Sardegna
Focolare maschile: fmcagliari@gmail.com Focolare femminile: focolarecagliari@alice.it
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Info e prenotazioni: per visitare la Cittadella di Loppiano e per informazioni relative ai pasti e agli alloggi (presso agriturismi e alberghi) rivolgersi agli uffici dell’Accoglienza di Loppiano – accoglienza@loppiano.it dal lunedì al venerdì – orari 9:00-12:30 14:30-18:30 Telefono: 39 0559051102 WebSite: www.loppiano.it
“Un futuro di comunione tra i carismi ci sta davanti”; “Quando lo Spirito Santo soffia non crea buoni cristiani singoli, ma ci fa un solo corpo in Cristo, l’altro diventa parte dell’identità di ciascuno”. Queste alcune espressioni che esprimono la radice profonda del cammino di comunione tra “nuovi e antichi carismi” iniziato nella Chiesa tridentina dal 2003. Rappresentanti dei Movimenti, religiosi e religiose e Istituti secolari insieme per tracciare strade comuni, donarsi il tesoro della propria esperienza e offrire, con slancio generoso, freschezza ed entusiasmo a portare la Buona Novella. Nel progredire della comunione aumenta anche la partecipazione di numerose congregazioni, fino ad arrivare alle segreterie dell’Unione Superiori Maggiori d’Italia (USMI) e la Conferenza italiana Superiori maggiori (CISM) Quanto è in atto si potrebbe definire un laboratorio: si prega gli uni per gli altri, si condividono difficoltà e dolori, si gode delle esperienze positive, si apprezza il carisma dell’uno perché utile al carisma dell’altro scoprendosi fratelli ingaggiati per lo stesso scopo nella Chiesa e nella società. Infatti, non mancano le occasioni per collaborare per il bene della città. Corale è la gratitudine di ciascuno per lo Spirito Santo, autore nel corso dei secoli di risposte adeguate ad ogni periodo buio dell’umanità. Incoraggiante, inoltre, l’augurio che sigla un album di foto sul cammino di comunione dei Carismi: “Ricordare è dare lode a Dio per il cammino di un laicato che crede, vive, annuncia e testimonia la bellezza del Vangelo”. E’ ormai tradizione ritrovarsi in un appuntamento annuale. “Carismi in comunione per un’unica missione” è il titolo di quello di quest’anno, fissato per il 26 febbraio al Centro Mariapoli di Cadine (TN). Dodici, tra Movimenti, nuove Comunità e Congregazioni religiose, i promotori; relazioni e testimonianze ne tesseranno il programma, cui sarà presente l’arcivescovo Mons. Luigi Bressan. (altro…)
Per il testo completo, in italiano, rimandiamo a Città Nuova online. 16 febbraio 2011: all’Università ebraica di Gerusalemme, nella sede dell’Istituto Truman per la pace, Maria Voce tiene una conferenza dal titolo: “Il ruolo del dialogo nel promuovere la pace”.
La presenza di un’ottantina di uditori scelti – tra cui il nunzio mons. Antonio Franco, il vescovo ausiliare di Israele mons. Giacinto Marcuzzo, il rabbino David Rosen, la sig.ra Debbie Weissmann, presidente del ICCJ, rabbini ed accademici ebrei, rappresentanti palestinesi, responsabili di comunità e congregazioni cristiane –, manifesta l’interesse, in particolare di personalità del mondo ebraico, nei confronti del Movimento dei focolari, dopo decenni di presenza in Terra Santa. Una presenza fatta di numerosi e duraturi contatti instauratisi con singoli cristiani, ebrei e musulmani, ma anche con istituzioni e associazioni impegnate nel dialogo interreligioso.
