Movimento dei Focolari

Dio li ama in modo particolare

In occasione della “Giornata mondiale del malato” proponiamo una breve riflessione di Chiara Lubich sulla malattia e sulla comunità del Movimento nelle quali vivono persone ammalate. Voi sapete che tutta la nostra vita, perché cristiana, è una rivoluzione. È una rivoluzione del modo di pensare, è un andare controcorrente. Ora, se noi guardiamo come sono considerati gli ammalati nel mondo, osserviamo che, specie se la malattia si prolunga o è incurabile, essi sono in certo modo, considerati diversi dai sani, come una categoria a parte. La società di oggi infatti, non comprendendo il valore del dolore e volendolo dimenticare, così come si vuole fare con la morte, emargina gli ammalati. È una cosa anticristiana, gravissima, perché il primo emarginato dovrebbe allora essere Gesù Cristo in croce. Perciò queste comunità particolari in cui vivono persone ammalate, se sono senz’altro come le altre, sono anche speciali per il bene che fruttano e perché hanno la possibilità di testimoniare al mondo che cosa è il dolore per un cristiano. Il dolore è un dono che Dio fa ad una creatura. E questo non è soltanto un modo di dire per consolarci o per consolare gli ammalati. Tutti coloro che stanno poco bene sono veramente amati da Dio in modo speciale, perché più simili a suo Figlio. (Chiara Lubich, Perchè mi hai abbandonato?, 1997, pp.108-109) (altro…)

Un supplemento d’amore

Oggi 22 gennaio il Movimento dei Focolari ricorda la nascita di Chiara Lubich avvenuta in questo giorno nel 1920. Una data che cade al cuore della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” (celebrata in Europa). Un’occasione per ricordare la Fondatrice dei Focolari e la sua passione per l’unità attraverso la “preghiera ecumenica” da lei pronunciata nel 1998 ad Augsburg (Germania). Se noi cristiani diamo uno sguardo alla nostra storia di 2000 anni ed in particolare a quella del secondo millennio, non possiamo non rimanere ancora addolorati nel costatare come essa è stata spesso un susseguirsi di incomprensioni, di liti, di lotte. Colpa certamente di circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali…; ma anche del venir meno fra i cristiani di quell’elemento unificatore loro tipico: l’amore. (…) Ma, se Dio ci ama, noi non possiamo certo rimanere inerti di fronte a tanta divina benevolenza; da veri figli e figlie dobbiamo contraccambiare il suo amore anche come Chiesa. Ogni Chiesa nei secoli si è, in certo modo, pietrificata in se stessa per le ondate di indifferenza, di incomprensioni, se non di odio reciproco. Occorre perciò per ognuna un supplemento di amore. Amore, dunque, verso le altre Chiese e amore reciproco fra le Chiese, quell’amore che porta ad essere ognuna dono alle altre, poiché si può prevedere che nella Chiesa del futuro una ed una sola sarà la verità, ma espressa in maniere diverse, osservata da varie angolazioni, abbellita da molte interpretazioni. Amore reciproco però che è veramente evangelico, e quindi valido, se praticato nella misura voluta da Gesù: amatevi gli uni gli altri – egli ha detto -, come io vi ho amato. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri fratelli.” (cf Gv 15,13). (..) So, anche per esperienza, che, se noi tutti vivremo così, ci saranno frutti eccezionali, si avrà soprattutto un particolare effetto: vivendo assieme questi diversi aspetti del nostro cristianesimo avvertiremo di formare, sin d’ora, in certo modo, un solo popolo cristiano che potrà essere un lievito per la piena comunione tra le Chiese. Sarà quasi l’attuarsi di un altro dialogo, dopo quello della carità, quello teologico e della preghiera: un dialogo della vita, il dialogo del popolo di Dio. Dialogo più che urgente ed opportuno se è vero, come la storia insegna, che vi è poco di garantito in campo ecumenico, quando non vi è coinvolto il popolo. Dialogo che farà scoprire con maggior evidenza e valorizzare tutto il grande patrimonio già comune fra noi cristiani, costituito dal battesimo, dalla Sacra Scrittura, dai primi Concili, dai Padri della Chiesa, ecc. Attendiamo di vedere realizzarsi questo popolo, popolo che già qua e là nel mondo cristiano sta apparendo e che abbiamo fiducia che apparirà pure qui. (Chiara Lubich, Augsburg-Germania, 29 novembre 1998) Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)

