Movimento dei Focolari
Novità editoriale: “Un magnifico giardino”

Novità editoriale: “Un magnifico giardino”

Il Movimento dei Focolari e i religiosi, un legame che ha origine all’inizio della storia del Movimento: una fitta trama di relazioni fra Chiara Lubich – fondatrice dei Focolari – e consacrati di varie famiglie religiose. Una schiera di donne e uomini donati a Dio attraverso le più variegate spiritualità che hanno ispirato e affiancato Chiara nei primi anni del Movimento. Tutto questo viene raccontato nel libro dal titolo Un magnifico giardino. Chiara Lubich e i religiosi (1943-1960) a cura di Padre Fabio Ciardi ed Elena Del Nero.

Partiamo dal titolo: “Un magnifico giardino”. Ce lo potete spiegare?

Elena Del Nero ha conseguito il Dottorato in Storia e Scienze filosofico-sociali presso l’Università “Tor Vergata” di Roma (Italia). Lavora presso la sezione storica del Centro Chiara Lubich di Rocca di Papa (Italia). È autrice di saggi e volumi sulla storia del Movimento dei Focolari.

Elena Del Nero: “L’immagine evocativa, usata da Chiara Lubich già nel 1950, si riferisce alla Chiesa, nella quale, nel tempo della storia, sono fioriti i diversi carismi. Ciascuno di essi è prezioso nella sua particolare bellezza, radicata nella parola evangelica che l’ha ispirato, eppure, insieme, compongono un’armonia di sfumature, che arricchisce e illumina la Chiesa”.

Il libro si compone di una ricostruzione storica e di una riflessione teologico-ecclesiale. Cosa comprendono?

Elena Del Nero: “La ricostruzione storica si concentra solo su due decenni, dalla nascita dei Focolari nel 1943 al 1960, perché si tratta di anni molto ricchi e densi di documenti e contenuti per il tema preso in esame.  La lettura teologico-ecclesiale spazia invece in una dimensione temporale più estesa, dilatando lo sguardo fino alla lettura più recente del magistero. In questo modo, ci sembra, il panorama proposto risulta più ampio e accurato”.

La figura dei religiosi quindi c’è sempre stata nell’Opera di Maria, fin dalla sua nascita. Qual è il senso della presenza dei religiosi nel Movimento?

P. Fabio Ciardi: “Ravvivare l’unità nella Chiesa, in risposta alla preghiera di Gesù: ‘Che tutti siano uno’ (Gv 17,21), era l’ideale al quale Chiara Lubich si sentiva chiamata. Il suo Movimento continua questa grande missione di promuovere tra tutti la comunione e l’unità. Che unità sarebbe se mancassero i religiosi? Essi esprimono la ricchezza carismatica della Chiesa, tengono viva l’esperienza dei grandi santi. Chiara ha voluto coinvolgerli nella sua ‘divina avventura’, come ha voluto coinvolgere tutte le persone, di tutte le vocazioni”.

Che beneficio hanno avuto i religiosi e i loro ordini nel dialogo con Chiara Lubich e la spiritualità dell’unità dei Focolari?

Padre Fabio Ciardi è oblato di Maria Immacolata, professore emerito presso il Pontificio Istituto di Teologia della Vita Consacrata Claretianum di Roma (Italia); è autore di numerose pubblicazioni; dal 1995 è Consultore del Dicastero Vaticano per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica e dal 2022 è Consultore presso il Dicastero Vaticano per il Clero.

P. Fabio Ciardi: “Fin dalle origini, religiosi di ordini diversi sono stati attratti dalla freschezza evangelica testimoniata da Chiara e dei primi membri del nascente Movimento, che li riportava alla radicalità della loro scelta: avvertivano un nuovo amore per la propria vocazione, la comprendevano in maniera più profonda, si sentivano coinvolti in una comunione che richiamava loro la prima comunità cristiana descritta negli Atti degli apostoli”.

Che effetto ha avuto su Chiara Lubich la vicinanza dei religiosi fin dall’inizio del Movimento?

