Mag 15, 2005 | Nuove Generazioni
Messaggio di Chiara Lubich Carissimi giovani, eccovi qui in tanti per il vostro annuale appuntamento: 1° Maggio a Loppiano. State certi che sono con voi! Il vostro incontro pieno di gioia ma, allo stesso tempo, carico di progetti dice, ancora una volta, che siete consapevoli di avere in mano il futuro: la responsabilità di concorrere, con la generosità e l’energia che vi distingue, a fare di questa umanità una famiglia di popoli fratelli.
Loppiano e Giovanni Paolo II
Quest’anno la cittadella di Loppiano – che come sapete, è espressione del carisma dell’unità che Dio ha dato oggi alla Chiesa – vi accoglie con una gioia speciale. Solo pochi mesi fa, infatti, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II aveva voluto inviarci una speciale benedizione in occasione della dedicazione della nuova Chiesa, intitolata a Maria Theotokos, insieme ad una lunga lettera nella quale mi esprimeva, tra l’altro, la sua gioia perché “nei trascorsi 4 decenni sono passate a Loppiano tante persone di ogni cultura e di diverse religioni”. Negli anni del suo pontificato, ho potuto stare spesso vicino a lui, in diverse occasioni e tutto ha avuto sapore di fraternità, di unità, di Vangelo nella sua integrità. Alla sua morte, un pensiero insistente: che fosse proclamato santo subito, a voce di popolo! E siete stati proprio voi giovani, in piazza San Pietro e in tante altre piazze del mondo, a gridare a voce alta, tutti insieme, la santità di questo Papa. Anche oggi la voce di Giovanni Paolo II continua ad accompagnarvi, confermando il vostro impegno a “costruire un mondo unito” – così diceva ai giovani del Movimento dei focolari, fin dal Genfest del 1980- a “orientare la storia verso il suo compimento e, costi quel che costi”. Perché – sono ancora sue parole – “gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia”.
A passi lenti ma inarrestabili verso un orizzonte di fraternità
Cosa ci attende, allora? Con il titolo della vostra giornata, avete scelto la strada da percorrere: “Tempo di fraternità”. E’ la fraternità universale, infatti, l’unico orizzonte possibile verso il quale gli uomini e i popoli della terra si stanno muovendo a passi lenti, ma inarrestabili. E’ la fraternità il motore di un mondo in pace, di un mondo unito. Ma per realizzarlo, lo avete già scoperto, occorre fare dell’“arte d’amare” che apprendiamo dal Vangelo, la norma ispiratrice della nostra vita. Si tratta di una rivoluzione: di superare i limiti dei legami familiari o di amicizia, per amare tutti, senza discriminazione alcuna; di prendere sempre l’iniziativa, senza aspettare un ritorno; di amare l’altro come noi stessi; di amare facendo il vuoto di noi per capire l’altro, accoglierlo e condividere le sue sofferenze o le sue gioie. Quest’arte è la chiave che trasforma ogni rapporto e apre ogni dialogo. Ma c’è di più: in un mondo alla ricerca inquieta di Dio, ma che crede solo in ciò che tocca, è possibile fare spazio a Gesù stesso, attirarLo fino al punto di farsi presente in mezzo a noi.
Il primo artefice di un mondo nuovo
Lo stiamo sperimentando da oltre sessant’anni: l’amore tende alla reciprocità e si dona finché anche l’altro che ci sta accanto non comincia ad amare. Allora, conseguenza dell’amore reciproco, che sempre sorprende e meraviglia, è il realizzarsi della promessa di Gesù: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”. Gesù presente nella comunità! Come quando due elementi si combinano insieme e ne viene fuori un terzo, che non è la somma dei due elementi ma è un’altra cosa, così se ci amiamo come Lui ci ha amato, Gesù si fa presente in mezzo a noi e Lui è davvero il primo artefice di un mondo nuovo. E’ favoloso! Poter generare nel mondo una fiamma: lo stesso Gesù che è vissuto duemila anni fa in Palestina, lo stesso Gesù Risorto!