La storia dei palloncini

I bambini per l’Epifania sono soliti ricevere dei regali. E al bambino Gesù, chi ci pensa? Un fatto veramente accaduto, raccontato da Chiara Lubich ai piccoli della Cittadella Internazionale di Loppiano (Italia).  https://vimeo.com/151760194 Io devo raccontarvi una storia vera, che è successa a Natale. In un paese anzi, in una città che si chiama Vicenza. E lì c’era un parroco, un sacerdote che era arrivato da poco tempo nella parrocchia e lui aveva insegnato a questi bambini e bambine l’arte di amare.  Ma, si avvicinava Natale e allora il parroco ha detto a questi bambini: “Guardate che presto è Natale, bisogna che voi facciate per Gesù bambino tanti, tanti, tanti atti di amore”, e i bambini hanno detto: “Va bene”, e hanno incominciato a far tanti atti di amore. La vigilia di Natale, ancora Gesù bambino non era nato, il parroco ha messo fuori la mangiatoia vuota, vuota perché Gesù bambino non era nato. In quella stessa sera vede arrivare dai bambini un pacco grosso, grosso, grosso così, con dentro tanti rotolini gialli, tanti rotolini gialli; erano 277, 277. E erano 277 atti d’amore. Allora il parroco cosa fa? Prende tutti questi rotolini li mette in un sacco, ha riempito un bel sacco così, e mette il sacco nella mangiatoia. Dice che appena nasce Gesù bambino avrà come cuscino, ma anche come materasso, gli atti d’amore vostri. E i bambini di Vicenza sono stati contentissimi. Allora viene Natale e siamo verso, penso, mezzogiorno, forse alle 11, forse alle 10 e mezzo, e il parroco dice: “Adesso cosa facciamo di tutti questi atti di amore? Sapete bambini cosa facciamo? Li leghiamo in tanti pacchettini e questi pacchettini li leghiamo a tanti palloncini, anzi – dice – facciamo così: due serie di palloncini, un gruppo di palloncini qua, un gruppo di palloncini qua e, legati, questi pacchettini di atti di amore. Così – dice – li mandiamo in cielo e vanno su da Gesù”. I bambini tutti ad aiutare, naturalmente, bisognava comperare i palloncini, bisognava legare i pacchettini, bisognava legare i pacchettini ai palloncini, e bisognava farli partire. E il parroco li ha aiutati e ha fatto partire questi palloncini per il cielo. Erano contenti i bambini. Guardano, guardano e li vedono ma sempre più piccoli, sempre più piccoli, sempre più piccoli finché non ci sono più. Hanno detto: saranno scoppiati; qualcuno diceva: saranno scoppiati; qualcuno diceva: chissà? E invece no. Su in alto, in alto, in alto, ecco il vento, arriva il vento, e il vento cosa fa? Butta i palloncini di qua, poi butta i palloncini di là, poi davanti qua, e poi di qua, poi di là, poi di qua; per un’ora, per due ore, per tre ore, per quattro ore, per cinque ore, sempre su con il vento che li mandava, che li mandava, che li mandava; sei ore, sette ore, otto ore, nove ore. Alle nove di sera – dovete sapere che il parroco insieme agli atti d’amore aveva messo dentro anche il suo numero di telefono, l’aveva messo dentro così – arrivano le nove di sera ed ecco che in una città, che si chiama Reggio Emilia, lontana, lontana forse duecento chilometri, duecento chilometri sono tantissimi, come da qui, quasi, a Roma, ecco, ad una dato momento in questa città a Reggio Emilia, c’era una casa ed era circondata da un bel parco, da un giardino e in questo giardino stavano sei bambini che non conoscevano l’arte di amare, erano sei bambini che stavano fuori nel giardino e giocavano. Ad un dato punto, erano lì tristi tristi, perché c’era una festa della Befana che a loro non è piaciuta per niente. E allora erano tristi trsti.  Ad un dato punto, anche se era già notte, alzano gli occhi e vedono cader giù dei palloncini e insieme ai palloncini tanti pacchettini lì per terra. Questi bambini a veder arrivare dal cielo tutti questi pacchettini: in festa, contenti, altro che la befana! In festa: qui è Gesù bambino che ci manda tutti questi palloncini. E pensate che sono arrivati per miracolo, perché se passava un aeroplano rompeva tutti i palloncini; oppure, addirittura, quei palloncini se erano forti con dei fili grossi, entrando nei motori dell’aeroplano avrebbero messo in pericolo, forse, dicono, l’aeroplano, e invece no: non hanno incontrato l’aeroplano. Per cui sono arrivati lì. I bambini subito: “Papà… mamma, papà, mamma, guarda cos’è successo: piovono dal cielo tanti pacchettini, guarda cosa c’è dentro.” Allora il papà e la mamma escono fuori – forse c’erano anche i nonni, non lo so – e vedono tutti questi pacchettini, questi rotolini tutti gialli così, e allora li aprono e incominciano a leggere. Allora uno apre uno di questi rotolini e trova: “Ho chiesto scusa ad una mia compagna per amore di Gesù”; uno. Un altro: “Ti offro gli sforzi che ho fatto questa mattina per alzarmi per fare il chierichetto”. Un altro: “Ho fatto un piacere anche se mi è costata molta fatica”. E poi un altro: “Io dico sempre scusa a Dio, quando il mio nonno bestemmia”, dice parolacce. E poi un altro: “Io in questa settimana ho aiutato i miei genitori a preparare la tavola e a portare le borse della spesa, e a pulire i pavimenti, e a spazzare per terra”. Questo ha fatto tante cose. E poi senti quest’altro: “Ho asciugato le posate senza che la mamma me lo chiedesse, e l’ho anche aiutata a fare le pulizie.” Un altro atto di amore. E un altro: “Quando mio fratello Sebastiano non vuole dormire, io lo prendo e lo porto nel letto o mio o dei miei genitori, e lo addormento cantandogli canzoni o raccontandogli storie”. E un altro: “In piscina ho prestato la cuffia al mio fratellino perché era senza”. Aspetta che ce n’è un altro. Ne ho soltanto alcuni, ve ne ho portati, perché sarebbero 277, sono tantissimi! Senti questo qui: “Ho sbucciato i mandarini al nonno perché ho visto che aveva male alla mano e ho legato le scarpe alla mia cugina Alessia perché la nonna aveva male alla schiena”. Questo è stato attento a tutto, eh?  Un altro ancora, è l’ultimo: “Ho ascoltato il consiglio del dado: amare per primo, siccome sono andato a confessarmi e c’erano tanti bambini, li ho lasciati andare per primi loro a confessarsi, e la mia mamma non sapeva neanche niente”. Ecco alcuni esempi di questi bambini. Cosa hanno fatto allora di questi rotolini? Li hanno portati – come ho detto – dai genitori e i genitori vedono che c’è dentro fra i rotolini scritto il numero di telefono di quello che li ha spediti che era quello del parroco, il numero di telefono del parroco. Allora cosa fanno? Erano le nove di sera, era tardi e si mettono al telefono e fanno quel numero, e risponde il parroco. E dice: “Ma lei è il reverendo tal dei tali?” “Sì, sì, sì, sì sono io il reverendo…”. “Ma qui sono arrivati tutti questi, questi atti di amore da parte dei suoi bambini, cosa ne facciamo?”. E lì si mettono d’accordo che i bambini portano a scuola tutti questi 277 atti di amore, parlano con il loro catechista, e insieme adesso stanno rispondendo ai bambini di Vicenza. E loro non sanno che i bambini di Vicenza e anche questi sei bambini impareranno a fare gli atti di amore. Ecco. Qui finisce la storia.   Fonte: Centro Chiara Lubich  (altro…)

