità, cerchiamo di incoraggiare, di sostenere tutti a non farci sopraffare dalle preoccupazioni per il futuro..” Il vescovo di Agrigento, mons. Montenegro, interviene, invitando a vedere in questi fratelli il volto di Gesù affamato, forestiero… Scrive al Presidente della Repubblica e subito le autorità cominciano ad intervenire e rimane in tutti la gioia di aver ricevuto tanto, di più di quello che si è dato. Si sono vissute e si continuano a vivere con tutti, bellissime esperienze: chi ha adottato un bambino per un periodo, chi ha dato lavoro a dei giovani che ora sono rimasti qui, chi ha aperto la casa per un pasto, una doccia, per non parlare di soldi, cibo…. I pescatori hanno regalato cassette di pesce e gli ospiti li arrostivano in barbecue improvvisati. Ora la comunione di esperienze e di beni materiali continua e si sta allargando a tutta Italia. (altro…)