Qui sta il fondamento della speranza in un mondo migliore
Ecco, carissimi giovani! L’augurio che vi faccio con tutto il cuore è di rispondere alla sfida della fraternità vivendo al cento per cento l’arte di amare, finché si sprigionerà la presenza di Gesù in mezzo a voi dovunque, lì dove siete e dove il Risorto vi ricolmerà dei suoi doni: gioia, mai conosciuta prima, pace, mai sperimentata, luce abbondantissima per comporre la terra in unità. (altro…)
Gen 16, 2000 | Spiritualità
Il brano che segue, preparato di recente da Chiara Lubich per un incontro con amici ebrei, rispondeva ad una domanda sul significato del dolore, e del dolore legato all’amore. “È un argomento difficile, il più difficile da affrontare specialmente per me, ora, davanti a persone che fanno parte di un popolo che ha sperimentato come nessuno in questo secolo la sofferenza, il dolore indescrivibile della Shoah, quell’immane tragedia che è stata forse la prova più grande che abbia mai dovuto subire il popolo ebraico o qualsiasi altro popolo. Tanto che uno dei vostri grandi pensatori, Martin Buber, ha potuto coniare la metafora dell’Eclissi di Dio, perché Auschwitz ha messo in discussione la fede stessa. “Il problema del dolore è antico quanto l’uomo che ha cercato di dargli una quantità di risposte attingendo alla sapienza umana, alla filosofia, alla psicologia. Ma il problema rimane e soprattutto rimane la realtà del dolore. Cercherò di dirvi come noi lo abbiamo affrontato, premettendo che la nostra è stata un’esperienza fatta nel solco della tradizione cristiana. “Non sono stati i duri tempi di guerra che ci hanno portato ad una riflessione sul dolore. Anzi dobbiamo dire che la fede nell’amore di Dio era così luminosa e gioiosa da farci quasi scomparire gli orrori della guerra, anche se vivevamo gomito a gomito con tutti e condividevamo le tragedie di chi ci stava accanto. Finché un giorno la nostra attenzione fu richiamata su quel grido in aramaico di Gesù sulla croce: Elì, Elì, lemà sabactàni?, Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?, che è l’inizio del Salmo 22. Ci fu detto che quello era stato il più grande dolore di Gesù, perché abbandonato da tutti si sentì abbandonato anche da Dio. “Ora questo fatto ci ha fatto pensare. Come mai, abbiamo detto, il Padre ha permesso che Gesù provasse un dolore così grande? Non amava egli il Figlio infinitamente? Ed abbiamo capito: l’ha permesso perché c’era su Gesù un disegno d’amore particolare: Egli doveva soffrire per tutti gli uomini e poi risorgere. E gli uomini, che avrebbero creduto in lui, sarebbero risorti con lui. Gesù, asceso al Cielo, avrebbe goduto per tutta l’eternità anche di ciò che lui aveva fatto in terra. La storia di Gesù ci ha così illuminato su ogni storia umana dolorosa. Anche noi siamo figli di Dio. Anche su di noi c’è uno splendido disegno. Merita soffrire per raggiungerlo. “Mi sembra che la meditazione sul dolore che ha provato Gesù nell’abbandono non sia estranea nemmeno alla vostra tradizione e alla vostra storia. Mi ha molto colpito infatti un passo del Talmud che mi permetto di riportare: “Chiunque non prova il nascondimento del volto di Dio, non fa parte del popolo ebraico” (TB, Hagigah 5b). In tutta la storia ebraica, da Abramo in poi, ci sono momenti e situazioni che sembrano segnati dal “nascondimento del volto di Dio”. Non per nulla nei Salmi spesso si esprime angoscia sull’esperienza che “Dio nasconde il suo volto”. “Ma nascondimento di Dio non vuol dire assenza di Dio. Forse su questa terra rimarrà sempre un mistero perché Dio ha permesso questo buio, ma l’eclissi non permane. La Shoah, questo trauma che ha segnato la storia dell’umanità, oltre a quella del popolo ebraico, non è stata la vittoria definitiva del male. Allora è possibile la nascita di una nuova vita? E che appaia nuovamente il volto di Dio dopo un’eclissi così spaventosa? Con questa speranza “il ricordo”, che è così importante, può servire a dare una svolta alla storia e a costruire un mondo nuovo. “Il mio augurio e la mia preghiera è che si ricordi la Shoah sempre di più come un passaggio e come la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova, proprio per quell’alleanza da Dio mai revocata con il Suo popolo. E noi vi saremo accanto ogni giorno in questo vostro cammino che è anche nostro”. (Da Città Nuova n.2 – 2000) (altro…)
Gen 9, 2000 | Spiritualità
Se osservo ciò che lo Spirito Santo ha fatto con noi e con tante altre “imprese” spirituali e sociali oggi operanti nella Chiesa, non posso non sperare che Egli agirà ancora e sempre con tale generosità e magnanimità. E ciò non solo per opere che nasceranno ex-novo dal suo amore, ma per lo sviluppo di quelle già esistenti come la nostra. E intanto per la nostra Chiesa sogno un clima più aderente ad essa come Sposa di Cristo; una Chiesa che si mostri al mondo più bella, più una, più santa, più carismatica, più conforme al suo modello Maria, quindi mariana, più dinamica, più familiare, più intima, più configurata a Cristo suo Sposo. La sogno faro dell’umanità. E sogno in essa una santità di popolo, mai vista. Sogno che quel sorgere – che oggi si costata – nella coscienza di milioni di persone d’una fraternità vissuta, sempre più ampia sulla terra, diventi domani, con gli anni del 2000, una realtà generale, universale. Sogno con ciò un retrocedere delle guerre, delle lotte, della fame, dei mille mali del mondo. Sogno un dialogo d’amore sempre più intenso fra le Chiese così da vedere ormai vicina la composizione dell’unica Chiesa. Sogno l’approfondirsi d’un dialogo vivo e attivo fra le persone delle più varie religioni legate fra loro dall’amore, “regola d’oro” presente in tutti i loro libri sacri. Sogno un avvicinamento ed arricchimento reciproco fra le varie culture nel mondo, sicché diano origine ad una cultura mondiale che porti in primo piano quei valori che sono sempre stati la vera ricchezza dei singoli popoli e che questi s’impongano come saggezza globale. Sogno che lo Spirito Santo continui ad inondare le Chiese e potenzi i “semi del Verbo” al di là di esse, cosicché il mondo sia invaso dalle continue novità di luce, di vita, di opere che solo Lui sa suscitare. Affinché uomini e donne sempre più numerosi s’avviino verso strade rette, convergano al loro Creatore, dispongano anima e cuore al suo servizio. Sogno rapporti evangelici non solo fra singoli, ma fra gruppi, Movimenti, Associazioni religiose e laiche; fra i popoli, fra gli Stati, sicché si trovi logico amare la patria altrui come la propria. E logico il tendere ad una comunione di beni universale: almeno come punto d’arrivo. Sogno un mondo unito nella varietà delle genti con una sola autorità alternantesi. Sogno perciò già un anticipo di Cieli nuovi e terre nuove come è possibile qui in terra. Sogno molto, ma abbiamo un millennio per vederlo realizzato. da Città Nuova 10/1/2000 (altro…)