P. Fabio Ciardi: “La loro presenza si è rivelata provvidenziale per Chiara, perché ha permesso di confrontarsi con le grandi spiritualità cristiane apparse lungo la storia; un confronto che l’ha aiutata a capire in maniera più profonda la sua stessa vocazione, arricchendola con la comunione dei santi. ‘Via via sembra – scrive pensando ai santi di cui i religiosi sono testimoni – si siano accostati alla nostra Opera per incoraggiarla, illuminarla, aiutarla’. Da una parte il rapporto con i santi conferma certi aspetti della vita dell’Opera di Maria. Dall’altra il confronto con la loro vita e le loro opere mostra tutta l’originalità di questa nuova contemporanea opera di Dio”.

La presenza dei religiosi nei Movimenti ecclesiali è fonte di arricchimento reciproco? O si rischia di creare caos e perdita di identità?

P. Fabio Ciardi: “Nessuna ingerenza nella vita delle famiglie religiose. Chiara Lubich ha scritto che si accosta ad esse ‘in punta di piedi’, nella consapevolezza che esse sono ‘opere di Dio’, e con quel profondo amore che fa scoprire in ognuna di esse ‘la bellezza e quel qualcosa di sempre attuale’ che custodiscono. Nello stesso tempo essa è consapevole di un contributo che è chiamata a svolgere: ‘Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo’. È in questa circolazione della carità che ogni religioso approfondisce la propria identità e può dare un suo contributo specifico all’unità”.

In conclusione, perché leggere questo libro? A chi raccomandarlo?

“Perché racconta una pagina di storia meravigliosa che fa comprendere la bellezza della Chiesa. Non è un libro per soli religiosi. È un libro per chi vuol scoprire una Chiesa tutta carismatica”.

Lorenzo Russo

Con forti impegni assunti si è conclusa Raising Hope

Con forti impegni assunti si è conclusa Raising Hope

Il terzo e ultimo giorno della Conferenza Raising Hope si è sviluppato con nuove relazioni, momenti di riflessione, preghiera, musica e un momento chiave: i contributi dei partecipanti e gli impegni assunti, presentati come pilastri fondamentali per l’azione a favore della giustizia climatica.

Sul sito raisinghope.earth/it/impegno/ , i partecipanti alla conferenza, sia in presenza che online, sono stati invitati a condividere i propri contributi: Come risponderai al grido della terra e al grido dei poveri? Questi People-Determined Contributions (PDC) sono una coraggiosa iniziativa globale della società civile per presentare gli impegni di persone e comunità di base verso la trasformazione ecologica.

La commovente apertura guidata da Papa Leone XIV mercoledì 1 ottobre — quando ha benedetto un blocco di ghiaccio della Groenlandia — ha raggiunto il suo culmine questo pomeriggio, quando i partecipanti hanno raccolto l’acqua, frutto dello scioglimento del ghiaccio, da portare alle proprie case e comunità.

La dott.ssa Lorna Gold, direttrice esecutiva del Movimento Laudato Si’, ha espresso con emozione: «Un blocco di ghiaccio benedetto dal Papa è diventato virale in questi giorni. Ora quest’acqua benedetta si trasformerà in qualcosa di molto potente, perché arriverà alla COP30, in Brasile.»

Ogni partecipante ha potuto portare con sé, in una ciotola, parte di quest’acqua benedetta — in parte proveniente dal ghiaccio glaciale, mescolata con l’acqua dei fiumi del mondo offerta da diversi rappresentanti all’inizio della conferenza. Non è stato solo un dono, ma un segno dell’urgenza dettata dalla crisi climatica, allo stesso tempo contrassegnato dalla speranza della benedizione papale.

Un altro momento chiave della chiusura si è avuto quando la dott.ssa Lorna Gold ha condiviso alcuni degli impegni assunti dai partecipanti. Tra i più significativi: il potere della collaborazione, l’importanza delle alleanze, l’impegno a tornare al cuore e a promuovere il Programma degli Animatori Laudato Si’, sviluppato dal MLS.

