Movimento dei Focolari
Dio Bellezza e il Movimento dei Focolari

Dio Bellezza e il Movimento dei Focolari

Carissimi artisti e artiste del nostro Movimento e fuori, un abbraccio a tutti come prima cosa. L’inizio di questo nostro convegno sulla bellezza e l’arte coincide, nel giorno e nell’ora – 23 aprile 1999, ore 11 -, con la promulgazione, ad opera di sua Eminenza il card. Poupard, della lettera di Giovanni Paolo II agli artisti. Una coincidenza meravigliosa. Non è difficile scorgervi il dito di Dio, Signore della storia, e anche della piccola, ma sua, storia del nostro Movimento. Questa lettera è dedicata: “A quanti con appassionata dedizione cercano nuove ‘Epifanie’ della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica”. Quindi anche a voi. Ed ora il tema. Il febbraio scorso una settantina di Vescovi nostri, amici del Movimento dei Focolari ha visitato Loppiano. Al loro rientro, qui, al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, desiderando – come sono soliti – pormi delle domande, dissero: “Durante la nostra visita a Loppiano abbiamo sperimentato in maniera travolgente il ‘bello’, che fiorisce con grande trasparenza e purezza nel Movimento dei Focolari. Come spieghi tu questo fiorire di espressioni artistiche sempre più elevate?” La domanda non mi ha sorpreso, ma mi ha confermato che quella nostra cittadella sta a dimostrare, con le sue artiste ed i suoi artisti, che l’arte è di casa nel nostro Movimento. E’ proprio così. E ciò spiega il titolo di questa mia conversazione; titolo che concentra il mio dire unicamente su un preciso programma. Non ho intenzione, infatti, e non sono nemmeno in grado, di parlare dell’arte in generale, delle varie scuole che l’hanno espressa durante i secoli, e così via. Il mio intrattenimento con voi, ora sull’arte si limita al rapporto che essa ha con la nostra realtà ecclesiale e sociale, la quale abbraccia non solo l’aspetto religioso della vita, ma tutti gli aspetti umani, non esclusa l’arte. Non v’è dubbio che anche per noi la Bellezza assoluta è Dio, Dio che è eterno. E l’artista autentico partecipa, in qualche modo, di questa qualità di Dio. Lo fa attraverso le sue opere, che – se veramente opere d’arte – sopravvivono a lui, alla sua vita terrena, giacché portano in sé qualcosa di eterno: segno evidente che esse sono in relazione con la Bellezza suprema ed eterna, con Dio o con l’anima umana creata da lui immortale. Di conseguenza l’opera d’arte, con i suoi pennelli, con gli scalpelli, con le note, con i versi…, non può non essere vista come una sorta d’incarnazione, una rinnovata incarnazione, come scrive Simone Weil nel suo libro L’ombra e la grazia: “Nell’arte vera c’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile” . Ma, se è così, l’arte non può non elevare, non può non portare in alto, in quel cielo da cui è discesa. E di questo effetto ne parla Platone nel Convivio se, in qualche modo, bellezza ed arte hanno lo stesso destino. Egli definisce la bellezza: “un raggio che, dalla faccia di Dio, come da sole bellissimo, si tramanda e si partecipa alla natura creata; e, resa questa bella e graziosa con i suoi colori, fa ritorno al medesimo fonte da cui è uscito.” Di questa sublime capacità di elevare, propria dell’arte, ne ho fatto anch’io, recentemente, una piccola esperienza, che non penso fuori luogo narrarvi qui come atto di amore; esperienza che mi ha pure chiarito la funzione della bellezza, così avvertita oggi. Un giorno, durante un viaggio in macchina ho voluto ascoltare l’Ave Maria di Gounod. Eseguita magistralmente, ricordava un velo finissimo ricamato qua e là delicatissimamente. Quell’ascolto ha elevato il mio spirito, sì da aprirmi all’unione con Dio ed in lui con Maria, da Gounod sublimemente esaltata. Era la festa della maternità divina e io l’ammiravo bellissima oltre ogni dire. Se Dio – pensavo – l’ha immaginata madre sua in Gesù, Verbo incarnato, splendore del Padre, quale grado di bellezza può aver mai raggiunto? Non lo potevo immaginare! E le ho parlato del mio arrivo da lei, forse non lontano. Ed ho avvertito che la sua presenza faceva sparire decisamente, in me e attorno a me, tutto ciò a cui posso essere ancora legata, anche di bello e di buono, su questa terra. E’ bastato, infatti, il pensiero di lei e la sua bellezza per stampare come un sigillo nel mio cuore: “Sei Tu, Signore, l’unico mio bene”. Ed ho capito che quelle virtù, che ogni giorno le chiedo d’insegnarmi, necessarie perché tali parole diventino realtà, lei me le dava, non elencandomele, non spiegandomele, non infervorandomi a viverle, ma mostrandosi. Sì, è la bellezza, di cui Maria è esemplare divino, che salverà il mondo. E tutto ciò ho compreso perché una musica, ascoltata, era opera d’arte.  