Maria Voce annuncia il Centenario di Chiara Lubich (1920-2020)

Con una lettera indirizzata a tutto il Movimento dei Focolari, datata 7 dicembre 2018, giorno del 75° anniversario della consacrazione a Dio di Chiara Lubich, la Presidente Maria Voce, ha annunciato che nel corso del 2020 si ricorderanno i 100 anni dalla sua nascita. “Ci avviciniamo al 2020, in cui festeggeremo il Centenario della nascita di Chiara Lubich. – ha scritto  Maria Voce – Tale ricorrenza rappresenterà certamente un’occasione unica anzitutto per ringraziare Dio del dono che Chiara è stata per noi e per tante persone in tutto il mondo. Infatti, siamo stati tutti conquistati dal carisma che Dio le ha dato e che ha cambiato o sta cambiando profondamente le nostre vite. Sarà anche il momento favorevole per permettere a molti altri di incontrare Chiara viva oggi nella sua Opera”. “Chiediamo insieme, fin da ora – ha concluso la Presidente – l’abbondanza dello Spirito Santo, per noi, per quanto vogliamo realizzare, ma soprattutto per tutte le persone che avranno l’occasione di conoscere Chiara ed il suo carisma”. Nei prossimi mesi le comunità dei Focolari nel mondo si daranno appuntamento per progettare insieme come celebrare questo anniversario. Al Centro internazionale del Movimento dei Focolari è stata creata una commissione, alla quale si può rivolgersi (centenario.chiara(at)focolare.org) per comunicare le iniziative ideate, chiedere consigli o per ricevere materiale informativo. Anche il nostro sito dedicherà uno spazio al Centenario di Chiara attraverso il quale far conoscere le varie attività che si svolgeranno nel mondo per questo anniversario. (altro…)