Ha sottolineato l’importanza dell’attuazione: «Non possiamo aspettare che siano gli altri a farlo. Dobbiamo realizzare i cambiamenti che sono nelle nostre mani,» ha affermato la dott.ssa Lorna. E ha incoraggiato ad alzare insieme la voce a Belém, in Brasile (prossima COP), dove verrà lanciata anche una nuova alleanza per la non proliferazione dei combustibili fossili.

Un momento particolarmente toccante è stato il ringraziamento per i dieci anni di storia del Movimento Laudato Si’, fondato nel gennaio 2015. La dott.ssa Lorna Gold ha ricordato quando, nello stesso anno, conobbe Tomás Insua, cofondatore, e rimase colpita dal suo entusiasmo ed energia nel voler diffondere i valori dell’enciclica.

«La cosa più straordinaria del nostro movimento è la gioia,» ha dichiarato, esortando tutti a «portare questa gioia alla COP30.» Ha ricordato le parole di Papa Francesco che ci invitava a «cantare lungo il cammino,» perché «la nostra preoccupazione non deve toglierci la gioia né la speranza.»

Yeb Saño, presidente del Consiglio Direttivo del Movimento Laudato Si’, ha esortato i presenti a imprimere nella memoria quanto vissuto durante la conferenza, affinché «tutte queste ragioni ci spingano ad alzarci dal letto ogni mattina.» «Abbiamo molto lavoro davanti a noi, ma Papa Leone è dalla nostra parte. Non si tratta di correre avanti, ma di avanzare tutti insieme.»

La mattinata si è aperta con l’intervento di Kumi Naidoo, presidente del Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili, che si è definito un «prigioniero della speranza.» Ha sottolineato che dobbiamo prenderci cura del nostro ambiente perché «non ci sono lavori né esseri umani su un pianeta morto.»

«Le comunità cattoliche, attraverso la Laudato Si’, hanno dimostrato coraggio,» ha affermato Naidoo, esortando ad agire con saggezza e fede, con urgenza. «La speranza non è amore; la speranza è resilienza, la speranza è una missione.»

Il pannello successivo, intitolato «La fede e la missione condivisa per un pianeta resiliente,» è stato moderato da Josianne Gauthier, segretaria generale di CIDSE (Coopération Internationale pour le Développement et la Solidarité). Tra i temi principali: il finanziamento ai paesi in via di sviluppo e la resilienza come motore per andare avanti.

La dott.ssa Maina Vakafua Talia, ministra dell’Interno, del Cambiamento Climatico e dell’Ambiente di Tuvalu, ha sottolineato che, sebbene nella sua lingua madre non esista la parola resilienza, il suo popolo ha imparato a «passare dalla vulnerabilità alla forza» dopo aver affrontato molteplici catastrofi climatiche. Ha inoltre ribadito l’importanza della spiritualità per costruire un futuro resiliente.

La dott.ssa Svitlana Romanko, fondatrice e direttrice di Razom We Stand, ha parlato del suo paese, l’Ucraina, e di come la dipendenza dai combustibili fossili, aggravata dalla guerra, abbia devastato il popolo. Ha affermato che la resilienza oggi li mantiene in piedi, insieme alle energie rinnovabili e alle economie verdi, dimostrando che vivere di energia pulita è possibile.

Mons. Robert Vitillo, del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e della Piattaforma Laudato Si’ Action, ha offerto un contributo dal Vangelo: «Ci viene insegnata la solidarietà e dobbiamo cambiare prospettiva per tradurla in azione nei nostri impegni.»

Nel pomeriggio, l’ultimo panel è stato moderato da Bianca Pitt, fondatrice della Women’s Environment Network e cofondatrice di SHE Changes Climate. La discussione si è concentrata su ciò che il cuore ci dice riguardo all’esperienza vissuta in questi giorni.

Catherine Coleman Flowers, MacArthur Fellow e attivista per la salute ambientale, membro dei consigli del Natural Resources Defense Council, ha condiviso come le persone delle periferie siano quelle che soffrono di più e che vengono ascoltate di meno.

