«Al mio arrivo, la prima persona che ho visto è stato il cardinale che ha preso la mia borsa. L’arte di amare di cui Chiara Lubich parla in modo così semplice è vita». Così mons. Ignatius Mascarenhas, vescovo di Chandigarh, India, uno dei 22 vescovi cattolici amici del Movimento dei Focolari, di cui per la prima volta 12 indiani e uno dal Pakistan, che si sono riuniti a Bangalore dal 3 al 6 giugno per un appuntamento panasiatico. L’incontro era stato preceduto da un incontro preparatorio, con alcuni vescovi, che insieme si sono recati a visitare i malati del vicino ospedale, per sottolineare come la contemplazione non è distinta dall’azione, nel desiderio di essere strumenti della misericordia di Dio. Il vescovo del Pakistan vive al confine tra Pakistan e India. Ha condiviso la sua esperienza pastorale: «Due settimane fa ero in un grande deserto al confine. Sono stato tre giorni con un sacerdote, visitando diversi paesini che da due anni soffrono a causa della siccità. I bambini muoiono. Ho celebrato la Messa usando una scatola come altare. Sono venute tante persone, fra cui anche alcuni indù. Durante la messa abbiamo pregato affinché venga la pioggia». I vescovi dell’India e il vescovo del Pakistan celebrano insieme: «è un segno di speranza», afferma mons. Bobet Callari delle Filippine. Perché la scelta dell’India come sede per ospitare questo incontro? L’India, col suo miliardo e 250 milioni di abitanti, in cui i cristiani sono il 2% della popolazione, rappresenta una frontiera per la convivenza interreligiosa. I vescovi, pastori di piccole comunità, vivono a contatto con persone di altre confessioni, fedi, culture. Il “dialogo della vita” deve quindi precedere qualsiasi discorso teologico, e la comunione, la vicinanza tra vescovi – come quella rinsaldata durante l’incontro e sigillata da un “patto di amore reciproco” – è un grande antidoto contro lo scoraggiamento che spesso rischia di prendere il sopravvento. «Nella mia diocesi – racconta Stephen Lepcha, Vescovo di Darjeeling (West Bengala) – ho difficoltà con alcune sette che seminano una campagna di odio e ci mettono alla prova. So che succederà ancora, ma in questi giorni ho capito cosa fare: amare con l’amore che viene da Dio, che siano indù, musulmani, cristiani… sono tutti figli di Dio». «Abbiamo bisogno della spiritualità di comunione – afferma mons. Elias Gonsalves, della diocesi di Amravati, India – A volte siamo lasciati soli. La comunione tra vescovi è molto importante, aiuta i più giovani ma anche i più anziani. Dobbiamo crescere nell’aiuto reciproco».
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