Ma da quando e come la bellezza ha avuto cittadinanza nel nostro Movimento? Sin dall’inizio, da subito. A ciò che si comunicava, illuminati dai primi bagliori del carisma, che cominciava a palesare un certo divino disegno sulla Chiesa e sull’umanità, la reazione di chi ascoltava non era: “Che vero!” “Che buono!” No! Era: “Che bello!” “Bello” certamente perché ciò che si diceva aveva attinenza con Dio bellezza. Era sapienza? E belle, poi, veramente più belle, ci apparivano spesso le persone che parlavano del nostro grande Ideale: era impressione comune. La bellezza ha preso sede nel nostro Movimento anche perché la parola che il nostro carisma iniziava a dire al mondo era una sola: unità, e unità significa altissima armonia. Ed è stata questa vocazione all’armonia che ha caratterizzato, fin nei dettagli concreti, la nuova cultura che stava per fiorire, effetto del carisma. Essa richiedeva, ad esempio, che bello, di buon gusto fosse anche persino il vestire delle persone; bello, armonioso, accogliente l’arredamento delle case, dei centri, delle cittadelle. Il Figlio dell’Uomo sembrava ripeterci: “Guardate i gigli del campo…” . E il bello e la nostra considerazione del bello si sono affacciati poi, di tempo in tempo, quando, ad esempio, estatici di fronte ad uno scritto, ad una pittura, ad una scultura, non si poteva non esprimere incanto e profonda ammirazione. Ecco – per dare un solo saggio – una nota pagina sulla “Madonna di Michelangelo”, che accoglie chiunque entra in San Pietro, dove, fra il resto, si sottolinea un concetto già espresso: “E’ l’anima umana, riflesso del Cielo, che l’artista trasfonde nell’opera, e in questa ‘creazione’, frutto del suo genio, l’artista trova una seconda immortalità: la prima in sé – nella sua anima -, come ogni altro uomo nato quaggiù; la seconda nelle sue opere, attraverso le quali si dona nel corso dei tempi all’umanità. L’artista è forse il più vicino al santo. Perché se il santo è tale portento che sa donare Dio al mondo, l’artista dona, in certo modo, la creatura più bella della terra: l’anima umana.” Perché conscia poi del grande valore dell’arte, concludo: “E giacché a te, Madonnina, ho parlato, a te chiedo un dono: sazia questa sete di bellezza che il mondo sente: manda grandi artisti, ma plasma con essi grandi anime, che col loro splendore avviino gli uomini verso il più bello tra i figli degli uomini: il tuo dolce Gesù”. Voi tutti conoscete più o meno la lunga storia di oltre cinquant’anni del nostro Movimento, le sue finalità, la sua spiritualità, l’universalità delle chiamate, la sua consistenza, la diffusione, i suoi dialoghi a 360 gradi, le sue opere concrete… E, fra queste ultime, ecco quelle artistiche, più o meno pregiate; fiorite qua e là da nostre artiste e artisti che, senza far strepito, in Italia, così come in altre nazioni d’Europa ed anche in Asia, in America del Sud, in Australia hanno mantenuta ben salda – pur esprimendosi in arte – la loro posizione nell’Opera, la loro particolare vocazione in essa. Di qui gli incoraggiamenti brucianti, dati di tempo in tempo: “Grazie, perché col vostro sforzo contribuite a dire al mondo che Dio è bello! Questa è sempre stata la passione, una delle passioni del nostro Movimento sin dall’inizio: gridare con la vita, con le parole, con le arti che Dio è Bellezza e non solo Verità e non solo Bontà. Anche per questo il Movimento è nato come una pacifica contestazione verso modi di pensare di allora”. Ha una lunga e ricca storia il nostro Movimento, e questa storia è segnata da tre tappe. Dio, infinità Bontà – Si sa, infatti, che Dio non è solo bello; egli è anche buono e vero. E non si dà bellezza, non si dà autentico bello, se esso non è anche verità e bontà. Nel nostro Movimento questa coincidenza è stata sempre sottolineata e ci è stato dato di approfondirla in modo originale. In un primo tempo, durato decenni, lo Spirito Santo ci ha spinto ad imitare Dio nel suo essere buono, amore. In Dio Amore era concentrato, infatti, sin dall’inizio, il nostro Ideale. Dio, infinita bontà, che siamo stati chiamati, in certo modo, a rivivere, divenendo così un minuscolo sole accanto al Sole. Dio Verità – In un secondo tempo, dopo che tale stile della nostra vita si era precisato e ben stagliato, lo Spirito ci ha chiamato ad un altro compito: cercare di ricavare dal nostro vivere, dalla nostra spiritualità, personale e comunitaria insieme, la dottrina che vi soggiace: la sua verità. Era – parlando francescanamente – “Parigi”, città degli studi, che s’aggiungeva ad “Assisi”, città della vita. Una realtà, Parigi, però che non si è mai temuto distruggesse Assisi, secondo il noto detto. Anzi l’esperienza quasi decennale della nostra Scuola Abbà, che vi si dedica, conferma come la luce della verità aiuti sommamente la vita, la vita d’amore. Dio Bellezza – In un terzo tempo, quello in cui viviamo, avvertiamo che lo Spirito Santo ci spinge a manifestare non solo la bontà di Dio nella nostra vita, non solo la verità, ma anche la bellezza. E abbiamo chiamato quest’epoca col nome di un’altra città: “Hollywood”. E’ un Hollywood che non annienta Assisi e Parigi, ma che le suppone, che non è se stessa, se non essendo anche le altre due. Gesù in noi, infatti, vuol essere Vita (Assisi), Verità (Parigi), Via (Hollywood). E molti segni annunciano quest’ultimo tempo ed il congresso che celebriamo in questi giorni ne è una delle prove. Esso non poteva svolgersi prima. I nostri artisti, infatti, non sono tali se