Mons. Ricardo Hoepers, segretario generale della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, ha riflettuto sulla diversità del suo paese e su come sia necessario uscire ciascuno dal proprio luogo per ampliare gli orizzonti: «Il mio sogno per il Brasile è unire Laudato Si’ e Fratelli Tutti; e che la natura e gli esseri umani abbiano la stessa importanza: la natura è lo spazio che Dio ci ha dato per vivere come fratelli.»

E Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, ha affermato: «Sono convinta che l’unico modo per realizzare un cambiamento duraturo sia quello di scegliere l’amore come principio guida della nostra azione ecologica. Nella Laudato Si’, la parola amore compare settanta volte! Un’indicazione potente di un cammino che tutti noi siamo invitati a percorrere. Un invito a passare da un’autentica fraternità umana — come quella che abbiamo sperimentato in questi giorni — ad una fraternità cosmica.»

Prima di concludere, i partecipanti hanno preso parte a una sessione finale di preghiera e riflessione, guidata da membri di Trócaire. Dopo la proiezione di un video riassuntivo dei tre giorni, tutti sono stati invitati a richiamare alla memoria i momenti più significativi e ad assumere solennemente l’impegno di continuare il cammino, difendendo la casa comune.

A cura dell’Ufficio Stampa di Raising Hope
Foto: © Javier García-CSC Audiovisivi

Chiara Lubich al Genfest 1990

Chiara Lubich al Genfest 1990

Immaginiamo che ripassino davanti ai nostri occhi alcune scene sintomatiche del mondo d’oggi. […]

Osserviamo […] in nazioni che hanno visto i recenti cambiamenti, gente che esulta di gioia per le ritrovate libertà; insieme persone impaurite e deluse, depresse per il crollo dei loro ideali. […]

E se vedessimo immagini di lotte razziali con stragi e violazione di diritti umani … O interminabili conflitti come quelli che avvengono in Medio Oriente, col crollo di case, feriti, morti ed il continuo micidiale cadere di bombe o di altri ordigni mortali? … Domandiamoci ancora: che direbbe Gesù di fronte a tanti drammi? “Ve l’avevo detto di volervi bene. Amatevi come io vi ho amati”.

Sì, così direbbe di fronte a questi ed alle più gravi situazioni del mondo attuale.

Ma la sua parola non è solo un rimpianto di ciò che non è stato fatto. Egli la ripete oggi per davvero. Perché Egli è morto, ma è risorto e – come ha promesso – è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo.

E ciò che dice è di un’importanza immensa. Perché questo “Amatevi a vicenda come io vi ho amati” è la chiave principale per la soluzione di ogni problema, è la risposta fondamentale ad ogni male dell’uomo. […]

Gesù ha definito il comando dell’amore “mio” e “nuovo”, perché è tipicamente suo, avendolo riempito d’un contenuto singolare e nuovissimo. “Amatevi – ha detto – come io vi ho amati”. E Lui ha dato la vita per noi.

È dunque in gioco la vita in questo amore. E un amore pronto a dare la vita è ciò che Egli chiede anche a noi verso i fratelli.

Non è sufficiente per Lui l’amicizia o la benevolenza verso gli altri; non Gli basta la filantropia, né la sola solidarietà. L’amore che chiede non si esaurisce nella non-violenza.

È qualcosa d’attivo, d’attivissimo. Domanda di non vivere più per sé stessi, ma per gli altri. E ciò richiede sacrificio, fatica. Domanda a tutti di trasformarsi […] in piccoli eroi quotidiani che, giorno dopo giorno, sono al servizio dei fratelli, pronti a donare persino la vita in loro favore. […]

Quest’amore reciproco fra voi porterà infatti delle conseguenze d’un valore – diciamo – infinito, perché dove c’è l’amore lì è Dio e – come ha detto Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (e cioè nel suo amore), io sono in mezzo a loro” […]

Sarà Lui stesso che opererà con voi nei vostri paesi, perché Lui tornerà in certo modo nel mondo, in tutti i luoghi in cui vi trovate, reso presente dal vostro reciproco amore, dalla vostra unità.