Maria Voce avvia il suo intervento riportando una citazione di Chiara Lubich, del 1969, a un gruppo di giovani: «Girando per il mondo mi sono resa conto che ci sono dei grandi mali. Ho visto l’umanità come un grande Adamo piagato. Ho visto la lotta fra popoli e quindi la minaccia continua di guerra. Ho visto i problemi sociali da risolvere. Ricordo Gerusalemme come una città divisa. E in tutta la zona del Medio Oriente ci sono focolai di guerra, per cui la pace è sempre in pericolo. E allora ho detto: cosa possiamo fare noi, che portiamo l’ideale dell’unità? Dobbiamo fare che questi fratelli si amino, questo corpo deve risanarsi. Qui ci deve essere la salute dell’umanità». Continua allargando il discorso, Maria Voce, presentando il “dialogo della vita” tipico dei Focolari, «che non mette in opposizione gli uomini, ma fa incontrare persone anche di fedi diverse e le rende capaci di aprirsi reciprocamente, di trovare punti in comune e di viverli insieme». Precisando che il dialogo «noi non lo facciamo con le fedi o tra le fedi, ma con le persone, a qualsiasi fede appartengano». Un dialogo presentato come un “segno dei tempi” più che mai attuale, nella “notte culturale” che attraversa gran parte dell’umanità: «Potremmo dire allora che dalla notte culturale, che appare anche come notte del dialogo, può emergere una nuova cultura che parte dalla riscoperta della natura dialogica della persona umana».
Dialogo che ha una dimensione ontologica ed una etica, a cui Chiara Lubich ha dato uno spessore tutto particolare: «Nel dialogo interreligioso puntiamo a vivere anzitutto, dall’una e dall’altra parte, la cosiddetta “regola d’oro” – “fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” –, che significa amare gli altri. Secondo il Talmud, Hillel la esprimeva in questi termini: “Non fare al prossimo ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la Torà; il resto è commento. Và e studia”. È una norma, lo sappiamo, presente, con diverse sfumature, nelle nostre tradizioni monoteiste nate in questa parte di mondo. Ma lo è anche nelle altre grandi tradizioni confuciana, buddhista e indù. Tutti, quindi, uomini e donne di buona volontà possiamo viverla nella nostra esistenza quotidiana». Aggiunge Maria Voce: «La pratica della “regola d’oro”, diventata reciproca, ha messo in moto una vera metodologia del dialogo che può essere definita come una “arte di amare”», proposta da Chiara stessa. E conclude: «Questo percorso, non possiamo nascondercelo, è difficile e richiede un grande impegno per superare l’ostacolo, per vincere la tentazione dell’egoismo, del ripiegamento su di sé. È il prezzo per trasformare la ferita in benedizione, la morte in vita, per fare dell’incontro con l’altro il luogo dove fiorisce la pace e la fraternità». E cita ancora Chiara Lubich: «La fraternità non è solo un valore, è un paradigma globale di sviluppo politico, perché motore di processi positivi. Dopo millenni di storia in cui si sono sperimentati i frutti della violenza e dell’odio, abbiamo tutto il diritto oggi di chiedere che l’umanità cominci a sperimentare quali potranno essere i frutti dell’amore». Al termine della conversazione inizia un lungo e profondo dialogo con il pubblico: sul dialogo con persone che non hanno una fede religiosa; sulla serietà di un dialogo che non si riduca a semplice cortesia; sul riconoscimento dell’altro; sulla “regola d’oro” non sempre facilmente applicabile in contesti difficili. «Il messaggio portato da Maria Voce, quello di Chiara Lubich, mette in luce la presenza di Dio nell’altro», commenta in conclusione Rabbi David Rosen. E Rabbi Emile Moatti: «Il dialogo deve penetrare nelle pieghe della storia dei conflitti, per farsi esso stesso storia». di Michele Zanzucchi Fonte: www.cittanuova.it (altro…)