non hanno già maturato in sé le esperienze della bontà e della verità. Un altro sintomo, fra i molti, che non è fuori luogo menzionare qui, è questo. Ultimamente, ma non è la prima volta, una settantina fra attori, registi, produttori, scrittori, tecnici della città di Hollywood, quella vera, si sono radunati con alcune persone del nostro Movimento in una villa di Los Angeles, in un clima di entusiasmo e di festa, desiderosi di apprendere il nostro spirito e di portarlo ad Hollywood. Uno scrittore cinematografico ebreo presente, così ha concluso l’incontro: “Facciamoci coraggio e viviamo quello che abbiamo sentito oggi qui: diamo il primo posto a Dio ad Hollywood, sul nostro set, nei nostri lavori”. Ora attendono di ritornare fra noi. Lì dunque, artisti che arrivano a Dio; qui persone che amano e conoscono Dio e ambiscono essere veri artisti. Non c’è differenza in fondo: nell’una e nell’altra maniera il nostro terzo tempo cammina. Ma… chi è l’artista? Esagera Salvatore Fiume – pittore contemporaneo – quando, confondendo l’ispirazione artistica con lo Spirito Santo, afferma che l’artista è come uno che scrive sotto dettatura: Dio detta e lui dipinge, scolpisce, fa musiche, poesie, architetture, romanze e concetti filosofici. Quando l’opera è completa – dice -, con ingenua improntitudine la firma . Ma non è nemmeno troppo lontano dalla verità, se lo stesso Concilio Vaticano II invitava gli artisti così: “Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo”  . Senz’altro non si è artisti se non muniti d’un autentico talento. Non si è artisti se non si conosce l’ispirazione artistica. Ma anche lo Spirito Santo non è lontano da essi. Giovanni Paolo II lo ha affermato: “Quando scorriamo certe stupende pagine di letteratura e di filosofia o gustiamo ammirati qualche capolavoro d’arte o ascoltiamo brani di musica che hanno del sublime, ci è spontaneo riconoscere in queste manifestazioni del genio umano un qualche luminoso riflesso dello Spirito di Dio” . E come sono i nostri artisti? Com’è la nostra arte? Com’è l’arte secondo la cultura del nostro popolo? Sappiamo che il Vaticano II afferma: “Siano riconosciute dalla Chiesa anche le nuove tendenze artistiche adatte ai nostri tempi” . E’ un imperativo valido anche per noi, ed è ciò a cui i nostri artisti cercano di adeguarsi. Ora – si sa – abbiamo un’arte moderna; essa ha le sue esigenze, nuove e interessanti, le sue ragioni che non mancano di fascino. Spero se ne parli in questi giorni. Pur tuttavia, come è avvenuto per tutti i generi d’arte nei secoli, c’è chi non la interpreta sempre bene e con l’arte può fare anche del male. Noi abbiamo detto: è bello Dio, ma è anche buono e vero. Il vero artista non può considerare il bello staccato dal buono e dal vero. Il bello, infatti, che non contiene in sé… (applausi). Il bello infatti che non contiene in sé il vero e il buono, è un nulla, è un vuoto. Afferma Vladimir Soloviev: “La bellezza senza la verità e il bene è solo idolo” . Ma, se il bello contiene il bene, nulla di peccaminoso, di scandaloso, di ciò che è male può essere appannaggio dell’arte, nemmeno di passaggio, nemmeno con l’intenzione di farvi trionfare il bello. Il fine, anche qui, non giustifica i mezzi. Senz’altro l’arte potrà presentare il brutto, il dolore, l’angoscia, il dramma, la tragedia. Tutto ciò può essere espresso in un’opera d’arte e lo ha sempre potuto. Anzi, afferma un gruppo di artisti espressionisti: “Le gioie, i dolori degli uomini, dei popoli stanno dietro alle iscrizioni, ai quadri, ai templi, dietro alle cattedrali e alle maschere, dietro alle opere musicali, agli spettacoli e alle danze. Dove questi non formano il fondamento, dove forme vengono fatte vuote, senza ragione, lì non c’è nemmeno l’arte” . Gesù in croce abbandonato non era certamente bello. Egli, infatti, Verbo di Dio, artista sommo, incarnandosi, ha assunto tutto della nostra natura umana, sino a farsi peccato, ma mai peccatore. Per cui “non ha apparenza né bellezza – dice Isaia – per attirare i nostri sguardi, né splendore per provare in lui diletto” . Eppure in Lui – ce lo dice la fede – era già presente la gloria della risurrezione. E’ Gesù crocifisso e abbandonato il modello degli artisti e soprattutto dei nostri artisti, che, come lui, sapranno sempre offrire, anche nelle situazioni più tristi, un raggio di speranza. Il Santo Padre agli artisti ha detto: “Tutti i grandi artisti si sono imbattuti, talvolta per tutta la vita, nel problema della sofferenza e della disperazione. Ciononostante molti hanno lasciato trasparire dalla loro arte qualcosa della speranza che è più grande della sofferenza e della decadenza. Esprimendosi nella letteratura o nella musica, plasmando la materia, dipingendo, essi hanno evocato il mistero di una nuova salvezza, di un mondo rinnovato. Anche nella nostra epoca questo deve essere il messaggio di artisti autentici, che vivono sinceramente tutto ciò che è umano e persino il tragico dell’uomo, ma che sanno con precisione svelare nel tragico stesso la speranza che ci è data” . I nostri artisti poi dovranno ricordare che l’arte, perché novella