E Lui vi illuminerà su tutto il da farsi, vi guiderà, vi sosterrà, sarà la vostra forza, il vostro ardore, la vostra gioia. […]

Amore, dunque, fra voi ed amore seminato in molti angoli della terra fra i singoli, fra i gruppi, fra nazioni, con tutti i mezzi, perché sia realtà l’invasione d’amore, di cui ogni tanto parliamo, e prenda consistenza, anche per il vostro contributo, la civiltà dell’amore che tutti attendiamo.

A questo siete chiamati. E vedrete cose grandi.

Chiara Lubich
Foto © Archivio CSC Audiovisivi

Papa Leone XIV inaugura la Conferenza Raising Hope: cosa resta da fare dopo Laudato Si’?

Papa Leone XIV inaugura la Conferenza Raising Hope: cosa resta da fare dopo Laudato Si’?

Nel pomeriggio del 1° ottobre, presso il Centro Internazionale Mariapoli del Movimento dei Focolari a Castel Gandolfo, Roma, si è inaugurata la Conferenza Raising Hope con la partecipazione di Sua Santità Leone XIV, accanto a figure di rilievo come Arnold Schwarzenegger, ex governatore della California, e l’on. Marina Silva, Ministra dell’Ambiente e del Cambiamento Climatico del Brasile.

La sessione ha unito testimonianze, momenti spirituali e artistici, in ringraziamento per il decimo anniversario dell’enciclica Laudato Si’. A rappresentare il Movimento Laudato Si’ sono intervenuti Christina Leaño, direttrice associata, e Igor Bastos, direttore per il Brasile, che hanno presieduto l’apertura della giornata.

Un momento simbolico è stato quando Papa Leone XIV ha toccato e benedetto un blocco di ghiaccio di oltre 20.000 anni, staccatosi a causa del cambiamento climatico da un ghiacciaio della Groenlandia, nonché acqua proveniente da diverse parti del mondo — gesti che hanno incarnato compassione e attenzione per il grido della Terra e dei poveri.

“Questa Enciclica ha profondamente ispirato la Chiesa cattolica e molte persone di buona volontà”, ha iniziato Papa Leone nel suo discorso su Laudato Si’, “ha aperto un forte dialogo, gruppi di riflessione e programmi accademici”. Il Papa ha sottolineato come l’enciclica del suo predecessore si sia diffusa “fino ai vertici internazionali, al dialogo ecumenico e interreligioso, ai circoli economici e imprenditoriali, agli studi teologici e bioetici”.

Rendendo grazie al Padre celeste “per questo dono che abbiamo ereditato da Papa Francesco”, Leone ha ribadito che oggi le sfide ambientali e sociali sono ancora più urgenti. In questo anniversario dobbiamo chiederci: “Cosa resta da fare? Cosa dobbiamo fare ora per garantire che la cura della nostra casa comune e l’ascolto del grido della terra e dei poveri non appaiano come mode passeggere o, peggio ancora, siano viste e sentite come questioni divisive?” ha domandato.

“Oggi più che mai è necessario ritornare al cuore, luogo della libertà e delle decisioni autentiche”, ha affermato il Pontefice, perché sebbene esso “comprenda la ragione”, allo stesso tempo “la trascende e la trasforma”. “Il cuore è il luogo in cui la realtà esterna ha il maggiore impatto, dove si compie la ricerca più profonda, dove si scoprono i desideri più autentici, dove si trova l’identità ultima di ciascuno e dove si forgiano le decisioni.”

In questo senso, ha sottolineato che “solo ritornando al cuore può aver luogo una vera conversione ecologica”. “Dobbiamo passare dalla raccolta dei dati alla cura; e dal discorso ambientale a una conversione ecologica che trasformi gli stili di vita personali e comunitari.”

Leone ha ricordato ai presenti che questa esperienza di conversione ci orienta verso il Dio vivente: “Non possiamo amare Dio, che non vediamo, mentre disprezziamo le sue creature. Né possiamo chiamarci discepoli di Gesù Cristo senza condividere la sua visione del creato e la sua cura per tutto ciò che è fragile e ferito.”