Oggi, 75 anni fa, tutto è cominciato

Oggi, 75 anni fa, tutto è cominciato

Con il suo sì incondizionato a Dio, Chiara Lubich ha compiuto un gesto semplice e rivoluzionario che continua a d essere generativo di vita, opere e cultura. Il 7 dicembre 1943 Chiara si dona a Dio per sempre. Ai ragazzi dei Focolari, nel 2002, racconterà che quella fredda mattina di 75 anni fa non aveva intenzione di fondare alcunché: “Avevo sposato Dio!  Mi aspettavo tutto”. Oggi oltre due milioni di persone hanno abbracciato la sua spiritualità, che ha varcato confini geografici e culturali. Cosa succede quando il percorso di vita di qualcuno incontra la spiritualità di Chiara Lubich? L’abbiamo chiesto a Maria Celeste Mancuso e Arthur Ngoy, rispettivamente argentina e congolese. Maria Celeste, insegnante: “Ho conosciuto i Focolari durante la dittatura militare nel mio Paese: mio fratello ventiquattrenne era stato sequestrato e assassinato e la mia famiglia era distrutta dal dolore. È stato allora che ho incontrato un gruppo di giovani del Movimento che mi hanno parlato del grido di dolore di Gesù sulla croce a cui potevo unire il mio. Ho trovato la forza di perdonare gli assassini di mio fratello e ho scelto di aderire alla chiamata di amare tutti, proprio come Gesù aveva fatto. Professionalmente mi sono dedicata all’insegnamento a giovani disagiati non solo per offrire loro basi culturali, ma per restituire dignità e rispetto. Oggi non mi sento più solo argentina o latinoamericana, ma appartenente ad una cultura nuova, che vede l’altro, il diverso, come un fratello e che legge la storia come un percorso verso la realizzazione della fratellanza universale. Arthur, medico: “Avevo appena perso alcuni amici in un incidente in cui anch’io ero rimasto coinvolto. Ero a terra ed è stato in quel periodo in cui ho sentito parlare di Chiara, di come lei avesse scoperto l’amore di Dio proprio durante l’assurdo della seconda guerra mondiale e ho capito: volevo che anche la mia vita fosse guidata dal Vangelo. Ho scelto così di non cedere ai ricatti della corruzione, così comune nel mio Paese, e di vivere il mio mestiere di medico mettendo il bene dei pazienti prima di tutto. Nel 2007 c’è stato uno dei momenti più difficili della mia vita: mio figlio maggiore è morto in seguito a un incidente. Un episodio che, nella cultura africana, è soggetto a molte interpretazioni: chi mi ha consigliato di divorziare, chi di abbandonare il lavoro o il Paese… solo la certezza che quello che Chiara mi aveva insegnato, e cioè a continuare ad amare, mi ha aiutato a superare questa prova e a riportare la pace in famiglia. Voglio ringraziare Chiara per aver portato la spiritualità dell’unità anche nel continente africano.

A cura di Stefania Tanesini

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Chiara Lubich: osare una nuova era

«Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli […] sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria,  […] e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno […] sarà vivo e presente Gesù fra i popoli […]. Sono questi i tempi […] in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza. Non basta il distacco da noi stessi per essere cristiani. Oggi i tempi domandano al seguace di Cristo qualcosa di più: una coscienza sociale del cristianesimo […]. […] noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sbandato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio, a contemplare la propria bellezza – per loro unica – limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti stretti i propri tesori – anche quei beni che potrebbero servire ad altri popoli presso i quali si muore di fame -, e faccia crollare le barriere e correre con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali. Speriamo che il Signore componga un ordine nuovo nel mondo, Egli, il solo capace di fare dell’umanità una famiglia e di coltivare quelle distinzioni fra i popoli, perché nello splendore di ciascuno, messo a servizio dell’altro, riluca l’unica luce di vita che, abbellendo la patria terrena, fa di essa un’anticamera della Patria eterna». Dallo scritto di Chiara Lubich “Maria, vincolo di unità tra i popoli”, estate 1959, pubblicato in “La dottrina spirituale”, Città Nuova, Roma 2006, pp. 327-329. (altro…)