incarnazione, è misteriosa; non può non essere tale. Per questo è pudica, non svela tutto. Vedendo certe deviazioni in arte vien da ritornare con nostalgia ai grandi artisti di ieri, scomparsi magari da anni, ma le cui opere sopravvivono ancora adesso. E’ il caso del dramma della monaca di Monza ne I Promessi Sposi per la quale Manzoni ha speso due sole parole: “La sventurata rispose” . Il Movimento – come si è detto – porta una nuova cultura. Essa è caratterizzata nei suoi più vari ambiti da nuovi paradigmi che derivano dalla visione trinitaria dell’uomo e del mondo. Lo si sta costatando, in questi ultimi anni, nel campo della teologia, della filosofia, della sociologia, dell’economia, della politica; ultimamente della psicologia. Non può quindi mancare nel regno dell’arte. Questa nuova concezione del vivere umano nelle sue diverse espressioni è possibile perché gli uomini e le donne del Movimento si sforzano di assumere sempre uno stile di vita personale e comunitario insieme, come esige la nostra spiritualità collettiva. Vale perciò anche per chi si dedica all’arte: “Prima di tutto il mutuo amore fra voi”. E, come per ogni cultura apparsa sulla terra, anche per la nostra, l’arte svelerà sue peculiari caratteristiche. Noi dobbiamo attenderci un’arte nuova. E quali saranno queste sue qualità? Esse non potranno non essere espressione del suo aspetto personale e di quello collettivo. E’ vero perciò, e lo ribadisco ora, quanto ho affermato l’estate scorsa: non è sempre necessario, per fare una nuova opera d’arte, che essa sia frutto d’un collettivo con la presenza di Gesù  in mezzo agli artisti. E’ necessario che egli sia posto fra i singoli una volta, per divenire così un’anima sola, perché poi, distinti, il tutto sia in ciascuno. Ma è possibile anche quanto affermo ora. Dice Camus: “Chi ha scelto il destino di essere artista perché si sente diverso, ben presto impara che non fruirà della propria arte e della diversità stessa se non cerca la similitudine con gli altri. L’artista si forgia in questo perpetuo andirivieni fra se stesso e gli altri, a mezza strada tra la bellezza – dalla quale non può astrarsi – e la società – dalla quale non può strapparsi -” . E allora, giacché la vicinanza con gli uomini non toglie nulla all’artista, anzi lo arricchisce, si può pensare anche ad un’arte frutto d’un gruppo di artisti dediti alla medesima espressione artistica, uniti nel nome di Gesù, espressa poi nelle opere dall’uno o dall’altro. Perché occorre chiedersi: se questo modo di agire è possibile in altri campi, perché non si può usare in quello dell’arte? E non potrà, questo modo di agire, essere foriero di impensate e nuove opere d’arte? Noi lo vediamo nella Scuola Abbà: quale vantaggio per ogni scienza una tale maniera di porsi al suo servizio! Come il soffio dello Spirito Santo già presente nel singolo può ingigantire! Nella Scuola Abbà, infatti, c’è un “di più”: un “di più” di umano e di divino. L’atmosfera lì è sacra. Senza esagerare, sembra spesso di essere in Paradiso. Ma chiede un prezzo: la morte totale di ogni io perché un altro Io, e questo maiuscolo, trionfi in tutti ed in ciascuno. E’ ciò che abbiamo imparato nel ’49 quando una luce sfolgorante ci ha abbagliato. C’è, a queste intuizioni o ispirazioni, un commento a più voci di persone presenti alla Scuola Abbà. Una dice: “A chi ama Gesù abbandonato è richiesto il distacco dal modo di pensare, dal pensare stesso: è questo il non-essere della mente. Ma ciò vale anche per la volontà, la memoria e la fantasia – sinonimo ora di ispirazione artistica -. Noi raggiungiamo queste morti ‘perdendo’ – sapendo spostare anche quella che si pensa la propria ispirazione -“. Un’altra voce della Scuola Abbà si esprime così: “Parliamo anche della fantasia perché, forse, a differenza di altre spiritualità, noi sottolineiamo ‘il bello’. La fantasia però va perduta nell’unità, ma per avere poi una sorta di nuova ‘ispirazione’, e poter vedere, con essa, in certo modo, il Cielo, e anche – in maniera nuova – tutte le cose della terra”. Una terza voce assicura: “Uno degli effetti della nostra spiritualità sarà un’arte nuova. A proposito di questa arte nuova, noi tante volte abbiamo lasciato che le persone dedite all’arte, presenti nel Movimento, fossero libere di lavorare ciascuna per conto suo, dato che, in genere, è molto difficile che gli artisti possano intendersi fra loro. Invece, se ci fosse fra loro l’unità, vedremmo apparire opere d’arte mai viste”. E un’ultima voce aggiunge: “E’ classico, proprio della vita spirituale, questo perdere tutto e ritrovare tutto…, ma non si trova facilmente negli autori spirituali che bisogna perdere persino la fantasia per avere una fantasia nuova; si dice in genere solo che bisogna perdere la fantasia. Qui, invece, si trova poi una fantasia nuova. Questo si può capire meglio oggi, dopo il Vaticano II, quando si afferma che tutto l’umano è reso cristiano. La fantasia non è più una cosa che allontanerebbe dalla vita ascetica richiesta per la santità. Noi abbiamo precorso queste posizioni del Vaticano II”. E si aggiunge: “C’è qui anche la radice