Prima di concludere, il Papa ha guardato con speranza ai prossimi vertici internazionali — la COP30 del 2025, la sessione del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale e la Conferenza sull’Acqua del 2026 — “affinché ascoltino il grido della terra e il grido dei poveri”.

Ha anche incoraggiato i giovani, i genitori e coloro che lavorano nelle amministrazioni e istituzioni a contribuire a “trovare soluzioni alle sfide culturali, spirituali ed educative di oggi, lottando sempre con tenacia per il bene comune.”

Infine ha riflettuto: “Dio ci chiederà se abbiamo coltivato e custodito il mondo che Egli ha creato e i nostri fratelli e sorelle. Quale sarà la nostra risposta?”

L’attore ed ex governatore della California, fondatore dell’USC Schwarzenegger Institute e della Schwarzenegger Climate Initiative, Arnold Schwarzenegger, ha iniziato il suo intervento congratulandosi con il Santo Padre per l’installazione dei pannelli solari sui tetti del Vaticano: “Sono accanto a un eroe”, ha dichiarato.

“Ci sono 1,5 miliardi di cattolici: quel potere e quella forza devono essere usati per impegnarsi nel movimento climatico”, ha affermato Schwarzenegger, invitando a concentrarsi di più sul parlare dell’inquinamento: “La persona comune non capisce quando parliamo di zero emissioni nette o di temperature in aumento. Invece di parlare alla testa, dobbiamo parlare al cuore. Possiamo porre fine all’inquinamento se lavoriamo insieme, perché Dio ci ha messi sulla terra per renderla un posto migliore.”

Successivamente è intervenuta l’on. Marina Silva, Ministra dell’Ambiente e del Cambiamento Climatico del Brasile, copresidente della COP30. Nel suo discorso ha espresso di sentirsi ispirata dai valori cristiani nel partecipare alla conferenza. 

Con convinzione ha affermato: “Sono certa che il Papa darà un grande contributo affinché la COP30 passi alla storia e diventi, come tutti desideriamo ardentemente, la COP della speranza, per preservare e coltivare tutte le forme di vita che fanno parte del meraviglioso giardino che Dio ci ha donato.”

Sul palco, il Papa è stato accompagnato dalla dott.ssa Lorna Gold, direttrice esecutiva del Movimento Laudato Si’ e presidente del Comitato Organizzatore della Conferenza; dalla teologa Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari; da p. Jesús Morán; e da Yeb Saño, presidente del Consiglio Direttivo del Movimento Laudato Si’, che ha condiviso la sua esperienza nelle Filippine, a contatto diretto con molte catastrofi climatiche, introducendo le testimonianze principali.

È seguito un momento spirituale simbolico in cui rappresentanti di diversi paesi — Timor Est, Irlanda, Brasile, Zambia e Messico — hanno portato acqua dalle loro terre, per versarla in un bacile comune sul palco. Hanno incarnato il grido dei popoli indigeni, della fauna selvatica, degli ecosistemi, delle generazioni future, dei migranti, dei poveri e della stessa terra.

Dalle lacrime alla speranza, con il pubblico in piedi, Papa Leone si è avvicinato al ghiaccio glaciale e ha proclamato la benedizione sull’acqua e su tutti i presenti: “Che possiamo lavorare per la fioritura di tutto il creato.” Le esibizioni musicali di Adenike, Gen Verde e dei Pacific Artists for Climate Justice hanno animato l’incontro con gioia ed energia.

A cura dell’Ufficio Stampa di Raising Hope
Foto: © Javier García-CSC Audiovisivi

«Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra» (Sal 121 [120], 2).

«Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra» (Sal 121 [120], 2).

Chi nella vita, non ha sentito talvolta di non farcela? 

Lo sperimenta anche l’autore del salmo 121, che attraversa circostanze difficili e si domanda da dove può venirgli l’aiuto di cui ha bisogno. 