«A Gerusalemme le case, le scuole, i mezzi di trasporto, i luoghi di divertimento, i quartieri dove abitiamo sono tutti separati: per gli arabi o per gli ebrei. E’ davvero difficile vivere in un ambiente del genere». «Sono una ragazza dall’aspetto europeo. Dalle mie gonne si capisce subito che sono ebrea ortodossa. Nella nostra città questo non è sempre visto positivamente. Non so neanche una frase in lingua araba e sono stata educata a scappare da situazioni in cui potrei trovarmi in mezzo ad un gruppo di palestinesi». Queste parole di N. e J., due giovani gerosolimitane, araba cristiana la prima ed ebrea la seconda, descrivono i mondi di Gerusalemme. Vivono uno accanto all’altro, si sfiorano, si toccano in questa città ‘santa’ per tutti, ma carica di una tensione che si respira e che ci si sente addosso. Sono due delle partecipanti all’incontro che si è svolto il 16 febbraio in una sala della Castra Gallery, un centro commerciale alla periferia sud di Haifa: un centinaio di persone per un incontro modesto, semplice. Sono arrivati ebrei, cristiani e musulmani da Haifa, , Tel Aviv, Gerusalemme, Nazareth ed altre località della Galilea. Hanno intitolato l’incontro con Maria Voce: «Quanto è buono e soave che i fratelli vivano insieme» (Salmo 133). Tanti gli interventi, che hanno presentato un quadro ricco e variegato al quale tutti stanno lavorando. Ad Haifa, da alcuni anni, ebrei e cristiani hanno un appuntamento mensile per approfondire la Sacra Scrittura nelle rispettive tradizioni. Basta l’ascolto, cercare di comprendere la visione dell’altro. Senza sincretismi. E questo porta «ad un’amicizia vera e sincera, sempre più solida», al punto che un mese tra un incontro e l’altro sembra troppo lungo!
Una ragazza araba racconta di un progetto per intessere rapporti di amicizia fra studenti delle tre religioni. «I momenti più belli li abbiamo vissuti quando abbiamo visitato i luoghi sacri delle rispettive fedi: il Muro del Pianto, il Santo Sepolcro e la Moschea. Un’esperienza che ha cambiato la mia vita.» Altre testimonianze riguardano la crisi di Gaza, tre anni fa, quando ebrei, cristiani e musulmani si riunirono per pregare per la pace. Un caso unico in tutto Israele. Gli accenti sono commossi, perché certamente il grande coraggio manifestato in quell’occasione andava assolutamente controcorrente rispetto al pensiero che si sviluppava attorno. Fatti di vita quotidiana, di ascolto, di scoperta del diverso-da-sé. Persone che hanno scommesso sulla pace, come dice una giovane ebrea: «Sta scritto nella Mishna che Dio non trova nessuno strumento che contenga la sua benedizione se non la Pace. Solo con la pace vera otterremo tutte le benedizioni che il Padre in Cielo vuol dare ai suoi figli.»
Maria Voce si commuove nel ringraziare coloro che hanno parlato. Appare vero che «nulla è piccolo di quello che è fatto per amore», come diceva Chiara Lubich. Anzi, è grandissimo, perché qui si tratta di spostare le montagne del pregiudizio. È questo il piccolo-grande miracolo della serata di Haifa. La Presidente dei Focolari sottolinea la dimensione profetica di quanto vissuto da loro durante la crisi di Gaza: «E’ un’esperienza basata su Dio e sul suo volere, e sulla sofferenza condivisa: la cosa più preziosa agli occhi di Dio. Essa porterà frutti duraturi, ne sono certa». E sottolinea come sia stata un contributo importante alla Storia: «Testimonianze piccole ma necessarie perché il quadro della pace sia completo». Racconta poi, come in quei giorni abbia incontrato gente di tutte le religioni, veri fratelli e sorelle. E cita la Scrittura: «Beato il popolo che ha Dio come Signore». La serata si conclude con una cena. Tutti hanno portato qualcosa, piatti arabi e piatti kosher. Non si distinguono più arabi ed ebrei, cristiani e musulmani. E’ vero quanto detto da una ragazza musulmana: «Ora guardo all’altra persona al di là della sua fede. Siamo ancora un piccolo gruppo, ma impegnati a coinvolgere molti altri amici». di Roberto Catalano (altro…)