di una rinnovata e grande arte cristiana”. Sta nascendo quindi fra noi un’arte nuova. O forse è già nata. Lo potrete costatare voi dalle esperienze che gli artisti narreranno. E qui viene da ricordare la “Risurrezione di Roma”: “Bisogna far rinascere Dio in noi, tenerlo vivo e traboccarlo sugli altri con fiotti di Vita e risuscitare i morti. E – poi – tenerlo vivo fra noi, amandoci (…). Allora tutto si rivoluziona: politica ed arte, scuola e religione, vita privata e divertimento. Tutto” . Il Movimento dei Focolari ha a che fare con la bellezza anche perché deve rispecchiare, in certo qual modo, nei singoli e nel suo insieme, Maria. Maria è la tota pulchra, la tutta bella. Maria è, infatti, l’espressione compiuta della redenzione operata dal Cristo. E’ la creatura nella quale l’immagine del Creatore risplende in maniera unica. Per questo è oggetto dell’attenzione e dell’ammirazione degli artisti, particolarmente sensibili alla bellezza e al richiamo del soprannaturale; è oggetto quindi di ispirazione per la pittura e la scultura, per la musica e la letteratura… . Dante nel suo Paradiso dirà di lei: “La faccia che a Cristo più s’assomiglia” ; Boccaccio le canta: “Adorni il ciel con tuoi lieti sembianti” . E Petrarca: “Di sol vestita, coronata di stelle, al sommo sole piacesti sì che ‘n te sua luce ascose” . Tasso la vede: “Stella onde nacque la serena luce, luce di non creato e sommo Sole” . Maria, la bellissima, avvolga col suo splendore i nostri artisti! Concludiamo. Ogni Movimento a fondamento religioso, come il nostro, che ha segnato la storia, è fiorito in arti religiose nuove. Speriamo veramente che così sia anche del nostro, se è vero che è opera di Dio. Ma è vero: tempo fa me lo scolpì nel cuore il Papa quando disse: “Opera di Maria? Opera di Dio”. A voi artisti e artiste l’onore e l’onere d’esserne la sua espressione artistica. Chiara Lubich Castel Gandolfo, 23 aprile 1999 (altro…)

Rivista Nuova Umanità n. 121

Editoriale LA PASSIONE PER LA VERITA’ – di Piero Coda – La sfiducia nella verità è, alla fine, sfiducia nella persona umana, nella sua capacità di ricercare con l’intelligenza e di aderire con la libertà a quella verità che la fa diventare pienamente ciò ch’è chiamata ad essere secondo il disegno di Dio. Dietro l’ultima enciclica di Giovanni Paolo II, Fides et ratio, c’è la stessa passione per l’uomo che, sin dalla Redemptor hominis, ha animato tutto il suo pontificato. Si tratta di una difesa del significato umanistico della filosofia e insieme dell’invito ad aprirsi con fiducia e gratitudine all’orizzonte nuovo, e pieno, di verità donato dalla rivelazione e, di conseguenza, a un rapporto d’amicizia e di cooperazione – pur nella distinzione dei ruoli e nell’autonomia dei metodi – con la teologia. Di fronte alla tentazione della frammentazione e allo smarrimento del senso, il Papa stimola dunque a intraprendere con coraggio la via d’una visione unitaria e organica del sapere che abbia al suo centro la persona umana gratuitamente e liberamente orientata al ritrovamento di sé nel mistero del Verbo incarnato. Nella luce dell’ideale dell’unità Lezione tenuta per la consegna del dottorato honoris causa in “ECONOMIA e commercio” – di Chiara Lubich – Il 29 gennaio 1999 l’Università Cattolica del “Sacro Cuore”, ha consegnato, presso la Sede della Facoltà di Ecomia e Commercio di Piacenza, la Laurea Honoris Causa a Chiara Lubich. ASPETTI DELLA MARIOLOGIA NELLA LUCE DELL’INSEGNAMENTO DI CHIARA LUBICH – di Marisa Cerini – Marisa Cerini, già nota ai lettori della Rivista di cui era membro di Redazione, è recentemente scomparsa. L’articolo propone l’ultimo suo studio-conversazione su alcuni aspetti della mariologia che emergono dal pensiero di Chiara. Già pubblicato nel n. 110 di questa Rivista, tale studio era stato da lei recentemente rielaborato all’interno di una prospettiva teologica che vuole assumere il mistero dell’Uni-Trinità di Dio quale sua fonte e suo modello. Saggi e Ricerche L’EDUCAZIONE ALLA PROSOCIALITA’ – di Roberto Roche – La prosocialità sta emergendo all’interno della psicologia evolutiva e sociale per le positive conseguenze e i benefici che produce a vantaggio di tutti i componenti di un sistema sociale. I benefici per i recettori delle azioni prosociali sono stati abbondantemente investigati, mentre è meno conosciuta la loro incidenza sugli autori, che, in una definizione rigorosa, non possono ricevere ricompense esterne, estrinseche o materiali. In quest’articolo l’A., Professore presso l’Università catalana di Barcellona, desidera analizzare i possibili benefici relazionali e intrapsichici che può supporre l’azione prosociale, sia per i recettori sia, specialmente, per gli autori, nell’ambito della salute mentale e, a livello più generale nell’ambito della convivenza collettiva. BABELE/KOINE’. LO SPAZIO POLITICO TRA MONDIALITA’ E COMUNITA’ – PARTE PRIMA: DOPO IL MURO – di Pasquale Ferrara – A circa un decennio dalla caduta del Muro di Berlino, la ricerca di un introvabile “nuovo ordine mondiale” rimane uno dei temi centrali del dibattito sull’assetto delle relazioni internazionali