La risposta è l’affermazione della sua fede in Dio, nel quale confida. La convinzione con la quale parla del Signore, che veglia e protegge ciascuno e tutto il popolo, esprime una certezza che sembra nascere da una profonda esperienza personale.

                               «Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra».                                

Il resto del salmo, in effetti, è l’annuncio di un Dio potente e amoroso, che ha creato tutto ciò che esiste e lo custodisce giorno e notte. Il Signore “non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode”[1], afferma il salmista, desideroso di persuadere chi legge. 

Avvolto dalle difficoltà, l’autore ha alzato gli occhi[2], ha cercato un appiglio fuori e oltre il suo ambito più immediato ed ha trovato una risposta.

Ha sperimentato che l’aiuto viene da colui che ha pensato e ha dato vita ad ogni creatura, continua a sostenerla, in ogni momento, e non l’abbandona mai[3]

Crede fermamente in questo Dio che veglia giorno e notte su tutto il popolo – è “il custode d’Israele”[4] – al punto che non può fare a meno di comunicarlo agli altri.

                               «Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra».                                

 Nei momenti di incertezza, angoscia e sospensione – afferma Chiara Lubich – «Dio vuole che noi crediamo al suo amore e ci domanda un atto di fiducia: (…) vuole che approfittiamo di queste circostanze penose per dimostrargli che crediamo al suo amore. E ciò significa: aver fede che lui ci è Padre e pensa a noi. Gettare in lui ogni nostra preoccupazione. Caricarla su di lui».[5]

Ma in che modo l’aiuto che viene da Dio arriva a ciascuno di noi? 

La Scrittura narra molti episodi nei quali questo si concretizza attraverso l’agire di uomini e donne, come Mosè, Elia, Eliseo o Ester, chiamati ad essere strumenti della sollecitudine divina per il popolo o per qualche persona in particolare.

Anche noi, se “alziamo lo sguardo”, riconosceremo l’azione di persone che, consapevolmente o no, vengono in nostro soccorso, saremo grati a Dio dal quale viene, in ultima istanza, ogni bene (Lui ha creato il cuore di ciascuno) e potremo testimoniarlo agli altri. 

Certamente è difficile rendersene conto se siamo chiusi in noi stessi e, nei momenti difficili, pensiamo a come possiamo venirne a capo con le sole nostre forze. 

Quando invece ci apriamo, guardiamo attorno a noi e alziamo gli occhi, scopriamo anche che possiamo essere noi strumenti di Dio che provvede ai suoi figli. Avvertiamo le necessità altrui e possiamo essere un aiuto prezioso per gli altri. 

                               «Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra».                                

Racconta Roger, dalla Costa Rica. “Un sacerdote che conoscevo mi ha fatto sapere che sarebbe passata da me una persona a raccogliere dei pannolini per adulti che col gruppo solidale del quale faccio parte gli avevamo messo a disposizione, sapendo che un suo parrocchiano ne aveva bisogno. Mentre lo aspettavo, ho visto passare davanti a casa una vicina che stava vivendo una situazione molto difficile, e le ho dato le ultime sette uova che avevo, insieme ad altri alimenti. Ne è stata sorpresa, perché non aveva nulla da mangiare per lei, suo marito e i suoi figli. Le ho ricordato l’invito di Gesù «chiedete e vi sarà dato» (Mt, 7,7), sottolineando che lui è premuroso verso le nostre necessità. È tornata a casa felice e grata a Dio. 

Nel pomeriggio è arrivata la persona mandata dal sacerdote. Gli ho offerto un caffè. Faceva il camionista e, chiacchierando, gli ho domandato che cosa trasportasse. «Uova», mi ha risposto, e me ne ha voluto regalare trentadue”. 

A cura di Silvano Malini e del team della Parola di Vita


[1]Sal 121 [120], 3
[2]Cf. Id., versetto 1.
[3]Cf. Id., v. 8.  
[4]Id., v. 4.
[5] C. Lubich, Conversazioni, Roma 2019, p. 279.

Foto – ©Louis-Hansel-Unsplash