in questo scorcio di secolo. L’Autore, prendendo le mosse dalle riflessioni condotte da studiosi ed esperti svolte in diversi ambiti disciplinari (storiografia, relazioni internazionali, antropologia culturale, economia internazionale), si propone di disegnare un percorso tra le .”strutture di pensiero” che caratterizzano questa ricerca, giungendo alla formulazione di alcune indicazioni interpretative centrate sul rapporto tra pluralismo culturale e forme politiche. Lo studio si articola in tre sezioni. Nella prima – qui presentata – si tenta una panoramica, necessariamente lacunosa, ma abbastanza indicativa, della riflessione internazionalistica e “culturale” sul cambiamento di civiltà innescatosi dal 1989. Si tratta, in realtà, di una riflessione che talvolta ha assunto la portata di un’ermeneutica del Novecento, tesa a identificare il “senso” del XX secolo e a prospettare le linee evolutive del III millennio. IN CERCA DEL TESTO – di Piero Capelli – Nel suo articolo Il Pentateuco, il Deuteronomista e Spinoza (“Nuova Umanità” XIX [1997/5] 113, pp. 571-589) P. Sacchi ha osservato che il lavoro critico su un testo letterario (biblico, nella fattispecie) deve avere come presupposto appunto l’esistenza di un oggetto che chiamiamo “testo” : il che implica l’esistenza di un autore seppur implicito (secondo la definizione di W.C. Booth). Malgrado le difficoltà di una definizione del “testo” su questi piani (cf gli studi di P. Schäfer sulla letteratura rabbinica), va definito anche nel suo esistere all’interno di un sistema (la letteratura) come inizio di un processo di storia degli effetti, spesso di straordinaria complessità. Spazio letterario GOCCE D’ANIMA – di Claudio Guerrieri “Nuova Umanità” continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. Per il dialogo IL DIALOGO POSSIBILE. INTERVISTA A MONS. ANTONIO PETEIRO FREIRE, ARCIVESCOVO DI TANGERI – a cura di Luce Mauro Pesce – In un paese come il Marocco, l’Islam si incontra dappertutto, a tutti i livelli della vita sociale, politica, morale, economica, familiare e naturalmente religiosa: è un mondo coi suoi valori, con il suo Libro, coi suoi profeti. Nell’articolo, Mons Antonio Peteiro, sollecitato dalle domande dell’intervistatore, ci dona l’esperienza di quindici anni di vita a contatto col mondo islamico nord-africano. Libri VISIONE DI DIO E VISIONE DEL MONDO NELLA SOFIOLOGIA DI S. BULGAKOV. ALCUNE RIFLESSIONI SU “L’ALTRO DI DIO” DI P. CODA – di L’ubomír Zák – La recente pubblicazione de “L’altro di Dio2. Rivelazione e kenosi in Sergej Bulgakov (Città Nuova, Roma 1997) di P. Coda è un importante evento che conferma il sempre crescente interesse della teologia italiana, ma non solo, per il patrimonio teologico e filosofico di S.N. Bulgakov, uno dei pensatori ortodossi più originali di questo secolo. Proseguendo nel suo cammino di ricerca teologica scandita dai volumi Evento pasquale. Trinità e storia (1984) e Il negativo e la Trinità. Ipotesi su Hegel (1987), Coda mostra come nella teologia bulgakoviana, illuminata dal simbolo della Sofia, la kenosi del Cristo e il suo abbandono sulla croce possono diventare centrale chiave ermeneutica per penetrare nel mistero trinitario dell’Amore di Dio e nel destino di divinizzazione dell’uomo creato a sua immagine. Caratterizzato da un’interpretazione attenta e penetrante di Bulgakov e da una profonda sensibilità ecumenica, L’altro di Dio si presenta come uno stimolante contributo alla ricerca dei nuovi percorsi necessari per un ripensamento della teologia in generale e dell’ontologia trinitaria in particolare.   (altro…)

“Una silenziosa rivoluzione antropologica”; “Una psicologia aperta al Trascendente”

“Chiara Lubich e i suoi seguaci hanno acceso una rivoluzione silenziosa che non esiterei a definire ‘antropologica’, viste le conseguenze personali e sociali che ha operato.” Così il prof. Mark Borg relatore della laudatio alla cerimonia di conferimento della laurea h.c. in Lettere e Psicologia a Chiara Lubich, all’Università di Malta. Affollata l’Aula Magna, sale ed esterno collegati via video. Tra le 1500 persone, numerose personalità civili e religiose: 6 ministri, 17 parlamentari delle due diverse formazioni politiche, il Presidente della Corte, giudici, il Segretario del partito nazionalista, gli ambasciatori d’Italia, Cina e Tunisia, il Vescovo e il Nunzio. Stampa, radio e TV dell’isola. La motivazione riconosce “il contributo significativo di Chiara Lubich nel campo del pensiero umano” per due motivi: “ha tradotto in prassi e metodo di ricerca il nucleo del messaggio cristiano e ha offerto alle discipline umanistiche, in particolare, una chiave ermeneutica originale dell’uomo. E ciò avendo proposto un modello di vita spirituale che rispetta l’individualità della persona e la reciprocità dei rapporti , con una valutazione positiva del dolore e di ciò che è negativo nella storia personale e collettiva. In questo modo ha aiutato a coltivare una visione integrale della persona umana nel campo della psicologia”. “La via dello sviluppo psicologico alla piena umanità” è stata definita dal Prof. Peter Serracino Inglott, già Rettore dell’Università, la lezione di Chiara Lubich che per la prima volta ha trattato del contributo alla psicologia della spiritualità dell’unità. Ne aveva tracciato gli inizi da “quella prima scintilla scoccata in piena guerra: la scoperta di Dio Amore” poi punto per punto l’accostamento alla psicologia. Un solo esempio: dopo aver rilevato che “in psicologia si sa che il bisogno fondamentale di una persona è di essere riconosciuta nella propria identità unica e irripetibile”, la neo-laureata ha parlato dell’esperienza della scoperta che Dio ci ama: “La scoperta e il raggiungere la certezza che Dio la ama, che Dio l’ha voluta, che non è abbandonata al caso o a un destino cieco, è la base perché abbia la sicurezza psicologica che dà senso alla sua vita… Solo la certezza che Dio è Amore, amore-anche-per-lei, le dà la forza di continuare a uscire da sé, a vivere, ad amare ed a creare comunione sociale” “Una grande svolta: una psicologia aperta al Trascendente”. Così in un messaggio a Chiara Lubich i 70 professionisti nel campo delle scienze psicologiche provenienti da vari Paesi d’Europa. E per avviare lo sviluppo dei nuovi semi gettati in questo difficile campo delle scienze psicologiche, i 70 professionisti si sono riuniti il giorno seguente per il 1^ Convegno. Erano psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, di numerose scuole (freudiana, junghiana, adleriana, cognitiva-comportamentale, sistemica…). Scambiando le riflessioni suscitate dalla lezione di Chiara L. ed esperienze vissute sul campo si intravvedono spunti per una nuova psicologia. Una sola impressione: Herman Schweers, psichiatra e psicoterapeuta, Germania: “Vedo qui un approccio psico-antropologico che può non solo fruttare nelle diverse scuole psicologiche, ma anche arricchirle nel senso che si sviluppino pienamente al servizio delle esigenze dell’uomo di oggi: vivere un’unità interiore con gli altri, con la società e con quel Divino che porta in sé”. (altro…)

Rivista Nuova Umanità n. 119

Editoriale PER UNA CULTURA RINNOVATA. ALCUNE PISTE DI RIFLESSIONE – di Giuseppe Maria Zanghí – La grande crisi dei nostri tempi nel mondo di cultura occidentale, come già aveva osservato Paolo VI, è la frattura tra Evangelo e cultura. Attualmente la Conferenza episcopale italiana sta lavorando per l’elaborazione di un progetto culturale. L’A. avvia alcune piste di riflessione su questa sfida per la realtà cristiana attuale. Egli cerca così di tratteggiare, in alcuni breve paragrafi, una risposta a questo problema. Nella luce dell’ideale dell’unità IL MOVIMENTO DEI FOCOLARI NEI SUOI ASPETTI POLITICO E SOCIALE – di Chiara Lubich – AL CONSIGLIO D’EUROPA PER IL PREMIO EUROPEO DEI DIRITTI DELL’UOMO – di Chiara Lubich – Il 15 settembre 1998 Chiara Lubich ha presentato a un gruppo di deputati del Parlamento Europeo, il Movimento dei Focolari e in particolare il suo impegno per una economia di comunione e una politica rinnovata. Il 22 settembre ha ricevuto, sempre a Strasburgo, assieme alla Fondation des droits de l’homme della Turchia e al Committee on the Administration of Justice dell’Irlanda del Nord, il “Premio Europeo dei Diritti dell’uomo 1998”. Riportiamo i testi dI entrambi i discorsi. ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL NIRVANA NEL BUDDISMO THERAVADA ALLA LUCE DELLA SPIRITUALITÀ DELL’UNITÀ – di Enzo Maria Fondi – L’A. compie una rivisitazione della dottrina sul Nirvana in cui si condensa l’insegnamento buddista e raggiunge l’apice di una spiritualità che non si finisce di scoprire e approfondire, solo che si accantonino metri di valutazione legati a categorie di pensiero occidentali. Nell’attuale “dialogo delle spiritualità” acquista rilevanza l’esperienza e la dottrina di Chiara Lubich, quale strumento di incontro e di reciproca comprensione. La “kenosi” di Gesù nel suo abbandono e a trasparenza di Maria sono motivi di vita e di riflessione che aprono nuove frontiere al dialogo con i buddisti più impegnati nella via della perfezione. Saggi e Ricerche L’ESCATOLOGIA FISICA DI TIPLER – 2. – CONGETTURE METASCIENTIFICHE TRA MITO ED IDEOLOGIA – di Sergio Rondinara – A partire dalle argomentazioni antropiche il fisico Frank Tipler delinea mediante il sapere scientifico ed una sua ipotetica trasposizione tecnologica la possibilità che in un lontano futuro una intelligente elaborazione di tutte le informazioni realizzi il controllo totale sull’intera evoluzione cosmica dischiudendo così il telos dell’intero processo cosmico: l’escathon, il Punto Omega (un Dio-che-si-evolve). Secondo le aspettative di Tipler un tale modello di “dio” dovrebbe dare risposta alla domanda sul senso dell’intera evoluzione cosmica; ma a causa di una visione riduzionista e immanentista della realtà che permea tutto il suo pensiero, insieme al carattere intrinsecamente ipotetico della teoria del Punto Omega, tale modello oscilla tra una posizione mitica ed una ideologica. TRE ECLISSI – di Giovanni Casoli – “Verità, bene, bellezza sono le nostre vie dall’essere, sono i suoi aspetti inseparabili”. Partendo da questa considerazione l’A. riflette sull’oblio del bello, del bene e del vero nella nostra società attuale, per giungere alla conclusione che “si può fare autentica esperienza dell’essere solo se si fa esperienza dell’uno” come pienezza sinfonica della bellezza, bontà e verità del Creatore. Il RUOLO DELLA RELAZIONE EDUCATIVA NELLA PROGETTAZIONE DELLA SCUOLA. Riflessioni a partire dalla PROPOSTA per il RIORDINO DEI CICLI SCOLASTICI DEL MINISTRO BERLINGUER – di Claudio Guerrieri – Nella direzione d’una pedagogia “centrata sulla relazione interpersonale”, si rilegge la proposta Berlinguer per il riordino dei cicli scolastici evidenziando che in essa non si sottolinea quanto sarebbe auspicabile il ruolo della relazione educativa, entro cui ogni formazione assume significato se non vuole ridursi ad un mero esercizio d’addestramento rispetto alle procedure scientifiche e si indica come orizzonte valoriale quello definito da libertà e responsabilità. Perché le generazioni seguenti non cadano nell’asimbolia e nella rassegnazione vanno qualificate la relazione educativa ed i docenti, chiamati a svolgere il ruolo di persona – criterio. La scuola può e deve divenire un ambiente in cui abbia spazio anche la conoscenza affettiva. Conoscere se stessi non è operazione aliena dalla costruzione di un percorso cognitivamente, esistenzialmente e socialmente significativo e coincide con una conoscenza degli altri che comporta l’incontro con le alterità educanti nonché con i sistemi di significato prodotti dall’interazione umana. Spazio letterario LIRICHE – di Michele Genisio – “Nuova Umanità” continua nelle sue pagine l’apertura di spazio dedicato alla produzione letteraria. Per il dialogo SPIRITUALITÀ’ DEL DIALOGO – di Marcello Zago – Il dialogo è la grande novità promossa dal Concilio Vaticano II ed esso aiuta a capire e ad esercitare la missione nel mondo moderno. Le potenzialità di questa visione conciliare non si sono pienamente sviluppate e l’A. ci presenta qui un documento, destinato alla preparazione della Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Esso è diviso in cinque parti, che richiamano gli aspetti generali del dialogo e l’importanza della spiritualità cristiana come fondante il dialogo stesso. Libri LA PAROLA EBREO – di Pasquale Lubrano – “La parola ebreo” di Rosetta Loy, uno degli ultimi libri che ha riacceso in Italia il dibattito sulla posizione della Chiesa cattolica durante la Shoah. La scrittrice riassapora antiche atmosfere, ricerca fatti e documenti, ma è una ricerca che muove dal proprio movimento interiore. Ne vien fuori un libro originale che non è un romanzo, né una testimonianza storica, ma neanche un saggio sull’antisemitismo italiano, pur possedendo di tutti questi generi letterari elementi caratteristici; un libro che ci spinge a lavorare molto di più affinché gli uomini imparino ad amare le razze altrui, la religione altrui, come la propria. (altro…)

Per il contributo ad un’economia al servizio dell’uomo, il Governo brasiliano ammette Chiara Lubich nell’Ordine Nazionale della Croce del Sud

Ha motivato il riconoscimento in particolare il progetto di Economia di Comunione lanciato da Chiara Lubich durante la sua visita in Brasile nel 1991, progetto che propone un nuovo paradigma economico, ora attuato da centinaia di aziende nei 5 continenti, proiettando il nome del Brasile nel mondo intero. La Croce del Sud è la più alta onorificenza assegnata dal Governo Brasiliano a stranieri che hanno contribuito al progresso del Paese. Lo scorso anno è stato assegnato al Presidente francese Chirac. Il progetto dell’Economia di Comunione ha interessato recentemente anche deputati brasiliani, ed economisti. L’Università cattolica del Pernambuco (UNICAP) ha assegnato a Chiara Lubich, in occasione di un’altra sua visita nel maggio scorso, il dottorato h.c. in Economia, ed ha avviato anche una collaborazione nel campo della ricerca per l’elaborazione di una nuova teoria economica. Il Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich nel 1943  si è diffuso in Brasile dal 1959. Conta oltre 15.000 membri. Circa 300.000 gli aderenti dal nord al sud del Paese. Fin dagli inizi il Movimento è profondamente coinvolto nel concorrere alla soluzione delle problematiche sociali. 120 le opere sociali: dai campesinos, a Magnificat nel Maranhão, ai mocambos alla periferia di Recife, alla Favela da Pedreira, San Paolo, e al Bairro do Carmo di São Roque, comunità dei discendenti degli schiavi neri. Le azioni promosse dai Focolari hanno come obiettivo la promozione della persona, il miglioramento della qualità di vita, rendendola così atta a svolgere un ruolo attivo e responsabile nella società. Il Movimento, diffuso in oltre 180 Paesi, è impegnato a concorrere all’unità della famiglia umana, contribuendo a sanare disparità e conflitti sociali, razziali, religiosi. E’ aperto anche in Brasile al dialogo con persone di convinzioni non religiose, fedeli di diverse religioni e cristiani di varie Chiese. Impegno riconosciuto nel maggio scorso dalle università di S. Paolo USP (Università Statale) dove è intervenuto l’on. Montoro e PUC (Pontificia). (altro…)